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lunedì 27 aprile 2015

Microbiota intestinale: il lato nascosto della salute

Microbiota intestinale: il lato nascosto della salute

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Considerato un prezioso organo “nascosto”, il microbiota intestinale del corpo umano è un super-organismo dalle qualità preziose per la salute e la vita. La ricerca scientifica italiana individua le “3 R” della formula perfetta per il buon funzionamento di questo sistema

La salute dell'intero organismo dipende anche dalla salute del microbiota intestinale. Gli scienziati hanno individuato le 3 Erre per favorire questo benessere. Foto: ©Shutterstock.com


Esiste proprio dentro noi uno dei più complessi ecosistemi di Natura: è il microbiota dell’apparato gastrointestinale, ossia l’insieme dei microorganismi presenti nel tubo digerente dell’uomo che hanno un ruolo fondamentale per la vita umana.

Definito dagli scienziati un “super-organismo”, il microbiota è composto da un numero di batteri pari a 6 volte il totale delle cellule che compongono l’intero corpo umano e da almeno quattro milioni di tipi di batteri diversi.  Questi coinquilini vivono in stretto e mutualistico contatto con la mucosa intestinale (a tale proposito di può guardare il video: http://goo.gl/Y4hWVJ).

I principali batteri che popolano l’apparato sono i Bifidobatteri, i Lattobacilli e gli Eubacterium, ma ve ne sono di numerose altre specie, e tutti insieme svolgono funzioni per noi essenziali. Per esempio, favoriscono la biodisponibilità di alcuni nutrienti, e la metabolizzazione delle calorie; sintetizzano diverse vitamine; regolano l’espressione del sistema immunitario nella mucosa intestinale; sostengono la peristalsi intestinale e infine proteggono la mucosa intestinale – e dunque l’intero organismo – dalle aggressioni di microrganismi patogeni, prevenendo così la comparsa di molte infezioni.

Diversi recenti studi dimostrano che i batteri possono addirittura incidere sugli stati d’animo e i comportamenti umani, stimolando a livello intestinale la produzione di sostanze che raggiungono e condizionano il Sistema Nervoso Centrale. Per esempio, al fine di proteggere i delicati equilibri del proprio ecosistema, alcuni tipi di batteri inducono l’individuo a desistere inconsciamente dall’esplorare nuovi ambienti: in questo modo, il microbiota si garantisce una riduzione del rischio che la persona entri in contatto con nuove specie batteriche che potrebbero colonizzarne l’intestino. Il risultato può tuttavia essere un comportamento che induce l’individuo a chiudersi in se stesso, rinunciando a una sana socialità.

La composizione del microbiota è fortemente influenzata dall’alimentazione. E questa influenza inizia già fin dai primi giorni di vita e con l’allattamento, che ha effetti diversi se al seno o artificiale. Continuando poi con lo svezzamento, e in seguito dalla condotta alimentare quotidiana. Fattori interni ed esterni possono determinare Disbiosi, ovvero alterazioni anche importanti del microbiota. Fra questi fattori vi sono squilibri dietetici, stress psico-fisici, stili di vita non equilibrati e un uso incongruo di farmaci.
Alimentazione e stili di vita corretti, integrati con una Nutraceutica Fisiologica di Regolazione specifica e mirata, possono tuttavia garantire la presenza di un microbiota fisiologico sano e funzionale a mantenere in buona salute l’intero organismo umano.

In particolare, la soluzione consigliata dalla Nutraceutica Fisiologica di Regolazione, vanto della più avanzata ricerca scientifica italiana sui protocolli di origine biologica, si basa sui principi sintetizzabili nella formula cosiddetta delle “3 Erre”: Ripulire, Riparare e Ripopolare.
Per ognuno di questi principi esistono alcuni dispositivi medici e integratori consigliati:
Per “Ripulire”, si può per esempio utilizzare l’Enterosgel, un potente disintossicante gastrointestinale sotto forma di gel inodore e insapore, privo di glutine, aromi e conservanti; capace di legare selettivamente le sostanze tossiche e rimuoverle naturalmente entro 12 ore dall’assunzione. Grazie alla sua struttura globulare porosa a base di Silicio, facilita l’eliminazione delle sostanze tossiche esogene ed endogene favorendo la normalizzazione della mucosa intestinale, senza intaccare il delicato equilibrio della flora batterica.

Per “Riparare”, invece, ci si può rivolgere a soluzioni come il Colostro Noni, un integratore alimentare a base di Colostro bovino liofilizzato, puro al 100%, senza additivi e a basso contenuto di grassi, e di Morinda citrifolia (Noni). E’ particolarmente indicato per la protezione e il riequilibrio della struttura della mucosa grazie all’attività sinergica dei suoi principi attivi naturali. Il Colostro Bovino è ricco di immunoglobuline e altri componenti immunomodulatori, ormoni e fattori di crescita, aminoacidi, vitamine e altre sostanze ad attività antiossidante, minerali. La Morinda citrifolia è nota per le sue proprietà antinfiammatorie e stimolanti le difese immunitarie dell’organismo. Colostro Noni è una formulazione orosolubile innovativa a rapida azione, i cui componenti attivi sono altamente biodisponibili per l’organismo, indicato sia negli adulti che nei bambini nei casi di ridotta o alterata funzionalità intestinale, dovuti a infezioni (gastroenteriti) sia di origine batterica che virale e che si manifestano con diarrea, inappetenza, dolori addominali. E’ indicato anche nei casi di disbiosi intestinali secondarie all’uso protratto di antibiotici, cattiva alimentazione, malattie infettive, stress psichici, stili di vita sregolati eccetera.
In tutti questi casi risulta utile grazie alla sua spiccata attività naturale di protezione e di riequilibrio della struttura della mucosa.

Per “Ripopolare”, ci si può rivolgere per esempio a Proflora, un integratore alimentare simbiotico costituito da 6 diversi ceppi probiotici, in forma microincapsulata gastroprotetta, associati con fibra prebiotica allo scopo di riequilibrare l’ecosistema intestinale. La microincapsulazione migliora decisamente la capacità di sopravvivenza di tutti i ceppi probiotici durante il transito gastroduodenale, consentendo in tal modo il raggiungimento dell’intestino da parte di un elevato numero di microrganismi vivi e vitali. La componente probiotica appartiene sia al genere Bifidobacterium che Lactobacillus e ha caratteristiche metaboliche tali da creare un effetto sinergico che assicura una pronta colonizzazione dei diversi segmenti intestinali. La componente prebiotica è costituita da frutto-oligosaccaridi (FOS), in grado di stimolare selettivamente lo sviluppo dei ceppi probiotici di tutti i gruppi microbici “benefici” della microflora intestinale autoctona. Non essendo idrolizzati dagli enzimi digestivi, né assorbiti dalla mucosa del piccolo intestino, i FOS riescono a giungere intatti nel colon dove vengono fermentati selettivamente dalla componente benefica della microflora intestinale, in particolare dai Lattobacilli e Bifidobatteri, aumentando l’effetto “barriera” della mucosa intestinale e favoriscono l’assorbimento di alcuni minerali, in particolare calcio e magnesio.
Insomma, il microbiota è davvero importante e fondamentale per la vita e la salute di tutti, così come lo è che esso sia in forma e si seguano i dettami delle 3 Erre.

