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sabato 31 luglio 2021

La noia

 Uno dei sistemi migliori per evitare la noia è la routine. Chi ha la giornata scandita da un orario che inizia alle sette di mattina con la radio e finisce a mezzanotte, tanto da non avere neppure un minuto libero, di fatto non ha il tempo di annoiarsi. La routine è l'unico rimedio efficace, poiché la noia si manifesta e diventa insopportabile solo se si ha del tempo a disposizione.Chi si organizza la giornata in modo da essere sempre occupato, non viene sopraffatto dalla noia. Se non esistesse questa possibilità di sfuggire alla noia, dovremmo costruire in brevissimo tempo cliniche psichiatriche per milioni di persone


“Atto d’amore è accogliere in noi la nostra parte più ferita e fragile, accorgersi che dobbiamo amare l’ultimo degli uomini perché arriva terribile il momento in cui ci accorgiamo che l’ultimo degli uomini siamo noi.”


Carl Gustav Jung

 

Claude Bernard: Il terreno è tutto, il microbo è nulla!

il terreno è tutto il microbo è nulla

Ci sono momenti, nella storia dell’uomo in cui sono state compiute scelte che hanno avuto conseguenze importanti non solo nell’epoca in cui sono avvenute, ma nella storia di tutti gli anni successivi. E sono più profonde di quanto immaginiamo.

Ciò di cui ti voglio parlare in questo articolo riguarda il nostro benessere e avviene in pieno Ottocento proprio in ambito medico.

In questo periodo il mondo scientifico viene travolto dalle scoperte di Louis Pasteur (1822-1895), chimico e biologo francese al quale si attribuì la scoperta che ogni malattia che ci coinvolge è generata da un microrganismo che ci attacca.

Se da un lato è stato fondamentale per comprendere l’importanza della sterilizzazione in ambito chirurgico, dall’altro questo concetto ha condizionato profondamente il nostro modo di vedere le cose, perché per i due secoli successivi, fino ad oggi, la medicina rincorre e combatte qualsiasi forma di microbo o causa esterna che ci possa, potenzialmente danneggiare.

Ad ogni insorgere di una malattia, il nostro sguardo volge immediatamente alla ricerca di una causa esterna, che sia essa un virus, un fungo, un parassiata, o un batterio patogeno.

Claude Bernard

Nello stesso periodo operava Claude Bernard (1813-1878), fisiologo francese contemporaneo di Pasteur la cui concezione era praticamente opposta. Pur non negando la presenza dei microrganismi potenzialmente patogeni, egli studiava la natura umana partendo dal concetto di “terreno”, dimostrando, dati alla mano, quanto fosse determinante lo stato del terreno nel favorire la proliferazione o meno degli agenti patogeni.

Lo sanno i contadini quando preparano il terreno per le coltivazioni: tanto più è fertile e in salute il terreno su cui piantano i semi, tanto più forti e sane cresceranno le piante.

Cerchiamo di trasportare questo semplice concetto all’organismo umano.

È noto che in ogni laboratorio biochimico, per far proliferare un dato microbo, si preparano colture adatte alla sua sopravvivenza. Solo in un “terreno adatto”, potremo ottenere la proliferazione del microbo.

Il “terreno biologico“, comunemente detto “terreno”, è l’insieme dei fattori e delle condizioni che caratterizzano un determinato organismo in un certo momento.

Pertanto un individuo che ha un “buon terreno” non lascia spazio alla malattia.

A questo proposito va ricordato che durante tutte le gravi epidemie del passato non tutta la popolazione veniva colpita, ed erano proprio coloro rimasti sani a prestare le cure ai malati. Essi, pur essendo a stretto contatto con i malati, non contraevano la malattia. Coloro che restavano sani avevano infatti un buon terreno e perciò non adatto all’insediamento di quel dato agente patogeno. È solo quando un agente patogeno trova il terreno adatto che si genera una “malattia”.

Partendo dalle sue ricerche e proseguendo in questa direzione, Bernard proponeva che la medicina studiasse, prima ancora delle armi di distruzione batterica, quali potessero essere quelle condizioni favorevoli alla salute individuale, ovvero come costruire il terreno affinché gli agenti patogeni, pur arrivandoci, non trovino spazio per crescere.

E’ una concezione completamente opposta perché indirizza la ricerca sul soggetto sano e non sul malato.

Quali sono le condizioni di vita della persona in salute e armonia con sè stessa e il proprio corpo? Come mangia? Che abitudini ha? Che stile di vita conduce? Che emozioni prova? Come supera i suoi traumi?

Capisci quanto sarebbe differente la medicina se impostata su questi modelli ai quali ogni malato dovrebbe tendere, anziché bombardare il corpo avvelenandolo e drogandolo di chimica per sconfiggere minuscoli microrganismi?

Come avrai intuito la storia vuole che le teorie di Pasteur ebbero la meglio su quelle di Bernard e la scienza scelse in quel momento di seguire il primo modello.

Poco importa se in punto di morte Pasteur scrisse al collega

Mio caro Bernard, penso che abbiate ragione, il terreno è ben più importante del microbo, il terreno è tutto”.

Ciò che rimane è l’idea paradossale che l’uomo sia un essere vivente inserito in una natura che, pur essendogli madre e culla, lo attacca da tutti i fronti costringendolo a difendersi vaccinandosi e assumendo farmaci e sostanze anche potenzialmente dannose per l’organismo, per tutta la vita.

