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giovedì 25 aprile 2024

Storia della Chiesa in Sardegna

 Cari amici di Cagliari e della Sardegna, anche il vostro popolo, grazie alla fede in Cristo e mediante la spirituale maternità di Maria e della Chiesa, è stato chiamato ad inserirsi nella spirituale “genealogia” del Vangelo. In Sardegna il cristianesimo è arrivato non con le spade dei conquistatori o per imposizione straniera, ma è germogliato dal sangue dei martiri che qui hanno donato la loro vita come atto di amore verso Dio e verso gli uomini. È nelle vostre miniere che risuonò per la prima volta la Buona Novella portata dal Papa Ponziano e dal presbitero Ippolito e da tanti fratelli condannati ad metalla per la loro fede in Cristo. Così anche Saturnino, Gavino, Proto e Gianuario, Simplicio, Lussorio, Efisio, Antioco sono stati testimoni della totale dedizione a Cristo come vero Dio e Signore. La testimonianza del martirio conquistò un animo fiero come quello dei Sardi, istintivamente refrattario a tutto ciò che veniva dal mare. Dall’esempio dei martiri prese vigore il vescovo Lucifero di Cagliari, che difese l’ortodossia contro l’arianesimo e si oppose, insieme ad Eusebio di Vercelli, anch’egli cagliaritano, alla condanna di Atanasio nel Concilio di Milano del 335, e per questo ambedue, Lucifero ed Eusebio, vennero condannati all’esilio, un esilio molto duro. La Sardegna non è mai stata terra di eresie; il suo popolo ha sempre manifestato filiale fedeltà a Cristo e alla Sede di Pietro. Sì, cari amici, nel susseguirsi delle invasioni e delle dominazioni, la fede in Cristo è rimasta nell’anima delle vostre popolazioni come elemento costitutivo della vostra stessa identità sarda. 


Dopo i martiri, nel V secolo, arrivarono dall’Africa romana numerosi Vescovi che, non avendo aderito all’eresia ariana, dovettero subire l’esilio. Venendo nell’isola, essi portarono con sé la ricchezza della loro fede. Furono oltre cento Vescovi che, sotto la guida di Fulgenzio di Ruspe, fondarono monasteri e intensificarono l’evangelizzazione. Insieme alle reliquie gloriose di Agostino, portarono la ricchezza della loro tradizione liturgica e spirituale, di cui voi conservate ancora le tracce. Così la fede si è sempre più radicata nel cuore dei fedeli fino a diventare cultura e produrre frutti di santità. Ignazio da Láconi, Nicola da Gésturi sono i santi in cui la Sardegna si riconosce. La martire Antonia Mesina, la contemplativa Gabriella Sagheddu e la suora della carità Giuseppina Nicóli sono l’espressione di una gioventù capace di perseguire grandi ideali. Questa fede semplice e coraggiosa, continua a vivere nelle vostre comunità, nelle vostre famiglie, dove si respira il profumo evangelico delle virtù proprie della vostra terra: la fedeltà, la dignità, la riservatezza, la sobrietà, il senso del dovere.


E poi, ovviamente, l’amore per la Madonna. Siamo infatti qui, oggi, a commemorare un grande atto di fede, che i vostri padri compirono affidando la propria vita alla Madre di Cristo, quando la scelsero come Patrona massima dell’Isola. Non potevano sapere allora che il Novecento sarebbe stato un secolo molto difficile, ma certamente fu proprio in questa consacrazione a Maria che trovarono in seguito la forza per affrontare le difficoltà sopravvenute, specialmente con le due guerre mondiali. Non poteva essere che così. La vostra Isola, cari amici della Sardegna, non poteva avere altra protettrice che la Madonna. Lei è la Mamma, la Figlia e la Sposa per eccellenza: “Sa Mama, Fiza, Isposa de su Segnore”, come amate cantare. La Mamma che ama, protegge, consiglia, consola, dà la vita, perché la vita nasca e perduri. La Figlia che onora la sua famiglia, sempre attenta alle necessità dei fratelli e delle sorelle, sollecita nel rendere la sua casa bella e accogliente. La Sposa capace di amore fedele e paziente, di sacrificio e di speranza. A Maria in Sardegna sono dedicate ben 350 chiese e santuari. Un popolo di madri si rispecchia nell’umile ragazza di Nazaret, che col suo “sì” ha permesso al Verbo di diventare carne.


So bene che Maria è nel vostro cuore. Dopo cent’anni vogliamo quest’oggi ringraziarLa per la sua protezione e rinnovarLe la nostra fiducia, riconoscendo in Lei la “Stella della nuova evangelizzazione”, alla cui scuola imparare come recare Cristo Salvatore agli uomini e alle donne contemporanei. Maria vi aiuti a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche e cellule della società, oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale che su quello sociale. Vi aiuti a trovare le opportune strategie pastorali per far sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio, ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando sembrano negarli. Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile. In tutti questi aspetti dell’impegno cristiano potete sempre contare sulla guida e sul sostegno della Vergine Santa. Affidiamoci pertanto alla sua materna intercessione.


Maria è porto, rifugio e protezione per il popolo sardo, che ha in sé la forza della quercia. Passano le tempeste e questa quercia resiste; infuriano gli incendi ed essa nuovamente germoglia; sopravviene la siccità ed essa vince ancora. Rinnoviamo dunque con gioia la nostra consacrazione ad una Madre tanto premurosa. Le generazioni dei Sardi, ne sono certo, continueranno a salire al Santuario di Bonaria per invocare la protezione della Vergine. Mai resterà deluso chi si affida a Nostra Signora di Bonaria, Madre misericordiosa e potente. Maria, Regina della Pace e Stella della speranza, intercedi per noi. Amen! Leggere che bello !!

Benedetto XVI al popolo sardo

martedì 23 aprile 2024

curioso

 FARE MIRACOLI ❤️


“Non e il miracolo che fa la fiducia ma la fiducia che fa il miracolo. Infatti solo chi ha fiducia nella vita ne è curioso, aggettivo derivante da “cura”: chi ha cura del mondo non solo vede i miracoli, ma li fa”.


Alessandro D’Avenia

lunedì 22 aprile 2024

Giacomo Matteotti

 Alla Direzione del Partito Comunista – Roma


"Riceviamo la vostra lettera contenente la solita proposta poligrafata per tutte le occasioni. 


L’esperienza delle altre volte, e dell’ultima in particolare, ci ha riconfermati nella convinzione che codeste vostro proposte, apparentemente formulate a scopo di «fronte unico», sono in sostanza lanciate ad esclusivo scopo di polemica coi partiti socialisti, e di nuove inutili dispute.

(...)

Restiamo ognuno quel che siamo: voi siete comunisti per la dittatura e per il metodo della violenza delle minoranze: noi siamo socialisti e per il metodo democratico delle libere maggioranze. Non c’è quindi nulla di comune tra noi e voi".

Giacomo Matteotti

Segretario del Partito socialista unitario

17 aprile 1924

domenica 21 aprile 2024

vitamina D

 FINCHÉ MALATTIA NON CI SEPARI


La storia della scoperta della vitamina D parte nel 1919 quando Huldschinsky osservò che bambini affetti da rachitismo guarivano se esposti alla luce ultravioletta. 