domenica 26 aprile 2015

Da pornodivo gay a testimone della fede

Da pornodivo gay a testimone della fede  
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di Marco Respinti25-04-2015
Napa, capoluogo dell’omonima valle della California famosa per il buon vino, ha dato i natali, 45 anni fa, a Joseph C. Sciambra, uno dei più noti porno-attori della galassia omosessuale. Oggi però è un ex, amaramente pentito e attivissimo sul fronte opposto, un vero apostolo della fede da che, nel 1999, avendo seriamente rischiato la vita, si è convertito, anzi riconvertito al cattolicesimo. 
Cattolico Sciambra ci è infatti nato, allevato in una solida famiglia cattolica, allievo di scuole cattoliche dall’asilo alle medie, insomma nulla poteva far presagire ciò che sarebbe successo. Apparentemente. Perché segretamente Joseph dubitava di tutto, dalla fede alla vita. A 18 anni, dice oggi raccontandosi a Jim Graves sulle pagine di The Catholic World Report si sentiva completamente disorientato. «La pornografia dà dipendenza, ed è progressiva», spiega lucidamente. «La si può paragonare alla droga. Quando cominci ad assumerla, non inizi con l’eroina, ma con l’alcool o con la marijuana. Poi perdi il senso di ciò che stai facendo e passi a droghe più pesanti». Uguale con il porno. «Cerchi le cose soft. Per la mia generazione era la rivista Playboy». Sciambra la vide in mano al fratello maggiore e poi la ritrovò “normalmente” sfogliabile dal barbiere o nei posti più impensabili. Adesso, dice, c’è Internet, e tutto è più rapido. I video, le cantanti, la pubblicità ammiccano disinvoltamente alla sessualità e instillano nei giovanissimi l’idea che il sesso facile sia bello, desiderabile. Questo «ricodifica il modo in cui gli adolescenti pensano alla sessualità».
Appena maggiorenne, Joseph lasciò la famiglia e, forse senza nemmeno sapere come, si trovò catapultato dalle ridenti colline delle provincia californiana alla babele di Castro, il torbido e torrido quartiere cuore del mondo Lgbt di una delle città a più altra concentrazione omosessuale del mondo, San Francisco. Un posto, insomma, dove il lunario lo sbarchi solo se sei del giro: Sciambra lo capì sulla propria pelle subito e per 11 anni ne è rimasto schiavo, passando dalle prostitute dei sex club e dei bordelli legali della non lontana Las Vegas al fiele della vita gay e del suo corollario di set pornografici. «Quando sono entrato a far parte della cultura omosessuale, ho scoperto che è una società fondata sul porno. Nel mondo gay il porno era il collante che ci teneva uniti». Una esistenza, spiega adesso, di mestizia e tristezza, in cui il naturale desiderio umano di essere accolto e amato veniva invece costantemente frustrato da un’agghiacciante realtà quotidiana di miseria. A chi gli ribatte che ciò che gli mancava era solo un rapporto omosessuale stabile, risponde secco: «Nei miei 11 anni di vita gay, e oggi nell’attività di apostolato che svolgo verso quel mondo, non ho mai incontrato una coppia gay felice. Le relazioni sono passeggere, fluttuanti e basate sul rapporto fisico».
I giorni scorrevano uguali a se stessi, e i giorni diventavano settimane, mesi e anni di una routine sordina e deludente. «Molto dei amici morirono di aids, suicidio o droga». Lui stesso era sempre ammalato, avendo nella sua vita contratto tutta la gamma delle malattie veneree. Per colmare il vuoto del cuore si gettò persino nel New Age e da lì approdò a culti neopagani, talvolta addirittura satanisti. Senza fondo. Ma il fondo invece c’era, bastava volerlo, avere la capacità di riconoscerlo, d’invertire la marcia. Certo, pressoché impossibile a farsi da soli. Ed è stato qui che è entrata in gioco Courage (clicca qui) , l’organizzazione cattolica che ha sede centrale a Norfolk, nel Connecticut, e che privilegia l’apostolato verso chi si sente attratto da persone del proprio sesso. «Il giorno che decisi di mutare vita ero impegnato in un film porno. Mi sentii male e mi trovai in ospedale, sicuro di morire. Ma mi resi conto che la morte mi avrebbe portato all’inferno. E io all’inferno non volevo andarci. Volevo uscire da quella vita». Quando ancora faticava a tornare pienamente nella Chiesa, fu persino aiutato da un sacerdote la cui preghiera lo fece «sentire liberato da molteplici influssi demoniaci».
Con gli amici di Courage Sciambra ha dunque finalmente scoperto un altro se stesso; uno Sciambra vero, che in qualche modo era sopravvissuto. Oggi è tornato a casa, vive a Napa e si guadagna modestamente da vivere mandando avanti un piccola libreria cattolica. La sua lunga prigionia non l’ha però scordata. «C’è tutta una vita oltre l’essere gay», dice, e per mostrarlo concretamente si è impegnato in una crociata di testimonianza e di apostolato ? forte anche di un’autobiografia, Swallowed by Satan (SOS Publishing/Next Century Publishing, Las Vegas 2013) ? per aiutare chi ancora non se ne rende conto a smettere di buttarsi terribilmente via. Sì, se ne può uscire: Joseph Sciambra ne è un’altra, ennesima prova vivente.

la beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio forte

la beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio forte 
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Pur essendo innegabile che il mio essere è un essere fugace e prorogato di attimo in attimo, esposto all’eventualità del non essere, questo fatto corrisponde ad un altro, altrettanto innegabile: malgrado la mia fugacità, io sono e sono mantenuta in vita di attimo in attimo, e nel mio essere fugace contengo un essere duraturo. So di essere sostenuta e qui sta il mio riposo e la mia sicurezza – non la sicurezza dell’uomo maturo che sta su un terreno che è solido in virtù delle proprie forze, ma la beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio forte –, che in pratica è una sicurezza non meno ragionevole. Sarebbe forse 'ragionevole' quel bambino che vivesse costantemente nell’angoscia che la mamma lo lasci cadere? No. Quindi: Se per bocca del profeta Dio mi dice che mi è più fedele del padre e della madre, anzi che Egli è lo stesso Amore, allora devo ammettere che la mia fiducia nel braccio che mi sostiene è ragionevole e, al contrario, è stolta la mia paura di cadere nel nulla, a meno che non sia io stessa a staccarmi dal braccio che mi protegge Edith Stein

Tutti i numeri di Dio

Tutti i numeri di Dio

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Che cosa c’entra la matematica con la verità, la morale, il cielo stellato di Kant e la poesia di Dante? Chiacchierata con Enrico Bombieri, scienziato esploratore

di Francesco Agnoli | 26 Aprile 2015 

Ci sono matematici che non calcano la scena pubblica, non frequentano il teatrino dei media, e rimangono sconosciuti al vasto pubblico. Sono i grandi matematici, tutti intenti al loro lavoro, come Enrico Bombieri. Così scriveva nel 2000 Piergiorgio Odifreddi, nel suo “Il Computer di Dio”. Bombieri è, effettivamente, uno dei grandi della matematica contemporanea. Nato a Milano nel 1940, è l’unico italiano ad aver vinto, nel 1974, la medaglia Fields, che corrisponde al Nobel dei matematici, e anche di più: viene infatti attribuita solo ogni 4 anni. Insegna a Princeton, negli Stati Uniti, nell’niversità che fu di John von Neumann, Albert Einstein e Kurt Gödel.

Lo abbiamo incontrato, chiedendogli innanzitutto da dove nasce la sua passione per la matematica. “Non so, fino alla terza elementare avevo difficoltà con i numeri. La mia bravissima insegnante della seconda elementare scrisse in un rapporto trimestrale a mia mamma: ‘Ottimo in condotta, ma scarso in aritmetica’. La scoperta, a casa, di un volumetto dell’ingegnere Italo Ghersi, intitolato ‘Matematica dilettevole e curiosa’, del 1913, oggi giunto alla quinta edizione, contribuì a svegliare il mio interesse alla matematica. Per me fu la scoperta di un mondo interamente nuovo, bellissimo, ben più ampio del noioso far di conto”. Che cos’è la matematica? Un’ invenzione umana, una scoperta, o entrambe? Pitagora, Platone, san Bonaventura (per il quale “il numero è il modello principale nella mente del Creatore e il principale vestigio che, nelle cose, conduce alla Sapienza”) hanno ancora qualcosa da dire, a riguardo. “Per me la matematica è un modello della verità – spiega Bombieri – sia pure un modello assai ristretto da chiare regole di consistenza, che ci dice che una Verità assoluta (con la V maiuscola) deve esistere anche se non possiamo comprenderla. La matematica moderna, assai più evoluta oggi rispetto a quella di san Bonaventura, dopo i lavori di Tarski sulla natura della verità matematica e della sua consistenza logica, ci dice anche che la verità matematica non è assoluta e la nozione di verità si applica solamente ad una parte del mondo logico-matematico. Tuttavia, la matematica non è un’ opinione e la ricerca della verità matematica non è soltanto un inutile gioco logico. Le idee di Platone, con varie modifiche, e la logica matematica hanno oggi un ruolo importante nella filosofia moderna”.