Cosa influenza il “terreno”?

Tutti gli esseri viventi hanno caratteristiche genetiche uniche, precise e determinate dal loro DNA che li portano ad avere un organismo in perfetto equilibrio, sia interno, che con l’ambiente esterno. Questo è quello che Bernard definirebbe un terreno ottimale.

dottor Mozzi

Secondo il parere del dottor Mozzi, medico che ha dedicato la sua vita alla ricerca delle potenziali cause delle malattie, le sostanze che introduciamo ogni giorno attraverso l’alimentazione, possono nel tempo influenzare in positivo ,o in negativo, la salute del terreno e di conseguenza la salute del nostro organismo.

Sempre secondo l’esperienza del dottor Mozzi la chiave per recuperare lo stato di salute non sta nel rincorrere un ipotetica cura, che sia essa un farmaco, o un integratore naturale, bensì nell’eliminare la causa.

Eliminare la causa significa dare l’opportunita al proprio organismo di auto-guarirsi

lunedì 26 luglio 2021

Delle mosche del mercato.

 Delle mosche del mercato.

«Ripara, o amico mio, nella solitudine! Io ti veggo stordito, dallo strepido degli uomini grandi e punto dagli aculei dei piccoli. Il bosco e il monte sapranno degnamente tacere con te. Sii simile all’albero che tu ami, all’albero dai rami diffusi; egli pende sul mare, silenzioso, in ascolto.

Dove finisce la solitudine, ivi incomincia il mercato; e dove incomincia il mercato, ivi incomincia lo strepito dei grandi commedianti e il ronzìo delle mosche velenose

Nel mondo le cose più buone a nulla giovano, se non v’ha chi sappia farle pregiare; e i commedianti son detti dal popolo uomini grandi.

Poco comprende il popolo la grandezza, cioè la creazione, ma ha occhi ed orecchi per i commedianti, per quelli che rappresentano le cose grandi.

Il mondo gira intorno agli inventori di nuovi valori: — gira invisibilmente. Ma intorno ai commedianti volgono il popolo e la gloria: tale è la vita.

Il commediante possiede lo spirito, non la coscienza dello spirito. Egli sempre crede in ciò a cui suol persuadere gli altri: — crede cioè in sè stesso !

Domani egli avrà una nuova fede e il giorno di poi un’altra. I suoi sensi sono agili come quelli del popolo, e variabili come il tempo.

Rovesciare — significa per lui: dimostrare. Render folli — vale per lui: convincere. E il sangue gli sembra la migliore delle ragioni.

Una verità, che non è fatta se non per gli orecchi molto delicati, è per lui la menzogna, il nulla. In vero, egli non crede che negli dèi che fanno molto strepito nel mondo!

Affollato di pagliacci romorosi è il mercato — e il popolo si pregia dei grandi uomini che possiede! Giacchè per lui costoro sono i padroni del momento.

Ma l’ora li incalza: ed essi incalzano te. Per ciò vogliono da te una pronta risposta. Guai a te, se non ti sai rivolgere.

Non esser geloso di questi intransigenti e impazienti, o amico della verità! Mai la verità s’attaccò al braccio d’un intransigente.

Fuggi questi avventati: ripara alla tua sicurezza; non sul mercato soltanto si è assaliti con le domande.

I pozzi profondi acquistano lentamente il lor pregio e la loro conoscenza; devono attendere a lungo prima di sapere che cosa sia caduto in essi.

Lontano dal mercato e dalla gloria si ritrae tutto ciò che è grande; lontano dal mercato e dalla gloria vissero, da che è mondo, gli inventori dei nuovi valori. [p. 49]

Ripara, amico mio, nella tua solitudine: io ti veggo tutto punzecchiato da mosche velenose. Fuggi là dove soffia il vento rude e impetuoso! Fuggi in solitudine! Troppo sei vissuto vicino ai piccoli e ai miserabili: salvati dalla loro invisibile vendetta! Contro di te essi tutti anelano vendetta.

Non alzare più il braccio contro di loro! Essi sono innumerevoli, e tu non devi avere per sorte l’ufficio d’un cacciamosche.

Innumerevoli sono i piccoli e i miserabili; e più d’un superbo edificio è crollato in causa delle goccie piovane e della mala erba.

Tu non sei una pietra, ma già sei incavato dalle molte goccie. Le molte goccie ti potrebbero spezzare.

Ti veggo sofferente per le molte mosche velenose, punto a sangue in cento parti: la tua alterezza sdegna la collera.

Sangue vorrebbero da te, fingendosi ingenue, sangue bramano le loro anime esangui — e perciò punzecchiano senza posa.

Ma tu, o profondo, tu soffri troppo crudelmente anche per le piccole ferite; e prima che tu risani, lo stesso verme velenoso riprende a strisciarti sulla mano.

Tu sei troppo altero, per uccidere questi avidi vampiretti. Guardati però di non esser costretto poi a sopportare le lor velenose punture!

Essi ti ronzano intorno anche con la lode: l’impudenza. Essi vogliono il contatto della tua pelle e del tuo sangue.

Essi ti adulano al pari di Dio o del demonio; essi piagnucolano dinanzi a te, come dinanzi a Dio o al demonio. Che importa! Son adulatori e piagnoni e nient’altro.

