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giovedì 30 ottobre 2014

Ferretti: «Ho visto Ratzinger, ammiro Bergoglio» ***

Ferretti: «Ho visto Ratzinger, ammiro Bergoglio»
***
Giovanni Lindo Ferretti
 

Chi è

 
Molti conoscono l’autore di questo articolo, Giovanni Lindo Ferretti, come il "front man" dei «CCCP Fedeli alla linea», gruppo "filosovietico" di musica punk tra i più ascoltati degli anni Ottanta in Italia, poi dei Csi e dei Pgr. È stato ed è una delle voci e dei volti del punk italiano. Già militante di estrema sinistra, Giovanni Lindo Ferretti (classe 1953) ha compiuto in seguito un lungo e tortuoso percorso artistico e umano che l’ha avvicinato alle posizioni della Chiesa cattolica, in particolare a Benedetto XVI. Oggi Ferretti vive appartato sull’Appennino emiliano e si dedica, oltre che all’allevamento dei cavalli e alla musica, alla scrittura. Su «Avvenire» ha pubblicato fra il 2011 e il 2012 una rubrica intitolata «Dal crinale», poi raccolta nel 2013 da Mondadori nel volume «Barbarico».

È l’accettarne tanto la dimensione di dolore e fatica quanto l’occasione di meraviglia a rendere la vita un dono prezioso che ogni giorno si rinnova. Nel suo mistero, se accettato, c’è la continua quotidiana dimostrazione di cosa significhi conversione, convertirsi. Ho incontrato Benedetto XVI, Papa emerito, mai l’avrei immaginato o considerato possibile fino a quando mi è stato chiesto, in dimensione realistica anche se teorica: - vorresti incontrarlo? -. Un concatenarsi inarrestabile di pensieri e ricordi.

Breve riepilogo. Era cardinale, prefetto della Congregazione della Fede, io vivevo secondo modi e ritmi che più passava il tempo più si rivelavano angusti. Senza soddisfazione. Potevo ricondurre tutte le mie scelte di vita all’impatto adolescenziale con il mondo moderno. «I can’t get no satisfaction» cantavano i Rolling Stones ed io ne fui rapito ma ero cresciuto nella tradizione cattolica, avevo imparato e sperimentato molte cose. Una primogenitura, una dote, che alla prova dei fatti si sarebbero dimostrate inalienabili.

Nei miei giorni di uomo Ratzinger era l’esemplificazione ostentata di tutte le colpe della Chiesa Cattolica e della Reazione alle magnifiche sorti e progressive, summa di ogni oscurantismo ideologico, fino ad ombreggiare simpatie naziste. «Il troppo stroppia» diceva mia nonna e dopo aver letto un ennesimo articolo che lo denigrava decisi di entrare in libreria: - ma questo Ratzinger ha scritto qualcosa? - uscii con alcuni suoi testi e cominciai leggendoli un’altra tappa del mio cammino sulla terra. Avevo trovato un maestro. Ritagliai una sua fotografia, l’incorniciai posizionandola bene in vista e divenne una presenza quotidiana, familiare. Ne parlavo con gli amici, litigavo per lo più; piansi di gioia e commozione quando venne eletto al soglio pontificio. L’ho difeso sempre e mi ha fatto ridere scoprire che c’è stato un periodo in cui una clausola, a mia insaputa, era stata aggiunta ai miei contratti: è proibito parlare del Papa in presenza dell’artista.
A settembre è arrivata una lettera con lo stemma vaticano: Sua Santità il Papa emerito acconsente ad un breve incontro. Mia nonna sarebbe rimasta annichilita dalla commozione cercando rifugio nel rosario, mio zio Clemente, il miscredente di famiglia, avrebbe detto - bimbo, sei del gatto - una complessità gergale che fonde dolcezza e pericolo, timore e delicatezza in patina domestica. Ho anche pensato: entro nello studio, mi inginocchio, bacio l’anello e il Santo Padre mi da due ceffoni intimandomi - non si vergogna, Ferretti? -. Io che so perfettamente di cosa vergognarmi ne sarei sollevato e mi terrei cari i due ceffoni che non stonerebbero nella benedizione della sua presenza. Quello che ho fatto è stato confessarmi, comunicarmi, prepararmi all’incontro con mente libera e cuore puro.

Non edulcorare, non ideologizzare, non psicologizzare la realtà dei propri giorni; la confessione inizia con l’esame di coscienza: pensieri, parole, opere, omissioni.


La consapevolezza che molti accadimenti possibili in ordini molto diversi potevano annullare l’incontro, e una naturale ritrosia, mi hanno consentito di non dirlo che a poche persone, meno di una mano e solo due giorni prima. Poche ore dopo ero già gravato dal racconto di un dolore così lancinante da lasciar spazio solo a parole di preghiera, richiesta di un aiuto che non si sa, non si può formulare in altro modo. Me ne sono fatto carico, l’avrei presentato all’intercessione del Santo Padre. Una preghiera per Etti, sua madre, suo padre, le persone che l’hanno cara e vivono nella disperazione. Il gran giorno è arrivato, sono andato a Messa da padre Maurizio e da Chiesa Nuova a Piazza San Pietro continuavo a pensare che molti, forse tutti, avevano più motivi di me per essere ricevuti e non tanto per meriti o valori di cui non posso sapere ma perché io so delle mie colpe, del mio misero valere. Anche la guardia svizzera che mi ha bloccato sulla porta di Sant’Anna la pensava come me e prima che potessi proferir parola mi ha intimato: - di qua non si passa -. A coloro che frequentano il Vaticano non è concesso rendersi conto di cosa possa significare per un cattolico che arriva da lontano varcare quella soglia.
È luogo di potere non riducibile a dimensione politico sociale, esplicita una funzione verticale tra terra e cielo. Uno spazio di concentrazione abissale. Dominus Deus Sabaoth, anche. Un breve viaggio in macchina salendo il colle. Il Vaticano è fortezza, monastero, prigione, ospedale, governo e burocrazia, nessuna dimensione storico sociale gli è estranea ma tutte insieme non lo esauriscono. Arte a profusione e giardini ben curati. Un muro, un cancello, un cortile di ghiaia, un prato, una casa che fa tutt’uno con una piccola chiesa; all’interno una dimora come tante sulle colline d’Italia.

