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mercoledì 30 settembre 2020

 

Così abbiamo scoperto il farmaco naturale contro il coronavirus»

Intervista a Matteo Bertelli, genetista bresciano a capo della start-up che si prepara a lanciare uno spray contro il Covid: «Può proteggere dal contagio e aiutare a guarire dalla malattia. Il costo? 3 euro»

Immagine al microscopio di cellule umane invase dal coronavirus

Ebtna-Lab, start-up italiana del Gruppo Magi con sede a San Felice del Benaco, nel Bresciano, annuncia di avere una soluzione per la prevenzione delle infezioni virali respiratorie, anche da coronavirus. Il prodotto si chiama Endovirstop potrebbe fare il suo ingresso nel mercato farmaceutico proprio mentre il Covid-19 rialza minacciosamente la testa. Visto l’imminente lancio del prodotto, Tempi ha incontrato Matteo Bertelli, presidente di Magi Group, il medico genetista bresciano che guida la ricerca su questa scoperta scientifica.

Dottor Bertelli, com’è arrivato al suo composto anti Covid?

Per caso, ammesso che esista il caso. Stavamo studiando altro riguardante le malattie genetiche e ci siamo trovati in mano un dato importantissimo per la situazione del Covid19, virus che intanto stava pian piano interessando l’intero pianeta.

Quali sono le proprietà di questo vostro nuovo spray?

Lo spray si chiama Endovirstop, e agisce sia come prevenzione – e dunque è consigliato per chi ha un familiare malato, o per tutti coloro che sono esposti al contagio per questioni lavorative, ad esempio gli insegnanti – sia come bonifica della faringe, luogo in cui il virus si moltiplica nella prima fase di sviluppo. Non solo previene, quindi, ma nella fase iniziale aiuta a guarire.


A suo parere che tempi avrà, invece, il vaccino tanto atteso?

Nessuno lo sa. Anch’io, come Robert Gallo, penso che a breve un vaccino possa anche non trovarsi. Le dirò di più. Viste le imprevedibili caratteristiche del virus, non è detto che si arrivi al vaccino neanche a medio-lungo termine. D’altronde non è quanto successo per il virus dell’Hiv scoperto dallo stesso professor Gallo? Anche per quel virus non si è trovato alcun vaccino.

Un motivo in più per non prendere sotto gamba la sua scoperta.

Certo. Tra l’altro noi non abbiamo come obiettivo quello di azzerare completamente il virus, a noi basta aiutare il maggior numero di persone a non ammalarsi o a non aggravarsi, così da limitare il più possibile il ricorso alla terapia intensiva. Ridurre, anche molto sensibilmente, il numero dei pazienti destinati a diventare gravi sarebbe già un trionfo, sia per il malato, sia per il sistema sanitario, il quale potrebbe utilizzare farmaci molto costosi in modo mirato, su poche persone. La nostra idea è di essere complementari.

È stato facile far accreditare la vostra scoperta dagli organismi preposti?

Per nulla. È stato un vero calvario. Abbiamo presentato la domanda all’Aifa che ce l’ha bocciata due volte. La risposta alla seconda bocciatura è stata a mio avviso a dir poco opinabile…

Come ha fatto allora ad ottenere le necessarie autorizzazioni?

Devo confessare che questa nostra scoperta sembra davvero voluta dal Cielo: ogni volta che si è chiusa una porta si è aperto un portone. Sta di fatto che, dal momento che la molecola da noi analizzata è naturale e non sintetica, la stessa rientra anche nella categoria degli integratori, sui quali i Comitati etici locali hanno una competenza identica e concorrente a quella dell’Aifa.

Quindi vi siete rivolti a loro?

Sì, il Comitato etico di Milano ha subito dato l’ok allo studio del professor Giampietro Farronato che ha accolto il nostro prodotto nel suo studio. Aggiungo che inizialmente un noto ospedale si era offerto per fare la sperimentazione, ma è stato poi chiamato da alcuni detrattori e ha fatto marcia indietro. Nell’incassare questo improvviso “no”, incontriamo l’ordinario di Ortognatodonzia all’Università di Milano, il professor Farronato, appunto, il quale si offre di seguire la sperimentazione come clinica universitaria. Meglio non poteva andare.

Matteo Bertelli con il team di Ebtna-Lab
Il genetista Matteo Bertelli (quinto da sinistra) con il team di Ebtna-Lab, la start-up del Gruppo Magi che ha ideato Endovirstop

Che risultati hanno ottenuto le vostre sperimentazioni?

Abbiamo avuto ottime risposte scientifiche, e con esse anche diverse soddisfazioni umane con i nostri pazienti, molti dei quali, dopo due giorni di utilizzo dello spray, sono usciti dal pesante isolamento causato dalla positività, tornando finalmente alle loro normali attività. Ribadisco che il nostro prodotto si comporta come un composto preventivo, però naturale: se utilizzato prima, agisce come protezione e non fa ammalare; e per di più, se si è nella fase iniziale della malattia, potrebbe aiutare a guarire chi è positivo.

I risultati delle vostre sperimentazioni sono stati pubblicati?

Il primo lavoro, quello svolto monitorando 30 persone, lo abbiamo già pubblicato. Quello più grande, cioè le sperimentazioni fatte a Cipro e a Milano, lo pubblicheremo prestissimo. Siamo davvero molto felici del risultato raggiunto, per tante ragioni rappresenterà una svolta.

Che tipo di svolta?

Innanzitutto, il nostro composto naturale potrebbe aiutare anche chi avesse delle riserve a fare il vaccino tradizionale: come dice il professor Robert Gallo, produrre un vaccino con la fretta, saltando gli step obbligatori di sperimentazione, rischia addirittura di creare problemi. Anche dalle nostre ricerche – e parlo da genetista – non posso non notare che persone guarite dal Covid hanno contratto malattie al sistema nervoso autonomo: problemi di pressione, di ipertensione, svenimenti frequenti… Pubblicheremo i dati relativi a queste anomalie.

Sa che dicendo queste cose rischia di essere etichettato come nemico dei vaccini?

Guardi, se c’è uno che si sottopone ai vaccini sono proprio io. Quando parto per fare volontariato nei paesi del terzo mondo – e succede spesso – mi sottopongo sempre almeno ai vaccini contro la tubercolosi e la salmonellosi. A proposito di paesi poveri, aggiungo che la scoperta del nostro team è preziosa soprattutto per loro. Un prodotto come il nostro, che sarà messo in vendita a 3 euro, è davvero di enorme utilità per milioni di persone.

