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lunedì 30 novembre 2020

La libertà

 Le condizioni della libertà


"Non basta avere di che vivere per poter essere se stessi. Per poter

essere qualcuno nel quale si rivelano la dignità e la libertà, bisogna

avere di che morire. Avendo di che morire, l’uomo sa per che cosa

egli vive. Solo allora sa che la sua vita ha senso, poiché sa che cosa

sia colui che egli deve essere domani. La dimenticanza della

Trascendenza che traccia all’uomo la via verso il Futuro e lo chiama

a camminare verso di esso, come si cammina verso la famigliare casa abbandonata, lo rende un senzatetto e lo fa andare ramingo per luoghi impervi in dipendenza da cose fuggevoli, con le quali non vale la pena identificarsi. È solo la Trascendenza a donare se stessa all’uomo. Essa vuole essere suo Futuro. Chiamandolo a se stessa, gli traccia la strada verso la libertà da tutto ciò che passa. Vietandogli invece di inginocchiarsi davanti ai “vitelli d’oro”, persino davanti a quelli costruiti dai suoi sacerdoti insieme con il popolo alla cui debolezza essi danno via libera, la Trascendenza difende sia i sacerdoti stessi sia il popolo contro il trasformarsi in una massa

informe d’individui alienati dal tempo oppure, come dicono oggi,

dalla storia".


(Stanislaw Grygiel, La libertà, 15 dicembre 2017)

L'Avvento e l'attrattiva Gesù

 

20 dicembre 2016

L'Avvento e l'attrattiva Gesù

In questo ultimo scorcio di Avvento che ci separa dal prossimo Natale, pubblichiamo, come suggerimento di preghiera, una meditazione tenuta da don Giacomo Tantardini nell’Avvento del 1999 in occasione di un ritiro spirituale dei Memores Domini, associazione di laici consacrati al Signore.

È accaduto qualcosa duemila anni fa. Qualcosa per cui siamo qui questa sera, per cui la genialità di Mozart si é espressa nel “Dies irae”.

Qualcosa di nuovo; anzi, l’unica cosa nuova, veramente nuova, accaduta nel mondo.

C’è un nome che ci è diventato familiare, soprattutto in questi mesi. C’è un nome che descrive il cuore di quello che è accaduto. Questo nome è attrattiva: l’attrattiva Gesù.

Da allora, da duemila anni, è possibile che questa attrattiva incontri il cuore dell’uomo. Ha incontrato il cuore di tanti uomini; innanzitutto il cuore di sua madre, e l’ha riempito di stupore.

A me, da quando ho intuito questa cosa, colpisce sempre il dogma della verginità della Madonna durante il parto, che vuol dire che quel parto è stato pieno di stupore. A differenza di ogni nascita di uomo, che è segnata dal dolore, quel parto è stato pieno di stupore.

Da allora, questa attrattiva ha incontrato sua madre, ha incontrato Giuseppe, ha incontrato Giovanni e Andrea e ha incontrato anche noi, tant’è vero che siamo qui.

Questo qualcosa che è accadutoo questa attrattiva, per usare il nome che Giussani ha dato al suo libro… A me ha stupito proprio quando, prima che uscisse il libro, una volta Giussani mi dice: «Mi hanno proposto di intitolare il libro “L’attaccamento a Cristo”ma io ho proposto “L’attrattiva Gesù”». Mi ricordo che ci siamo guardati come riconoscendo la stessa cosa… È qualcosa che viene primaprima di come siamo adesso. Prima di come sei e prima di quello che senti.

È qualcosa che viene prima, così che ha potuto incontrare il cuore di Zaccheo che, come dice Giussani definendo quell’uomo, era un ateo accanito e cinico. Se fosse dipeso da lui, non l’avrebbe incontrato.

Invece quell’attrattiva che viene prima ha potuto incontrare il cuore di quest’uomo. Da parte sua c’era solo una semplice curiosità umana. E questa attrattiva, che viene prima, ha incontrato e abbracciato il cuore del pubblicano che non osava neppure alzare gli occhi per i peccati che aveva compiuto.