Pur molte volte ti sembreranno amabili. Ma l’amabilità è la prudenza dei vili. Sì, i vili sono prudenti!

Essi pensano molto a te nella loro anima angusta — tu desti i loro sospetti! Tutto ciò che è meditato è per essi sospetto.

Ti puniscono per le tue virtù. E in fondo non ti perdonano che i tuoi errori.

Perchè sei mite e giusto, tu dirai: «Essi sono incolpevoli della lor vita meschina». Invece la loro piccola anima pensa: «È una colpa ogni grande vita». 

Anche se tu sei affabile con loro, sentono che in fondo tu li disprezzi; e compensano i tuoi benefizi con altrettanti danni celati.

Il tuo orgoglio taciturno li irrita: essi esultano se una volta tanto sei abbastanza modesto per esser vanitoso.

Noi non riconosciamo in un uomo se non ciò che cerchiamo d’esaltare in lui.

Perciò guardati dai piccoli.

La lor miseria arde contro di te nel desiderio di una vendetta invisibile.

Non t’accorgesti mai come improvvisamente ammutolirono quando tu andasti incontro a loro, e come perdettero ogni forza, fatti simili al fumo d’un fuoco che va spegnendosi?

Si, amico mio, per i tuoi vicini tu rappresenti la cattiva coscienza: poi che essi sono indegni di te. Perciò ti odiano e vogliono succhiare il tuo sangue.

Essi saran sempre mosche velenose; ciò che in te è grande non fa che renderli più desiderosi di nuocere.

Ripara, amico mio, alla tua solitudine: là dove spira un vento rude e impetuoso. La sorte tua non è di essere un cacciamosche».

Cosi parlò Zarathustra.

sabato 24 luglio 2021

 E' questo immortale istinto del bello che ci fa considerare il mondo e tutte le sue bellezze come un riflesso, come una corrispondenza del cielo. La sete inestinguibile di tutto ciò che è al di là, e che rivela la vita, è la prova più viva della nostra immortalità. Con la poesia e, insieme, attraverso la poesia, con la musica e attraverso la musica, l'anima intuisce la luce che splende al di là della tomba; o quando una poesia perfetta fa nascere le lagrime agli occhi, queste lagrime non sono segno di eccessiva gioia, ma piuttosto indice di una malinconia esasperata, di una esigenza nervosa, di una natura esiliata nell'imperfetto che bramerebbe possedere subito, in questo mondo, un paradiso rivelato.


Charles Baudelaire, in Art Romantique

 Le comunità virtuali non sono validi sostituti del sedersi insieme ad un tavolo, guardarsi in faccia, avere una conversazione reale. Le persone camminano qua e là con l'auricolare parlando ad alta voce da soli, come schizofrenici, incuranti di ciò che sta loro intorno. L'introspezione è un'attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.


Zygmunt Bauman, Intervista sull'identità

martedì 20 luglio 2021

"La parola incontro

 "La parola incontro implica in primo luogo qualcosa di imprevisto e di sorprendente; in secondo luogo implica qualcosa di reale, che ci tocca realmente, che interessa la nostra vita. Cosi inteso, ogni incontro è unico, le circostanze che lo determinano non si ripeteranno più così: proprio perché ogni incontro è un brano preciso della voce che chiama ognuno per nome" 

Luigi Giussani

sabato 17 luglio 2021

IO CONTINUERO' ...

 

IO CONTINUERO' ...

Io continuerò a credere,
anche se tutti perdono la speranza.
Io continuerò ad amare,
anche se gli altri distillano odio.
Io continuerò a costruire,
anche se gli altri distruggono.
Io continuerò a parlare di pace,
anche nel bel mezzo di una guerra.
Io continuerò a illuminare,
anche in mezzo alle tenebre.
Io continuerò a seminare,
anche se gli altri calpestano il raccolto. E io continuerò a gridare,
anche se gli altri tacciono.
E io disegnerò sorrisi sui volti in lacrime. E porterò sollievo,
quando si vedrà il dolore.
E offrirò motivi di gioia
dove c'è solo tristezza.
Inviterò a camminare colui che ha deciso di fermarsi ...
E tenderò le braccia a coloro che si sentono esausti".


Abbé Pierre

 Sappi che negli insegnamenti che io t’impartirò non c’è il minimo dubbio.Io ti spingerò a tutte le sconsacrazioni possibili, alla mancanza di ogni rispetto per ogni sentimento istituito. Tuttavia, il fondo del mio insegnamento consisterà nel convincerti a non temere la sacralità e i sentimenti di cui il laicismo consumistico ha privato gli uomini trasformandoli in brutti e stupidi automi, adoratori di feticci. Chi accetta realisticamente una trasformazione che è regresso e degradazione vuol dire che non ama chi subisce tale regresso e tale degradazione, cioè gli uomini in carne e ossa che lo circondano. Chi invece protesta con tutta la sua forza, anche sentimentale, contro il regresso e la degradazione vuol dire che ama quegli uomini in carne e ossa, amore che io ho la disgrazia di sentire e che spero di comunicare a te.

venerdì 16 luglio 2021

La libertà

 

F. Dostoevskij racconta il monaco russo per spiegarci cos’è la libertà

Brano tratto dal romanzo “I fratelli Karamazov” (1879), pubblicato su www.heliodromos.it