Endovirstop costerà così poco?

Le molecole che stiamo studiando costano due lire. I giovani ricercatori di Ebtna-Lab hanno studiato una formulazione naturale. Di fronte ad un’industria farmaceutica che va in tutt’altra direzione – e non aggiungo altro –, vorremmo rimanere onesti ed eticamente responsabili. Mentre contro il Covid sono stati ammessi solo medicinali costosissimi, non possiamo non vedere quanto il nostro sistema sanitario sia allo stremo. Visto che l’epidemia colpisce moltissime persone, siamo fermamente convinti che serva un prodotto che costi poco.

Come si spiega il fatto di essere arrivato prima di tutti su queste molecole?


Facile. Le molecole naturali e quelle a brevetto scaduto non interessano a nessuno, vengono completamente ignorate. Le industrie farmaceutiche non le spingono perché non ci sono brevetti su cui speculare e realizzare affari d’oro. La farmacologia è fatta da molecole costosissime sotto brevetto e l’industria farmaceutica, che stiamo ingrassando in modo esorbitante, spinge a mille solo quelle.

Da quando si potrà acquistare Endovirstop?

Auspico che sarà possibile trovarlo in farmacia già da ottobre.

Allargando il campo, sembra che la sua passione nel combattere le malattie rare la porti continuamente a prendere il largo…

Dopo gli studi in Medicina e Chirurgia mi sono subito specializzato in Genetica, che in effetti è la mia grande passione. Da 14 anni ormai sono a capo di laboratori diagnostici Magi per malattie genetiche e rare. Siamo nati per accogliere l’invito evangelico: andate, curate, guarite. Purtroppo diagnosticare non significa curare, proprio per questo ho iniziato gli studi di molecole naturali e delle biotecnologie. Vogliamo proporre soluzioni non di sintesi.

Su quali malattie state lavorando?

Da tre anni Ebtna-Lab lavora per trovare molecole terapeutiche efficaci contro molte malattie rare e genetiche. Potrei citare le obesità mendeliane, la retinite pigmentosa, i linfedemi, i lipedemi, l’anoressia, patologia sulla quale grava anche un pregiudizio che finisce per colpevolizzare il paziente. Non vogliamo lasciare solo nessun malato, e per farlo sono convinto che l’utilizzo delle molecole naturali con proprietà farmacologiche sia il futuro.

Come fa ad esserne certo?

La sintesi molecolare per la terapia ha sicuramente risolto molti problemi della salute, ma si tratta pur sempre di sintesi. Con le molecole naturali, invece, è tutt’altra cosa. Per poter esplicare tutti i loro benefici, però, le molecole naturali che introduciamo con la dieta quotidiana avrebbero bisogno di concentrazioni sufficientemente abbondanti, concentrazioni che gli alimenti non riescono a fornire.

Èqui che entrano in gioco le biotecnologie su cui investite?

Esatto. Con le biotecnologie è possibile comprendere più a fondo i meccanismi di azione delle molecole naturali e conoscere la loro concentrazione ottimale. Ciò permette di ottenere prodotti mirati e del tutto naturali. Il buon Dio ci ha dato già tutto. A noi sta solo di investire nelle biotecnologie, che rappresentano il nuovo fronte della medicina. Lo spray anti Covid Endovirstop è solo il primo passo in questa direzione.

Foto coronavirus: Ansa


«Vi parlo di Endovirstop, lo spray italiano anti-Covid premiato a Praga»

Si chiama Endovirstop, è un prodotto basato su una molecola naturale a basso costo che ha il fine di prevenire le infezioni virali respiratorie, Covid-19 incluso. È stato sviluppato da una start-up italiana, Ebtna-Lab, guidata dal genetista Matteo Bertelli, che sabato è stato premiato al Congresso europeo di Biotecnologie di Praga per il «miglior prodotto anti-Covid». Eppure l’Aifa non si era dimostrata interessata, e diversi studi di sicurezza ed efficacia sono stati condotti all’estero. «Lo spray veicolerà il principio attivo direttamente nelle vie respiratorie» e può rendere superfluo il vaccino. La Nuova Bussola ha intervistato Bertelli.

Fin dall’inizio dell’epidemia c’è una frase che è stata ripetutamente detta, come un mantra ossessivo: solo un vaccino ci potrà salvare. Sarà tutto finito solo quando ci sarà il vaccino.

Questa ostinazione si è anche tradotta in un vero e proprio negazionismo nei confronti di ogni possibile soluzione terapeutica farmacologica. La vulgata ufficiale nega che la terapia col plasma o con qualunque tipo di medicinale possa avere successo nei confronti del virus, che continua ad essere presentato – contro ogni evidenza epidemiologica – come la riedizione della Peste Nera del XIV secolo.

Eppure ci sono le prove che diversi farmaci, alcuni dei quali in commercio da molti anni e a bassissimo costo commerciale, funzionano bene. Inoltre ci sono anche delle straordinarie scoperte che, in un mondo normale, dovrebbero essere accolte con grande soddisfazione, e gli scienziati che le hanno messe a punto acclamati come eroi. Niente da fare: tutto è tenuto sotto silenzio, un silenzio colpevole perché nega a tante persone che vivono nell’incubo della paura di nutrire fondate speranze.

La Nuova Bussola ha incontrato uno di questi ricercatori, il dottor Matteo Bertelli, medico genetista, presidente della Magi Group, rete di impresa di cui fa parte anche Ebtna-Lab, start-up italiana che in questi giorni ha annunciato di avere una soluzione per la prevenzione delle infezioni virali respiratorie, tra cui, naturalmente, il Covid-19. Il prodotto si chiama Endovirstop e rientra nella categoria degli integratori alimentari. Avete letto bene: non un antivirale, non un farmaco monoclonale, ma nientemeno che un integratore alimentare.

Per Endovirstop, Bertelli ha ricevuto il premio per il «miglior prodotto anti-Covid» (vedi foto) al Congresso europeo di Biotecnologie che si è svolto a Praga sabato 26 settembre.