Non solo viene prima, ma non dipende anzitutto da me e non dipende anzitutto da te… non dipende da come si è qui questa sera, da come sono qui questa sera… non dipende anzitutto da questo.

Ciascuno di noi può essere qui magari con la ribellione nel cuore; può essere qui con una distrazione di giorni, di settimane, di mesi; può essere qui magari con una maschera sul cuore, quella maschera che è inevitabile quando uno parte da sé (quando uno parte da sé è inevitabile che, a un certo punto, il cuore sia come coperto da una maschera).

Ma, proprio perché non dipende anzitutto da me e da te, è possibile per me e per te. È possibile che questa attrattiva ora, adesso, rinasca per me e per te; risorga per me e per te. Adesso sorprenda come la prima volta; anzi, più che la prima volta. Adesso, in questi giorni, in questo Avvento è possibile che sorprenda il mio cuore, sorprenda il tuo cuore. Proprio perché non dipende anzitutto da me e da te, è possibile per tutti. È possibile adesso.

A me ha colpito prima Carlo che mi riferiva che, avendo chiesto a Giussani qualcosa per questi giorni di ritiro, Giussani, rispondendo di accennare qualcosa sull’Avvento, ha usato la parola penitenza.

Io credo che penitenza è riconoscere, è accettare quello che siamo: niente e peccatori.

Non dipende anzitutto da te ed è possibile per te. In fondo, l’unica cosa che uno può fare è semplicissima: è riconoscere e accettare quello che siamo. Questa, in fondo, è la penitenza: l’umiltà. Siamo niente (niente!): niente come creature. E non solo niente, ma un niente che tante volte ha dimenticato di essere niente e che tante volte, con cattiveria, ha voluto costruire lui.

Quindi siamo niente e siamo peccatori. Così la penitenza trasforma questo possibile scandalo (che siamo niente e che siamo peccatori, che ci accorgiamo di essere [niente e peccatori ndr.]). A me ha colpito proprio l’immagine che Giussani dà di Zaccheo: ateo accanito e cinico, trasforma questa possibilità di scandalo in possibilità di letizia.

Questa attrattiva si compiaceha pietà del nostro niente e del nostro essere peccatori. Si compiace di abbracciare il nostro niente e il nostro essere peccatori. Si riposa, come dice la finale del libro di sant’Ambrogio tante volte ricordata da Giussani.

Si riposa: «Ho letto che Dio ha creato il cielo e non si è riposato, ho letto che Dio ha creato le stelle, la terra, e non si è riposato. Ha creato l’uomo e si è riposato. Invenit cui peccata dimittere/ finalmente aveva trovato uno a cui poteva perdonare i peccati».

Quindi invece di possibilità di scandalo, diventa possibilità di letizia; e così, nell’orizzonte di questa letizia, questo essere niente e questo essere peccatore si esprime nell’unica cosa, proprio l’unica, che semplifica tutto.

Quando ci si accorge che è l’unica cosa possibile, semplifica tutto, perché è il cuore delle altre cose di cui si parla, di cui si tratta; è il cuore di ogni altra cosa: è possibile la povertà del desiderio, che è domanda o attesa.

E l’attesa non è uguale a niente. Ricordate quell’immagine bellissima di Giussani quando, in quella stazione vicino ad Assisi, arrivava, se non sbaglio, al mattino presto e doveva aspettare due ore per poi andare ad Assisi, alla Cittadella cristiana di Assisi. E guardava tutte quelle persone che erano lì e che non facevano niente. Invece non è che non facessero niente: aspettavano, aspettavano il treno.

L’attesa, l’aspettare, il desiderare, il domandare. C’è una distanza infinita tra il niente e questa povertà che è il desiderio, che è l’attesa, che è l’aspettativa buona del cuore.

L’Avvento è il tempo in cui questa terra arida che noi siamo, questo deserto che noi siamo, stende la mano, desidera, attende, aspetta. E più è potente la memoria dell’attrattiva, proprio l’esperienza storica dell’attrattiva, e più è semplice, più è povero questo desiderioquesta attesa, questa aspettativa.