«Padri e fratelli: che cos’è un monaco? Nel mondo, fra la gente istruita, questa parola viene pronunciata oggigiorno con un certo sarcasmo, e da taluni persino come un’ingiuria. E più si va avanti, peggio è. Ma è vero — oh, sì, è vero — che fra i monaci sono molti i parassiti, i dissoluti, i lussuriosi, e gli oziosi impudenti. E sono loro a venire additati dalle persone istruite e di mondo: “Voi” dicono “non fate nulla, siete di peso alla società, vivete del lavoro altrui, siete dei questuanti senza vergogna”. Eppure vi sono anche tanti monaci umili e pii, avidi di solitudine, di silenzio e di fervida preghiera. Ma costoro vengono citati di meno dalla gente, e magari non sono neppure nominati, e come si stupirebbero se mi sentissero affermare che proprio da questi uomini pii e desiderosi di solitudine e di preghiera verrà, forse, ancora una volta la salvezza della Russia! Poiché, in verità, si preparano, in silenzio, “a quel giorno e a quell’ora, a quel mese e a quell’anno”. In solitudine, custodiscono intanto, nella purezza della verità divina, intatta e sublime, l’immagine di Cristo che è stata tramandata dagli antichi padri, dagli apostoli e dai martiri, e quando occorrerà la mostreranno al mondo, ormai vacillante nella sua verità. È un’idea grande. E sarà dall’Oriente che comincerà a rifulgere.
«Questo penso del monaco, ed è forse una visione falsa o impudente, la mia? Guardati i laici e tutti coloro che si sono innalzati al di sopra del popolo di Dio: non hanno forse deformato l’immagine di Dio e la sua verità? Loro hanno la scienza, ma nella scienza vi è solo ciò che cade sotto i sensi. Il mondo spirituale, la metà più elevata dell’essere umano, è totalmente rinnegata, bandita con un senso di trionfo, di odio persino.
 Il mondo ha proclamato la libertà, soprattutto negli ultimi tempi, e che cosa scorgiamo in questa libertà? Unicamente schiavitù e suicidio! Poiché il mondo dice: “Hai dei bisogni, e allora appagali, perché hai gli stessi diritti di chi è ricco e potente. Non temere di appagarli, anzi incrementali. Ecco quel che predica oggi il mondo. Ma che cosa provoca questo incrementare i propri bisogni? Nei ricchi la solitudine e il suicidio morale; nei poveri l’invidia e l’omicidio, perché i diritti sono stati concessi, ma i mezzi per appagare i propri bisogni non li hanno ancora indicati. Assicurano che il mondo sia destinato, più si va avanti, a unirsi, a stringersi in comunione fraterna e che ciò ridurrà le distanze e favorirà la comunicazione del pensiero attraverso l’aria. Ahimè, non credete a una simile unione degli uomini! Considerando la libertà come incremento e rapido soddisfacimento dei bisogni, essi deformano la propria natura poiché alimentano dentro di sé molti desideri futili e assurdi e molte abitudini e velleità insensate. Vivono così solo nell’invidia reciproca, nella dissolutezza e nell’ostentazione. Banchetti, viaggi, carrozze, gradi e servitù sono ritenuti ormai una necessità, per appagare le quali si sacrificano anche la vita, l’onore e l’amore per il prossimo e si arriva perfino a uccidersi quando non si sia capaci di farlo. E lo stesso avviene con chi non è ricco, mentre i poveri affogano per ora i bisogni e l’invidia nell’ebrezza. Ma presto, anziché di vino, si inebrieranno di sangue, a questo li condurranno. Io vi chiedo: è libero un uomo simile?
Ho conosciuto uno di questi “combattenti per un’ideale” il quale mi raccontava che, quando in carcere fu privato del tabacco, soffrì talmente di questa privazione che fu lì lì per tradire il suo “ideale”, pur di avere del tabacco. Eppure costui diceva: “Vado a combattere per l’umanità”. Ma dove potrà mai arrivare un uomo simile e di che cosa sarà capace? Di un’azione immediata forse, ma non saprà resistere a lungo. Non vi è da stupirsi se l’umanità, invece della libertà, abbia trovato la schiavitù, e invece di servire la causa della fratellanza e dell’alleanza fra gli uomini sia finita nell’isolamento e nella disunione — come mi diceva in gioventù il mio misterioso visitatore e maestro. È perciò che nel mondo si affievolisce sempre più l’idea di servire l’umanità, l’idea della fratellanza e dell’unione universale e in verità quest’idea è accolta persino con derisione; del resto come farà ad abbandonare le proprie abitudini chi ormai ne è prigioniero? e dove potrà mai andare ora che ormai è tanto avvezzo ad appagare gli innumerevoli bisogni che lui stesso si è creato? Si vive nell’isolamento: che importa più della collettività? E il risultato è che si sono accumulati più beni materiali, ma è diminuita la gioia.
«Tutt’altra cosa è, invece, la vita monacale. L’obbedienza, il digiuno e la preghiera vengono derisi; eppure questa è la sola via che conduce all’autentica libertà: elimino da me i bisogni superflui, futili, avvilisco e domino con l’obbedienza la mia volontà orgogliosa ed egoista e raggiungo con l’aiuto di Dio, la libertà spirituale e con essa anche la beatitudine dello spirito! Chi dei due sarà più in grado di elevare una grande idea e di servirla: il ricco isolato o chi s’è liberato dalla tirannia dei beni materiali e delle abitudini? Si rimprovera al monaco il suo isolamento: Ti sei isolato fra le mura del monastero per far penitenza, ma hai dimenticato la causa della fratellanza fra gli uomini”. Ma vediamo dunque: chi si adopera di più per la fratellanza? Poiché non siamo noi ad essere isolati, bensì loro, e non se ne avvedono. Fin dall’antichità vennero dalle nostre fila quelli che si adoperarono per il popolo; per quale motivo non dovrebbero esservi anche oggi? Quegli stessi umili e pii digiunatori e osservatori del silenzio si leveranno e si appresteranno a compiere una grande impresa. Dal popolo verrà la salvezza della Russia. E il monastero russo è da sempre vicino al popolo. Se il popolo vive nell’isolamento, è così anche per noi. Il popolo crede nel  nostro stesso modo, e un politico e un attivista che non abbia fede da noi in Russia non farà mai nulla, anche se ha un cuore sincero e una mente geniale. Rammentatelo. Il popolo incontrerà l’ateo e prevarrà su di lui, e sorgerà un’unica Russia ortodossa. Salvaguardate il popolo e tutelate il suo cuore. Educatelo nel silenzio. Ecco la vostra missione di monaci, poiché questo popolo è portatore di Dio».
Fëdor Dostoevskij