A.F. Hess e H.B. Gutman ottennero un risultato simile nel 1922 usando la luce solare.


Nello stesso periodo Mc Collum ipotizzò l'esistenza di un composto liposolubile essenziale per il metabolismo delle ossa, studiando l'azione antirachitica dell'olio di fegato di pesce da cui riuscì a identificare una componente attiva.


Oggi abbiamo molte conoscenze e tanta consapevolezza (non troppa, ahimè).


Sappiamo che la forma attiva della vitamina D (calcitriolo) regola l'omeostasi calcio-fosfato attraverso l'interazione con il recettore della vitamina D (VDR). Ha anche un enorme impatto sul corretto funzionamento dei sistemi muscoloscheletrico, immunitario, nervoso e cardiovascolare. 


La carenza di vitamina D è spesso associata a diverse malattie neurologiche, poiché il recettore della vitamina D è espresso in diverse strutture cerebrali tra cui l'ippocampo, l'ipotalamo, la substantia nigra e il talamo. 


È noto che la vitamina D inibisce la proliferazione e induce la differenziazione delle cellule di diversi ceppi ed è essenziale per la rigenerazione della barriera epiteliale, nonché per la maturazione delle cellule immunitarie. Ad esempio, linfociti, neutrofili, monociti e cellule dendritiche non solo esprimono VDR e sono bersagli diretti per il calcitriolo, ma attivano anche la 25(OH)D3 (calcidiolo) circolante.


Gli effetti immunomodulatori della vitamina D attiva includono il passaggio dalla risposta cellulo-mediata (Th1) all'immunità umorale (Th2). 


La vitamina D attiva i macrofagi e la produzione di sostanze antimicrobiche da parte delle cellule immunitarie, che sono essenziali nell'eradicazione delle infezioni batteriche o virali. 


Non sorprende che l'insorgenza delle infezioni stagionali, come l'influenza, sia spesso collegata alla carenza di vitamina D. 


È anche noto che il basso livello di vitamina D è associato ad un aumento del rischio di qualsiasi tipo di cancro e ad una diminuzione del tasso di sopravvivenza, principalmente a causa di un'aumentata gravità dei sintomi e del potenziale metastatico dei tumori maligni.


Alla luce di queste (e altre) conoscenze, si continua a trascurare l'importanza della vitamina D e la raccomandazione solita è "un flaconcino da 25000 unità una volta al mese" come se fare una busta di spesa una volta al mese fosse sufficiente per un intero condominio.


In ultima istanza, recentemente, uno studio pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica (NEJM) conclude che la vitamina non avrebbe effetti utili sulla riduzione del rischio di fratture, nonostante un campione massiccio (40000 persone).


Peccato che fossero soggetti non particolarmente anziani, non carenti di vitamina D, ai quali sono state somministrate 2000 UI giornaliere. 


E lo stile di vita? 

E l'attività fisica? 

E la menopausa? 

E le patologie? 


E stica...voli se il tuo medico è ottuso e non vuole prescriverti la Vitamina D. Puoi sempre mandarlo a quel paese (a prendere un po' di sole)!


Sembra, ma è solo l'opinione di un semplice nutrizionista di paese, l'ennesimo tentativo per screditare (boicottare) una molecola libera, non brevettabile, economica e soprattutto EFFICACE e SICURA.


Ah, è la vitamina del sole, quindi... GIORNALIERA, mi raccomando!

#dottRanalli

#ranallinutrizionista

#/

Padre Michel M. Zanotti-Sorkine:


Padre Michel M. Zanotti-Sorkine: suggerimenti ai Sacerdoti, ma anche ai Fedeli Laici


Per la serie dedicata dal nostro sito al “Don Camillo” dei nostri tempi, vogliamo proporre la figura di un sacerdote che, non solo a parole, ma con la propria vita, dona a noi e a tutti i Sacerdoti ottimi suggerimenti per vivere in questi tempi difficili. Dal canto nostro, compiendo egli 25 anni di sacerdozio proprio quest’anno, vogliamo ringraziarlo e assicurare la nostra Preghiera per i Sacerdoti e per queste Vocazioni…


«Vergogna ai codardi, agli uomini d’apparato, ai cacciatori di promozioni, agli ossequiosi per interesse, agli sdolcinati che inabissano la Chiesa sotto un ammasso di ipocrisia e di viltà!».

«L’imprudenza è la qualità dei santi», in che senso? cosa vuol dire? Fare e pensare senza slancio, senza amore: «Ne ho voglia, non ne ho voglia.» «Questo mi va, questo no.» «Dopo, non adesso.»

«E poi, che altro ancora? Ma per chi mi prende, per un superuomo? Se osi pronunciare queste parole pensandole, tu sei lontano anni luce dalla Luce, e a causa tua Cristo si spegne, là dove voleva passare per illuminare…

La procreazione, che lo si voglia o no, si basa su una certa follia pulsionale che produce la vita. Qualche cosa di questo slancio deve impregnare il sacerdozio.

Non lasciare che il laico interpreti il ruolo del prete, né che il prete interpreti il ruolo del laico… Se Giacomina dice messa e padre Andrea fa il caffè, ancora vent’anni di queste assurdità e le parrocchie saranno vuote. D’altro canto le mele marce ci sono già.»


Questi alcuni dei pensieri contenuti in un libro dal titolo significativo “I tiepidi vanno all’inferno” (Mondadori, pagine 190).

L’autore è un sacerdote dalla vita avventurosa: Padre Michel Marie Zanotti-Sorkine.

ed anche in “CREDERE” – Come si può spiegare Dio, Gesù, la fede a chi non la vive o non la conosce?

Un altro suo libro che raccoglie le risposte di chi ascolta e si pone molte domande, un religioso che consiglia di «amare, anche in modo goffo, ma amare»;

così come un libro dedicato alla Vergine Maria: “Maria, mio segreto”, il segreto di una autentica fede in Cristo vissuta nella gioia di un “Fiat” operativo e non in banale ottimismo:

«… non dimenticare che in te la Vergine sente tutto, capisce tutto, riceve tutto – e soprattutto ripara tutto. Allora, approfittane e vivi con Maria come si vive un amore. È semplice, no? E talmente appagante!»



Ma perché la talare?

Vengono alla mente le parole del Beato Rolando Rivi, Martire: portava sempre con orgoglio l’abito religioso, spiegando che la talare: “È il segno che io sono di Gesù”.

– La veste è una divisa da lavoro, un grembiule da cottimista; seppur nera, è una tuta blu, e niente affatto uno smoking o un abito da cerimonia. Non perdere mai di vista il fatto che la semplicità della tenuta rende gemelli di Cristo.