Più è potente la memoria, più è potente il “già” di attrattiva sperimentato e più, paradossalmente, è vuota la mano che domanda. Così vuota che il modo più semplice per domandare è fare una cosa che non facciamo noi, cioè ricevere i sacramenti.

Il modo più semplice per domandare è il puro aderire al gesto di un altro, letteralmente di un altro, assolutamente di un Altro. E i sacramenti sono gesti di Cristo. Così che la modalità più reale per vivere questa attesa che è l’Avvento è proprio la partecipazione ai sacramenti: dalla novità della confessione (ricordate Miguel Manara…), alla comunione nell’eucarestia.

Facendo quest’unica cosa (cioè desiderando, domandando, tendendo la mano vuota), affrettiamoCome diceva la lettura del breviario di oggi, la seconda lettera di san Pietro: «Attendendo, affrettate il giorno del Signore».

L’unica possibilità che l’uomo ha di affrettare, è questa attesa. Ma questo, analogicamente, è evidente anche nel rapporto tra i genitori e i bambini: l’unica modalità che hanno di affrettare l’essere voluti bene sono gli occhi che lo desiderano.

E così anche il fatto dei novizi che sono qui con noi questa sera, ma che faranno la professione quando ci sarà don Giussani, la loro presenza aiuta, aiuta l’umiltà di questa attesa; aiuta questa penitenza (perché è bello questo nome: potrebbe essere scandalo, invece è letizia). Aiuta questa possibilità di domanda che affretta, che affretta un’esperienza sempre più rinnovata, sempre più grande, di quell’attrattiva che si chiama Gesù.

Adesso, prima della Messa, cantiamo il Veni Sancte Spiritus. Lo Spirito Santo è un altro nome per dire il nome che Giussani ha messo al libro. L’attrattiva identifica proprio questo: lo Spirito Santo è l’attrattiva Gesù.

L’attrattiva Gesù, proprio teologicamente, è un altro modo per indicare quella Presenza che, nel mistero  della Trinità, la Chiesa chiama Spirito Santo.

domenica 29 novembre 2020

La notte santa

 LA NOTTE SANTA


di Guido Gozzano


- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Il campanile scocca
lentamente le sei.

- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

Il campanile scocca
lentamente le sette.

- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.

Il campanile scocca
lentamente le otto.

- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.

Il campanile scocca
lentamente le nove.

- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...

Il campanile scocca
lentamente le dieci.

- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.

Il campanile scocca
le undici lentamente.

La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?
- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...

Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.

È nato!
Alleluja! Alleluja!

È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d'un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje
suonate; squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!

Non sete, non molli tappeti,
ma, come nei libri hanno detto
da quattro mill'anni i Profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill'anni s'attese
quest'ora su tutte le ore.
È nato! È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d'un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.


È nato!

Alleluja! Alleluja! 

Nemesi

 Guido Gozzano - La via del rifugio (1907)

Il giuramentoUn rimorso

 
Tempo che i sogni umani
volgi sulla tua strada:
la chioma che dirada,
le case dei Titani,
4

o tu che tutte fai
vane le nostre tempre:
e vano dire sempre
e vano dire ’mai,8

se dunque eternamente
tu fai lo stesso gioco
tu sei una ben poco
persona intelligente!
12

Cangiare i monti in piani
cangiare i piani in monti,
deviare dalle fonti
antiche i fiumi immani,
16

cangiar la terra in mare
e il mare in continente:
gran cosa non mi pare
per te, onnipossente!
20

Giocare con le cellule
al gioco dei cadaveri:
i rospi e le libellule
le rose ed i papaveri
24

rifare a tuo capriccio:
poi cucinare a strati
i tuoi pasticci andati
e il nuovo tuo pasticcio:
28

ma, scusa, ci vuol poca
intelligenza! Basta -
di’ non ti pare? - basta
il genio d’una cuoca.
32

Bada che non ti parlo
per acrimonia mia:
da tempo ho ucciso il tarlo
della malinconia.
36