Alfred Russell Wallace, co-scopritore con Charles Darwin della selezione naturale, sosteneva che la matematica, insieme alla musica e il senso morale, è una facoltà tipicamente e solamente umana, non spiegabile alla luce di un’ipotesi utilitaristica. “Al giorno d’oggi, la selezione naturale è ampiamente confermata da serissimi dati scientifici. Semplici modelli matematici astratti di selezione naturale, basati su: fabbisogno di energia per sopravvivere, uso di risorse disponibili, necessità della riproduzione della specie (che però avviene ogni volta con piccole differenze e raramente con grandi differenze), indicano che la selezione naturale ha un’enorme importanza e determina l’evoluzione della specie, sia in senso positivo che negativo. Questo non significa che l’evoluzione naturale spieghi tutto, il sostenerlo è quello che io chiamo ‘il calza-scarpe mentale’, cioè forzare tutto quanto nella ben ristretta teoria personale di uno scienziato o di un filosofo. Oggi, ritengo che Wallace rivedrebbe le sue vedute sulla musica e sul senso morale. La musica dei delfini e delle balene apparentemente non sembra essere solo un linguaggio per indicare ad esempio la posizione relativa del gruppo, la presenza di cibo, o di pericolo; a volte potrebbe essere l’equivalente di un canto che esprime uno stato d’animo come soddisfazione, amore. E il senso morale? La mia cagnetta Zeta, una volta che mia moglie ed io eravamo andati al cinema avendo lasciato una bistecca sul tavolo di cucina per scongelarla e cucinarla al nostro ritorno, riuscì destramente ad agguantarla e se la mangiò tutta quanta. Al ritorno a casa, Zeta era sparita! Si era nascosta sotto il letto, non per la paura di punizioni, che non aveva mai avuto in vita sua, ma per la vergogna. Uscì dal suo nascondiglio con la coda fra le gambe e a testa bassa, certamente chiedendo scusa! Più complicato è il sacrificio che un individuo fa per motivi morali, chiaramente al di sopra di una funzione utilitaristica. E la matematica? O le arti in genere? Van Gogh faceva la sua arte perché sentiva di doverla fare a quel modo, anche se non riuscì mai a vendere un quadro. Questo tipo di comportamento è eccezionale, ma ne esistono altri esempi. Un buon matematico, anche se non è al livello di Van Gogh, fa la matematica perché vuole sapere come è fatto il mondo matematico e non per ottenere gloria e fama”.

Non pochi grandi matematici si sono cimentati in opere molto ardue: Cartesio, Leibnitz, Godel hanno scritto “dimostrazioni”, a loro dire, dell’esistenza di Dio, mentre altri, come Ruffini, hanno provato a dare dimostrazioni logiche dell’esistenza dell’anima immateriale. In generale, se pensiamo ad altri matematici molto religiosi, come Pascal, Eulero o Cauchy, pare che i matematici abbiano una particolare propensione per la metafisica. “Cercare di giustificare l’esistenza di Dio con la matematica mi rammenta la storia che si racconta di sant’Agostino – dice Bombieri – ancor che passeggiando in riva al mare meditando sul mistero della Trinità vide un fanciullo con un piccolo cucchiaio con il quale raccoglieva l’acqua del mare e la versava con cura nel suo secchiello. Sant’Agostino chiese: ‘Bimbo, cosa stai facendo?’ e il fanciullo rispose: ‘Sto contando quanta acqua c’è nel mare’. ‘Ma questo e impossibile!’, replicò sant’Agostino. E il fanciullo: ‘Comprendere il mistero della Trinità è più difficile’. La matematica, che è la scienza della verità logica, certamente ci aiuta a comprendere le cose ed è naturale per un matematico che crede in Dio, qualunque sia la sua denominazione, di riconciliare il concetto dell’esistenza di Dio con la sia pure limitata verità che proviene dalla matematica. Per me, è sufficiente il Metastasio, quando dice: ‘Ovunque il guardo giro, immenso Dio ti vedo’. Guardare l’universo, nel nostro piccolo, nel grande al limite dell’incomprensibile, e anche nell’astratto della matematica, mi basta per giustificare Dio”.

Secondo Gauss, il principe dei matematici, “il mondo sarebbe un non-senso, l’intera creazione una assurdità, senza immortalità dell’anima e senza Dio. “Il Dio che viene dal pensiero di Gauss, così come il riferimento ‘il cielo stellato sopra di me’ di Kant, che pur non essendo un riferimento a Dio rappresenta un pensiero di umiltà, presi da soli e non in un contesto più grande, ci danno solo un Dio astratto. Il problema dell’origine dell’universo, che chiaramente è di natura dinamica e non statica, appare in ogni cultura fin dalle origini dell’umanità. Il Big Bang dell’astrofisica moderna non solo ci fa pensare alla creazione biblica, ci dice anche che il tempo è stato creato insieme all’universo, un concetto che risale alla metafisica di sant’Agostino. La matematica è essenziale per dare consistenza a tutto questo, ma da sola non basta per dire che questa visione dell’origine dell’universo stellato di Kant sia esatta al 100 per cento. Il Dio dell’amore non c’è”.

Bombieri è stato discepolo, tra gli altri, del grande matematico italiano Ennio De Giorgi il quale sosteneva: “All’inizio e alla fine abbiamo il mistero. Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio. A questo mistero la matematica si avvicina, senza penetrarlo”. Un altro matematico italiano, Antonio Ambrosetti, ricorda che il De Giorgi amava molto leggere le Sacre Scritture ed era pieno di carità per gli umili e i sofferenti. Un interessamento concreto, non teorico, che si esplicava in aiuti, anche economici: “Alcuni poveri che De Giorgi cercava di aiutare con assiduità, avevano imparato i suoi orari e si facevano trovare quando arrivava in piazza dei Cavalieri ai piedi della scalinata che porta all’ ingresso della Scuola Normale. Lui aveva sempre qualcosa da dare loro, senza farlo mai pesare, senza avere mai un gesto di insofferenza o, ancora meno, di fastidio. E io rimanevo colpito da questi slanci di generosità e mi sembrava che davvero la bontà di Dio si manifestasse in lui in modo sublime”. E’ dunque vero quello che diceva Pascal, secondo cui Dio non è solo l’autore delle verità geometriche, ma anche un Dio di amore e di consolazione, “un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l’intimo della loro anima, che la inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore”? A questa domanda Bombieri risponde che “Pascal e De Giorgi avevano compreso che Dio non è solo un Dio platonico, astratto, geometrico, aritmetico, o semplicemente creatore di un universo lasciato a se stesso. Essi avevano la visione di un Dio che è più difficile da comprendere, un Dio che è fatto non solo di potenza ma anche di amore infinito. Solamente così diventa possibile, con umiltà, accettare il concetto cristiano della Redenzione”. Bombieri ama molto Dante e ne cita spesso i versi. “Dante è un grandissimo poeta – spiega – la sua poesia viene da un’eccezionale comprensione del linguaggio e della musicalità della parola, con una spontaneità quasi unica. Lo spiega Dante stesso, nella ‘Vita Nova’: ‘Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per se stessa mossa, e disse: ‘Donne, che avete intelletto d’amore’’. Questa lingua da se stessa mossa la ritroviamo nella Commedia, quando la fiamma di Ulisse, “come fosse la lingua che parlasse”, racconta a Dante il suo ultimo viaggio. La profondità del pensiero di Dante si rivela quando Ulisse dice: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza’. Dante è un profondo conoscitore dell’animo umano e ci presenta come il mondo della natura, il mondo delle forze che guidano la vita umana, e il mondo trascendente che appartiene a Dio, sono intrecciati tra loro”.