La porta si apre e nel piccolo salotto anche il Papa sta entrando da un’altra porta, mi inginocchio, bacio l’anello e la sua mano, che alzandosi leggera mi sfiora il braccio invitandomi a seguirlo e ci accomodiamo su due poltrone, di fronte, vicini. Una dimensione familiare. - Lei viene da lontano, è stato un lungo viaggio che l’ha portata qui. Mi racconti -.
- Santo Padre il mio è un mondo di umane miserie e miserevoli esperienze, raramente concede tempo e spazio al manifestarsi della grazia ma non è impermeabile alla divina misericordia - le parole escono leggere, a volte timorose, ma una benevolenza palpabile le sostiene. I suoi occhi vibrano di una luce che solo una vita di preghiera al cospetto dell’Altissimo può produrre come riverbero. Occhi di grazia che contemplano, consapevoli, l’immane dolore, la disgrazia senza rabbuiarsi solo aumentando la profondità dello sguardo, volgendolo all’interno. Esile, fragile, affaticato nel muoversi, contratto nel sedersi. Sono gli occhi di cristallina purezza a determinarne autorità e autorevolezza. Bagliori di lucida intelligenza nutrita di sapienza non lascerebbero scampo imponendo il silenzio ma un’attitudine dolcissima dell’essere, nei gesti ritenuti, nell’ascolto, permettono un parlar franco e sereno. Ho rimesso nelle sue mani la mia vita e tutte le persone che ne fanno parte: i concerti, la montagna, anche i cavalli; lo sconforto, la stanchezza, la gioia, la riconoscenza
- lei è molto giovane - sorriso
- Santo Padre sono vecchio da ogni punto di vista, non fosse per la Fornero sarei in pensione - sorriso
- No, no lei è molto giovane, il suo viaggio non è ancora finito, ha molte cose da fare -.
- Santo Padre mi benedica e con me benedica i peggiori, quelli che non hanno possibilità alcuna se non nella misericordia, nella compassione, nell’amore di Dio -.

Di nuovo in Piazza San Pietro, beatificato senza merito ma per contiguità, osservo quantità e qualità della folla di cui sono parte. Famiglie, comitive, coppie, singoli, gruppi e gruppetti, laici e consacrati. Il popolo cattolico, mescolanza di tutti i popoli, tutte le condizioni e le contraddizioni dell’umanità sulla tomba di Pietro, dove vive, celebra, governa il Papa, suo successore. La Tradizione vivente, irrisolta e irrisolvibile fino alla fine dei tempi. Sono giornate speciali, è in atto il Sinodo sulla famiglia: come metter mano ad una bomba ad orologeria. La famiglia con annessi e connessi è la centralità conclamata di ogni sgretolamento del contemporaneo, il punto cruciale della condizione umana così come la conosciamo: pubblico e privato, intimità e socialità, sessualità e procreazione, figli e genitori, matrimonio e patrimonio. Han voglia teologi e politici dell’immutabile cerimoniale a lucidare specchi in cui rimirarsi.
Molte cose sono cambiate, molte cose sono in repentino mutamento, certo non cambia l’anima dell’uomo, non muta la Buona Novella di cui la Tradizione è testimonianza viva e vivificante ma tutto il resto è soggetto a contingenza. Abbiamo un Santo Padre regnante ed un Santo Padre emerito. Il primo è un dono, imprevisto e imprevedibile, del secondo. Benedetto con gesto profetico, umiltà e potenza al massimo livello, ha mutato il paradigma papale per ciò che era in suo potere. Il gesto di Benedetto ha mutato anche il paradigma europeo certificandone la fine di spazio centrale nella storia ma questo è un altro discorso. Il Santo Padre è Francesco e già cumula rimostranze intellettuali, teologico morali, viscerali antipatie. Piace troppo, si dice alla fiera della malevolenza. C’è da rimanere sconcertati nel leggere gli attacchi dei tradizionalisti al Santo Padre così come al tempo di Benedetto si leggevano gli attacchi dei progressisti innovatori.

Basta rileggere i giornali dopo il discorso di Ratisbona, accorato e lucido appello a quella che fu la civiltà della cristianità, o tornare alla vicenda della Sapienza, alla glaciale solitudine in cui è stato relegato, per trovare lo stesso livore, la stessa arroganza, da campi opposti che la miseria umana non concede sconti d’appartenenza politico teologica.
Il Santo Padre Francesco è un dono di Dio agli uomini di questi giorni nostri, va ascoltato con mente limpida e cuore puro, almeno per quel che si può e già basterebbe. Se no si è: protestanti, evangelici, riformati, controriformati, sedevacantisti, ortodossi no che è un altro discorso, magari moralmente ineccepibili e persino intellettualmente molto dotati, ma non cattolici.