Nell’ottica della nuova scoperta, però, Bertelli tiene a specificare quanto sia impegnato nelle malattie genetiche e rare. La sua passione, infatti, è la genetica e dopo gli studi in Medicina e Chirurgia si è subito cimentato nella specialistica in Genetica. Da 14 anni ormai è a capo dei laboratori diagnostici Magi per malattie genetiche e rare. Ma diagnosticare non significa curare. Proprio per questo ha iniziato gli studi di molecole naturali e biotecnologie per poter proporre delle soluzioni non di sintesi. La sintesi molecolare per la terapia ha sicuramente risolto molti problemi della salute, ma pur sempre di sintesi si tratta.

Dottor Bertelli, il suo annuncio ha del clamoroso. Il Covid-19 non solo non è un mostro imbattibile, un virus davanti al quale siamo impotenti e non possiamo che rinchiuderci in casa, aspettando che passi la nottata, ma lo si può fermare con una molecola a bassissimo costo. Ci può spiegare?
I laboratori di Ebtna-Lab erano già da tempo impegnati negli studi sull’endocitosi virale mediata da zattere lipidiche, ossia zone della membrana cellulare particolarmente ricche di colesterolo e proteine. L’endocitosi è il meccanismo per cui un virus – che è una sorta di parassita – entra nelle cellule dell’organismo ospite. In seguito all’esplosione della pandemia da Coronavirus, la comunità scientifica si è particolarmente dedicata agli studi sul virus ed è emerso che la modalità con cui il Coronavirus entra nelle nostre cellule non utilizza solo il famoso recettore Ace2, su cui si stanno concentrando coloro che lavorano ad un vaccino, ma anche le zattere lipidiche. Lo studio del nostro istituto ha confermato tale aspetto e abbiamo quindi deciso di trovare, tra le molecole naturali, quelle che potessero impedire l’ingresso del virus andando ad agire proprio sul meccanismo dell’endocitosi lipid-raft mediata.

Un procedimento assolutamente logico, quasi ovvio. E le vostre ricerche vi hanno portato a una sorprendente scoperta…
Quello che è emerso è che molecole come le alfa-ciclodestrine, rientranti nella categoria dei novel food (prodotti o ingredienti alimentari costituiti o isolati a partire da microrganismi o vegetali, sottoposti a un particolare processo di produzione, ndr) hanno le caratteristiche giuste per agire su questo meccanismo. Come riportato in una pubblicazione del laboratorio Ebtna-Lab, le alfa-ciclodestrine hanno la capacità di sequestrare e rimuovere il colesterolo delle zattere lipidiche, andando sostanzialmente a disgregarle. In questo modo le alfa-ciclodestrine non solo diminuiscono le zattere lipidiche, ma competono insieme al virus e riducono, quindi, la probabilità che il virus possa produrre infezione.

La scoperta è stata di tale portata da portare i ricercatori di Ebtna-Lab a studiare una formulazione basata su estratti di olivo, come polifenoli e alfa-ciclodestrine, che potesse rientrare nella categoria di integratore alimentare. Infatti, poco dopo è seguita una nuova pubblicazione in cui si riportavano le caratteristiche preventive del prodotto, che abbiamo chiamato Endovirstop, nei confronti delle infezioni virali respiratorie e del Coronavirus.

Quello del novel food è un campo interessantissimo, che si presta a una grande cooperazione nel mondo scientifico.
Tengo a specificare che gli studi sono stati possibili anche grazie alla collaborazione con il professor Tommaso Beccari dell’Università degli Studi di Perugia. Il prodotto è stato notificato al Ministero della Salute come integratore alimentare e poteva già essere immesso in commercio. Tuttavia, vista l’ambiziosa volontà di effettuare studi di sicurezza ed efficacia dell’integratore, in collaborazione con l’Università Statale di Milano e in particolare con il professor Giampietro Farronato, sono stati condotti degli studi di sicurezza del prodotto che hanno portato a stabilire che è sicuro e non è citotossico. Inoltre, sempre nell’ambito dello stesso studio, è stato possibile evidenziare quanto i polifenoli abbiano effetti antiossidanti, mentre l’alfa-ciclodestrina esplica la sua funzione preventiva nelle infezioni virali.

In contemporanea, studi di sicurezza ed efficacia sull’uomo sono stati condotti anche in Paesi come Albania, Turchia e Cipro e coordinati rispettivamente dai professori Natale Capodicasa, Munis Dundar e Mahmut Ergoren.

Studi condotti all’estero perché l’Aifa non è sembrata particolarmente interessata alla vostra scoperta.
Purtroppo sì. Tuttavia non ci siamo dati per vinti e abbiamo proseguito gli studi. Alla fine siamo arrivati alla realizzazione del prodotto, che potrà essere utilizzato in una forma spray, decisamente comoda e di facile uso. Lo spray veicolerà il principio attivo direttamente nelle vie respiratorie, ottenendo un’azione decisamente rapida. Non dimentichiamo che il Coronavirus, quando entra nel nostro organismo, si localizza principalmente in gola, per poi diffondersi nel resto dell’apparato respiratorio.

Quindi, dottor Bertelli, il vostro prodotto può essere usato a scopo terapeutico ma anche preventivo, rendendo superfluo un eventuale vaccino?
Endovirstop agisce esattamene così.  Lo spray prodotto è quindi in attesa delle ultime pubblicazioni scientifiche e auspichiamo di poterlo vedere nelle nostre farmacie già ai primi di ottobre. Forse la soluzione al problema Coronavirus è molto più vicina di quanto si pensi.

Paolo Gulisano

domenica 27 settembre 2020

 Wojtyla volle farsi confessare da un sacerdote barbone. Volando verso Cuba, "perdonò" Che Guevara (Izzo)

WOJTYLA: VOLLE FARSI CONFESSARE DA UN SACERDOTE BARBONE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 par.