Cosa risponde, un matematico, alla domanda sul senso del dolore e del male? “Suppongo che la matematica possa servire a misurare l’intensità del dolore fisico o le conseguenze negative del male, e anche quelle positive del bene. Dottori ed economisti adesso usano modelli matematici per quantificare gli effetti positivi o negativi di farmaci o di misure economiche. Tuttavia questa è una risposta di tipo utilitario che considera il dolore, il male, e anche il bene, solo come una reazione del corpo fisico, o come una cosa misurabile. Da un punto di vista filosofico il male e il dolore sono un negativo del bene, ma resta difficile per me considerare una scala assoluta matematica che pone un ordinamento a tutto questo. Il detto: ‘Mors tua, vita mea’ è valido oggi come era valido al tempo dei romani. L’ordinamento è relativo. Possiamo trovare il bene anche nella povertà, così come una persona con gravissimi handicap, che dal punto di vista economico potrebbe sembrare solo un peso per la società, può avere invece un effetto benefico per tutti attraverso il lavoro dei medici e assistenti sociali, anche favorendo nuove scoperte e il ritrovamento di nuovi metodi di trattare i pazienti. E’ la ricchezza un male? Dipende dall’uso che se ne fa; l’accumulare la ricchezza al solo scopo di accumulare ricchezza è, a mio parere, un male. Male e bene sono pieni di contraddizioni e Dante riesce a risolvere queste contraddizioni portandole ad un livello metafisico e religioso. Anche in matematica troviamo paradossi che a prima vista sono impossibili, ma che con un’analisi matematica, a livello più elevato di una primitiva intuizione, si risolvono in modo positivo, aumentando la nostra conoscenza del mondo matematico. Esiste il male nella matematica? Se la matematica è la scienza della verità, che è il bene, il male si può paragonare all’introdurre la falsità dentro la matematica. Di per sé, la matematica è un bene. Tuttavia, esiste la possibilità di un uso pericoloso della matematica. Al giorno d’oggi, esso consiste nel controllo dell’informazione a livello individuale al punto che tutto quello che facciamo viene schedato, catalogato, e vagliato per farne buono o cattivo uso. Ma questo è un altro discorso che ha più a che fare con la politica che con la matematica”.
Il 19 ottobre 2006 Benedetto XVI disse: “Riflettiamo ora su cos’è la matematica: di per sé è un sistema astratto, un’invenzione dello spirito umano, che come tale nella sua purezza non esiste. E’ sempre realizzato approssimativamente, ma – come tale – è un sistema intellettuale, è una grande, geniale invenzione dello spirito umano. La cosa sorprendente è che questa invenzione della nostra mente umana è veramente la chiave per comprendere la natura, che la natura è realmente strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, inventata dal nostro spirito, è realmente lo strumento per poter lavorare con la natura, per metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tecnica. Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dell’intelletto umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo e lo rende utilizzabile per noi. Quindi la struttura intellettuale del soggetto umano e la struttura oggettiva della realtà coincidono: la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche. Penso che questa coincidenza tra quanto noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta la natura, siano un enigma e una sfida grandi, perché vediamo che, alla fine, è ‘una’ la ragione che le collega ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire quest’altra, se non vi fosse un’identica ragione a monte di ambedue. In questo senso mi sembra proprio che la matematica – nella quale come tale Dio non può apparire – ci mostri la struttura intelligente dell’universo…”. Così lo commenta Bombieri: “La dichiarazione del Papa Benedetto XVI, che sembra ampliare il punto di vista di san Bonaventura, indica che la matematica è una cosa astratta, una geniale invenzione dello spirito umano, il cui scopo è limitato ad essere uno strumento per lavorare con la natura, metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tecnica. Questo punto di vista, cioè la motivazione utilitaristica della matematica, mi rammenta Lancelot Hogben quando scriveva sulla matematica, rivolto al grande pubblico. Il mio punto di vista è diverso e, come ho detto in precedenza, considero la matematica come la scienza della verità logica in cui gli oggetti matematici, solo in apparenza creati dal matematico, in realtà sono ordinati tra loro attraverso il grado di complicazione con cui possono apparire, formando grandi costruzioni. L’ordinamento è fatto dall’uomo, ma gli oggetti matematici esistono di per sé, precisamente per la loro consistenza logica. Di conseguenza, il matematico ha sempre due facce distinte, quella di costruttore e quella di esploratore. Il matematico costruttore è il matematico di Benedetto XVI, ma per me il vero matematico è il matematico esploratore. La consistenza matematica del nostro universo è certamente una ragione per vedere il Dio creatore dell'universo, come ben espresso dal papa Benedetto XVI nel suo discorso. Tuttavia, c’è qualcosa di più. La matematica astratta, in quanto coerente scienza della verità logica, ci rinforza nella certezza della verità assoluta che è Dio. Dio è Creatore, Amore infinito, e Verità infinita”.

mercoledì 22 aprile 2015

Chi è Maggie Gobran, la “Madre Teresa” del Cairo e dei ventuno copti uccisi dall’Isis


Chi è Maggie Gobran, la “Madre Teresa” del Cairo e dei ventuno copti uccisi dall’Isis

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aprile 19, 2015 Benedetta Frigerio

Manager di successo, venticinque anni fa lasciò tutto «per rispondere a Dio» e dedicarsi ai bisognosi. «Sono felice di essere madre di questi martiri. È un onore»


Maggie-GobranDa venticinque anni insegna nelle periferie del Cairo: «Amate i vostri nemici; perdonate; non rinnegate mai la verità». Ha sempre ripetuto queste cose Maggie Gobran, egiziana copta di 60 anni, una dei punti di riferimento dei 21 martiri cristiani che sono stati decapitati a febbraio dai fondamentalisti dell’Isis mentre pronunciavano il nome di Gesù.
«I MIE FIGLI MARTIRI». Tredici di loro erano stati educati da questa donna, soprannominata la “madre Teresa del Cairo” o “mamma Maggie”, come la chiamano i 30 mila bambini poveri di cui si occupa da oltre un quarto di secolo. Intervistata da Fox News, Maggie ha raccontato che «sì ho mangiato con loro, ho pregato con loro, ho giocato con loro, ho pianto con loro, ho studiato con loro» e alla notizia della decapitazione «all’inizio eravamo tutti molto tristi e piangevamo. Poi il presidente ha annunciato sette giorni di lutto nazionale e in meno di tre giorni tutte le famiglie hanno cominciato a festeggiare, perché questi uomini non hanno rinnegato la loro fede. E noi siamo orgogliosi. Sono martiri in cielo. Sono felice di essere madre di questi martiri. È un onore».
copti-isis-libiaUN PAIO DI SCARPE. Era la fine degli anni Ottanta quando «Dio volle promuovermi. Mi disse: “Lascia i migliori, i più intelligenti e vai dai più poveri dei poveri”». Così fece, lei che era imprenditrice e professoressa all’Università del Cairo, sposata e con due figli, mischiandosi con gli zabbaleen, gli abitanti in maggioranza cristiani copti delle periferie più povere della città. La prima volta che visitò le baraccopoli, aveva 35 anni: «Quando li vidi non riuscivo a credere che degli esseri umani potessero vivere così, circondati dalla pattumiera», ha raccontato. Ad impressionarla fu una bambina nullatenente che volle accompagnare a comprare un paio di scarpe. Ma la piccola le chiese di prenderle di qualche misura più grandi ,pensando alla madre. Dopo quell’episodio Maggie non riusciva più a dormire e nei mesi successivi continuò a tornare nei quartieri poveri con degli amici. Cominciò a vendere ciò che aveva per aiutare i bisognosi e scoprì di essere più felice servendo gli ultimi. Anche se «mi ci volle un po’ prima di ricevere la chiamata da Dio».
IL SEGRETO DELLA FEDE. Nel 1989 fondò l’associazione Stephen’s Children, che oggi assiste circa 30 mila bambini all’anno tramite 90 centri, fra cui asili, scuole, servizi medici ed educativi per le famiglie. Nonostante i pericoli in un paese a maggioranza islamica, questa missionaria non fa segreto dello scopo della sua opera: «Portare Cristo ai poveri». «Non hanno pane, non hanno cibo, sono affamati ogni giorno – ha spiegato – ma cercano sopratutto amore e rispetto. Sono nudi, senza vestiti, ma sopratutto sono privi di dignità. Per questo siamo lì fra loro. E per questo cambiano. È un’esperienza di cambiamento di vita. Così anche se sono poveri sono ricchi dentro». Perché quando «dai gioia a qualcuno, le vite cambiano. Si fanno diventare ricchi i poveri, più generosi i ricchi verso i poveri, si rendono forti i deboli e i falliti speranzosi». È sempre da questo amore vivo, secondo mamma Maggie, che hanno tratto forza i martiri copti. Come ha chiarito alla giornalista che le domandava da dove le vittime avessero preso il coraggio di non rinnegare la fede: «L’hanno preso da Lui, essendo stati toccati dall’amore vero che ti fa credere in Dio. Credendo i Lui sai che vivrai per sempre».
IL BENE NASCOSTO. Ai suoi bambini Maggie insegna a non avere paura di chi uccide: «Quando sei dalla parte della verità ti senti forte, ogni istante». Secondo lei anche l’immagine del martirio mostra «questa verità», visto che gli assassini con i volti coperti «temevano di mostrarsi al mondo, mentre gli altri avevano un’identità chiara e non hanno avuto timore, sapendo che andavano da Lui per sempre».
Così sono morti quei copti che Maggie aveva guardato come tutti i suoi poveri: «Vedo Gesù in ogni bambino – ha detto in più occasioni -. Questa è la nostra missione, dire a tutti che sono amati da Gesù». Per lei ogni giorno è come rivivere quello che accadde a Maria sotto la croce: «“Questa è tua madre”, così ogni bambino bisognoso diventa mio figlio. Non è facile guardare tuo figlio mentre soffre tanto».