«Per me – sorride Padre Zanotti – è una divisa da lavoro. Vuole essere un segno per chi m’incontra, e soprattutto per chi non crede. Così sono riconoscibile come sacerdote, sempre. Così per strada sfrutto ogni occasione per fare amicizia. Padre, mi chiede uno, dov’è la posta? Venga, l’accompagno, rispondo io, e intanto si parla, e scopro che i figli di quell’uomo non sono battezzati. Me li porti, dico alla fine; e spesso quei bambini, poi, li battezzo. Cerco in ogni modo di mostrare con la mia faccia un’umanità buona. L’altro giorno addirittura – ride – in un bar un vecchio mi ha chiesto su quali cavalli puntare. Io gli ho dato i cavalli. Ho chiesto scusa alla Santa Vergine, fra me: ma sai, le ho detto, è per fare amicizia con quest’uomo. Come diceva un prete, che è stato mio maestro, a chi gli chiedeva come convertire i marxisti: “Occorre diventare loro amici”, rispondeva».

e… diventare “amici” non significa necessariamente sposare le idee sbagliate che gli amici hanno, anzi, spesse volte certe amicizie servono proprio per tirare fuori gli amici dall’errore: se vengo a sapere che un amico è caduto in disgrazia, ha rubato, ha fatto male qualcosa, ecc… compito del cristiano è aiutare l’amico a tirarsi fuori dall’impiccio in cui è caduto, così ha fatto Gesù per noi.


Poi, in chiesa, la messa è severa e bella. Il prete affabile è un prete rigoroso.

Perché cura tanto la liturgia?

«Voglio che tutto sia splendente attorno all’Eucarestia. Voglio che all’elevazione la gente capisca che Lui è qui, davvero. Non è teatro, non è pompa superflua: è abitare il Mistero. Anche il cuore ha bisogno di sentire».

Lui insiste molto sulla responsabilità del sacerdote e afferma che un sacerdote che abbia la chiesa vuota si deve interrogare; e anche: «È a noi, che manca il fuoco»…

“Anche il cuore ha bisogno di sentire” – accoglie prostitute e senzatetto – “Do loro la comunione. Che dovrei dire? Diventate oneste, prima di entrare qui? Se c’è in loro il pentimento, come il Figliol prodigo che ritorna dal Padre, appena li vedo corro loro incontro e li abbraccio. Cristo è venuto per i peccatori che si pentono e io ho l’ansia, nel negare un sacramento, che Lui un giorno me ne possa rendere conto” – e chiede più sforzi ai suoi confratelli nel sacerdozio: “Il sacerdote è ‘alter Christus’, è chiamato a riflettere in sé Cristo.”

«Questo non significa chiedere a noi stessi la perfezione (anche se è Gesù stesso a chiederci di fare questo sforzo: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” Mt.5,48); ma essere consci dei nostri peccati, della nostra stessa miseria, per poter comprendere e perdonare chiunque si presenti in confessionale… Chi mi cerca prima di tutto domanda un aiuto umano, e io cerco di dare tutto l’aiuto possibile. Non dimenticando che il mendicante ha bisogno di mangiare, ma ha anche un’anima da salvare…»


Non ascoltare i blasfemi della forma che imperversano nei ranghi degli ecclesiastici. Hanno distrutto la bellezza della messa a vantaggio delle ciance, ed è così che il contenuto si è svuotato.

Chi fa a meno della bellezza partorisce la bruttezza.

Dei bei calici e delle belle coppe come per la Pasqua ebraica! Lascia i vasi in terra e altri recipienti per le olive, fintamente poveri e così poco simbolici!

La domenica, come il povero Curato d’Ars che di Vangelo se ne intendeva, prepara la tavola regale, tira fuori le stoviglie più belle che hai, ricopriti di splendore, e sali sull’altare sotto la magnificenza dei grandi organi, l’hanno detto tutti, almeno i teologi più affidabili: tu sei Cristo!

Nel momento del Sacrificio, non una parola né un gesto in sacrestia. La vittima e il prete si preparano.

Corporale, purificatorio, manutergio, senza difetti, bianchi candidi, è il minimo per l’Agnello! Usciresti con indosso una camicia con le maniche e il collo sporchi?

Che gli ornamenti siano all’altezza di quelli che il direttore d’orchestra e i musicisti indossano per una serata di gala all’Opéra di Parigi o la Staatsoper di Vienna. Ed è ancora troppo poco sapendo quale sinfonia fantastica dirige il prete!

Vestendo gli ornamenti per la celebrazione della santa messa, ricordati che il tuo essere, in se stesso e per come appare, deve far piombare il Cielo sulla terra.

Alba immacolata, cingolo annodato, casula brillante, tovaglie ultracandide, copricalice, candelabri d’oro o d’argento, la croce come si deve al centro dell’altare, canti appropriati, fumi d’incenso, cuore in fiamme, tutto è pronto per servire la Bellezza incarnata.

Il coro della chiesa in cui dimorano gli angeli – la tua fede lo ha forse dimenticato? – è un luogo sacro in cui Dio si dona e abita. Per crederlo e rendere a Dio tutta la gloria, il suo accesso deve essere riservato.

La messa non ti appartiene. È di Cristo e della sua sposa, la Chiesa, che vegliano su di lei con il loro amore geloso. Rispettala ricevendola nei suoi riti.

Vano il tempo dedicato a ricostruire la liturgia intorno a un tavolo, a riscrivere il messale, a cercare tre canti in due ore per la messa della domenica! Non occorre più di un quarto d’ora per sistemare ciò che lo è già.

Non perdere il tuo tempo sulle questioni liturgiche. Sono regolate dal Santo Padre che desidera vedere l’amore di Cristo indorarsi sotto la luce sacra di un rito al tempo stesso ordinario e straordinario.

Prendi la messa come si prendono i voti, con il corpo, con l’anima, e muori e resuscita sull’altare, e fai in modo che questo si senta e si veda!

Su un solo inchino si contempla tutta la fede del prete.

In confessionale, padre Michel-Marie va tutte le sere, con assoluta puntualità, alle cinque, sempre.

“La gente, dice, deve sapere che il prete c’è, comunque”. Poi resta in sacristia fino a notte inoltrata, per chiunque desideri andarci:

«Voglio dare il segno di una disponibilità illimitata».

A giudicare dal continuo pellegrinaggio di fedeli, a sera, si direbbe che funzioni. Come una domanda profonda che emerge da questa città, apparentemente lontana.

Cosa vogliono? «La prima cosa è sentirsi dire: tu sei amato.

La seconda: Dio ha un progetto su di te. Non bisogna farli sentire giudicati, ma accolti. Occorre far capire che l’unico che può cambiare la loro vita è Cristo. E Maria. Due sono le cose che secondo me permettono un ritorno alla fede: l’abbraccio mariano, e l’apologetica appassionata, che tocca il cuore».

«Chi mi cerca – continua – prima di tutto domanda un aiuto umano, e io cerco di dare tutto l’aiuto possibile. Non dimenticando che il mendicante ha bisogno di mangiare, ma ha anche un’anima. Alla donna offesa dico: mandami tuo marito, gli parlo io. Ma poi, quanti vengono a dire che sono tristi, che vivono male… Allora chiedo: da quanto lei non si confessa? Perché so che il peccato pesa, e la tristezza del peccato tormenta. Mi sono convinto che ciò che fa soffrire tanta gente è la mancanza dei Sacramenti. Il Sacramento è il divino alla portata dell’uomo: e senza questo nutrimento non possiamo vivere. Io vedo la grazia operare, e che le persone cambiano… – e a chi si stupisce del suo comportamento dice -: Io non sono un santo, e non credo che tutti i preti debbano essere santi. Però possono essere uomini buoni. La gente sarà attratta dal loro volto buono.. (..) Ogni giorno, alla stessa ora, entra nel tuo confessionale, Gesù conosce i tuoi orari, e ti manda le persone…. Non rimandare mai una confessione. Basta un secondo per morire, e potrebbe capitare durante la proroga che tu hai imposto a Dio. ».