Inganno la tristezza
con qualche bella favola.
Il saggio ride. Apprezza
le gioie della tavola
40

e i libri dei poeti.
La favola divina
m’è come ai nervi inqueti
un getto di morfina,
44

ma il canto più divino
sarebbe un sogno vano
senza un torace sano
e un ottimo intestino.
48

Amo le donne un poco -
o bei labbri vermigli! -
Tempo, ma so il tuo gioco:
non ti farò dei figli.
52

Ah! Se noi tutti fossimo
(Tempo, ma c’è chi crede
di darti ancora prede!)
d’intesa, o amato prossimo,
56

a non far bimbi (i dardi
d’amor... fasciare e i tirsi
di gioia; - premunirsi
coi debiti riguardi),
60

certo - se un dio ci dòmini -
n’avrebbe un po’ dispetto;
gli uomini l’han detto:
ma "chi" sono gli uomini?
64

Chi sono? È tanto strano
fra tante cose strambe
un coso con due gambe
detto guidogozzano!
68

Bada che non ti parlo
per acrimonia mia:
da tempo ho ucciso il tarlo
della malinconia.
72

Socchiudo gli occhi, estranio
ai casi della vita:
sento fra le mie dita
la forma del mio cranio.
76

Rido nell’abbandono:
o Cielo o Terra o Mare,
comincio a dubitare
se sono o se non sono!
80

Ma ben verrà la cosa
"vera" chiamata Morte:
che giova ansimar forte
per l’erta faticosa?
84

Né voglio più, né posso.
Più scaltro degli scaltri
dal margine d’un fosso
guardo passare gli altri.
88

E mi fan pena tutti,
contenti e non contenti,
tutti pur che viventi,
in carnevali e in lutti.
92

Tempo, non entusiasma
saper che tutto ha il dopo:
o buffo senza scopo
malnato protoplasma!
96

E non l’Uomo Sapiente,
solo, ma se parlassero
la pietra, l’erba, il passero,
sarebbero pel Niente.
100

Tempo, se dalla guerra
restassi e dall’evolvere
in Acqua, Fuoco, Polvere
questa misera Terra?
104

E invece, o Vecchio pazzo,
dà fine ai giochi strani!
Sul ciel senza domani
farem l’ultimo razzo.
108

Sprofonderebbe in cenere
il povero glomerulo
dove tronfieggia il querulo
sciame dell’Uman Genere.
112

Cesserebbe la trista
vicenda della vita e in sogno.
Certo. Ma che bisogno
c’è mai che il mondo esista?


Il tempo

 Noi non viviamo mai nel presente. Anticipiamo il futuro, troppo lento ad arrivare, come per affrettarne il corso, o ricordiamo il passato, troppo rapido nel passare, come per fermarlo. Vaghiamo, imprudenti, in tempi che non ci appartengono e non pensiamo affatto al solo che ci appartiene; vanamente preoccupati di quelli che non sono che un nulla, senza riflettere fuggiamo l’unico tempo che abbia realtà. E’ che il presente per lo più ci ferisce. Lo nascondiamo alla nostra vista perché ci fa star male e se è piacevole è allora spiacevole vederlo passare. Tentiamo di farlo durare verso il futuro e ci preoccupiamo di predisporre cose che non sono affatto sotto il nostro controllo perché sono in un tempo – il futuro – che non siamo affatto sicuri di riuscire a vivere.


— Blaise Pascal


La droga un surrogato di cultura

 La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. Viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. Per amare la cultura occorre una forte vitalità. Perché la cultura – in senso specifico o, meglio, classista – è un possesso: e niente necessita di una più accanita e matta energia che il desiderio di possesso. […] Anche a un livello più alto si verifica qualcosa di simile […] ma stavolta si tratta non semplicemente di un vuoto di cultura, bensì di un vuoto di necessità e di immaginazione. La droga in tal caso serve a sostituire la grazia con la disperazione, lo stile con la maniera.