Giovanni Paolo II era capace di gesti davvero inconsueti e dalle carte del processo di beatificazione emergono episodi toccanti. Un monsignore che gli era vicino, un giorno riconobbe in un barbone che dormiva sempre in una traversa di via della Conciliazione un prete che aveva abbandonato il ministero. Riusci' a inserirlo in un'udienza, e avviso' il Papa. Alla fine dell'udienza Giovanni Paolo II chiamo' in una sala vicino il sacerdote barbone, e gli chiese di essere confessato. Il monsignore trovo' il sacerdote in lacrime; alla fine della confessione il Papa gli aveva detto: "Vedi quanto grande e' il sacerdozio? Non deturparlo". L'episodio e' raccontato dal vaticanista Marco Tosatti nel volumetto "99 domande su Wojtyla". Tosatti rivela anche un altro fatto clamoroso che testimonia l'attenzione del Pontefice polacco per i clochard. Con il Papa, e il presidente della Repubblica Ciampi alla cerimonia di apertura del grande Giubileo del 2000, infatti, c'era anche Sergio De Giorgio, napoletano, di 34 anni, senza fissa dimora, che abitava a Roma e passava la notte in un giaciglio di cartone in quella che una volta era Galleria Colonna e adesso e' intitolata ad Alberto Sordi. Altri episodi dello stesso segno -rivela Tosatti- sono registrati nelle carte del processo anche in anni molto precedenti all'elezione di Karol Wojtyla al soglio di Pietro. Ad esempio il futuro Papa arrivo' nel "seminario" cioe' nel palazzo arcivescovile di Cracovia, per evitare che i nazisti lo arrestassero nel 1944, con una camicia bianca, un paio di pantaloni di cotone e zoccoli ai piedi. Il giorno successivo ricevette un abito talare regalata da un sacerdote della diocesi. Gia' ai tempi della fabbrica era famoso perche' arrivava anche in inverno senza cappotto, o maglione, perche' li regalava strada facendo a qualcuno "che aveva piu' bisogno di me", diceva. E gli indumenti che gli operai gli regalavano facevano spesso la stessa fine. Quando era viceparroco a San Floriano, a Cracovia, capito' infine che non si presentasse alla messa "perche' non aveva piu' scarpe, che aveva regalato la sera prima a uno studente amico che ne aveva bisogno. Il sacrestano dovette prestargli le sue affinche' potesse scendere in chiesa a celebrare".
"In una favela di Rio de Janeiro - racconta ancora Tosatti - il Papa fu colpito in maniera fortissima dalla poverta' di una famiglia. Si sfilo' dal dito l'anello d'oro che gli aveva regalato Paolo VI quando l'aveva nominato cardinale, e lo diede alla mamma. Fu obbligato, per il resto del viaggio, a farsi prestare l'anello episcopale dal Segretario di Stato". Giovanni Paolo II, si legge ancora nel volumetto firmato dal vaticanista Tosatti, "aveva un modo molto particolare di pregare: disteso sul pavimento, bocconi, con le braccia aperte in croce". "Sembra - continua il giornalista - che sia stata allestita nella cappella privata del suo appartamento a Roma una plancia in legno, sul marmo freddo del pavimento, perche' Wojtyla, finche' la salute e la forza fisica glielo permisero, passava ore in preghiera. Un'abitudine che non sospendeva nemmeno nei suoi viaggi in tutto il mondo". Biografo di Padre Pio, Tosatti si sofferma anche su una testimone ascoltata nel processo di beatificazione che, sottolinea, "ha raccontato un'esperienza molto singolare. Ebbe un'udienza da Giovanni Paolo II, dopo aver partecipato alla messa mattutina nella sua cappella privata. Durante l'incontro, le sembro' che il volto di Wojtyla 'sfumasse', e apparisse al suo posto il volto di Padre Pio sorridente. Esterrefatta, e un po' imbarazzata, riferi' la cosa al Papa. Giovanni Paolo II rispose semplicemente: 'Anch'io lo vedo'". Giovanni Paolo II pero' - secondo Tosatti - non ha mai avuto delle visioni. A un membro della 'Famiglia pontificia', che gli chiedeva, mentre discutevano delle apparizioni mariane, se a lui personalmente fosse capitata un'esperienza del genere, Wojtyla rispose: "No, non ho visto la Madonna, ma la sento". E' certo invece che abbia compiuto dei miracoli in vita. "Il segretario del Papa - scrive il vaticanista che segui' il Pontificato per la Stampa di Torino - mi racconto' che un americano, ebreo, malato di un tumore, in fase avanzata, voleva prima di morire, fare due cose; andare a Gerusalemme, e assistere alla messa privata del Papa. Era amico del cardinale di New York, e gli fu concesso. Durante la messa si comunico'; e per questo Dziwisz rimprovero' le persone che lo accompagnavano. L'americano riparti', senza piu' andare a Gerusalemme; e fece saper, piu' tardi di essere guarito completamente.

Papa Francesco: «San Giovanni Paolo II si fece confessare da un barbone»

Papa Francesco: «San Giovanni Paolo II si fece confessare da un barbone»

CITTA' DEL VATICANO - Un homeless ha confessato un santo. Incredibile ma vero. San Giovanni Paolo II, nel corso del suo pontificato, si confessò da un sacerdote polacco che era stato con lui in seminario e che poi divenne un senza fissa dimora. A raccontare la singolare vicenda è stato papa Francesco che ha voluto ricordare l’episodio parlando al mensile della strada di Milano, "Scarp de’ tenis.


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Rispondendo ad una domanda sul come approcciarsi al difficile mondo dei senza fissa dimora, Papa Bergoglio ha affermato: "In Vaticano è famosa la storia di una persona senza dimora, di origine polacca, che generalmente sostava in piazza Risorgimento a Roma. Un uomo schivo, non parlava con nessuno, neppure con i volontari della Caritas che la sera gli portavano un pasto caldo. Solo dopo lungo tempo riuscirono a farsi raccontare la sua storia: ’Sono un prete, conosco bene il vostro Papa, abbiamo studiato insieme in seminario’. La voce - ha proseguito Francesco nel suo racconto - arrivò a San Giovanni Paolo II che sentito il suo nome, confermò di essere stato con lui in seminario. Così volle incontrarlo. Si abbracciarono dopo quarant’anni, e alla fine di un’udienza il Papa gli chiese di essere confessato dal sacerdote che era stato suo compagno. ’Ora però tocca a te’, gli disse il Papa. E il compagno di seminario divenne il confessore del
Papa".

"Grazie al gesto di un volontario, - è stata la morale della storia tratta da Papa Francesco - di un pasto caldo, a qualche parola di conforto, a uno sguardo di bontà questa persona ha potuto risollevarsi e intraprendere una vita normale che lo ha portato a diventare cappellano di un ospedale. Il Papa l’aveva aiutato, certo questo è un miracolo ma - ha concluso - è anche un esempio per dire che le persone senza dimora hanno una grande
dignità".