Che ci sia o no salvezza fuori dalla Chiesa è questione rinviabile al giudizio di Dio ma che ci sia salvezza nella Chiesa contro il Papa è paradosso clericale. "Quanta tristezza, quanta malinconia" per dirla con una canzonetta della mia infanzia. Quanta meraviglia anche nell’attesa di "tornar per sempre a casa mia". Molte le cose da fare nel frattempo.
© riproduzione riservata

lunedì 27 ottobre 2014

Frasi Albert Einstein


Frasi Albert Einstein
***

Albert Einstein (Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico e filosofo della scienza tedesco naturalizzato statunitense.  Un anno dopo la sua nascita la famiglia si trasferisce a Monaco di Baviera. Da piccolo, è un solitario ed impara a parlare molto tardi. L’incontro con la scuola è da subito difficile: odia quei sistemi severi di allora che rendevano la scuola come una caserma. Si consola così nello studio del violino, dell’algebra e nella lettura di libri di divulgazione scientifica. La sua grandezza consiste nell’aver mutato per sempre il modello di interpretazione del mondo fisico. Nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica “per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico”,[1] e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività, in grado, per l’assoluta originalità, di colpire l’immaginario collettivo. Fu un successo insolito per uno scienziato e durante gli ultimi anni di vita la fama non fece che aumentare, al punto che in molte culture popolari il suo nome divenne ben presto sinonimo di intelligenza e di grande genio. Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, fu molto attivo in diversi altri ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla cultura in generale è considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo. La sua immagine rimane a tutt’oggi una delle più conosciute del pianeta, avendone fatto e facendone largo uso anche il mondo della pubblicità: si è giunti infatti, inevitabilmente, alla registrazione del marchio “Albert Einstein”.
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Un essere umano è parte di un tutto che chiamiamo ‘universo’, una parte limitata nel tempo e nello spazio. Sperimenta se stesso, i pensieri e le sensazioni come qualcosa di separato dal resto, in quella che è una specie di illusione ottica della coscienza.
Questa illusione è una sorte di prigione che ci limita ai nostri desideri personali e all’affetto per le poche persone che ci sono più vicine. Il nostro compito è quello di liberarci da questa prigione, allargando in centri concentrici la nostra compassione per abbracciare tutte le creature viventi e tutta la natura nella sua bellezza. Albert Einstein


La differenza fra la genialità e la stupidità è che la genialità ha dei limiti. Albert Einstein

E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Albert Einstein

C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica:
la volontà.  
Albert Einstein

Talvolta un pensiero mi annebbia l’io : sono pazzi gli altri o sono pazzo io? Albert Einstein



La mente che si apre ad una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente. Albert Einstein

Lo studio e la ricerca della verità e della bellezza rappresentano una sfera di attività
in cui è permesso di rimanere bambini per tutta la vita.
Albert Einstein

Cento volte al giorno, ogni giorno, io ricordo a me stesso che la mia vita, inferiore ed esteriore, dipende dal lavoro di altri uomini, viventi o morti, e che io devo sforzarmi per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto e continuo a ricevere. Albert Einstein

Se A è uguale a successo, allora la formula è A = X + Y + Z.
X è il lavoro.
Y è il gioco.
Z è tenere la bocca chiusa. Albert Einstein

Quello che è più incomprensibile è che ci sia ancora qualcosa di comprensibile. Albert Einstein
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Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato. Albert Einstein

La pace non può essere mantenuta con la forza, può essere solo raggiunta con la comprensione. Albert Einstein

Non preoccuparti delle tue difficolta’ in matematica.
Posso assicurarti che le mie sono ancora maggiori.
Albert Einstein

Il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che fanno male, ma a causa di coloro che stanno a guardare senza fare niente. Albert Einstein

La prima necessità dell’uomo è il superfluo. Albert Einstein

Chi non è più capace di fermarsi a considerare con meraviglia e venerazione è come morto: i suoi occhi sono chiusi. Albert Einstein

Per perdere la testa, bisogna averne una! Albert Einstein

L’amore porta molta felicità, molto più di quanto struggersi per qualcuno porti dolore. Albert Einstein

L’immaginazione è più importante della conoscenza.
La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo,
stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione.
Albert Einstein

Una vita che miri principalmente a soddisfare i desideri personali
conduce prima o poi a un’amara delusione.
Albert Einstein
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Le cose piu’ preziose della vita non sono quelle che si comprano con il denaro.  Albert Einstein

Il mondo che abbiamo creato è il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modifichiamo il nostro modo di pensare. Albert Einstein

Continua a piantare i tuoi semi, perché non saprai mai quali cresceranno; forse lo faranno tutti. 
Albert Einstein

Le gravi catastrofi naturali reclamano un cambio di mentalità che obbliga ad abbandonare la logica del puro consumismo e a promuovere il rispetto della creazione. Albert Einstein

Chiunque si accinga ad eleggere se stesso a giudice del vero e della conoscenza, naufraga sotto le risate degli Dei. Albert Einstein

Sono diventato vegetariano per ragioni etiche, oltre che salutistiche. Credo che il vegetarismo possa incidere in modo favorevole sul destino dell’umanità. Albert Einstein

Imparare è un’esperienza. Tutto il resto è solo informazione. Albert Einstein

Ogni minuto che passi arrabbiato perdi sessanta secondi di felicità.  Albert Einstein

Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo, lo cambiano davvero.  Albert Einstein

Un uomo è vecchio solo quando i rimpianti, in lui, superano i sogni.  Albert Einstein
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Cerca di diventare non un uomo di successo, quanto piuttosto un uomo di valore.  Albert Einstein

Non penso mai al futuro, arriva così presto. Albert Einstein

Nella confusione trova la semplicità, nella discordia trova l’armonia, nel mezzo della difficoltà giace l’opportunità. Albert Einstein

Il valore di un uomo dovrebbe essere misurato in base a quanto dà ..e non in base a quanto è in grado di ricevere. Albert Einstein

L’unica razza che conosco è quella umana. Albert Einstein

La religione del futuro sarà una religione cosmica. Dovrebbe superare il concetto di un dio personale ed evitare i dogmi e la teologia. Riguardando sia il naturale sia lo spirituale, dovrebbe essere basata su un sentimento religioso che nasce in seguito all’esperienza di tutte le cose, naturali e spirituali viste in una significativa unità. Se c’è una religione che abbia queste caratteristiche, questa è il buddismo. Albert Einstein

Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia
è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere. 
Albert Einstein

E’ meglio essere ottimisti e avere torto,
che pessimisti e avere ragione.
Albert Einstein

Quando l’ego si mette da parte, si accede alla memoria del tutto. Albert Einstein