Pier Paolo Pasolini

Dr.ssa Silvana De Mari Covid

 L'INTERVISTA

De Mari: «Sul Covid hanno sbagliato tutto, ecco come si può curarlo davvero»

La dottoressa Silvana De Mari, medico chirurgo, psicologa e scrittrice, spiega al DiariodelWeb.it tutti gli errori commessi nella gestione politica e sanitaria del virus

De Mari: «Sul Covid hanno sbagliato tutto, ecco come si può curarlo davvero»
De Mari: «Sul Covid hanno sbagliato tutto, ecco come si può curarlo davvero» ANGELO CARCONI ANSA

Un fiasco totale. Nel contrasto alla pandemia di Covid-19, le autorità politiche e sanitarie hanno sbagliato su tutta la linea: dalla somministrazione di farmaci sbagliati all'utilizzo di misure restrittive che non hanno avuto altri effetti se non quello di sopprimere i sistemi immunitari delle persone. Il DiariodelWeb.it ha chiesto alla dottoressa Silvana De Mari, medico chirurgo, psicologa e scrittrice, che ha ripercorso ai nostri microfoni tutte le decisioni prese dai primi mesi della diffusione dei contagi, evidenziando le falle più macroscopiche.


Dottoressa Silvana De Mari, lei è stata piuttosto critica con tutta la gestione del coronavirus.

È stato tutto talmente delirante e sbagliato, che a volte faccio fatica a credere alla buona fede.

Partiamo dall'inizio.

Che in Cina fosse in circolazione il Sars-Cov2 lo sapevamo, e chiunque avrebbe dovuto capire che prima o poi sarebbe arrivato da noi. Nel 2003 arrivò la prima Sars, anch'essa proveniente da Wuhan: tanto da far ritenere verosimile, benché non certa, l'idea che si tratti di virus ingegnerizzati. Ma quella la sconfiggemmo.

In che modo?
Con l'idrossiclorochina. Un vecchio farmaco a bassissimo costo, sei euro a scatola, che serve come antimalarico.

Invece stavolta cosa è accaduto?
Il 31 gennaio viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la dichiarazione dello stato di emergenza. Dopodiché il 2 febbraio Burioni, che non è un virologo ma sta sempre in televisione, dichiara il falso, ovvero che il virus non sta circolando in Italia. Il ministro Speranza sperpera denaro pubblico per realizzare uno spot televisivo in cui si dichiara il falso, ovvero che il Covid-19 è poco contagioso. Il presidente Conte, in televisione, dichiara il falso: «Siamo pronti all'arrivo di questa epidemia». E dire che, a marzo, mi telefonavano disperate le caposala che avevano reparti pieni di infettivi e neanche un flacone di Amuchina.

Ma che cos'è veramente il Covid-19?
Un Covid, quindi un'influenza. Che può essere una malattia terribilmente pericolosa: tutti gli anni perdiamo dai 20 ai 30 mila pazienti. Se curata correttamente, è solo un po' più carogna dell'influenza stagionale. Altrimenti può diventare devastante. Dipende da come la si cura. Anche contro il diabete funziona meglio l'insulina dello zucchero.

E da quando è in circolo?
Almeno da novembre 2019, e nessuno se n'era accorto. Tutti i miei amici medici di famiglia mi hanno confermato che quest'anno hanno visto più polmoniti atipiche e interstiziali degli anni scorsi. E le hanno curate come sempre: con un antibiotico di copertura, con il cortisone, e con gli antinfiammatori, non con la tachipirina. Poi, il 22 febbraio arriva un'ordinanza dal ministero della Salute, lo stesso che aveva realizzato lo spot venti giorni prima, dicendo che dalla Cina è arrivato un virus mortale per il quale non c'è cura. Questo ha terrorizzato tutti.

È una malattia mortale?
La maggioranza dei decessi è al di sopra degli 80 anni e con patologie pregresse. Al di sotto dei 70 anni ha una mortalità dello 0,05%, secondo l’Oms. Il 90% delle persone non si ammala nemmeno, il 90% delle persone che si ammalano guarisce. Se curata bene, con le medicine giuste, ha un basso tasso di letalità. Quando dicono che abbiamo le rianimazioni piene, rispondo che vorrei vedere le cartelle cliniche. Se, prima di finire in terapia intensiva, i pazienti sono stati curati dal loro medico della mutua solo con la tachipirina per giorni.