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SANT'ERMANNO LO STORPIO

 UN SANTO AL GIORNO TOGLIE LA TRISTEZZA DI TORNO

SANT'ERMANNO LO STORPIO

24 settembre, Beato Ermanno lo storpio, Altshausen, 18 luglio 1013-24 settembre 1054


«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Oltre al Salve Regina, compose l’Alma Redemptoris mater, l'Ufficio di alcuni santi (Gregorio, Afra, Wolfgango, ecc.) e le Sequenze della Croce e della Pasqua (Grates, honos, hierarchia e Rex regun, Dei agne); alla liturgia si riferiscono anche i trattati De musica e De monochordo. Lo chiamavano anche “il contratto”. 

Hermann der Lahme (1013-1054) è un monaco benedettino vissuto nel  monastero di Reichenau, sulla sponda tedesca del lago di Costanza. I suoi genitori appartenevano a famiglie nobili: ebbero 15 figli, tra i quali Ermanno, che fin da piccolo fu soprannominato “il Rattrappito”, tanto era storto e contratto a causa di una sclerosi multipla. Egli faticava a star ritto, stentava a camminare e, per farlo stare seduto, avevano dovuto costruire una sedia speciale; le sue dita erano troppo rattrappite per scrivere; le sue labbra e il palato erano deformati al punto che le sue parole uscivano stentate e si capivano a fatica. In un mondo pagano sarebbe stato lasciato morire all’atto stesso della nascita. Tanta gente oggi direbbe che il piccolo Ermanno non avrebbe mai dovuto nascere. I suoi genitori, in quegli anni del Medioevo, invece lo mandarono in un monastero e pregarono per lui. In quel luogo, il ragazzo crebbe. Ermanno, che poteva a mala pena biascicare poche parole, si accorse, con la pace che sperimentava nel monastero, che la sua mente si apriva. Nonostante non fosse affatto liberato dal dolore, una biografia dell’epoca lo descrive piacevole, amichevole, gaio, che si sforzava in ogni modo di essere gentile con tutti. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati. Poi ci sono le cronache della storia del mondo, lo studio delle costellazioni, la costruzione di astrolabi. Ancora oggi chi cerca notizie su di lui nelle biblioteche trova i trattati scritti nelle notti insonni nell’abbazia di Reichenau, in un’isoletta nel lago di Costanza. 

Fu il gesuita inglese Cyril Martindale ad appassionarsi alla sua storia dopo il ritrovamento nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita. Quelle pagine, racconta Martindale in un volume molto amato da don Luigi Giussani (Santi, Jaca Book) non parlavano di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.

Ermanno, nell’introduzione a uno dei suoi volumi più complicati, spiega come si costruiscono gli astrolabi, marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine. «Ermanno – scrive –, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico». Tra gli amici c’è Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.

Venne sepolto ad Altshausen, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Se ne conservano reliquie ad Altshausen, a Zurigo ed altrove. Nel calendario benedettino è ricordato come beato, ma è una celebrazione dovuta al Bucelino. Il vescovo di Friburgo dichiarò inammissibile il culto pubblico verso Ermanno come beato, ma permise la continuazione del culto nel territorio in cui fino allora vigeva.

Rappresentazioni di Ermanno sono nel coro di Zwiefalten e ad Andechs; in un dipinto del soffitto della distrutta chiesa di Montecassino era raffigurato come Doctor marianus.

«La Vita, come la scrisse Bertoldo – osserva Martindale –, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».

mercoledì 16 settembre 2020

 Leggendo San Bernardo...


Cosa temono queste persone?

I loro vizi?

Ma Egli li ha inchiodati alla croce con le proprie mani.

Cos'altro temono, allora? Di essere deboli e vulnerabili?

Ma egli conosce bene la materia con la quale ci ha fatto.

E dunque, di che cosa hanno paura?

Di essere troppo dipendenti dal male?

Ma il Signore ha liberato chi era prigioniero (Sal 145,7).

Temono dunque che Dio esiti ad aiutarli?

Eppure, nel perdono scopriamo quanto sia grande la grazia di Dio (Rm 5,20).

Forse è la preoccupazione per il quotidiano, il cibo o le altre necessità della vita?

Ma Dio sa che noi abbiamo bisogno di tutte queste cose (Mt 6,32).

Cosa vogliono di più? Che cosa li frena?

Proprio il fatto che ignorano Dio, che non credono alle nostre parole.

Abbiano dunque fiducia nell'esperienza altrui!

 Apre l'esposizione "Pasolini, il poeta che sfidò il nulla", realizzata dal Centro Culturale di Milano. Per mettere lo sguardo dentro la libertà di un uomo ferito dal mondo, a quarant'anni dalla sua morte (da "Tracce" di ottobre)

Fabrizio Sinisi

«Non c’è poro della mia carne dove non tremi questa gratitudine alla vita, questa nostalgia ancora troppo recente per dolere. (Amo il Friuli, amo i miei compagni, amo tutta la gioventù di questi borghi)».
Non si capirebbe davvero Pier Paolo Pasolini senza partire da un’esperienza affettiva. Nella sua opera emerge continuamente un’urgenza, che è poi forse il suo tratto più intenso e distintivo: una necessità d’amore non come puro sentimento, ma come luogo privilegiato della conoscenza. Chi legge Pasolini registra continuamente questo scarto: l’impossibilità di conoscere qualcosa senza amarla. Gran parte della sua poesia è una domanda d’amore come evento della ragione, come «avventura del vero»: «Solo l’amare, solo il conoscere / conta, non l’aver amato, / non l’aver conosciuto. Dà angoscia // il vivere di un consumato / amore. L’anima non cresce più» (Il pianto della scavatrice, 1956).

Bisogna che sia ora.
La mostra milanese in occasione del quarantennale della morte di Pasolini, a cura del Centro Culturale di Milano, tiene come linea guida proprio questo binomio di amore e conoscenza. Tutto ciò che in Pasolini è “impegno” - politico, sociale, artistico - è l’esito di quest’accento radicale: per amare e capire le cose, bisogna compromettersi totalmente con esse. E non basta che ciò avvenga nel passato, foss’anche solo un secondo fa: bisogna che sia ora. Se non è ora, «l’anima non cresce più».

Nato a Bologna nel 1922, Pasolini sta per laurearsi quando la guerra costringe la sua famiglia a sfollare a Casarsa, in Friuli, paese di sua madre. Ci rimane otto anni, durante i quali insegna, studia, scrive. Debutta con un libro, Poesie a Casarsa (in mostra si può vederne un esemplare della prima edizione numerata del 1942), che innamora il grande critico Gianfranco Contini. È forse il periodo più felice della sua vita: «Saggezza è meraviglia. / Un grido è la più vera / delle parole... Nulla / a se stesso somiglia».