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Maggie Gobran, Madre Teresa d’Egitto

Nasce al Cairo 63 anni fa in una ricca famiglia, ma nel 1987 lascia una carriera nel marketing per dedicarsi ai bimbi poveri. È candidata al Nobel per la pace. A "Panorama" dice: "La vita è bella..."

Maggie Gobran, Madre Teresa d’Egitto
Credits: Matjaz Kacicnik
di Fabio Marchese Ragona
Quando passa nelle corsie d’ospedale, avvolta nella sua veste bianca, o quando entra nelle baraccopoli d’Egitto, tutti la chiamano "Mama Maggie". Per il suo impegno a favore dei più deboli, in molti la chiamano già "la Madre Teresa d’Egitto". E alcuni la chiamano addirittura "Santa Maggie". Di certo c’è solo che, nonostante tutte le apparenze, Maggie Gobran non è una suora, ma una laica cristiana copta: nata 63 anni fa al Cairo, da un giorno all’altro (era l’aprile 1987) ha abbandonato un lavoro da manager dell’informatica e ha riposto tailleur, borse firmate e gioielli per indossare una semplice tunica bianca.
Ai computer e alla carriera Maggie ha preferito le più disastrate periferie egiziane, quelle dove ogni giorno aiuta i bambini e cerca di favorire la pace e il dialogo fra cristiani e musulmani grazie alle case d’accoglienza aperte agli orfani di tutte le religioni. Per riuscire nell’impresa, alla fine degli anni Ottanta ha fondato la Stephen’s children, un’associazione senza scopo di lucro che oggi dà aiuto a circa 30 mila famiglie povere dell’Egitto: nel 2010 l’associazione ha assistito gli indigenti attraverso 80 cliniche, una novantina di centri educativi per bambini, 65 campi di formazione e cinque centri di formazione professionale sparsi in tutto l’Egitto.
Per questo impegno Maggie, che per i suoi progetti riceve finanziamenti da benefattori egiziani e di tutto il mondo, venerdì 12 ottobre potrebbe vincere il Nobel 2012 per la pace (proprio come successe a Madre Teresa di Calcutta nel 1979). La candidatura al premio è arrivata da un gruppo di membri del Congresso americano, e così Mama Maggie è diventata la prima donna copta della storia ad aspirare al riconoscimento.
Mama Maggie, è emozionata per la candidatura al Nobel?
Sono molto felice, e non solo per me. Tutte le personalità che sono state nominate in questa categoria stanno facendo grandi passi verso il sentiero della pace, benché siano molto occupati a risolvere le faccende del mondo e nonostante i loro gravosi impegni. La nostra candidatura è un annuncio importante di speranza per tutti.

Come si è arrivati alla sua candidatura?
Ho avuto l’onore di parlare in giro per il mondo davanti a platee internazionali. In tanti sono rimasti colpiti dal successo del nostro progetto di beneficenza. Da lì è nata l’idea di alcuni politici americani di candidarmi.

Ora, però, l’America è nel centro del mirino dei fanatici musulmani per il film su Maometto. Lei che cosa ne pensa?
Io condanno ogni atto che urti qualsiasi credo o dogma. Sono assolutamente contraria a questo film, che ha ferito i nostri fratelli musulmani. Certo, sono anche per la libertà d’espressione, ma non si deve mai colpire nessun credo religioso.

Il film, però, ha scatenato reazioni violente...
Sono addolorata per le violenze contro le ambasciate degli Stati Uniti e soprattutto contro le persone. Prego affinché la pace riempia la nostra regione e che Dio ci permetta di vivere sempre secondo la sua santa volontà.

Uno dei suoi obiettivi è proprio quello di favorire l’unità tra cristiani e musulmani.
Spero nell’unità di tutti i popoli. Per questo i nostri centri sono aperti a bimbi cristiani e musulmani: se da piccoli crescono insieme, rimarranno amici anche da grandi.

Educarli alla convivenza sin da bambini è il modo migliore?
Sì, cerchiamo di curarli e di trasmettere già da piccoli valori positivi. Dicendo no al mentire, no alla violenza e sì al lavoro, all’onestà, al rispetto reciproco, alla cooperazione con i vicini e all’amore per la famiglia e la patria.

Cos’ha fatto scoccare la scintilla che ha cambiato la sua vita?
Sono nata in una famiglia abituata a servire il prossimo. Mio padre era un medico, aveva una clinica e curava gratuitamente i bisognosi. Sua sorella portava in casa sempre persone indigenti, dava loro da mangiare, le curava. Quando mia zia è morta, nel 1987, ho capito che era il momento di prendere il suo posto.

E cosa ha fatto?
Era il giorno di Pasqua di 25 anni fa, il 19 aprile 1987: sono andata in visita in una baraccopoli per portare vestiti e pasti caldi. Non c’ero mai stata prima e, devo essere sincera, sono rimasta stordita e affranta per tutto il dolore che ho visto tra quei poveri bambini, poveri soprattutto d’amore. Quel giorno ho deciso di dire addio alla mia vecchia vita.

Così è diventata la Madre Teresa d’Egitto…
Io non sono degna nemmeno di sciogliere i sandali a Madre Teresa di Calcutta! Ma da lassù è lei la mia guida, la mia ispirazione che mi permette di andare avanti e aiutare i piccoli. Da sola non potrei fare niente.

Il suo modo di vestire così semplice è legato quindi alla scelta di questa sua nuova vita?
Sì, del resto, quando ci si trova di fronte a Dio e alla sofferenza, l’attenzione non deve né può essere più rivolta alle cose materiali.

Perché i bambini sono al centro del suo lavoro?
Si dice sempre che sono loro il futuro. Se formiamo un bambino sano, avremo posato la prima pietra per creare una comunità sana e armoniosa. A questi bimbi poveri spesso lavo anche i piedi, per dimostrare il mio amore a chi ne è stato privato per troppo tempo. È essenziale fare sentire loro che sono importanti, amati e accettati da tutti.

Ottiene buoni risultati?
In loro vedo il sorriso di Dio e ho trovato me stessa. La lezione più grande l’ho imparata una volta da un bambino affamato che, anziché mangiare tutto il suo pasto, ha voluto dividere il cibo con la sorellina. La vita è una scuola d’amore.

Ma non sempre regna l’amore. Ci sono stati tanti morti in Egitto, nell’ultimo anno.
Il mio cuore si è spezzato per ogni vita persa durante le proteste. Ma bisogna trovare la forza del perdono; il mio ruolo è dare amore e l’amore può cambiare le persone. In fondo siamo pur sempre esseri umani. Pregherò per tutta la gente del mio paese che sarà in grado di aiutare i deboli e dare giustizia ai poveri. Credo che Dio abbia un piano per il mio popolo. Non dobbiamo avere paura.

Che cosa racconta ai suoi bambini?
Per ognuno di loro ho queste parole: «Ti voglio bene, sono pronta a tutto pur di aiutarti. Sei l’essere più prezioso al mondo».

C’è qualche episodio che l’ha particolarmente toccata?
Sì, stavo comprando delle scarpe a una bambina povera che però mi ha chiesto di non pensare a lei, ma di comprare le scarpe a sua madre che era rimasta a piedi nudi. Per me è stato un vero shock, sono tornata a casa in lacrime pensando che al posto di quella madre avrei potuto esserci io.

La vostra associazione di chi si occupa, oltre che dei bambini?
Serviamo tutte le persone emarginate: giovani, madri e anziani. Tutti dei quartieri poveri, in particolare delle baraccopoli.

E che servizi offrite?
Assicuriamo l’istruzione, paghiamo le tasse scolastiche. Poi forniamo gli strumenti necessari: scarpe, zainetti, libri di scuola. E aiutiamo i più piccoli a fare i compiti. Ma interveniamo anche nella ricostruzione di case fatiscenti e cerchiamo lavoro, soprattutto per le madri bisognose cui forniamo anche supporto psicologico. E infine organizziamo gite scolastiche e competizioni sportive durante le vacanze.