Giornate totalmente donate, per strada, o in confessionale, fino a notte.


Altri consigli preziosi


Non permettere ad alcun laico di farti perdere tempo proponendoti una riunione per spostare un mazzo di fiori. Agisci ed evita quelli che non hanno granché da fare e che vogliono strutturare oltremisura il cammino delicato dello Spirito Santo.

Non lasciare che il laico interpreti il ruolo del prete, né che il prete interpreti il ruolo del laico.

Davvero, insisto: liberati dalle riunioni inutili (praticamente tutte), preferisci un buon caffè con i tuoi collaboratori, scegli l’ambito della casa, lascia all’impresa quello dell’impresa.

Non lasciare che i fedeli ti diano del tu. E se lo fanno per lunga consuetudine con te, che premettano padre al tuo nome. Poiché è stato chiesto all’uomo di nominare tutte le cose, è attraverso il linguaggio che la realtà si stabilisce e si riconosce.

I pretesi cristiani «impegnati» che aiutano il prete in parrocchia collocandosi al di sopra dei loro fratelli che bussano alla porta della chiesa per chiedere un sacramento, e sui quali esercitano un diritto di scelta, quelli sono mezzi diavoli. Bisogna riportarli al loro giusto posto di battezzati prima che Dio mostri a che punto «chiunque si innalza sarà abbassato».

Se Giacomina dice messa e padre Andrea fa il caffè, ancora vent’anni di queste assurdità e le parrocchie saranno vuote. D’altro canto le mele marce ci sono già.

Non essere mai prigioniero di un qualsiasi sistema, sia anche stato messo a punto da un’assemblea di votanti. Agisci a partire da Cristo e dalla sua libertà che esplode sotto i versi del Vangelo che abbaglia.

Non gridare mai. Non sei un maiale che viene sgozzato. L’autorità proviene dall’alto, deve passare attraverso di te per arrivare, come da un adulto ai bambini. E tutto va da sé, con semplicità!

I nostri metodi pastorali devono avere un’unica parola d’ordine perfettamente adatta alla natura di Dio, che è semplice come l’amore quando è sincero, e tu l’hai indovinata: semplificazione. Se questa parola ti fa paura e giustifichi i tuoi timori nei suoi confronti, significa che la tua dimora interiore non è più edificata su quella degli apostoli.

Non dire mai: «Io sono il curato, io sono il cappellano, comando io». Comanda e basta, anche agli spiriti impuri, Gesù te lo ha ordinato.

Governare, insegnare, santificare, che piaccia o no agli spiriti confusi che popolano i nostri cenacoli, spetta al prete e a lui solo. Che i laici escano dal tempio in cui il clero li ha ridotti allo stato di rane dell’acquasantiera * e che saltellino come canguri oltre il giardino del curato per andare in cerca dei loro amici che saltellano allegramente lontano dalla fede!

Sei un curato, hai in custodia le anime, governa con la tua intelligenza legata al tuo sentire immediato.

Per quanto riguarda le apparizioni riconosciute di Maria, smetti di dire in modo dotto che non sono di fede. Rimani un bambino per conquistare il bambino che muore nella coscienza dei benpensanti.

«Me ne infischio dei preti colti!» mi ha detto un giorno un ingegnere. «Quello che voglio è che mi diano Dio!»

La Santa Vergine ha un bel dare l’esempio nelle sue apparizioni, e dietro di lei i santi e i mistici in massa, madre Teresa in testa, il rosario non trova sempre il giusto livello d’amore nei suoi figli preti. Orgoglio incorreggibile, razionalismo acuto, indebolimento del senso sovrannaturale o forse incoscienza… «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli.» Stai attento!

Niente di più vile del prete arrivista, diventato muto sui problemi scottanti, vero anti-Giovanni Battista, che liscia il suo vescovo per entrare nel suo clan!

Vergogna ai codardi, agli uomini d’apparato, ai cacciatori di promozioni, agli ossequiosi per interesse, agli sdolcinati che inabissano la Chiesa sotto un ammasso di ipocrisia e di viltà!

Servire sotto il vessillo del perfetto oblio di sé senza temere la pallottola che mira alla testa, ecco Cristo e ciò che devo essere.

Ma da dove inizia questa storia?

C’era a Marsiglia una grande chiesa che anni fa doveva essere demolita, o trasformata in un museo, tanto era vuota, pure nella popolosa Canebière, la centrale arteria in cui si trova. Oggi chi va a Saint-Vincent-de-Paul la domenica mattina vede, già prima delle dieci, un accorrere di fedeli, alcuni perfino con un seggiolino sottobraccio tanto le panche sono gremite, da quando c’è padre Zanotti-Sorkine…

A fronte della crisi della Chiesa in Occidente padre Zanotti-Sorkine scrive:

«Siamo onesti, la verità è questa. Siamo noi, che non abbiamo più il sacro fuoco. L’immagine che diamo del sacerdozio è troppo insignificante. Non tocca più il cuore».


Ma chi è questo prete che cammina per Marsiglia – dove una elevata percentuale della popolazione è di religione islamica e certe strade sembrano dei suk – con addosso la talare svolazzante, così inaspettata che la gente si volta a guardarlo?

La storia di Michel-Marie Zanotti-Sorkine è singolare.

Nato a Nizza nel ’59 da madre ebrea in una famiglia con origini italiane e corse e russe, il suo sangue è un groviglio di radici. Educato dai salesiani, orfano a tredici anni, fin da bambino ha il dono di una fede profonda; e insieme una grande passione per la musica, e una bellissima voce. Intorno ai vent’anni è la musica che ha la meglio, e il ragazzo va a Parigi e diventa uno chansonnier nei night-club. Uno chansonnier di successo, che però, in quel mondo notturno, è preda ancora di una insoddisfazione che rode come un tarlo:

Dio, da lui, cosa vuole?

Finché un giorno non decide, lascia Parigi e entra nell’ordine domenicano.

Irrequieto, passerà poi, affascinato da padre Kolbe, a quello francescano.

Infine, ed è la definitiva scelta, a quarant’anni diventa prete diocesano a Marsiglia: il 30 maggio 1999 è stato ordinato presbitero dal cardinale Bernard Panafieu, arcivescovo metropolita di Marsiglia, che lo ha accolto nella sua diocesi. È stato vicario parrocchiale della basilica del Sacro Cuore a Marsiglia dal 1999 al 2004, capo dei laici Missionari della Carità di Madre Teresa di Calcutta dal 1998 al 2004 e parroco della parrocchia di San Vincenzo de’ Paoli, situata nella parte superiore di La Canebière dal 2004. Questa era una parrocchia completamente in rovina. Sotto la sua guida, questa chiesa ha vissuto una rinascita spettacolare anche nella partecipazione alla messa. Per nomina di monsignor Georges Paul Pontier è stato decano del centro della città di Marsiglia dal 2006 al 2014.