Ma quell’apparente facilità della vita non tarda a rompersi. Una denuncia penale, nel 1950, costringe lui e sua madre a scappare a Roma: «In una casa senza tetto e senza intonaco, / una casa di poveri, all’estrema periferia, vicino a un carcere, / con un palmo di polvere d’estate, e la palude d’inverno» (Poeta delle ceneri, 1966). Di giorno, fa il supplente di scuola a Ciampino (tra gli alunni, anche il futuro scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami, di cui la mostra riporta un frammento video); di notte studia, scrive, ma soprattutto scopre Roma: un pianeta immenso, vitale, sconosciuto. È una provocazione che apre una nuova storia, un nuovo stupore: «Quanta gioia in questa furia di capire!». Le ceneri di Gramsci, un libro del ’57, non fa che testimoniare l’evento di un uomo innamorato del mondo, che ne riceve tutto il dramma fino all’intimo del cuore: «Un’anima in me, che non era solo mia, / una piccola anima in quel mondo sconfinato, / cresceva, nutrita dall’allegria / di chi amava, anche se non riamato. / E tutto si illuminava, a questo amore. (...) In ogni pagina, in ogni riga / che scrivevo, / c’era quel fervore, quella presunzione, / quella gratitudine. (...) Mite, violento rivoluzionario // nel cuore e nella lingua. Un uomo fioriva. (...) Per quali strade il cuore / si trova pieno, perfetto anche in questa / mescolanza di beatitudine e dolore? // Un po’ di pace... E in te ridesta / è la guerra, è Dio».

«Manca sempre qualcosa».
Nel ’61 Pasolini diventa regista di cinema: gira il suo primo film, Accattone (che verrà proiettato, insieme al Vangelo, nei giorni d’apertura della mostra). È un modo di esprimersi che, pur senza abbandonare mai la scrittura, continuerà a praticare fino all’ultimo. La ragione del passaggio al cinema sta in una domanda, che Pasolini spiega così: «Il cinema, riproducendola, fa una perfetta descrizione semiologica della realtà. Il sistema di segni del cinema è in pratica lo stesso sistema di segni della realtà. Quindi la realtà è un linguaggio! Ma se la realtà parla, chi è che parla e con chi parla?».

La domanda diventa ancora più densa davanti ad alcuni fra i quadri, in mostra, di pittori cari a Pasolini: Rosai, De Pisis, Guttuso, Mafai. È la linea dei “realisti”: i pittori della cosa, dell’oggetto, che accade e quasi prorompe nella tela. Guardandoli, lo stile del cinema di Pasolini diventa immediatamente più chiaro: è questa infatti la linea della sua ispirazione. Quando Elio Ciol, in una delle fotografie inedite riportate nella mostra, lo ritrae accanto a una riproduzione della Crocifissione di Masaccio, coglie proprio questo nesso profondissimo: lo sguardo di Pasolini ha la sua radice in un realismo rivoluzionario proprio perché tradizionale: potente, pieno di commozione e quasi di tenerezza.

Nel ’64, gira il Vangelo secondo Matteo: «Dal punto di vista religioso, per me, che ho sempre tentato di recuperare al mio laicismo i caratteri della religiosità, valgono due dati ingenuamente ontologici: l’umanità di Cristo è spinta da una tale forza interiore, da una tale irriducibile sete di sapere e di verificare il sapere, senza timore per nessuno scandalo e nessuna contraddizione, che per essa la metafora “divina” è ai limiti della metaforicità, fino a essere idealmente una realtà. Inoltre per me la bellezza è sempre una “bellezza” morale, ma questa bellezza giunge sempre a noi mediata: attraverso la poesia, o la filosofia, o la pratica. Il solo caso di “bellezza morale” non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l’ho sperimentata nel Vangelo».

C’è sempre, in Pasolini, questa ferita: un’implicazione personale con le cose, fino al midollo di sé; e un senso d’incompiuto che quasi lo perseguita: come una fame - una solitudine: «Manca sempre qualcosa, c’è un vuoto / in ogni mio intuire. Ed è volgare, / questo non essere completo, è volgare, / mai fu così volgare come in questa ansia, / questo «non avere Cristo» - una faccia / che sia strumento di un lavoro non tutto / perduto nel puro intuire in solitudine...». «Tutto è pronto per me», constata, «ma manca qualcosa» (Poesia in forma di rosa, 1964).

Negli anni Settanta, Pasolini avvia una collaborazione da editorialista per il Corriere della Sera. Inizia qui la sua nota battaglia di denuncia del nuovo “potere”. In cosa consiste questo nuovo potere? Lo riassume bene Massimo Borghesi nella video-intervista realizzata per la mostra: «Desacralizzazione. E uno dei sintomi di questa desacralizzazione è la scomparsa della felicità. Solitudine e infelicità». Eppure, si chiede, Pasolini, «non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione?». Sempre in quegli anni, polemizzava con Italo Calvino: «Che cos’è infatti che rende attuabili - in concreto, nei gesti, nell’esecuzione - le stragi politiche dopo che sono state concepite? Che cos’è che rende attuabili le atroci imprese di quel fenomeno imponente che è la nuova criminalità? È terribilmente ovvio: il considerare la vita degli altri un nulla e il proprio cuore nient’altro che un muscolo. Al contrario di Calvino, io dunque penso che non bisogna più avere paura di non screditare abbastanza il sacro o di avere un cuore» (Scritti corsari).

Il suo omicidio, le cui circostanze non sono ancora state del tutto chiarite, la notte del 2 novembre 1975, ha dato modo a tanti di inquadrare Pasolini come un autore “scomodo”, avversario dei “potenti”. Ma la radice del suo genio è più profonda. Come dice Giulio Sapelli nella bella video-intervista presente in mostra, la grandezza di Pasolini sta nell’essere «un uomo che ha sempre pensato alle cose senza mai pensare alle conseguenze. È questo che deve fare un intellettuale: non può vivere da cinico, dev’essere un uomo libero. Lui ha vissuto sempre da uomo libero».
Questa mostra è un tentativo di mettere lo sguardo dentro questa libertà. Una libertà che dà scandalo, e che ancora ci ferisce; la libertà di avere un cuore vivo, di una domanda di senso che coincide con il suo stesso essere umano: «C’è una grande Verità / ed è la sua ansia che non mi ha fatto dormire, / come un santo».