Qual è il suo più grande sogno?
Vedere il sorriso sulle labbra di ogni bambino povero, perché possa trovare Dio attraverso ognuno di loro. È questo il vero mistero dell’amore e voglio che il messaggio passi anche dopo la mia morte.

Il MeteoSe non vincerà il Nobel, che cosa farà?
Voglio andare avanti col mio progetto, fin quando non si diffonderà in tutto il paese per un futuro migliore dell’Egitto e del mondo. Noi offriamo piccoli servizi, ma lo facciamo con grande amore. Cerchiamo di disegnare una speranza nel cuore di ogni bambino. Per questo spero che il nostro viaggio continui, di generazione in generazione.

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domenica 19 aprile 2015

Soltanto religione-emozione – di Mons. L. Negri

Soltanto religione-emozione – di Mons. L. Negri

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Quanto più cerco di leggere la situazione complessa della vita sociale e addirittura della vita delle cosiddette cristianità, mi sorprende il coagularsi delle mie consapevolezze intorno a due punti che mi sembrano assolutamente oggettivi.
prima osservazione
La prima osservazione è che quello che è stato chiamato più volte da Papa Francesco il «pensiero unico dominante» non è soltanto un pensiero unico ma è, in realtà, un sistema di vita, di cultura, di forze che sono in campo; di potere ideologico, economico, politico, sociale, particolarmente forte quanto più sembra difficilmente definibile nei suoi contorni e nella sua soggettività.
Il politicamente corretto preme sulla coscienza e sul cuore delle persone, delle famiglie, dei popoli, in maniera martellante e su tutte le grandi questioni antropologiche la discussione è impossibile: basti pensare alla teoria del gender, al problema della vita e della sua manipolazione, al problema dei processieutanasici, al problema delle inseminazioni ormai perpetrate nei Paesi civili della vecchia Europa e non soltanto.
Ciò che viene blindato da questo potere massmediatico mondiale è indiscutibile, e chi dissente – anche nel modo più corretto – viene immediatamente indicato al pubblico ludibrio. In questo nostro Paese nato dalla grande e sacrosanta lotta per la libertà, che ha segnato una delle caratteristiche fondamentali della Resistenza italiana, i margini della libertà, ci piaccia o no, sono progressivamente in diminuzione.
Oggi non si può pensare che un’affermazione fatta pubblicamente e in dissenso dall’ideologia dominante – per esempio che la vita è mistero indisponibile e non oggetto sostanzialmente manipolabile – può compromettere la libertà fisica, oltre che di espressione. Oggi quella forma larvatissima e dignitosissima di dissenso dall’ideologia dominante che sono «Le sentinelle in piedi» viene osteggiata come se fosse una presenza violenta. La sola esistenza di colui che dissente è giudicata violenta dall’ideologia dominante.
Più volte in questi anni mi sono chiesto come facciano le generazioni che si sono susseguite in un clima di sostanziale libertà di espressione ad accettare, senza colpo ferire e senza discussione, questa sostanziale riduzione che va verso l’annullamento della libertà. Un dissidente sovietico diceva, più di trent’anni fa: «Chi si occupa della vita politica avrà la mano mozzata»; anche chi si occupa del bene comune avrà la mano mozzata, perché il bene comune è compito dell’oligarchia che regge il mondo e in questa oligarchia non si entra se non si è chiamati o cooptati.
E una delle ragioni per essere cooptato dall’oligarchia è di essere avverso a quella «lebbra cattolica» che il romanzo di R. H. Benson Il Padrone del mondo – costantemente citato e consigliato da Papa Francesco per la sua portata profetica – ripropone in modo efficace e commovente.
seconda osservazione
Seconda osservazione: qual è, allora, il posto riservato alla religione in questo mondo dove l’anticattolicesimo è condizione dell’umanesimo, come ben indicato nel romanzo di Benson? La posizione permessa dall’ideologia è quella di essere spunto per una serie di emozioni di carattere psicologico, affettivo, sentimentale.
Le varie religioni sono accettate perché sono fonte di emozioni per coloro che vi partecipano, e sono tanto più tollerate se quelli che vi partecipano ne traggono un benessere di carattere psicologico-affettivo. La religione-emozione è una religione che alla fine è funzionale al potere perché predispone anche gli uomini religiosi ad accettare come indiscutibile il potere degli altri.
Divertitevi pure, pregate, cantate, ballate, fate delle vostre convinzioni religiose esperienze sempre più sofisticate di carattere psicologico e affettivo, uscite pure anche dallo spazio di questo mondo individualistico e soggettivo per fare qualche iniziativa caritativa e sociale, però fatelo senza mettere in discussione il ferreo ordine di chi vi guida; e magari togliendogli le castagne dal fuoco di troppe ingiustizie, di troppe difficoltà, di troppe violenze.
Non si può accettare la riduzione sentimentale, psicologica e affettiva della fede, almeno non lo possono i cattolici che nella fede in Gesù Cristo trovano l’unica possibilità di espressione piena della propria umanità.
Pensare che la fede possa avere come pertinenza il campo psico-affettivo e che, di fronte alle grandi questioni che l’ideologia pretende di risolvere in modo univoco e indiscutibile, la fede debba stare silenziosa è snaturare la fede stessa o, per dirla con il Papa emerito Benedetto XVI, è assumere una posizione letale per la fede.
Forse bisogna riprendere l’essenza della tradizione cattolica che ha visto sempre in una corrispondenza o, meglio, in una sintesi positiva di ragione e di fede la caratteristica fondamentale del cattolicesimo. Forse bisognerebbe ricordare l’Instrumentum laboris del primo Sinodo generale sull’Evangelizzazione, scritto dal Beato Paolo VI, che incominciava così: «La fede è la salvezza dell’uomo, di tutto l’uomo, di tutti gli uomini».
25 marzo 2015 – Mons. Luigi Negri