Il tempo è una illusione, sebbene una illusione persistente.  Albert Einstein
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“Tre sono le regole principali del mondo del lavoro: 
dal disordine e dalla confusione cercate di tirare fuori la semplicità;
 nei contrasti ricercate l’ironia e,
 infine, ricordate che l’opportunità risiede proprio nel bel mezzo delle difficoltà”. Albert Einstein

Colui che segue la folla non andra’ mai piu’ lontano della folla. Colui che va da solo sara’ piu’ probabile che si trovera’ in luoghi dove nessuno e’ mai arrivato. Albert Einstein

La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso. Albert Einstein

Io non credo affatto in un Dio personale che giudica l’uomo per il suo operato. Non posso immaginare un Dio che premi e punisca gli oggetti della sua creazione, i cui fini siano modellati sui nostri, un Dio, in breve, che non che un riflesso della fragilità umana. Albert Einstein


Non si perviene alle leggi universali per via logica, ma per intuizione. Albert Einstein

Quando la soluzione è semplice, Dio sta rispondendo.  Albert Einstein

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi.
La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.
E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie.
Chi supera la crisi supera se stesso senza essere ‘superato’.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni.
La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza.
L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita.
Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.
Senza crisi non c’è merito.
E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze.
Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo.
Invece, lavoriamo duro.
Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.
(tratto da “Il mondo come io lo vedo”, 1931 – Albert Einstein)


Io non pretendo di sapere cosa sia l’amore per tutti,
ma posso dirvi che cosa è per me: l’amore è sapere tutto su qualcuno,
e avere la voglia di essere ancora con lui più che con ogni altra persona.
L’amore è la fiducia di dirgli tutto su voi stessi,
compreso le cose che ci potrebbero far vergognare.
L’amore è sentirsi a proprio agio e al sicuro con qualcuno,
ma ancor di più è sentirti cedere le gambe
quando quel qualcuno entra in una stanza e ti sorride.
Albert Einstein

Un tavolo, una sedia, un cesto di frutta e un violino;
di cos’altro necessita un uomo per essere felice?
Albert Einstein
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Ogni persona seriamente risoluta nella ricerca della scienza diventa convinta che nelle leggi dell’Universo si manifesti uno Spirito – uno Spirito di gran lunga superiore a quello dell’uomo, e di fronte al quale noi, con i nostri modesti poteri, dobbiamo sentirci umili. Albert Einstein

Il vero valore di un essere umano è rivelato dalla sua capacità di raggiungere la liberazione da sé stesso. Albert Einstein

Chi dice che è impossibile,
non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo.
Albert Einstein

Una persona che non abbia mai commesso un errore non ha mai cercato di fare qualcosa di nuovo. Albert Einstein

È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità. Albert Einstein

Ognuno è un genio.
Ma se giudichiamo un pesce dalla sua capacità di scalare un albero,
passerà la sua intera vita a sentirsi stupido. Albert Einstein

La mente intuitiva e’ un dono sacro,
la mente razionale e’ un fedele servo …
Noi abbiamo creato una societa’

che onora il servo e ha dimenticato il dono
Albert Einstein

Colui che segue la folla non andra’ mai piu’ lontano della folla.
Colui che va da solo sara’ piu’ probabile che si trovera’ in luoghi dove nessuno e’ mai arrivato.
Albert Einstein

Follia è fare sempre la stessa cosa
e aspettare risultati diversi.
Albert Einstein

Il segreto della creatività sta nel dormire bene e aprire la mente alle possibilità infinite.
Cos’è un uomo senza sogni?
Albert Einstein

Tutto è relativo.
Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie.
Albert Einstein

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| Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare. Albert Einstein

Penso 99 volte e non trovo niente.
Smetto di pensare,
nuoto nel silenzio e la verità mi arriva.
Albert Einstein

Tutto è Energia e questo è tutto quello che Esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella Realtà.
Non c’è un’altra via. Questa non è filosofia. Questa è Fisica.
Albert Einstein

Chiunque abbia la pretesa di ergersi a sicuro arbitro e giudice nel campo della verità e della conoscenza, è destinato a naufragare nella risata degli Dei. Albert Einstein

Saper vivere è come andare in bicicletta: per mantenere l’equilibrio non bisogna mai smettere di muoversi. Albert Einstein

Ci sono due modi di vivere la vita:
uno è come se niente fosse un miracolo,
l’altro è come se tutto lo fosse.
Albert Einstein

“Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati sulla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c’è un’altra via. Questa non è filosofia. Questa è fisica.” Albert Einstein

È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità. Albert Einstein

Se vuoi capire una persona, non ascoltare le sue parole, osserva il suo comportamento. Albert Einstein

La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario. Albert Einstein

Il caso è la via che Dio usa quando vuole restare anonimo. Albert Einstein

Ciò che vedete dipende dalle teorie che usate …per interpretare le Vostre osservazioni.
Albert Einstein

Cento volte al giorno, ogni giorno, io ricordo a me stesso che la mia vita, inferiore ed esteriore, dipende dal lavoro di altri uomini, viventi o morti, e che io devo sforzarmi per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto e continuo a ricevere. Albert Einstein


Le tre regole di lavoro:
1. Esci dalla confusione, trova semplicità.
2. Dalla discordia, trova armonia.
3. Nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole.
Albert Einstein

Voglio sapere come Dio creò questo mondo.Non sono interessato in questo o quel fenomeno, nello spettro di questo o quell’elemento.
Voglio sapere i Suoi pensieri, il resto sono dettagli . Albert Einstein

La creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte. Albert Einstein

Un uomo felice è troppo soddisfatto del presente per pensare molto al futuro. Albert Einstein



La differenza fra la genialità e la stupidità è che la genialità ha dei limiti. Albert Einstein

La sensazione più bella che possiamo provare è il mistero.
Costituisce l’emozione fondamentale
che sta alla base della vera arte e della vera scienza.
Colui che l’ha provata e che non è ancora in grado di emozionarsi
è come una merce avariata, come una candela spenta.