Dunque, siamo passati dalla sottovalutazione iniziale all'allarmismo.
Lo schema si è ripetuto in quasi tutti i Paesi. I pazienti, terrorizzati, vanno tutti in ospedale. Il protocollo era quello di isolare i malati e di dare loro solo la tachipirina. Nessuno gli ha dato antinfiammatori, quando il Covid uccide mediante infiammazione. Quando l'infiammazione arriva all'interno dei vasi, fa coagulare il sangue e i polmoni si irrigidiscono. Se, a quel punto, qualcuno intuba il paziente, fa la catastrofe. Questo abbiamo impiegato un tempo folle a scoprirlo, perché il ministero della Salute italiano, come molti altri in giro per il mondo, ha vietato le autopsie. Ma come? La medicina è basata sulle autopsie.

Però non tutti i medici, fortunatamente, si sono adeguati.
Alcuni valorosi hanno scoperto che bisognava dare antinfiammatori, cortisone ed eparina. Alcuni, ricordando la prima Sars, hanno usato l'idrossiclorochina, ottenendo risultati spettacolari. Tra questi, soprattutto, i dottori Zangrillo e Cavanna. Che però hanno sottolineato come l'idrossiclorochina ha due grossi difetti: primo, costa poco; secondo, ne ha parlato bene Trump.

È solo per questi motivi che non si usa l'idrossiclorochina?
No. Il giornale medico inglese The Lancet, lo stesso che nel 2003 aveva scritto che l'idrossiclorochina funziona benissimo contro i virus Covid, pubblica un folle lavoro scientifico di quattro tizi, mai sentiti nominare da nessuno, i quali dichiarano di avere esaminato 84 mila cartelle, in un ospedale australiano che ha risposto di non averli mai visti, dichiarando l'idrossiclorochina pericolosa. In seguito a questo singolo lavoro questo farmaco viene proibito dall'Oms. I medici di tutto il mondo protestano con The Lancet e l'articolo viene ritirato: un fatto senza precedenti. Allora l'Oms lo sblocca, ma in Italia l'uso dell'idrossiclorochina resta proibito per il Covid. Se un medico lo vuole usare, e io lo sto facendo, deve farlo a suo rischio e pericolo.

Intanto, però, la nazione è stata paralizzata.
Nessuno di questi esperti dei comitati tecnico-scientifici ha detto agli italiani una cosa elementare: per non ammalarsi serve un sistema immunitario forte. Come si fa a sostenere il sistema immunitario? Vitamina D, vitamina A, vitamina C, un po' di Omega 3, zinco e selenio. E, soprattutto, stare all'aria aperta per almeno due ore. Invece la gente è stata chiusa in casa. Mi pare che sia stato fatto tutto il possibile per far ammalare più persone possibili. Stanno assassinando un Paese. La vendita di antidepressivi e ansiolitici è salita alle stelle, i malati psichiatrici sono scompensati per sempre, i bambini hanno disturbi fobici che non riusciremo a curare mai, l'economia è distrutta. Per una malattia che si cura con un farmaco che costa 6 euro. Ma anche con altri farmaci.

Quali?
Il plasma iperimmune. Oppure la lactoferrina: a Tor Vergata hanno scoperto che grazie ad essa i bambini non si ammalano di Covid. O ancora lo spray Endovir Stop, frutto di una spettacolare ricerca italiana, che non solo ha effetto preventivo, ma addirittura nelle fasi iniziali permette una rapidissima negativizzazione del tampone, senza che si sviluppino sintomi. E la lactoferrina e l'Endovir Stop non sono nemmeno farmaci, ma semplici integratori che si possono ìsenza bisogno di ricetta. Ma sono difficilissimi da trovare e vengono continuamente attaccati e demonizzati