"Pasolini, il poeta che sfidò il nulla"
Mostra realizzata dal Centro Culturale di Milano con la collaborazione della Fondazione Ente Spettacolo.

Lactoferrina: una risposta al Covid?

 Lactoferrina: una risposta al Covid?

Il Covid va combattuto con tutte le armi possibili, perché sarà un virus sempre presente nella popolazione. La sua presenza però non ci deve far perdere la consapevolezza che è “solo un virus” come molti altri, con una bassa incidenza di patogenicità.

Ciò però non deve far pensare che non dia problematiche. Anzi, quando esprime la sua aggressività (nei soggetti con pluripatologie), determina molti complessi sintomi che se non controllati possono portare a gravità estreme. Ma questo solo in una minima percentuale. Non sappiamo quale sia questa percentuale ed è per questo che saper usare più strategie per combatterlo è molto importante. Fra le varie sostanze naturali abbiamo conosciuto la Polidatina, l’idrossiclorochina ed ora probabilmente anche la lactoferrina.

La lactoferrina è una molecola naturale che attraverso il latte materno arriva al nascituro. La sua principale funzione è di colonizzare le mucose nel bambino così da renderlo più protetto. La Lactoferrina è la principale difesa per le infezioni batteriche e virali nei bambini perché è in grado di stimolare in questi una risposta innata. Questo dato è conosciuto da molto tempo ed è uno dei motivi per cui si cerca di far allattare al seno per più tempo possibile. I maggiori studiosi di questa molecola sono da sempre i colleghi giapponesi, perché hanno notato che questa molecola difende e protegge la mucosa dell’intestino dagli insulti infiammatori e da modificazioni di carattere displastico-neoplastico.

Fra le azioni principali però abbiamo anche quella antibatterica, ed in particolare contro l’Helicobacter Pylori. Questo batterio flagellato è causa di infezioni gastriche molto aggressive che possono portare a gastriti erosive, ulcere gastriche finanche a neoplasia gastrica. Non ultima la azione antivirale con protezione del fegato per le epatiti e delle vie respiratorie per le mucositi da virus respiratori.

E’ chiaro quindi che lo studio che hanno svolto i colleghi di Tor Vergata e della Sapienza, che hanno evidenziato come la lactoferrina possa essere una possibile risposta al Covid, rientra nel novero della grande plasticità di questa molecola naturale che oltre ad essere una proteina con caratteristiche nutritive, ha anche la capacità di promuovere molteplici azioni difensive nel bambino indifeso.

La Lactoferrina

La lactoferrina è presente in varie secrezioni mucose, come lacrime e saliva. E’ un antiossidante potente che ha anche delle proprietà immunostimolanti, antivirali e antimicrobiche rimarchevoli e incomparabili. Nelle persone sane, la lactoferrina è concentrata a livello degli orifici corporei (bocca, naso, occhi) che protegge dalle infezioni.

Più abbondante nel colostro rispetto al latte di transizione e di mantenimento, la lactoferrina è inoltre tipica dei granulociti neutrofili, cellule immunitarie con funzioni di difesa da infezioni batteriche e fungine.

Le proprietà antimicrobiche della lactoferrina sono principalmente dovute alla capacità di legare il ferro, mezzo essenziale per riprodursi e crescere: in presenza di lactoferrina, il ferro viene sottratto al metabolismo di quelle specie batteriche- come l’Escherichia coli – che dipendono da esso per la propria moltiplicazione e adesione alla mucosa intestinale (effetto batteriostatico) ha inoltre un’azione antibatterica diretta (battericida), grazie alla capacità di ledere gli strati più esterni della membrana cellulare (LPS) di alcune specie batteriche GRAM negative.

L’effetto antivirale della lactoferrina è in relazione alla sua capacità di legarsi ai glicosamminoglicani della membrana plasmatica, prevenendo l’ingresso del virus, bloccando la replicazione e l’infezione sul nascere; tale meccanismo è apparso efficace contro l’Herpes Simplex, i citomegalovirus, e l’HIV. Importante attività è che sezioni speciali di molecole lactoferrina sono essi stessi direttamente tossici per i batteri, lieviti e muffe.

Legandosi al ferro privandolo anche del mezzo essenziale per riprodursi e crescere: in presenza di lactoferina, i batteri patogeni sono fortemente inibiti anzi eliminati.

Ha delle proprietà antibatteriche dirette (su Escherichia coli, la salmonella, lo stafilococco aureo), antifungine (su Candida albicans) e anche antivirali, perché stimola naturalmente la crescita dei bifidobatteri, delle cellule morte naturalmente (natural killer cells) e l’attività dei neutrofili. Questa tripla azione della lattoferina fa di questo composto rimarchevole una parte essenziale di tutto il programma di sostegno immunitario.

Stimola la crescita della « buona » flora intestinale;

ha una attività antiossidante diretta;

partecipa al controllo dei danni cellulari associati all’invecchiamento.

Si trova soprattutto nei prodotti delle ghiandole esocrine situate nei sistemi digerente, respiratorio e riproduttivo, suggerendo un ruolo nel settore non-specifico di difesa contro agenti patogeni invasori. Inoltre, diversi ruoli fisiologici sono stati attribuiti a LF, vale a dire regolazione dell’omeostasi del ferro, della difesa dell’ospite contro infezioni e infiammazioni, regolazione della crescita cellulare e la differenziazione e la protezione contro lo sviluppo del cancro e delle metastasi.

Questi risultati hanno suggerito la LF come grande potenziale uso terapeutico nella prevenzione delle malattie di cancro e / o trattamento, vale a dire come agente chemiopreventivo.  Questa analisi riguarda i recenti progressi nella comprensione dei meccanismi alla base del ruolo multifunzionale della LF e le prospettive future sulle sue potenziali applicazioni terapeutiche.

Citochine, risposte coordinate

La lactoferrina è una sostanza appartenente ad una famiglia di sostanze chiamate citochine.

Le citochine sono responsabili del coordinamento della risposta immunitaria cellulare umana che ci protegge dalla maggior parte delle infezioni ed anche dai tumori. La lactoferrina coordina la risposta immunitaria cellulare umana coinvolta in diverse funzioni immunoregolatrici, associate a risposte contro agenti infettivi e infiammatori quale la sintesi in vitro degli anticorpi, la produzione di citochine, i fenomeni di citotossicità degli NK, l’attivazione del complemento e la proliferazione dei linfociti.