giovedì 15 luglio 2021

 Tutto può diventare domanda, offerta.


"Se la preghiera è attesa del ritorno di Cristo, questa attesa non è un sentimento, ma è proprio il tempo che viviamo, con tutti i suoi contenuti: perché tutto del nostro tempo, dall’alzarsi del mattino, al mettersi i vestiti, a bere il caffelatte, a prendere il tranvai o a mettere a posto le cose, al tornare indietro e al dormire, tutto deve diventare preghiera, deve diventare domanda. Si chiama anche “offerta”."

 

Luigi Giussani, Pianazze, 16 febbraio 1975


Frédéric Bazille, Ritratto di Pierre-Auguste Renoir, 1867, Montpellier, Musée Fabre.

sabato 10 luglio 2021

Il progresso

 Brani scelti: ZYGMUNT BAUMAN, Modus vivendi (Bari, Laterza, 2008).

Il terreno su cui poggiano le nostre prospettive di vita è notoriamente instabile, come sono instabili i nostri posti di lavoro e le società che li offrono, i nostri partner e le nostre reti di amicizie, la posizione di cui godiamo nella società in generale e l'autostima e la fiducia in noi stessi che ne conseguono.

Il "progresso", un tempo la manifestazione più estrema dell'ottimismo radicale e promessa di felicità universalmente condivisa e duratura, si è spostato all'altra estremità dell'asse delle aspettative, connotata da distopia e fatalismo: adesso "progresso" sta ad indicare la minaccia di un cambiamento inesorabile e ineludibile che invece di promettere pace e sollievo non preannuncia altro che crisi e affanni continui, senza un attimo di tregua.

Il progresso è diventato una sorta di "gioco delle sedie" senza fine e senza sosta, in cui un momento di distrazione si traduce in sconfitta irreversibile ed esclusione irrevocabile. Invece di grandi aspettative di sogni d'oro, il "progresso" evoca un'insonnia piena di incubi di "essere lasciati indietro", di perdere il treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera in fretta.

 “Solo nell’orizzonte di un amore 

più grande

 è possibile non consumarsi 

nella pretesa reciproca 

e non rassegnarsi, 

ma camminare insieme 

verso un Destino 

di cui l’altro è segno”. 


M.R.Rilke

La chiesa Pasolini

 Un ateo, un marxista, un peccatore. Eppure capace di indicare la strada a chi crede.


"(...) se molte e gravi so­no state le colpe della Chiesa nella sua lunga storia di potere, la più grave di tutte sarebbe quella di accettare passivamente la propria liquidazione da parte di un po­tere che se la ride del Vangelo. In una prospettiva ra­dicale, forse utopistica, o, è il caso di dirlo, millenaristica, è chiaro dunque ciò che la Chiesa dovrebbe fare per evitare una fine ingloriosa. Essa dovrebbe passare all'op­posizione. E, per passare all'opposizione, dovrebbe pri­ma di tutto negare se stessa. Dovrebbe passare all'oppo­sizione contro un potere che l'ha così cinicamente ab­bandonata, progettando, senza tante storie, di ridurla a puro folclore. Dovrebbe negare se stessa, per riconqui­stare i fedeli (o coloro che hanno un «nuovo» bisogno di fede) che proprio per quello che essa è l'hanno ab­bandonata.

Riprendendo una lotta che è peraltro nelle sue tradi­zioni (la lotta del Papato contro l'Impero), ma non per la conquista del potere, la Chiesa potrebbe essere la gui­da, grandiosa ma non autoritaria, di tutti coloro che ri­fiutano (e parla un marxista, proprio in quanto marxi­sta) il nuovo potere consumistico che è completamente irreligioso; totalitario; violento; falsamente tollerante, anzi, più repressivo che mai; corruttore; degradante (mai più di oggi ha avuto senso l'affermazione di Marx per cui il capitale trasforma la dignità umana in merce di scambio). È questo rifiuto che potrebbe dunque simbo­leggiare la Chiesa: ritornando alle origini, cioè all'op­posizione e alla rivolta. O fare questo o accettare un po­tere che non la vuole più: ossia suicidarsi".