Oggi, a venticinque anni dalla ordinazione, sulla Canebière padre Michel-Marie lo conoscono tutti. È il parroco della Grande Église, come la chiamano lì: la grande chiesa che doveva diventare un museo.


Le croci e le spine…

Nel 2014, dopo aver officiato per dieci anni come parroco a Marsiglia, in accordo con il suo vescovo, ha chiesto di essere accolto come confessore nella cappella della Medaglia Miracolosa in Rue du Bac a Parigi. All’ultimo momento, quando tutto era pronto, la missione gli è stata negata dai funzionari della cappella, a causa della sua popolarità suscitata dalla sua venuta. L’11 settembre 2014, d’intesa con monsignor Georges Paul Pontier e monsignor Jean-Michel di Falco, vescovo di Gap, hanno risposto favorevolmente alla richiesta di don Michel-Marie Zanotti-Sorkine di essere associato alla missione pastorale dei cappellani del santuario di Nostra Signora di Laus.

Il 1º novembre 2014 è stato accolto da più di mille fedeli. In questo santuario mariano, Michel-Marie Zanotti-Sorkine opera come cappellano, confessore e predicatore, anima diversi ritiri e sessioni che coinvolgono centinaia di persone. Dedica il resto del suo tempo alla realizzazione di progetti letterari e artistici.

Da settembre del 2017, secondo monsignor Georges Paul Pontier, egli è al servizio di una comunità laica dedicata che si trova sulla collina di Montmartre, gli “ausiliari del Cuore di Gesù”, dove riceve centinaia di persone ogni settimana. Persegue anche il suo lavoro sacerdotale, artistico e letterario.

La sua missione è quella di raccontare Gesù Cristo e la sua fede a tutti quelli che hanno voglia di ascoltarlo.

Padre Zanotti è un antico e modernissimo prete al tempo stesso, che indossa l’abito talare ma sa parlare ai giovani e a tutti quelli che la fede magari la vorrebbero trovare, ma non sanno dove cercarla.


Predica con la pancia – raccomanda ai confratelli, ossia esprimiti come quando assapori un cibo -. «Vi ho promessi infatti a un unico Sposo» è il grido di san Paolo! Non dare idee su Dio, ma Dio stesso, all’uomo non serve la tua opinione ma la Verità.

Un prete che non parla più del Cielo lo ha lasciato da molto tempo.

Un prete che non evoca mai il purgatorio si priva di speranza.

Un prete che non dice una parola sull’inferno con la voce rotta dal pianto rende vano il suo ministero e forse anche lo stesso mistero della Croce.

Dietro le loro storie, più che nelle loro idee, cercare la fiamma dei santi per accendere le nostre vite; contemplarli prima della gloria ricevuta, maltrattati da tutti, costretti all’isolamento, incompresi nelle file degli eletti, mai abbandonati da Dio. A chi vuoi piacere?

L’ecumenismo da due soldi, che consiste nel volere che i protestanti restino tali, farebbe sussultare i più grandi santi pacifisti della Storia, san Francesco di Sales, il dolce vescovo di Ginevra, per primo! Per amore loro, che sono tuoi fratelli, distruggi la novità della loro dottrina e raccogli di passaggio ciò che vi è nella loro vita di più autenticamente cristiano.

Un pensiero sul SILENZIO


– “Ciò che manca oggi all’anima della vita è una profondità silenziosa, un dirupo di solitudine, un angolo in cui ritirarsi. Non andiamo a cercare troppo lontano, l’ammasso di esseri umani è la prima ragione di questa empietà. Contro di essa, non potremo fare niente; la tela si restringe, il tessuto si tende, le case si sfiorano, e l’altro, con la sua musica e le sue grida, abita con me, peggio, dentro di me attraverso il rigetto che mi suscita.

Passi per le grida, sono umane, opera della mancanza di autocontrollo, meritano indulgenza, ma la musica, quella che si pretende tale, la musica satanica, squartamento di suoni, disordine d’armonia, profanatrice dell’udito, diventata padrona in ogni palazzo, e torrente di nullità che si riversa dalla banchina della metro fino alla superficie: che cosa facciamo contro di essa quando arriva con la sua potenza frustando il gusto e distruggendolo?

La nuova generazione che emerge scendendo sempre più nell’informe e nel limitato si allinea come un sol uomo, o più precisamente come una sola bestia, sull’attenti verso ciò che è dissonante e, senza renderlo esplicito, cosa ancor più grave, lo ama e se ne riempie.

Qui, il silenzio non è solo rotto, ma umiliato. Unica via d’uscita, agire sui nuovi arrivati; è in loro che bisogna recuperare la sensibilità cullandoli con grandi o piccole melodie, che importa, purché l’aria si riconosca e si canticchi.

Il principio è questo: la decomposizione dell’anima passa attraverso l’atmosfera molto più che attraverso le leggi, fossero anche cattive. Se si rovina un’atmosfera, si rovinerà l’uomo. Per me la guerra è quindi aperta e sarà senza tregua in questo campo. E poiché lo Stato lascia correre, correndo sempre dietro alla massa e al voto, le famiglie, rimaste isolate, proteggano i loro figli da questa musica che tale non è, e il silenzio riprenda i suoi diritti nel cuore della casa, al posto del paese.

Ognuno è padrone in casa propria, se lo ricordi.

All’alba, lo consiglio, nessuna voce al di fuori di quella dello sposo, della sposa, aprendo il giorno che inizia, prevedendo il meglio, prima che i bambini, ancora assonnati, buttino giù una cioccolata, chiudano le loro cartelle, un po’ in ansia per le lezioni che non sanno mai a sufficienza.

Un bacio a ognuno nel silenzio ed eccoli pronti. Questa è la vita, la vita normale, senza altre informazioni sgorgate da fuori; questa è la libertà conquistata, senza essere ingannati. Silenzio!

Il seguito della giornata è comprensibile, in quanto imposto. Aggrediti da ogni lato, ci ritorno ancora, non possiamo che subire la pressione dei rumori e dei suoni, dopando il movimento, anestetizzando l’animo, logorando il sistema nervoso. E occhio alla trappola, vi sento prepararla: in nome di mille ragioni giustificabili, la folla di abbindolati prende tutto ciò che viene trasmesso, e mentre riceve ciò che le si vuole dire, uscendo dal suo corso, dimentica di vivere.

Per fortuna cala la notte, e con essa il ritorno all’umano.

Baci, docce, e cena, vi prego, quest’ultima senza immagini, spegnete tutto: siano l’amore e il dono che si ascoltano e si parlano.

Dopo aver lavato i piatti e spazzato il pavimento, tocca a Dio scrivere le ultime parole sul cuore silenzioso, poiché bisogna saperlo, Lui non parla mai al di sopra di altre voci – da qui il suo silenzio in milioni di vite.

Musica stonata, voci troncate, andate in discarica, lasciatemi il mio silenzio pieno. Lasciate che io viva al centro di me stesso e che gusti infine l’arte di essere e di amare. Vattene! Sì, vattene brutto rumore organizzato! Non avrai la mia pelle, i miei nervi, la mia anima, il mio pensiero.”