Einstein, lo scienziato che diceva "fanatici" agli atei

Einstein, lo scienziato che diceva "fanatici" agli atei  
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di Francesco Agnoli18-04-2015
A sessant’anni dalla morte di Albert Einstein è impossibile non ricordare l’opera di questo fisico ebreo tedesco che 110 anni fa, precisamente nel 1905, con 5 articoli inviati ad una rivista tedesca, pose “le basi della relatività ristretta, della teoria atomica e della meccanica quantistica”, vere “pietre miliari della fisica di tutti i tempi” (Paolo Musso, La scienza e l’idea di ragione. Scienza, filosofia e religione da Galileo ai buchi neri e oltre, Mimesis, 2001, p. 263: si tratta di un libro imperdibile per gli appassionati di filosofia e storia della scienza). Cosa sia questa benedetta relatività, fu per molti assai difficile comprenderlo, per parecchio tempo. 
Ancora oggi non pochi sono convinti che essa faccia rima con relativismo, quando al contrario “la relatività non è affatto una teoria del relativo, ma piuttosto dell’assoluto. Infatti la relativizzazione dello spazio e del tempo […] da cui essa ha preso il nome fu solo il prezzo che si dovette pagare per giungere ad una ben più fondamentale unificazione, dimostrando l’invarianza (cioè, appunto, l’assolutezza) delle leggi di natura per tutti i fenomeni e per tutti i sistemi di riferimento” (p. 264). Esulando dai compiti di questo articolo, e dalle competenze di chi scrive, illustrare concetti di fisica, basti almeno riassumere il tutto con tre celebri immagini: secondo la relatività gli orologi in movimento rallentano e i righelli si accorciano, mentre gli oggetti in movimento acquistano una massa più grande e, avvicinandosi alla velocità della luce, diventano tanto massicci che non è più possibile accelerarli. Spazio e tempo, con Einstein, non sono più distinti, ma sono due grandezze intimamente connesse: lo spazio-tempo. A ciò si aggiunga l’implicazione più carica di conseguenze della relatività: l’equivalenza di massa e di energia, secondo la celeberrima formula E=mc2. In altre parole la commutabilità della materia in energia e viceversa.
Ma al di là delle questione puramente fisiche, quali sono le implicazioni filosofiche delle scoperte di Einstein? Ce lo si deve chiedere per più motivi: il primo dei quali è la passione che Einstein stesso aveva per le meditazioni che vanno oltre la fisica stessa. Il secondo motivo è anche storico: sia gli ideologi nazisti che quelli comunisti condannarono aspramente la fisica di Einstein, accusandola di essere una “fisica ebraica” i primi, una fisica non materialista, “borghese”, i secondi. L’attacco, in Germania, arrivò anche da premi Nobel per la fisica come Johannes Stark, mentre nell’Urss ad Einstein “veniva rimproverato il fatto che la sua teoria «generava un universo assurdo con un’origine ben definita, troppo simile al punto di vista religioso» che il pensiero sovietico era tanto smanioso di «estirpare dalla società». Non aiutava certo il fatto che uno dei principali diffusori delle teorie di Einstein fosse un sacerdote, Georges Lemaître, uno «straniero corrotto appartenente a una società borghese decadente e agonizzante»” (Paolo Mieli, Corriere della sera, 2/9/2014).
Insomma, sia il panteismo materialista nazista, sia il materialismo comunista, videro nelle teorie di Einstein un problema di ordine filosofico. Ci viene in aiuto il filosofo della scienza, già citato, Paolo Musso: “In virtù di E=mc2 la relatività prevede che la materia possa trasformarsi in energia e viceversa, cosa che in effetti è stata verificata milioni e milioni di volte […] La trasformazione è qui così radicale che non può più in alcun modo essere spiegata in termini di aggregazione di particelle più semplici, il che implica che si tratti di un’ autentica trasformazione, irriducibile a qualsiasi spiegazione di tipo meccanicista. Con ciò dunque la relatività aveva tolto di mezzo i due elementi fondamentali del meccanicismo: lo spazio inerte e la trasformazione per aggregazione e divisione. E con essi cadeva anche il primo principio fondamentale del meccanicismo stesso: il riduzionismo, e cioè la pretesa che ogni oggetto complesso si possa spiegare esaurientemente come somma delle sue parti” (p. 347). Che questo fosse chiaro ad Einstein fin dall’inizio può essere suggerito dalla presentazione che egli scrisse nel 1923 dell’opera del poeta latino Lucrezio, il massimo divulgatore dell’atomismo ateo di Epicuro, da lui definito “provvisto di immaginazione e intelligenza fervide, ma che non ha la minima idea neppure delle nozioni di fisica che s’insegnano ai bambini”. Più tardi, nel 1938, nel famoso libro L’evoluzione della fisica scritto a quattro mani con Leopold Infeld, sarà ancor più esplicito: “Ed invero la scienza non è pervenuta ad attuare il programma meccanicistico in modo convincente. Oggidì nessun fisico crede più che ciò sia possibile” (p. 130). 
Inoltre, l'affermazione di Einstein di uno spazio-tempo relativo, impossibile senza l’esistenza dei corpi, riporta ad un concetto: non si dà spazio (né tempo) senza materia. In altre parole: la dottrina materialista di Democrito - secondo la quale “opinione il dolce, opinione l'amaro, opinione il caldo, opinione il freddo, opinione il colore: in realtà soltanto gli atomi e lo spazio vuoto”-, entra in crisi laddove non è più possibile ipotizzare uno spazio vuoto eterno che sia puro contenitore di infiniti atomi, anch’essi eterni. Questo tanto più se affianchiamo la relatività di Einstein con l’idea del Big Bang, promossa dal già citato Lemaître, e anch’essa avversata dai sovietici materialisti dell’epoca perché riduce la materia ad un “atomo primordiale”, e lo spazio a ciò che si genera attraverso l’espansione dell’atomo primordiale stesso (se pensiamo poi all’atomo primordiale, alla sua energia e semplicità, appare ancora più chiara l’incompatibilità con l’atomismo classico, che produce il complesso dalla somma dei semplici, gli atomi, laddove il Big Bang rappresenta la massima semplicità iniziale come origine della complessità dell’universo). 
Un ultimo interessante corollario filosofico: la relatività non solo annulla uno spazio assoluto, ma, tanto più se coordinata con l’ipotesi del Big Bang, riporta ad una concezione del tempo che non può non ricordare quella di Sant’Agostino. Per il grande teologo africano, infatti, tempo (e spazio) sono relativi, in quanto creati insieme al cielo e alla terra. Come per Agostino non aveva senso chiedersi cosa facesse Dio prima di creare l’universo, essendo il tempo stesso nato con l’universo, così oggi non ha senso chiedersi cosa ci fosse prima del Big Bang, coincidendo il Big Bang con il venire all’essere del tempo (e dello spazio). Scrive il fisico della Royal Society e teologo britannico John Charlton Polkinghorne nel suo Credere in Dio nell’età della scienza: “Si potrebbe inoltre sottolineare come l’intuizione di Agostino secondo cui Dio avrebbe creato il mondo cum tempore e non in tempore abbia ricevuto una convalida teologica quindici secoli più tardi, quando spazio, tempo e materia sono stati riuniti nella teoria della relatività generale che li vede nascere insieme alla singolarità del Big Bang”. 
Analizzati brevemente questi concetti, potremmo farci mille domande su un uomo che ha segnato così a fondo l’immaginario collettivo. Ci aiuterebbero a calare un grande genio, nella storia e non nella leggenda e nel mito, come sovente accade. Dal punto di vista umano, infatti, che tipo fosse Einstein è difficile dirlo: il suo rapporto con mogli, figli e studenti non restituisce un ritratto sempre esemplare e simpatico. Anche dal punto di vista scientifico prese, più volte, come è normale, le sue cantonate. Ad esempio nelle sue discussioni con l’amico Lemaître: si oppose infatti, in più occasioni, all’espansione dell’universo, ed al Big Bang stesso, per pregiudizi di natura filosofica. Ma seppe anche, con grande intelligenza e onestà intellettuale, riconoscere il proprio errore (Francesco Agnoli, Evoluzione e creazione. Dalla geologia alla cosmologia, Cantagalli, 2015). 
Quanto all’Einstein filosofo e “teologo”, si potrebbero dire molte cose. La prima, è senza dubbio questa: Einstein usava spessissimo espressioni che contenevano parole per nulla neutre e casuali, specie per uno scienziato. Questo anche quando sapeva che avrebbe potuto urtare l’interlocutore. Mi riferisco a parole quali “Dio”, “miracolo”, “creazione”, “senso religioso”, “mistero”… In realtà non poteva non usarle, sia perché aveva frequentato una scuola cattolica, sia per la sua conoscenza, almeno basilare, della Bibbia; sia infine perché la fisica lo portava sempre, irresistibilmente, ad andare oltre. Del resto era il suo amico e mentore, il premio Nobel Max Planck, ad affermare: “Non è certo un caso che proprio i massimi pensatori di tutti i tempi siano stati anche nature profondamente religiose, benché non svelassero volentieri il sacrario delle loro anime”.
Il fatto però è che il pensiero filosofico di Einstein non fu affatto sistematico, né logicamente esemplare e coerente. Per questo le sue frasi potrebbero essere tirate da una parte o dall’altra. In verità Einstein si pronunciò spesso su cose che non conosceva bene, e cambiò opinione nel corso del tempo, almeno riguardo ad alcune idee. In particolare si possono distinguere due fasi: una prima fase, quella ante 1934, più, diciamo così, “religiosamente eterodossa”; e una seconda fase, più disponibile a valorizzare anche la Chiesa e la Bibbia, dopo il 1934, cioè quando l’ascesa del nazismo chiarì ad Einstein il legame tra le tenebre della sua epoca e l’abbandono dei valori biblici e cristiani. Nella prima fase possiamo trovare frasi come questa: “È certo che alla base di ogni lavoro scientifico un po' delicato si trova la convinzione, analoga al sentimento religioso, che il mondo è fondato sulla ragione e può essere compreso. Questa convinzione legata al sentimento profondo dell'esistenza di una mente superiore che si manifesta nel mondo dell'esperienza, costituisce per me l'idea di Dio; in linguaggio corrente si può chiamarla "panteismo" (Spinoza, Come io vedo il mondo). 
Nella seconda fase, invece, affermazioni del genere: “I più alti principi su cui si fondano le nostre aspirazioni e i nostri giudizi ci vengono dalla tradizione religiosa giudaico-cristiana… Non c’è spazio in tutto ciò per la divinizzazione di una nazione, di una classe, e meno che mai di un individuo. Non siamo tutti figli di uno stesso padre, come si dice in linguaggio religioso?... L’unione di queste due forze (Bibbia e filosofia greca, ndr) così differenti l’una dall’altra contrassegna l’inizio della nostra epoca culturale e da quell’unione, direttamente o indirettamente, è scaturito tutto ciò che informa i veri valori della vita dei nostri giorni... la nostra lotta per preservare tali tesori contro le attuali forze della tenebra e della barbarie non potrà allora che dirsi vincente… Noi ebrei dovremmo essere e rimanere portatori e difensori dei valori spirituali…” (Pensieri, idee, opinioni).  Una cosa, infine, è certa: Einstein professò per lo più la fede non in un Dio personale, ma in una sorta di Dio sovrapersonale, in una non ben definita Intelligenza ordinatrice del cosmo, e fu spesso piuttosto duro con coloro che vantavano di essere atei, definendoli “fanatici”, “creature che non riescono a sentire la musica delle sfere” (Walter Isaacson, Einstein)
Nel 1940, dopo che anche nella sua partenza dalla Germania, aveva trovato accoglienza e aiuto in Belgio, anche grazie a già citato Lemaître, ebbe a dichiarare al Time: “Solo la Chiesa ha fatto quadrato sul percorso della campagna di Hitler per la soppressione della verità. Non ho mai avuto in precedenza un interesse particolare per la Chiesa, ma ora sento verso di essa una grande ammirazione, poiché la Chiesa sola ha avuto il coraggio e la perseveranza per difendere la verità intellettuale e la libertà morale. Mi trovo quindi costretto a confessare: ciò che io un tempo disprezzavo, ora io lodo senza riserve”( M. Burleigh, In nome di Dio, Rizzoli, Milano, 2007, p. 249).