(Pier Paolo Pasolini, 22 settembre 1974. Lo storico discorsetto di Castelgandolfo, in Scritti Corsari, p. 350)


«Nel bel mezzo dell’odio, 

ho trovato che c’era, dentro di me, un invincibile amore.

Nel bel mezzo delle lacrime,

ho trovato che c’era, dentro di me, un invincibile sorriso.

Nel bel mezzo del caos, 

ho trovato che c’era, dentro di me, un’invincibile calma.

Nel bel mezzo dell’inverno, 

ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate.

E che ciò mi rende felice.

Perché afferma che non importa quanto duramente il mondo vada contro di me,

in me c’è qualcosa di più forte,

qualcosa di migliore che mi spinge subito indietro».

Albert Camus


venerdì 9 luglio 2021

 Un giorno, uscendo dal convento, san Francesco incontrò frate Ginepro. Era un frate semplice e buono e san Francesco gli voleva molto bene. 


Incontrandolo gli disse: 

«Frate Ginepro, vieni, andiamo a predicare». 

«Padre mio» rispose, «sai che ho poca istruzione. Come potrei parlare alla gente?». 

Ma poiché san Francesco insisteva, frate Ginepro acconsentì. 


Girarono per tutta la città, pregando in silenzio per tutti coloro che lavoravano nelle botteghe e negli orti. 

Sorrisero ai bambini, specialmente a quelli più poveri. 


Scambiarono qualche parola con i più anziani. 

Accarezzarono i malati. 

Aiutarono una donna a portare un pesante recipiente pieno d'acqua.


Dopo aver attraversato più volte tutta la città,  san Francesco disse: 

«Frate Ginepro, è ora di tornare al convento». 

«E la nostra predica?». 

«L'abbiamo fatta... L'abbiamo fatta» rispose sorridendo il santo.  

    

Se hai in tasca il profumo del muschio non hai bisogno di raccontarlo a tutti. Il profumo parlerà in tua vece. 

La predica migliore sei tu.  

  

Don Bruno Ferrero

giovedì 8 luglio 2021

 «“Che cosa v'è di più importante per me che trovare un amico nella vita? Un amico è una persona che non pensa solo a se stessa, ma anche a me; uno, cui sta a cuore che le cose mi vadano per il verso giusto. Quindi un amico è una realtà grande e preziosa. Ma io me lo posso creare da solo? Certo no! Posso andare a prendermelo da qualche parte? In verità, allo stesso modo, no. Io posso essere ricettivo e vigile, al fine di notare quando mi si avvicina una persona che può divenire importante per me - ma è necessario che venga! Venga verso di me dallo spazio a perdita d'occhio della vita umana. In qualche occasione ci incontriamo, veniamo a dialogare e poi si sviluppa quella realtà bella e feconda che prende il nome di amicizia..."

(Romano Guardini, da “La Santa Notte”)



lunedì 5 luglio 2021

MIKEL AZURMENDI

 

MIKEL AZURMENDI. «SONO STATO COLPITO DAL SORRISO DI PERSONE RISUSCITATE»