UN ULTIMO CONSIGLIO-SUGGERIMENTO

– Un brivido ha appena percorso la mia vita, misurata in rapporto a queste parole che con il loro diluvio di esigenze si sono appena abbattute come un uragano sul mio essere, intirizzito fino alle ossa. E non posso che ripetermi a mezza voce, per non morire di paura, che il sacerdozio è temibile, tanto più che la parte che gli spetta nell’opera di Dio sul mondo è irriducibile. Inutile nascondersi dietro l’azione divina, che, pare, da sola e senza alcuna cooperazione umana potrebbe tirare fuori dal liquame dell’indifferenza e della non fede le anime eternamente amate. Purtroppo no!

Queste devono passare, mi spiace, attraverso il velo spesso opaco della materia sacerdotale per aspirare ai cieli cui sono promesse. Ciò significa: a preti tiepidi, risultati tiepidi o compromessi. Sarebbe meglio d’altronde per il bene della maggioranza accettare questa evidenza piuttosto che prendere a pretesto la libertà di Dio che domina le meditazioni umane, sempre pronto a riparare le nostre barche arenate, con gli alberi arrugginiti a forza di rimanere nel porto.

Dai, una piccola scossa allo scafo della barca, a quello del prete e a quello dei battezzati che lo seguono, ed eccoci ripartiti sui flutti, felici di remare come san Paolo alla volta di terre sconosciute agli ordini di capitan Cristo! Certo, il cielo è cupo ma a portata di mano – diciamocelo –, poiché sotto il suo grigio lattiginoso che potrebbe preoccupare il più navigato dei marinai, l’azzurro soleggiato illumina il firmamento di Dio, segno inequivocabile che riaccende la vittoria finale.

Prima di allora, ai contrattempi prevedibili del viaggio, potrebbe non essere vano – e non si tratta di una scappatoia per mitigare il terrore della responsabilità – ricordare la condizione di strumenti quali noi siamo, irrimediabilmente fragili a detta dello stesso Paolo di Tarso, che doveva certo sentire sopra la sua carcassa di combattente di Dio le crepe possibili e anche costitutive del vaso di argilla che era. «Io sono di carne, venduto come schiavo del peccato» scriveva ai Romani. «Io non riesco a capire neppure ciò che faccio … io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.» E malgrado tutto, c’è il male che compie e il bene che si è realizzato e si realizza ancora attraverso di lui in proporzioni inaudite attraverso i secoli e nei cuori.

Ciò significa che Dio non se ne fa nulla della nostra santità? Io lo credo. Soprattutto, non infuriatevi, voglio parlare sicuramente dell’immagine dipinta a tinte sgargianti, scolpita di virtù nel marmo o nella pietra ormai infrangibile, di uomini e donne seduti nella loro gloria, appollaiati sopra gli altari delle nostre chiese, inseriti nel pantheon del calendario, paralizzati nella loro statura definitiva di esseri umani perfetti. Questa santità esiste solo in virtù del tempo che la ratifica imprimendola nell’arte, ma… una volta terminata la lotta. Perché lotta nella loro vita c’è stata, e contro loro stessi, soprattutto.

Ed è qui che voglio arrivare, con l’aiuto e l’approvazione di tutti i santi.

Dio non aspetta la perfezione dello strumento per servirsene.

Questo vale per il prete ma anche per tutti i cristiani che si sporcano le mani. Dio si impossessa del più sfondato dei vasi, e versa nelle gole assetate l’acqua viva della sua grazia, sempre contento e quasi fiero di utilizzare, mille volte incrinato e incollato, il povero contenitore, tanto che quest’ultimo, all’altezza del suo nome, lascia fare e tiene botta.

Questa non è evidentemente una ragione per rompere il suo vaso da tutte le parti, ma comunque la verità è lì: «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole».

Forte di questa debolezza, e condannata con fermezza la via dello scoraggiamento, la Chiesa può allora concedersi la gioia di un lavoro incessante al servizio di un Maestro che lui solo, di fatto, è santo. Che tutti i battezzati se ne ricordino!”


Una cosa è certa, egli incarna il tipo di pastore indicato con forza da papa Francesco e, contemporaneamente, il rigore dogmatico e dottrinale di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI al quale, per altro, Padre Zanotti fa riferimento specialmente per l’Anno Sacerdotale 2009-2010 e per il dono del Summorum Pontificum nel 2007. Le liturgie curatissime di questo sacerdote francese vanno di pari passo con la sua accoglienza a 360 gradi. In questi tempi difficili, i luoghi da lui frequentati e governati, sono sempre pieni di fedeli e le conversioni dilagano.



sabato 20 aprile 2024

la croce

 «Se c’è un segno che caratterizza la cultura europea in tutte le sue dimensioni, questo è la croce. Si tratta di un simbolo dominante per tutti gli aspetti del nostro sapere. Perché tutti gli aspetti della nostra cultura si fondano su quella forma peculiare di monoteismo che è il cristianesimo, persino le dimensioni tecnico-scientifiche. I crocifissi andrebbero piuttosto messi dappertutto, se qualcuno sapesse davvero cosa vuol dire il crocifisso. [...] Qualche ignorante si stupirà nel sapere che Gesù è stato anche un maestro di laicità. Chi ha detto che il suo regno non è di questo mondo? Non esiste nessuna religione più laica del cristianesimo. La nostra laicità da dove viene? Da Marte? No, è un valore cristiano. E viene dal “date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”» 

«Se c’è un segno che caratterizza la cultura europea in tutte le sue dimensioni, questo è la croce. Si tratta di un simbolo dominante per tutti gli aspetti del nostro sapere. Perché tutti gli aspetti della nostra cultura si fondano su quella forma peculiare di monoteismo che è il cristianesimo, persino le dimensioni tecnico-scientifiche. I crocifissi andrebbero piuttosto messi dappertutto, se qualcuno sapesse davvero cosa vuol dire il crocifisso. [...] Qualche ignorante si stupirà nel sapere che Gesù è stato anche un maestro di laicità. Chi ha detto che il suo regno non è di questo mondo? Non esiste nessuna religione più laica del cristianesimo. La nostra laicità da dove viene? Da Marte? No, è un valore cristiano. E viene dal “date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio”» #MassimoCacciari#MassimoCacciari

Era già scritto

 “Quando nasci ti danno un biglietto, indecifrabile, dentro il quale c’è scritto tutto il tuo avvenire. Le malattie, gli amori, il successo, l’insuccesso, gli incontri importanti, c’è scritto tutto lì. Anche il giorno e l’ora della tua morte. È nel ticket, è nel prezzo del biglietto. 

Io non capisco i miei amici quando cominciavano a diventare vecchi, cominciavano a diventare tristi. Perché non lo sapevi che s’invecchia?

Cos’è una novità? Ti devi preparare a tutto, come ti prepari alla vita quando sei giovane. Devi prepararti alla fine della vita, quando sei vecchio, senza disperazione perché è naturale.

Era già scritto.” 


