Essere donna è un’infinita fatica, ma anche un privilegio.
Fatica, perché ti viene chiesto tutto, da sempre. Di essere forte ma non troppo, sensibile ma non fragile, intelligente ma non intimidatoria, indipendente ma non al punto da spaventare. Ti insegnano a camminare in equilibrio su una corda tesa: se cadi di qua sei “debole”, se cadi di là sei “aggressiva”. E tu, nel mezzo, a tenere insieme pezzi che agli altri sembrano ovvi, naturali, dovuti.
Essere donna è fatica nel corpo. Il corpo che tutti giudicano, toccano, commentano, pretendono di spiegare e di governare. Troppo magra, troppo grassa, troppo scoperta, troppo coperta. Madre o non madre, desiderabile o invisibile, giovane da esibire o vecchia da nascondere. Ogni scelta che riguarda il tuo corpo diventa affare pubblico, terreno di discussione, bersaglio di sentenze non richieste.
È fatica nelle relazioni. Perché ti hanno cresciuta dicendoti che devi capire tutti, perdonare tutti, aggiustare tutto. Che se una relazione va a rotoli è colpa tua, non hai amato abbastanza, non hai avuto abbastanza pazienza, abbastanza dolcezza, abbastanza silenzio. Sei quella che “tiene insieme” la famiglia, il lavoro, la casa, gli umori degli altri. E se crolli, il problema diventi tu, non il peso che ti hanno messo addosso.
È fatica nel lavoro. Devi dimostrare il doppio per avere la metà. Se hai successo, è perché “ti sei saputa muovere”; se non ce la fai, confermi il sospetto che “in fondo le donne non reggono”. Se alzi la voce sei isterica, se non la alzi sei insignificante. E nel frattempo devi far finta che vada tutto bene, che non ti tocchi, che non ti ferisca. Per non essere accusata anche di vittimismo.
Eppure, in questa fatica c’è un privilegio che molti non sopportano nemmeno di sentir nominare. Il privilegio di conoscere il dolore e trasformarlo. Di portare dentro una memoria antica di tutto quello che le donne prima di te hanno sopportato, perso, conquistato. Il privilegio di guardare il mondo da un angolo storto, non dal centro del palcoscenico: perché da lì vedi le bugie meglio, vedi le ingiustizie più nitide, non sei ipnotizzata dal riflettore.
Essere donna è un privilegio perché ti obbliga a diventare più lucida. Non puoi permetterti la superficialità di chi non ha mai dovuto difendersi. Devi imparare a leggere gli sguardi, le mezze frasi, i non detti. A capire chi hai di fronte, quanto spazio puoi prendere, dove devi arretrare e dove invece è il momento di piantarti e dire: “Adesso basta”. Questa lucidità è un dono feroce, ma è un dono.
È un privilegio perché hai una capacità quasi ostinata di creare. Non solo figli, quando li vuoi. Idee, relazioni, progetti, linguaggi, mondi interi. Di costruire a partire da pochissimo: un niente, una ferita, una mancanza. Di prendere quello che ti hanno gettato addosso come limite e trasformarlo in forma, in lavoro, in testimonianza. La storia è piena di donne a cui hanno detto “no” e che da quel “no” hanno fatto nascere un terremoto.
Essere donna è un privilegio perché ti costringe a scegliere chi vuoi essere, nonostante tutto quello che ti hanno detto che dovevi essere. E quando quella scelta la fai, quando smetti di chiedere il permesso, quando ti assumi il diritto di occupare spazio, parlare, rifiutare, pretendere, allora tutta quella fatica si trasforma in qualcosa di diverso: in forza che non hai bisogno di sbandierare, in dignità che non chiede approvazione.
Sì, essere donna è un’infinita fatica. Ma è anche l’occasione continua di sfidare un copione scritto da altri e riscriverlo da capo, ogni giorno, con la tua voce, con il tuo corpo, con la tua vita. E questo, che piaccia o no, è un privilegio che fa paura.
"𝐎𝐫𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐅𝐚𝐥𝐥𝐚𝐜𝐢 ღ 𝐀𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐠𝐚" di Antonio Nobili.