***
Filosofo e antropologo basco. Agnostico. Due anni fa ha presentato a Madrid La bellezza disarmata. Secondo lui, nel mondo di oggi c'è bisogno di «uscire dall'ideologia ed entrare nel tu». Da "Tracce" di giugno
Fernando de Haro
Mikel Azurmendi ha 75 anni. Filosofo e antropologo basco, per molti anni impegnato contro il terrore imposto dall’Eta, offre forse uno degli sguardi più liberi e lucidi che si possono trovare in Spagna. Uno sguardo laico, che si è confrontato a fondo con i tratti più urgenti del nostro tempo, soprattutto l’immigrazione, il nazionalismo, lo jihadismo, il valore pubblico dell’esperienza religiosa. Lui, agnostico, due anni fa, presentando a Madrid La bellezza disarmata di Julián Carrón, raccontò la sorpresa di aver conosciuto persone che vivevano un cristianesimo «diverso da quello che ho vissuto io».
Disse di aver intravisto «il passaggio da un insieme di norme e peccati alla legge del significato, in cui c’è solo un obbligo: cercare il significato». In un mondo come quello di oggi, dove ciò di cui c’è «più bisogno», diceva, «è uscire dall’ideologia. Ed entrare nel tu».
Mikel AzurmendiMikel Azurmendi
Se dovesse definire la situazione sociale e culturale dell’Occidente in questo inizio di secolo con che parole lo farebbe?
Sul piano sociale, mi sembra che abbia ormai trionfato l’individualismo più possessivo e solipsista, in cui l’altro è qualcosa che non mi riguarda o che mi interessa soltanto per scaricare su di lui la mia rabbia. Sul piano culturale.Quella terribile promessa di Nietzsche (in La volontà di potenza) si è ormai avverata in una immensa parte della popolazione dell’Occidente. Accanto a questa grande maggioranza della popolazione, vi sono piccoli gruppi di persone che vivono una vita che si divide tra una bolla libresca di accademismo (“tiepidi fanatici” della Ragione, impegnati in dibattiti puramente concettuali sulla Giustizia, il Bene o la Democrazia) e una vita spesa nella ricerca del piacere personale. E poi c’è un pugno di uomini che cerca di accogliere il povero e il malato preferendo uscire a incontrare l’altro.
Mi sembra che abbia ormai trionfato l’individualismo più possessivo e solipsista, in cui l’altro è qualcosa che non mi riguarda o che mi interessa soltanto per scaricare su di lui la mia rabbia
In uno dei suoi libri sostiene un «cordiale universalismo del noi». Parlare del “noi” implica parlare di storia, di affetti, di legami. Che cos’è l’universalismo del noi?
Anch’io provengo da una mescolanza di quegli uomini che metto in ridicolo. Se ho scritto quella frase che lei cita, e adesso mi sembra banale, certamente era perché per molto tempo ho pensato che i valori della nostra società contenevano un fondo di portata universale perché erano inclusivi: il “noi” democratico-liberale mi sembrava la meno etnocentrica delle società che conoscevo e ciò che maggiormente recepiva le differenze culturali altrui. Oggi vedo che si tratta di un’immagine troppo sdolcinata della nostra identità culturale, generata da spinte umaniste ormai deboli, totalmente diverse da quelle oggi in vigore: relativismo e individualismo. L’unico universalismo del “noi” a cui sono favorevole è che l’“altro”, chiunque sia, è sempre un bene. L’essere umano è dipendente, dipende dall’altro per essere se stesso (per nascere, crescere, godere o soffrire e morire). Questo è il concetto più universale del mondo degli uomini, è come la nostra legge di gravità. Vedo la rottura più totale di qualsiasi etnocentrismo come l’unica via d’uscita per la nostra società liberale. Per questo qualsiasi nazionalismo è un grande nemico dell’umanità, e qualsiasi accumulo di ira, invidia o odio è un passo contro l’umanità.
Ci aiuti a capire la radice del fallimento di questo universalismo illuminista di cui parliamo. Quando buona parte del pensiero moderno decide di uscire dalla “minore età” e di costruire una ragione adulta, prende posizione di fronte al problema della Bibbia. Considera che i fatti contenuti nei racconti biblici appartengono a una “età dello spirito” superata. Spinoza, per esempio, sostiene che il divino, per la sua natura universale, non può manifestarsi nel particolare, nel fatto storico. In che misura questo presupposto costituisce una forma mentis ancora viva in tutti noi?
Spinoza fu il primo che mise in discussione in maniera radicale nell’Europa cristiana la rivelazione di Dio. Lo fece smantellando l’immaginario teologico della sua epoca sulla base di una critica storico-filologica: mise in relazione la Bibbia con il contesto particolare in cui fu scritta. E giunse alla conclusione che la verità del testo biblico era solamente l’esperienza particolare del popolo ebraico (con tutto ciò che era loro connesso, i profeti, le usanze, eccetera...). Ossia relativizzò la prospettiva della Bibbia. Intitolò la sua ricerca Trattato teologico-politico perché il suo oggetto era liberare gli uomini dalla superstizione combattendo «il segreto delle monarchie e il loro interesse a ingannare gli uomini addolcendo con la religione la paura con cui li schiavizzava». Secondo lui, solo una repubblica avrebbe garantito la sicurezza di tutti «lasciando ciascuno libero di pensare ciò che voleva e libero di dire ciò che pensava». Era una immensa audacia. Nel capitolo 13 di quel libro sostiene che «le scritture non contengono altro che insegnamenti assai semplici, e pretendono solamente che noi obbediamo. Riguardo a Dio non insegnano altro se non ciò che gli uomini possono imitare vivendo secondo certe regole». Del Nuovo Testamento prende la Lettera ai Romani (13,8) per dedurre che l’amore al prossimo risulta una pura obbedienza, giacché costituisce una norma che non fornisce alcuna conoscenza. Nei capitoli seguenti dimostra che la fede porta all’obbedienza, mentre al contrario la filosofia insegna a pensare; la fede non richiede dogmi veri, ma solo obbedienza.
E ciò quali conseguenze ha?