( Andrea Camilleri )

 „Il Cielo non prende niente senza ripagare smisuratamente.“ 💙💖

(Edith Stein)

venerdì 19 aprile 2024

Quando un uomo è appena nato, è debole e flessibile

 "Quando un uomo è appena nato, è debole e flessibile. Quando muore, è duro e insensibile.. Durezza e forza sono compagni della morte. La piaga e la debolezza sono espressioni della freschezza dell'essere. Perché ciò che si è indurito non vincerà mai. ”


"Nei film di Tarkovskij, nello specifico Stalker, le por… Altro...

giovedì 18 aprile 2024

Le persone migliori

 “Le persone migliori possiedono un sentimento per la bellezza, il coraggio di rischiare, la disciplina di dire la verità, la capacità di sacrificio. Ironicamente, le loro virtù li rendono vulnerabili; spesso sono feriti, talvolta distrutti.”

Ernest Hemingway, “Addio alle armi”

mercoledì 17 aprile 2024

C'è buio in me

 C'è buio in me

in te invece c'è luce;

sono solo, ma tu non m'abbandoni;

non ho coraggio, ma tu mi sei d'aiuto;

sono inquieto, ma in te c'è la pace;

c'è amarezza in me, in te pazienza;

non capisco le tue vie, ma

tu sai qual è la mia strada.

Tu conosci tutta l'infelicità degli uomini;

tu rimani accanto a me,

quando nessun uomo mi rimane accanto,

tu non mi dimentichi e mi cerchi,

tu vuoi che io ti riconosca

e mi volga a te.

Signore, odo il tuo richiamo e lo seguo,

aiutami!

Signore, qualunque cosa rechi questo giorno,

il tuo nome sia lodato!

Amen.


Il #9aprile 1945 veniva ucciso Dietrich Bonhoeffer

#DietrichBonhoeffer

martedì 16 aprile 2024

Bellezza

 Il mio rammarico è che l’intensa bellezza che io vedo, e che mi viene offerta dalla scienza, sia vista da così poca gente.

Richard Feynman

L'epoca attuale è l'epoca dell'aurea mediocrità

 « L'epoca attuale è l'epoca dell'aurea mediocrità e dell'insensibilità, della passione per l'ignoranza, della pigrizia, dell'inettitudine all'azione e dell'aspirazione a trovare tutto già bell'e pronto. Nessuno riflette; raramente qualcuno matura una propria idea. » 


Fëdor Dostoevskij, "L'adolescenza" (1875)

lunedì 15 aprile 2024

 "Se c'è una cosa tremenda a scrivere quando si è cristiani è che per te la realtà suprema è l'Incarnazione, la realtà presente è l'Incarnazione e all'Incarnazione non ci crede nessuno"


Flannery O'Connor

Teresa Neumann

 Teresa Neumann


Il primo settembre 1939 era scoppiata la seconda guerra mondiale. I tedeschi invadevano la Polonia e, di lì a poco, sarebbero dilagati in Europa. Perché non mancasse nulla ai soldati del terzo Reich, fu razionato il cibo ai cittadini. Così, ai tedeschi fu data una tessera che stabiliva la quantità di pane e companatico spettante a ciascuno. Ad una sola cittadina fu ritirata immediatamente la tessera annonaria. Costei non beveva, né mangiava alcunché. In compenso le fu data una doppia razione di sapone, perché ogni settimana doveva far lavare le lenzuola e la biancheria inzuppata di sangue. Questa cittadina tedesca si chiamava Teresa Neumann, era di Konnerareuth, in Alta Baviera e viveva una vicenda straordinaria che avrebbe continuato a destare per anni, l’interesse di scienziati, medici, teologi, umili e grandi credenti o miscredenti.


Una normale contadina

Teresa era nata nel 1898, figlia di un povero sarto e di una contadina che andava a lavorare a giornata. Venne educata dai suoi con una sana e gioiosa formazione cristiana, senza scrupoli. Era cresciuta allegra, vivace, amante degli scherzi innocenti.

Era solita dire di non essere capace di prendersi sul serio.

La sua giornata iniziava all’alba con la preghiera; poi il lavoro rude nei campi e in casa, senza grilli per la testa, affatto romantica, di una concretezza a tutta prova.

La domenica, la Messa festiva e la Comunione. Era una buona compagna, una cara amica verso tutti e tutte, pur nella sua riservatezza di ragazza.

A vent’anni, un giorno correndo in soccorso di alcuni vicini cui stava bruciando la cascina, per compiere rapidamente un gesto di generosità e di coraggio, non controllò bene il terreno dove stava per mettere il piede. Cadde e si procurò una lesione alla spina dorsale. Rimase, prima paralizzata alle gambe, poi, in seguito, per un’altra caduta, diventò totalmente cieca.

Intanto il padre era stato chiamato alle armi, durante la prima guerra mondiale, a combattere sul fronte occidentale, contro i francesi. Tornando le aveva portato dalla Francia l’immaginetta di una giovane carmelitana la cui storia iniziava a diffondersi in tutta Europa: una certa Teresa del Bambin Gesù, del monastero di Lisieux. Teresa Neumann iniziò a pregarla intensamente. Il 29 aprile 1923, il giorno in cui Papa Pio XI beatificava la piccola suora francese, Teresa Neumann, stesa nel suo letto, riacquistò di colpo la vista.

Due anni dopo, il 17 maggio 1925, mentre il Papa dichiarava santa la carmelitana di Lisieux, Teresa Neumann guariva dalla paralisi e riprendeva a camminare liberamente.

Poteva ricominciare, con grande gioia la sua vita di sana e robusta contadina, lodando e benedicendo Dio. Così, la sua vita, ancor più di prima divenne un sì incondizionato a Dio.


Crocifissa del secolo XX

Un anno dopo, nel 1926, durante la settimana santa, nella quale la Chiesa celebra la memoria della morte e Risurrezione di Gesù, la giovane contadina di 28 anni scopriva nelle sue membra, mani, piedi, costato e persino sul capo, i segni della Passione di Cristo: le stigmate dolorose e sanguinanti, terribile e prezioso documento della predilezione di Dio per certe anime che chiama ad essere, anche nella carne, simili al Figlio suo.

Teresa, ben lungi dal desiderare il fenomeno, neppure lo conosceva, ma per 26 anni lo porterà nel suo corpo, sino alla morte.

Da allora, dalla notte di ogni giovedì, entrava letteralmente nei racconti evangelici della Passione. Era come se vivesse in tempo reale quei momenti e accompagnasse Gesù sino alla morte nel primo pomeriggio del venerdì, sanguinando copiosamente dalle ferite e versando sangue anche dagli occhi. La Passione di Gesù riviveva nelle membra straziate di Teresa Neumann.

I suoi studi erano stati appena quelli elementari e conosceva solo il dialetto della sua regione e un po’ il tedesco. Eppure ripeteva ad alta voce i lunghi dialoghi che sentiva dentro di sé in aramaico, greco e latino. Diversi specialisti di queste lingue antiche sedevano al suo capezzale sempre più sbalorditi dall’esattezza dei suoi discorsi.

Alle 15 del venerdì cadeva in un sonno profondo da cui si risvegliava felice, con le ferite richiuse, il corpo fresco, rivivendo nella sua carne, il mattino della domenica, il momento della Risurrezione di Cristo.