E’ l’esperienza del mistero, spesso mischiata con la paura,
che ha generato la religione.
La conoscenza di un qualcosa che non possiamo penetrare,
delle ragioni più profonde di una bellezza che si irradia,
che sono accessibili alla ragione solo nelle sue più elementari forme,
è questa la conoscenza e l’emozione che stanno alla base della religione;
in questo senso, e in questo solamente,
io posso definirmi profondamente religioso..
Albert Einstein

            da:                  Il Saggio Libro

Il mondo è un bel posto e per esso vale la pena di lottare. Albert Einstein
Penso 99 volte e non trovo niente.
Smetto di pensare,
nuoto nel silenzio e la verità mi arriva. 
Albert Einstein
Tutto è Energia e questo è tutto quello che Esiste. Sintonizzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella Realtà.
Non c’è un’altra via. Questa non è filosofia. Questa è Fisica. 
Albert Einstein
Chiunque abbia la pretesa di ergersi a sicuro arbitro e giudice nel campo della verità e della conoscenza, è destinato a naufragare nella risata degli Dei. Albert Einstein
Saper vivere è come andare in bicicletta: per mantenere l’equilibrio non bisogna mai smettere di muoversi. Albert Einstein
Ci sono due modi di vivere la vita:
uno è come se niente fosse un miracolo,
l’altro è come se tutto lo fosse.
 Albert Einstein
Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonizzati sulla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c’è un’altra via. Questa non è filosofia. Questa è fisica.” Albert Einstein
È difficile sapere cosa sia la verità, ma a volte è molto facile riconoscere una falsità. Albert Einstein
Se vuoi capire una persona, non ascoltare le sue parole, osserva il suo comportamento. Albert Einstein
La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario.” Albert Einstein
Il caso è la via che Dio usa quando vuole restare anonimo. Albert Einstein
Ciò che vedete dipende dalle teorie che usate …per interpretare le Vostre osservazioni.
Albert Einstein
Cento volte al giorno, ogni giorno, io ricordo a me stesso che la mia vita, inferiore ed esteriore, dipende dal lavoro di altri uomini, viventi o morti, e che io devo sforzarmi per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto e continuo a ricevere. Albert Einstein

Le tre regole di lavoro:
1. Esci dalla confusione, trova semplicità.
2. Dalla discordia, trova armonia.
3. Nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole.
 Albert Einstein
Voglio sapere come Dio creò questo mondo.Non sono interessato in questo o quel fenomeno, nello spettro di questo o quell’elemento.
Voglio sapere i Suoi pensieri, il resto sono dettagli . 
Albert Einstein
La creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte. Albert Einstein
Un uomo felice è troppo soddisfatto del presente per pensare molto al futuro. Albert Einstein

La differenza fra la genialità e la stupidità è che la genialità ha dei limiti. Albert Einstein
La sensazione più bella che possiamo provare è il mistero.
Costituisce l’emozione fondamentale
che sta alla base della vera arte e della vera scienza.
Colui che l’ha provata e che non è ancora in grado di emozionarsi
è come una merce avariata, come una candela spenta.

E’ l’esperienza del mistero, spesso mischiata con la paura,
che ha generato la religione.
La conoscenza di un qualcosa che non possiamo penetrare,
delle ragioni più profonde di una bellezza che si irradia,
che sono accessibili alla ragione solo nelle sue più elementari forme,
è questa la conoscenza e l’emozione che stanno alla base della religione;
in questo senso, e in questo solamente,
io posso definirmi profondamente religioso..
 Albert Einstein

            da:                  Il Saggio Libro

Cari bambini, mi fa tanto piacere immaginarvi tutti riuniti a far festa nello splendore delle luci natalizie. Pensate anche agli insegnamenti di colui [Gesù] del quale festeggiate la nascita. Quegli insegnamenti sono così semplici e tuttavia dopo quasi duemila anni non prevalgono ancora.
Gli oggetti banali ai quali tendono gli sforzi degli uomini – il possesso dei beni, il successo apparente, il lusso, mi sono sempre sembrati disprezzabil
  • La scuola deve far sì che un giovane ne esca con una personalità armoniosa e non ridotto a uno specialista.
  • Lo scienziato trova la sua ricompensa in ciò che Henri Poincaré chiama la gioia della comprensione, e non nelle possibilità applicative delle sue scoperte. (1932)
  • Mi fa orrore quando una bella intelligenza è abbinata a una personalità ripugnante.
  • Non cerco di immaginare un Dio; mi basta guardare con stupore e ammirazione la struttura del mondo, per quanto essa si lascia cogliere dai nostri sensi inadeguati.
  • Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso. (da una lettera a Carl Seelig, 11 marzo 1952)
  • Quello che vedo nella natura è una struttura stupenda che possiamo capire solo in maniera molto imperfetta e davanti alla quale la persona riflessiva deve sentirsi pervasa da un profondo senso di 'umiltà'. È un sentimento sinceramente religioso che non ha nulla a che vedere con il misticismo. La mia religiosità consiste in un'umile ammirazione di quello Spirito immensamente superiore che si rivela in quel poco che noi, con il nostro intelletto debole e transitorio, possiamo comprendere della realtà. Voglio sapere comeDio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri. In quanto al resto, sono solo dettagli. (Mondadori, 1997)
  • Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere.
  • Una vita che miri principalmente a soddisfare i desideri personali conduce prima o poi a un'amara delusione
  • Io non sono ateo. Il problema in questione è troppo vasto per le nostre menti limitate. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue. Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come, e nemmeno conosce le lingue in cui sono stati scritti. Il bambino sospetta vagamente che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi ma non sa qual è. Questa mi sembra la situazione dell'essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. Noi vediamo un universo meravigliosamente ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo però comprendere solo in modo oscuro.
  • Senza la religione l'umanità si troverebbe oggi ancora allo stato di barbarie... È stata la religione che ha permesso all'umanità di progredire in tutti i campi Difficilmente troverete uno spirito profondo nell'indagine scientifica senza una sua caratteristica religiosità
  • È sufficiente per me il mistero dell'eternità della vita, il sentore della meravigliosa struttura dell'universo e della realtà, insieme al tentativo di comprendere quella parte, sia pure piccola, della ragione che manifesta se stessa nella natura.
  • Il sapere che l'impenetrabile esiste realmente e si manifesta a noi come la più alta saggezza e la bellezza più splendida, che le nostre facoltà limitate riescono a comprendere solo nelle loro forme più primitive – questa coscienza, questo sentimento, è al cuore di ogni autentica religiosità. In questo senso, e solo in questo senso, io appartengo alla categorie degli uomini devotamente religiosi.
  • Il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale misura e in che senso egli è giunto a liberarsi dall'io
  • La sensazione più bella che possiamo provare è il mistero. Costituisce l'emozione fondamentale che sta alla base della vera arte e della vera scienza. Colui che l'ha provata e che non è ancora in grado di emozionarsi è come una merce avariata, come una candela spenta. È l'esperienza del mistero, spesso mischiata con la paura, che ha generato la religione. La conoscenza di un qualcosa che non possiamo penetrare, delle ragioni più profonde di una bellezza che si irradia, che sono accessibili alla ragione solo nelle sue più elementari forme, è questa la conoscenza e l'emozione che stanno alla base della religione; in questo senso, e in questo solamente, io posso definirmi profondamente religioso.
  • Non riesco a concepire un vero scienziato senza una fede profonda. La situazione può esprimersi con un'immagine: la scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la scienza è cieca.
Nessuno può leggere i Vangeli senza sentire la presenza attuale di Gesù. La sua personalità pulsa ad ogni parola. Nessun mito può mai essere riempito di una tale vita".
(A.Einstein, "The Saturday Evening Post", 26.10.1929