venerdì 17 aprile 2015

Lo scandalo della melatonina: “vi spiego come è stata approvata una grande truffa ai danni della comunità e dei malati di tumore”. Ed è ancora più scandaloso che non se ne parli !!


Lo scandalo della melatonina: “vi spiego come è stata approvata una grande truffa ai danni della comunità e dei malati di tumore”. Ed è ancora più scandaloso che non se ne parli !!


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Mariano Bizzari è uno di quegli oncologi che, nella sfortuna di avere un cancro, è una fortuna incontrare. Responsabile del Systems Biology group del dipartimento di Medicina Sperimentale della Sapienza di Roma, autore di svariati studi sulle proprietà antitumorali della melatonina ( d’accordo in proposito con la posizione di Di Bella -padre e figlio – e di Paolo Lissoni, “non si cura un tumore senza melatonina“), non vede solo le quattro mura del suo laboratorio, ma anche i malati. Per questo indirizza le scelte dei colleghi del Policlinico I: “Diamo sempre melatonina ad alte dosi ai pazienti, insieme a radio e chemioterapie. È una molecola dalle molteplici proprietà, la definiamopleiotrofica perchè agisce in base alle esigenze dell’organismo”.
Bizzarri ha pubblicato svariati lavori sulle proprietà antitumorali della melatonina. Qui evidenzia l’effetto killer sui tumori di seno, prostata, colon, sarcomi, melanomi e del sangue. Cliccate.
Ci siamo rivolti a lui e al professor Giulio Bellipanni, chirurgo a Roma e studioso della ghiandola pineale, sia per avere conferma delle capacità di contrastare il cancro che ha questa molecola ( cosa che non viene riconosciuta nè dai medici di base, nè dagli oncologi), che per capire COME MAI, dall’inizio dell’anno, PER ACQUISTARE 2mg di MELATONINA serve la ricetta medica, mentre per comprare 1000 mg di paracetamolo non occorre alcuna ricetta.
IN PRATICA Ė STATA BREVETTATA da un’azienda Big Pharma UNA SOSTANZA NATURALE, cosa che non dovrebbe essere permessa.
Il brevetto delle pasticche da 2mg è stato rilasciato in Inghilterra. Potevano tenerselo gli inglesi, assieme alla loro guida a sinistra, ma l’interesse della Big Pharma è quello di procacciarsi clienti guadagnando il più possibile. Così il prezzo, da un mese all’altro, è cresciuto di 10 volte. “Se fino a gennaio, per una confezione di melatonina con pastiglie da 3 mg, spendevo 7 euro, oggi ne verso 70 in cambio di compresse da 2 mg” calcola Giulio Bellipanni. Ma quel che è grave è che “dopo la registrazione europea, l’Italia ha recepito il nuovo farmaco brevettato senza interrogarsi sugli studi di farmacocinetica -probabilmente assenti – e ha dato indicazioni sul limite di melatonina da inserire negli integratori, non più di un milligrammo”.
Cosa sono gli studi di farmacocinetica? Ce lo spiega Bizzarri.

Due milligrammi è una dose ridicola, da acqua fresca. Una presa in giro legalizzata, una frode scientifica. Gli studi di farmacocinetica stabiliscono gli effetti di una tal quantità nel sangue. I valori fisiologici di melatonina in un uomo che pesa 70 chili, sono 8 mg. Cosa producono 2mg di melatonina?”
Abbiamo chiesto da mesi di poter parlare col ministro o con il responsabile che ha accolto la pasticca new entry a prezzo rincarato. Mai nessuna risposta. Non vogliamo credere che ministero, ISS e Aifa non abbiamo valutato gli studi e abbiano accolto il Circadin solo per favorire un’azienda, quindi restiamo in attesa di repliche.
Professor Bizzarri come si spiega questa frode scientifica?
“Per ignoranza e per un atteggiamento di chiusura mentale. In passato l’oncologo Paolo Lissoni e altri ricercatori non hanno mai trovato fondi per finanziare i loro studi sulla melatonina per via del fatto che è sostanza naturale. Oggi spunta un’azienda che riesce addirittura a brevettare un dosaggio così basso. Il Parlamento ce lo dovrebbe spiegare…”
Identico sconcerto da parte di Bellipanni. “È il frutto di una concertazione ben organizzata fra multinazionali e il danno ai consumatori non è stato segnalato da nessuno. Sulla melatonina, invece di andare avanti, grazie alla spinta degli studi, si sta tornando indietro”.
Professor Bizzarri quali sono gli effetti principali della melatonina?
Svolge molte funzioni, 
riduce i radicali liberi, 
regola il sonno e 
 il tono dell’umore, 
è antitumorale,
 migliora la circolazione cerebrale,
 la consiglio ai bimbi nati prematuri 
e a chi soffre di ritardi cerebrali, 
aumenta il numero delle piastrine nel sangue, 
riduce il rischio di malattie cardiovascolari”.
Con quali dosaggi?
“Come preventivo si calcola un mg ogni dieci chili di peso corporeo più un mg. Un uomo di 70 chili dovrebbe prenderne 8 mg al dì. In caso di tumore dosaggi maggiori, sulle lesioni cerebrali gli effetti sono proporzionali alle quantità”.
Coniugate la melatonina?
“Sì, con adenosina perchè facilita l’assorbimento. La melatonina si scioglie nelle membrane grasse”.
Fra i suoi lavori ce n’è uno apparso sul Journal Pineal Research nel 2011 che mette in evidenza l’azione antitumorale sinergica di melatonina e vitamina D3. Eccolo.
Sì, una ricerca su linee cellulari di tumori della mammella e del colon: l’azione della melatonina è potenziata da quella della vitamina D3, se con le due sostanze, prese singolarmente, la morte cellulare si verifica nel 45-50% delle cellule, con entrambe le molecole si arriva al 90% di apoptosi. Sempre a proposito di tumori mammamri, abbiamo scoperto che la melatonina inibisce una molecola (MDM2) che favorisce la “resistenza” della cellula tumorale”.
È stato invece Giulio Bellipanni a indagare gli effetti della melatonina sulle donne in menopausa, “in alcune di loro è tornato il ciclo mestruale, regolando la pineale, a cascata gli ormoni tiroidei e luteinizzanti riprendono a funzionare”. Ecco lo studio.
E pensare che non hanno ancora tolto la cattedra alla ginecologa Rossella Nappi che raccomanda la Tos (terapia ormonale sostitutiva) alle donne in menopausa, “anche se fra gli effetti collaterali può provocare il tumore al seno”. Parole (incoscienti) sue. Cliccate qui. Pur di sponsorizzare Big Pharma…
Così il cerchio si chiude.
Ma chi farà luce su questa truffa? Si aprirà un inchiesta? Ci sarà un’interrogazione parlamentare?
PS. SUGLI EFFETTI DELLA MELATONINA SULLE PIASTRINE e SUL LEGAME CON ADENOSINIA ecco una sintesi di GIUSEPPE DI BELLA. Cliccate qui. E cliccate anche qui.

fonte: http://informatitalia.blogspot.it/2014/09/scandalo-melatonina-vi-spiego-come-e.html