Una riduzione di produzione di citochine può portare ad un deficit di sistema immunitario e un eccesso di citochine è in grado di creare un eccesso di risposta immunitaria attiva. La lactoferrina opera una regolazione della risposta immunitaria cellulare a vari livelli. Negli individui sani la lactoferrina è un front-line sistema difensivo che protegge le nostre aperture del corpo, come gli occhi, bocca, naso e di altri orifizi da invasione infettive.

Un secondo aspetto della lactoferrina è la sua capacità unica di legarsi al ferro, un minerale essenziale utilizzato da una vasta gamma di agenti patogeni e tumori per la riproduzione e la crescita.

La lactoferrina può legarsi con il ferro e renderlo indisponibile per i batteri o per le cellule cancerose, provocando una situazione di malnutrizione e la fame in modo efficace sia per i batteri che in nei tumori.

Up-regolazione immunitaria funzione

Più di recente un articolo ha mostrato un caso in cui la lactoferrina è stata utilizzata nel trattamento del mesotelioma, un tipo di cancro al polmone associato con l’amianto. L’articolo riportava che il paziente aveva assunto semplicemente lactoferrina, vitamina C ed altri integratori riportando non solo benefici ma sensibile miglioramento della patologia, soprattutto quando era aggiunto lattoferrina al programma.

Il risultato finale è stato un recupero abbastanza completo da un tipo di cancro che è estremamente virulenta. In linea di massima la lactoferrina è una componente molto ragionevole e importante della immunoterapia.

Individui malati di cancro sono quasi uniformemente immunodepressi e, purtroppo, la terapia convenzionale del cancro non tende a prestare molta attenzione al miglioramento della funzione immunitaria. In realtà, le terapie del cancro più tradizionali danno immunosoppressione a loro volta.

L’importanza della lactoferrina e altre sostanze come up-regolazione della risposta immunitaria in questa malattia molto pericolosa non è comunemente valutata.

Una delle cose che dovrebbe essere fatta è quella di combinare la terapia convenzionale con immunomodulatori e supplementi nutrizionali. Organizzando un programma completo attorno a ciascun individuo con specifiche esigenze, su misura per la loro malattia e il tipo di terapia convenzionale, abbiamo ottenuto risultati che sono stati valutati molto incoraggianti.

Lactoferrina e prevenzione

Nel campo della prevenzione la lactoferrina sta riscuotendo notevoli successi. Un esempio è stato lo studio effettuato in Giappone dalla Divisione di Patologia Sperimentale del National Cancer Center Research Institute di Tokio

In questi studi sperimentali, la lactoferrina bovina (BLF), è stata trovata capace di inibire significativamente i tumori del colon, dell’esofago, del polmone, della vescica e la cancerogenesi nei ratti, quando somministrata per via orale. Inoltre, la somministrazione concomitante con agenti cancerogeni ha provocato una inibizione della carcinogenesi del colon, forse dalla soppressione della fase I enzimi, come il citocromo P450 1A2 (CYP1A2), che è preferenzialmente indotta da sostanze cancerogene amine eterocicliche.

Ha la capacità di potenziamento delle attività dei loro omologhi di fase II, come il glutatione S-transferasi, e potrebbe avere svolto un ruolo critico nella fase di post-soppressione in uno studio di carcinogenesi della lingua.

Effetti anti-metastatici sono stati inoltre rilevati quando BLF è stata data oralmente ai topi recanti carcinoma del colon altamente metastatico, con evidente influenza miglioramento in materia di immunità locale e sistemica.

E’ stato trovato notevole aumento del numero di T citotossici e delle cellule NK a livello della mucosa del piccolo intestino e le cellule del sangue periferico, questo a sua volta, ha fatto aumentare la produzione di interleuchina 18 (IL-18) e caspasi-1 nelle cellule epiteliali della l’intestino tenue, con possibile conseguente induzione di interferone (IFN)-gamma cellule positive. Inoltre, BLF si è mostrata capace di esercitare azione anti-virus dell’epatite C (HCV) in uno studio preliminare di clinica in pazienti con epatite cronica attiva, dato che questo virus, è il principale fattore causale nello sviluppo del carcinoma epatocellulare nei giapponesi.

Più ampi studi clinici sono attualmente in corso nella National Cancer Center Hospital e di altri istituti di esplorare ulteriormente il potenziale di prevenzione contro la carcinogenesi del colon.

In questo studio viene mostrato l’efficacia della lactoferrina umana ricombinante (rhLF) orale in modelli di tumori multipli sia in mono e terapia di combinazione.  In primo luogo è stato dimostrato che dosi farmacologiche di rhLF orale aumentano la IL-18 nell’intestino (775%, P <0,0001) e nel siero (132%, P = 0.0007). La IL-18, una citochina immunostimolante Th1 è nota per migliorare la citotossicità cellulo-mediata immunitario e inibire l’angiogenesi. RhLF orale (1000 mg / kg bid x 8 giorni) ha inibito la crescita tumorale 80%, superiore alla inibizione intratumorale segnalata in precedenza.

Sia come monoterapia che in combinazione con cisplatino (5 mg / kg), una terapia standard per il tumore del polmone, RhLF ha dato un miglioramento dose-dipendente dell’attività cisplatino (400 mg / kg) inibendo la crescita tumorale del 90% rispetto al placebo e 83% rispetto al solo cisplatino (P <0,05).

Diversi regimi di associazione diverse sono stati sottoposti a test per valutare i programmi di trattamento alternativo per la sperimentazione clinica. (table) RhLF mostra la promessa come un sicuro e ben tollerato antagonista del cancro. Orale rhLF è attualmente in studi clinici con la chemioterapia in tumori solidi resistenti alla singola terapia. Gli studi clinici di rhLF in combinazione con la chemioterapia nel NSCLC e pazienti affetti da cancro del colon sono in fase avanzata di studio.

Questa analisi riguarda i recenti progressi nella comprensione dei meccanismi alla base del ruolo multifunzionale della LF e le prospettive future sulle sue potenziali applicazioni terapeutiche.

La lactoferrina, una proteina multifunzionale che rappresenta la nuova frontiera nella stimolazione del sistema immunitario contro cancro, infezioni, asma e allergie.