Amare vuol dire far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo

Amare vuol dire far dono delle nostre preferenze
 a coloro che preferiamo
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 Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne riparleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l'invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici.


D. Pennac, da Come un romanzo

il senso della vita

Marc Chagall, Abramo e i tre angeli

"Perché un uomo possa vivere, egli deve o non vedere l'infinito oppure avere una spiegazione del senso della vita tale per cui il finito venga eguagliato all'infinito"
 L. Tolstoj, da Confessione

domenica 26 ottobre 2014

l’orrore di una conoscenza

MEETING/ Kasatkina: l’orrore di una conoscenza che trasforma gli uomini in oggetti

Tat'jana Kasatkina
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Pubblicazione: 
La conoscenza, intesa come avvenimento, in russo acquista un significato molto particolare. La parola “avvenimento” (sobytie) in russo significa “essere-con” (so-bytie), cioè un essere, una realtà condivisa con altri, vissuta in comune, una compartecipazione a una realtà diversa da sé. E la conoscenza come avvenimento ricorda il suo antichissimo significato, fissato nell’Antico Testamento, dove la conoscenza viene intesa come coitounione carnale, termini che stanno ad indicare un essere congiunto, in un’unità senza confusione e senza divisione. La conoscenza autentica è possibile solo in questa compartecipazione a ciò che si conosce.

Esistono due modi di conoscere, o meglio due modi di percepire il mondo. Possiamo indicarli rispettivamente come metodo “da soggetto a oggetto” e “da soggetto a soggetto”. Il primo metodo, da soggetto a oggetto, presuppone che l'oggetto (secondo l’etimologia, “ciò che ci sta davanti”) da conoscere, non abbia possibilità diinterloquire. Ponendoci come soggetto, e intendendo la realtà come oggetto di conoscenza, noi riconosciamo valido qualsiasi metodo di conoscere l’oggetto, a eccezione di uno - la domanda. Noi sappiamo esattamente che l’oggetto non è in grado di comunicarci nulla di ciò che ci interessa realmente. È il cosiddetto metodo positivista. Ovvero di conoscenza oggettiva.

Ciò che l’oggetto da noi indagato conosce di sé, ai nostri occhi non è interessante. Se siamo medici positivisti, ci interessano di più le analisi del malato, che non le sue risposte su come si sente. Se siamo etnografi positivisti, la prima cosa che facciamo è mettere in dubbio tutte le spiegazioni che i popoli da noi studiati danno dei propri costumi.

C’è una famosa poesia russa[1] che descrive questo metodo di approccio al mondo circostante. Vi si narra di Ivanuška, che andò in campagna e scoccò a caso una freccia, poi si mise a cercarla e dopo aver attraversato tre mari trovò la principessa ranocchia con la sua freccia in bocca. Avvolse la ranocchia in un fazzoletto e se la portò a casa la distese sulla tavola del laboratorio, la sezionò e mise in funzione la corrente elettrica. La principessa morì fra lunghi tormenti, in ogni sua venuzza vibravano interi secoli e mondi, mentre sul cupo volto di Ivan lo sciocco aleggiava il sorriso della conoscenza. Ora sapeva con esattezza come si contrae il muscolo della coscia…

Qui viene descritto appunto l’orrore di una conoscenza senza partecipazione. Di una conoscenza che non sia divenuta avvenimento, cioè “essere-con”. Di una conoscenza che non diventi forma di com-passione, di consonanza e compartecipazione al sentire altrui. Qui è descritto l’orrore della conoscenza di cui è pieno il nostro mondo. Il mondo come noi lo conosciamo. Il mondo a cui usiamo violenza. Il mondo circostante che non interloquisce con noi. Il mondo a cui abbiamo negato il diritto di parlare.

La ranocchia che ha raccolto la freccia dell’eroe, gli dà in questo modo il segno che essa gli è destinata in sorte. Che è disposta a venirgli in aiuto, a collaborare, cooperare con lui. Che è disposta a insegnargli tutto ciò che sa - la magia secolare cui le cose del mondo sottostanno, ma che l’uomo ha dimenticato e perduto. L’uomo ha perduto anche il linguaggio in cui essa gli si rivolge: il linguaggio dei simboli, un linguaggio antichissimo col quale l’uomo comunicava con il mondo.