“Uscire dalla minore età”, o la separazione tra scienza e fede, si verifica per la prima volta in Europa grazie all’errore antropologico di dividere l’umano in due: l’essere che pensa e l’essere che agisce, un essere in cui non c’è alcun legame tra le due attività. Amare l’altro è diventato ormai una imposizione, una norma divina che non richiede né fornisce conoscenza. Questo errore ci indica che l’etica si è trasformata, a questo livello del cristianesimo, in una mera collezione di norme e obblighi senza rapporto con la razionalità. A livello filosofico fu Hegel che riprese il punto di vista spinoziano che partiva dall’irriducibilità dell’esperienza particolare del popolo ebraico per puntare su una storia universale come totalità dei punti di vista: ossia, estraendo da tutta l’esperienza storica la sua “essenza razionale”. Anche Marx e altre correnti materialiste adottarono questo punto di vista hegeliano affermando la legittimità universale del materialismo. E in questo modo facilitarono l’ecatombe moderna dell’eliminazione in massa di esseri umani. Per parte mia, mi piacerebbe poterle dire che di fronte al problema della Bibbia esiste solo la fede. Se credi che Gesù era Dio, fatto uomo per insegnarci cose dimenticate riguardo alla violenza umana come fattore di disumanizzazione e reciproco annientamento, allora accetti totalmente i testi dei Vangeli. Il loro valore universale è l’amore, l’abbraccio al bisognoso, il porre fine all’odio, all’invidia, alla rabbia. Ossia, che la vita dell’uomo ha senso unicamente accanto all’altro. L’universale è questo.
Se credi che Gesù era Dio, fatto uomo per insegnarci cose dimenticate riguardo alla violenza umana come fattore di disumanizzazione e reciproco annientamento, allora accetti totalmente i testi dei Vangeli. Il loro valore universale è l’amore, l’abbraccio al bisognoso, il porre fine all’odio, all’invidia, alla rabbia. Ossia, che la vita dell’uomo ha senso unicamente accanto all’altro.
Torniamo alla separazione tra la fede generata da fatti storici e l’universalità della conoscenza. Lessing arriverà a dire che «casuali verità storiche non possono mai giungere a essere la prova di necessarie verità razionali». Che conseguenze ha una formulazione come questa? Non mi riferisco solo alla scienza, che è sempre importante, ma al vivere quotidiano, che alla fine è ciò che ci taglia le gambe o ci fa cantare.
Lessing era tedesco, nacque cent’anni dopo Spinoza, ma ebbe grande stima delle sue idee. Un anno prima di morire pubblicò L’educazione del genere umano (1780), un testo che preparava l’etica razionalista di Kant. Nella frase che cita, Lessing specifica che le verità storiche sono contingenti, e le verità della ragione, necessarie. E che è impossibile passare dalle une alle altre. Lo scrive in un contesto in cui vuole dimostrare che i miracoli e le profezie di Cristo furono verità nella loro epoca, ma che adesso non servono più per lo scopo che allora avevano: cioè a «richiamare l’attenzione delle masse... perché gli uomini seguissero le orme» di chi compiva miracoli. Ma oggi sono solo «notizie di miracoli e profezie passate», sono un fatto storico ed in sé non contengono alcuna verità. Lessing nega il valore del testimone, nega la fiducia tra gli uomini come fondamento della verità: uno domanda al suo vicino per sapere qualcosa, no? Perché uno ha fiducia che l’altro gli dica la verità. Leggere Aristotele o Euripide implica che confidiamo nel fatto che chi ha trascritto quei testi non se li è inventati lui. Questo non è una “notizia” ma un fatto storico, e molto ragionevole da credere. L’epoca della post-verità e delle fake news è la replica contemporanea del razionalismo di Lessing: se tutto il passato non è altro che notizia di un passato, che senso avrà credere a una notizia piuttosto che a un’altra? Nella post-verità, se la verità scompare è perché si annulla il rapporto di fiducia tra l’altro e me.
Il magistero degli ultimi Papi ha ripreso la definizione del cristianesimo come avvenimento. Che importanza ha questo?
Senza averli letti da più di cinquant’anni, anch’io sono arrivato a questa conclusione riguardo al cristianesimo avendo seguito il cammino di alcuni cristiani per due anni. Loro vivono di Gesù e vogliono essere come Lui; la sua presenza dà loro la forza per imitarlo, e così amano il bisognoso, lo accolgono, lo educano, “escono”, vanno incontro all’altro, chiunque sia. Questo è il cristianesimo, mi sono detto, ecco qualcosa di importante che accade davanti a te. Quando non accade questo, penso che non c’è cristianesimo, ma solo un insieme di superstizioni, un miscuglio di riti e dottrina, un’altra religione mitica oltre quella che ho lasciato più di cinquant’anni fa. L’importanza del fatto che il cristianesimo sia avvenimento è che uno lo vive, vive la fusione con Cristo, sperimenta Cristo come in un laboratorio. In questo modo altri possono osservare l’esperimento e può accadere che li entusiasmi. Oppure no, ma questo dipenderà da ciascuno, non da loro. In ogni caso, uno si farà cristiano oggi unicamente per aver incontrato i cristiani, per l’attrattiva della loro vita in Cristo, che vive l’avvenimento della Sua morte e risurrezione.
L’importanza del fatto che il cristianesimo sia avvenimento è che uno lo vive, vive la fusione con Cristo, sperimenta Cristo come in un laboratorio. In questo modo altri possono osservare l’esperimento e può accadere che li entusiasmi. Oppure no, ma questo dipenderà da ciascuno, non da loro
Che contributo possono dare i cristiani in questo mondo?

Un solo contributo: essere testimoni di Gesù e dare testimonianza di Lui. Vestire gli ignudi, dar da mangiare agli affamati, accogliere i senza tetto, visitare i malati, aiutare i tossicodipendenti… Perché tutti questi bisognosi sono Gesù
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Non so se posso terminare con una domanda personale. Sto leggendo il libro che ha voluto scrivere su Comunione e Liberazione in Spagna. È appassionante perché il suo sguardo è acutissimo, vede quello che io non vedo in persone e circostanze che conosco bene, alcune da più di trent’anni. Cosa l’ha colpita di più di questa tribù?
La gioia di vivere, il loro sorriso di risuscitati.

Da dove le viene questo sguardo?
È uno sguardo strabico, quello dei miei occhi, non c’è dubbio... Si rattristano nel vedere il male che ci facciamo gli uni gli altri, ma si inteneriscono davanti a bambini amati dai loro genitori. Poveri occhi miei, la realtà stravolge il loro sguardo mentre anelano di vedere la risurrezione nei volti.