Egli non vede la principessa che sta parlando con lui - vede soltanto una ranocchia capitatagli sottomano. Che ha abboccato alla freccia come se fosse un amo. Essa pensava che la freccia fosse una parola rivoltale. In realtà, si è rivelata semplicemente una trappola. Perché l’uomo ha dimenticato il significato della freccia, e più in generale, che essa può avere un significato. Adesso è semplicemente un mezzo per catturare le rane. E con le rane poi si discorre a colpi di bisturi.

È così che noi trattiamo il mondo, e quando poi esso trema per effetto della corrente che gli abbiamo immesso, la chiamiamo calamità naturale. Così trattiamo anche la parola, negando che abbia un significato, un senso autonomo, assegnandole unicamente il significato che noi le attribuiamo, e quando le parole cominciano a degradare precipitosamente sulle nostre labbra - e soprattutto sulle labbra dei nostri figli - la chiamiamo crisi umanistica, catastrofe linguistica. Molto comodo, perché nessuno può avere colpa di una calamità naturale o di una catastrofe.

All’inizio, per noi hanno cessato di essere parole le cose del mondo. Poi hanno cessato di essere parole anche le parole, che adesso «non significano niente, finché non ci saremo messi d’accordo sul significato». Le abbiamo spogliate della loro soggettività, abbiamo lasciato loro soltanto l’oggettività, la possibilità di essere oggetto della nostra manipolazione, ma non soggetto di comunicazione con esse. La cosa più tremenda è che questo poteva succedere solo in una cultura di origine cristiana.

Quando l’uomo ha voltato le spalle a Dio, ha voluto nascondersi da Lui in paradiso, il Signore ha esaudito il desiderio dell’uomo dandogli, come un Padre generoso, la sua parte di eredità - la terra, il mondo, dove questi potesse vivere come voleva, senza di Lui. Ma Dio non ha creato nulla di morto: era tutto vivo, e molte cose erano più potenti dell’uomo, allontanatosi dal suo Creatore e dimentico della sua autentica vocazione.

L’uomo udiva le voci delle cose e prestava loro ascolto. Viveva in un mondo tutto animato, in un mondo dove tutto ciò in cui si imbatteva era un soggetto ovvero il manifestarsi di un soggetto. Se non ogni filo d’erba era una creatura a se stante, si trattava pur sempre del manifestarsi di un’essenza unitaria - viva e possente - per quanto fragile e debole fosse il singolo filo d’erba.

E il pensiero dell’uomo si volgeva a colloquiare con quest’essenza, perché la conoscenza si rendeva possibile solo ascoltandola. E il contatto con quest’essenza assicurava all’uomo l’influsso su tutti i suoi fenomeni, le sue manifestazioni. L’uomo viveva in un mondo magico, dove la parola giusta era una chiave per accedere a qualunque processo del reale. Gli uomini che non appartengono alla cultura cristiana continuano a vivere in un mondo di questo tipo. Naturalmente, a patto che non vengano corrotti dall’uomo della cultura post-cristiana.

Quando, nel mondo decaduto e sempre più scomposto nelle sue componenti, è venuto il Signore, per infondere nuovamente al mondo vita e forza, le parole disperse delle cose, penetrate da Dio, si sono nuovamente raccolte in discorso, si è ricostituita la sintassi del creato - e il suo sistema circolatorio e nervoso unitario; le parole hanno cessato di costituire una chiave magica di accesso alle cose, perché la realtà stessa è divenuta parola, nella Parola di Dio rivolta in perpetuo a noi. Il mondo e l’uomo hanno conosciuto Dio, come descrive san Simeone il nuovo Teologo (949-1022): «Infatti ciò che è unitario, pur divenendo una molteplicità, resta unitario e indivisibile, ma in ogni sua parte c’è tutto Cristo. [...] Io L’ho visto nella mia casa. Egli è apparso inaspettatamente fra tutte queste cose di ogni giorno e si è unito e fuso inesprimibilmente con me ed è entrato in me, come se fra noi non vi fosse nulla, come il fuoco nel ferro e la luce nel vetro. E mi ha reso simile al fuoco e alla luce. E io sono divenuto colui che prima avevo visto e contemplato da lontano. Non so come comunicarvi questo miracolo… Sono uomo per natura e Dio per misericordia del Signore»[2] .

L’uomo ha conosciuto Dio nella Sua comunione con sé e con l’aiuto di Dio è entrato in comunione con tutto il mondo. San Silvano del Monte Athos diceva che tutto il mondo e ogni cosa nel mondo si rivela a chi ha conosciuto Cristo. E si svela come suo proprio. Tutto il mondo diventa un prolungamento dell’uomo, perché tutto il mondo è permeato di Cristo, che entra nell’uomo reso compartecipe di Lui. Ecco il senso ontologico della preghiera monastica per il mondo, ed ecco il motivo della sua efficacia: l’uomo che è in comunione con Cristo può compiere nei confronti del mondo le stesse azioni che compie sulle membra del proprio corpo. Fino a quando resta in comunione con Cristo, naturalmente. Da un lato, egli percepisce come proprio il dolore del mondo. Ma anche la gioia del mondo diventa la sua stessa gioia.

Allorché il volto di Dio si è nascosto alla vista dell’uomo illuminista le cose hanno cessato di essere parole di Dio, ma - agli occhi dell’uomo moderno positivista - sono rimaste cose morte, inanimate, senza le parole e le voci loro proprie e peculiari, che possedevano in passato. Le principesse sono scomparse, non sono rimaste che ranocchie, e l’intero XIX secolo si è dato da fare per sgozzarle con entusiasmo su scala industriale. C’è da meravigliarsi che il XX secolo si sia messo a sgozzare su scala industriale anche gli uomini?

L’uomo, infatti, non può trattare l’uomo diversamente da come tratta il mondo. E non è neppure in grado di trattare se stesso diversamente da come tratta il mondo. La percezione del mondo da soggetto a oggetto è estremamente instabile. Se considera il mondo come un oggetto, l’uomo comincia rapidamente a considerare anche se stesso come un oggetto. Lo si vede benissimo, ad esempio, guardando come cambiano i sogni dell’umanità. Se si pensa come un soggetto, l’uomo sogna di poter fare qualcosa. Se invece si considera un oggetto, l’uomo comincia a sognare di trovarsi sotto i riflettori, sogna di essere guardato e ammirato da tutti. Non importa per qual motivo. Ora, infatti, egli non carezza dei sogni su di sé come protagonista in azione, ma come oggetto della percezione altrui. Cioè, come oggetto.

Il metodo conoscitivo da soggetto a soggetto si differenzia dal precedente innanzitutto perché avendo a che fare con un soggetto dotato di voce, chi conosce non può avvicinarsi ad esso con un passepartout universale, con un metodo conoscitivo sempre identico, adeguato a tutti gli oggetti che si trovino nel raggio di azione dell’unico soggetto, rappresentato da colui che indaga. Il soggetto da conoscere detta lui stesso il metodo della propria conoscenza. Al soggetto che conosce non resta che ascoltare e seguire. Tendere l’orecchio. Perché solo così si può “essere-con”, cioè entrare in comunione con ciò che si conosce. Solo ciò che viene conosciuto può indicare la strada verso la propria essenza, nelle sue recondite profondità.
Questa conoscenza è sempre un rischio.
Nel caso del metodo conoscitivo da soggetto a oggetto, noi non mettiamo piede in territorio straniero, ma lo conquistiamo (ecco perché il bisturi è il simbolo di questa conoscenza). Vale a dire, il territorio su cui ci troviamo è sempre nostro. Per questo, tra l’altro, abbiamo sempre e soltanto a che fare con l’esterno dell’oggetto indagato, con i suoi confini. Per quanto affondiamo il nostro bisturi, incontriamo solo e sempre nuovi esterni, nuovi involucri. L’oggetto non ha un territorio interno, ma solo dei confini e delle reazioni alla sollecitazione che lo raggiungono dall’esterno. L’oggetto è come una testa di cipolla (neanche come un cavolo, che almeno ha il torsolo). L’oggetto, opponendo resistenza, ci offre sempre nuovi involucri. E ci fa lacrimare gli occhi, e noi riteniamo che questa sia la proprietà principale dell’oggetto indagato.
Nel caso del metodo conoscitivo da soggetto a soggetto ci troviamo subito, fin dall’inizio, su territorio straniero. E per non starci inutilmente, in posizione difensiva (cioè sia pur sull’ultimo lembo, ma di proprio territorio), dobbiamo rinunciare a difenderci. Dobbiamo aprirci a ciò che ci si manifesta. Dobbiamo lasciarci andare, e non invece attaccare e conquistare.
Nel caso del metodo di conoscenza da soggetto a soggetto abbiamo a che fare con qualcuno che ci parla. Si tratti del mondo o dell’uomo, è sempre un testo. E il metodo di lettura di un testo deve essere ricavato di volta in volta dal testo stesso, altrimenti non impareremo mai a capire (cioè a prendere, accogliere), e penseremo sempre che ci venga detto esattamente quello che ci aspettavamo. Otterremo solo quello che abbiamo già. Continueremo a restare sul nostro territorio.
Per cominciare a capire è sufficiente ammettere che ci possa venir detto qualcosa che ancora non sappiamo, e che ci venga comunicato in un modo che non ci aspettiamo. In altri termini, è sufficiente porre chi ci parla al di sopra di noi. In inglese “capire” si dice understand, cioè “sotto-stare”: solo in questa posizione è possibile capire.
C’è la famosa fiaba della bimba Maša e delle oche selvatiche che le avevano portato via il fratellino Ivanuška. La bambina si mette a inseguirle, ma non sa la strada, così chiede informazioni al melo, poi alla stufa e poi al ruscello. E ciascuno di essi le risponde in maniera strana: mangia una mia mela (pasticcino, gelatina), e te lo dirò. Ma Maša ricusa, con il pretesto che a casa ne ha di molto meglio. E passa oltre, senza sapere la strada. La irrita questa strana condizione postale per parlarle dalle cose che incontra. Non capisce ancora che non le stanno proponendo una leccornia o una prova, ma l’unico modo possibile per sapere ciò che sa il melo. Lei resta attaccata alle cose abituali, di casa sua, che le piacciono, non sa che farsene delle mele selvatiche! Non entra nell’avvenimento, cioè in comunione, in un “essere-con”, ma resta sul suo territorio.
Ma quando Maša cercherà di sfuggire, insieme al fratellino che è riuscita a trovare, alle oche selvatiche che la rincorrono, quando l’unica sua salvezza sarà che queste non la scorgano, e cioè che lei non sia più lei, del tutto lei, non si opporrà alla richiesta del melo: mangia una mia mela, e ti nascondo. Perché l’unico modo che ha il melo per metterla in salvo – cioè per cambiare, rendere chi chiede simile a sé – è esattamente parteciparsi a lei, interiormente, entrare spiritualmente nel suo territorio.
La conoscenza ci cambia, già solo per il fatto che ci apre, e questo è un avvenimento. Ma questo avvenimento si raggiunge in un modo soltanto – attraverso un “essere-con”, una condivisione con ciò che conosciamo. Nella comunione con ciò che viene conosciuto. Il conquistatore è un uomo senza avvenimenti nella vita. Uno che resta sempre sul suo territorio, su un terreno bruciato.

[1]Jurij Kuznekov, Atomnaja Skazka (Favola Atomica)
[2]Cfr. St. Symeon, in The soul Afire (New York: Pantheon Books, 1944), p. 303.