Nel suo cuore di donna, conquistato totalmente dall’amore infinito e crocifiggente di Dio, diventava sempre più una realtà unica con Gesù; la configurazione a Cristo, a partire dalla propria volontà, è la santità vera. Teresa Neumann, al di là dei fenomeni straordinari che viveva, cercava questa santità: essere come Gesù, diventare Gesù, accanto a Maria che la sosteneva.


La mia carne è vero cibo

Sin da quando era guarita dalla cecità e dalla paralisi, Teresa sentiva sempre di meno il desiderio di nutrirsi. Da quando ebbe le stigmate, per 36 anni, fino alla sua morte, non mangiò né bevve alcunché: soltanto ogni mattina, alle sei, riceveva Gesù Eucaristia. Pochi grammi di pane per ogni giorno.

Molti, giustamente, la pensavano una simulatrice. Tutto fu tentato per smascherarla, ma sempre i medici, invitati per controllarla, arrivavano scettici e se ne partivano convertiti. La Diocesi di Ratisbona, cui Teresa apparteneva, organizzò una commissione severissima che, a turno, per settimane intere, non la perse di vista neppure un istante, né di giorno, né di notte, senza mai lasciarla sola.

Altre commissioni, diverse da quella ecclesiastica, interamente formate da persone non credenti giunsero alla medesima conclusione: Teresa Neumann si nutriva di sola Eucaristia, rifiutando sempre d’istinto, quando per provarla, le offrivano un’ostia non consacrata. Ella voleva Gesù solo, viveva per Lui e di Lui, realizzando alla lettera il discorso del Divin Maestro proclamato nella sinagoga di Cafarnao: «Chi mangia di me, vivrà per me» (Gv 6,57).

Il suo parroco, constatato con sicurezza il fenomeno che durava da anni, affermò: «In Teresa si compì alla lettera la parola di Gesù: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda; così come: Non di solo pane vive l’uomo. Quasi che il Cristo volesse mostrare che nutrirsi misticamente di Lui basta anche alla vita fisica».

Ed è proprio per questo fenomeno straordinario che il Reich di Hitler non diede, o meglio, ritirò a Teresa la tessera del vitto, benché già molto razionato, perché a lei bastava quell’Ostia che le portava ogni mattina il sacerdote. Così anche la burocrazia nazista rendeva testimonianza ad una meraviglia strabiliante. Era la meraviglia della follia della Croce che si realizzava in Teresa, ma quella follia l’aveva anche dotata di uno stupendo equilibrio psichico.

Al di fuori dei giorni della Passione e Risurrezione, Teresa Neumann conduceva una vita normalissima: lavorava in giardino e talvolta anche nei campi, si muoveva nei dintorni, riceveva, consolava, sosteneva i pellegrini che venivano a farle visita, rispondeva di persona ad innumerevoli lettere e qualcuno diceva che nella sua casa si operassero anche miracoli. Aveva l’aspetto florido e roseo della serena, buona e felice casalinga della Baviera; non aveva pose da mistica, tutta semplicità, bontà e serenità, donna di una giocondità straordinaria, di chi sa di essere chiamata alla Vita senza confini!

Teresa e la sua famiglia erano decisamente antinazisti, ma Hitler non la molestò mai, perché temeva quella donna che, attraverso le sue visioni, gli annunciava il giorno dell’ira e la sua catastrofe finale. Hitler infatti era soggiogato da tutto ciò che non era spiegabile razionalmente.

Una piccola umile donna, segnata dalle piaghe del Cristo che faceva tremare Hitler e le sue famigerate SS.

Teresa si spense nel 1962, a 64 anni. Migliaia e migliaia di persone hanno sollecitato presso la Diocesi di Ratisbona l’inizio del processo di beatificazione. Non si contano più le grazie a lei attribuite, decine sono i miracoli che sarebbero stati fatti per sua intercessione da Dio. Nel 2005 il vescovo di Ratisbona, Gerard Muller avviava il processo per la sua beatificazione. 

Teresa Neumann è stata il segno vivo della presenza del Cristo vivo nella storia.

Poiché la fede è l’incontro con il Vivente, credibile, palpabile, operante, anche per mezzo dei Santi.

domenica 14 aprile 2024

IL PRIMO VINO E' BELLISSIMO: L'INNAMORAMENTO...MA NON DURA PER SEMPRE...

 IL PRIMO VINO E' BELLISSIMO: L'INNAMORAMENTO...MA NON DURA PER SEMPRE...


...Come ho detto, è bello questo sentimento dell’amore, ma deve essere purificato, deve andare in un cammino di discernimento, cioè devono entrare anche la ragione e la volontà; devono unirsi ragione, sentimento e volontà. Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: «Sei innamorato?», ma «Vuoi», «Sei deciso». Cioè: l’innamoramento deve divenire vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione in un cammino, che è quello del fidanzamento, di purificazione, di più grande profondità, così che realmente tutto l’uomo, con tutte le sue capacità, con il discernimento della ragione, la forza di volontà, dice: «Sì, questa è la mia vita». Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino, cioè deve fermentare e crescere, maturare. Un amore definitivo che diventi realmente «secondo vino» è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare. E qui è importante anche che l’io non sia isolato, l’io e il tu, ma che sia coinvolta anche la comunità della parrocchia, la Chiesa, gli amici. Questo, tutta la personalizzazione giusta, la comunione di vita con altri, con famiglie che si appoggiano l’una all’altra, è molto importante e solo così, in questo coinvolgimento della comunità, degli amici, della Chiesa, della fede, di Dio stesso, cresce un vino che va per sempre...


BENEDETTO XVI - dal "Discorso al Parco di Bresso 02 giugno 2012 -

Le api

 Non conoscevo tutto questo…

Sapevi che il miele contiene una sostanza che aiuta il cervello umano a funzionare meglio?

Sapevi che il miele è l'UNICO cibo sulla terra che da solo può sostenere la vita umana?

Sapevi che un cucchiaino di miele è sufficiente per sostenere la vita umana per 24 ore?

Sapevi che la propoli prodotta dalle api è il più potente ANTIBIOTICO naturale?

Sapevi che il miele non ha una data di scadenza? 

Sapevi che per guadagnare 1 kg. di tesoro, hai bisogno del nettare di più di 1.000.000 di fiori?

Sapevi che c'è un cucchiaio di legno speciale per il miele, e non uno di metallo?

Sapevi che i pascoli di api sono il cibo più salutare del mondo?

Sapevi che Il polline può avere più di 1500 colori e sfumature?

Sapevi che i corpi dei grandi imperatori del mondo sono stati sepolti in bare d'oro e poi ricoperti di miele per evitare il marcimento?

Sapevi che le api sono gli UNICI insetti che producono cibo per l'uomo?

Sapevi che mamma (regina) depone il doppio del suo peso nelle uova in un giorno?

Sapevi che le api battono le ali più di 11.000 volte al minuto?

Sapevi che l'unico miele che può essere apprezzato da persone allergiche ai prodotti dell'apicoltura è il miele di manna (manuka).

Sapevi che il miele manuka è il miglior miele per le donne?

Sapevi che il miele di acacia non è dolcificato?

Lo sai questo?

Un'ape vive meno di 40 giorni, visita almeno 1000 fiori e produce meno di un cucchiaino di miele, ma per lei è tutta la vita! 


GRAZIE API LABORIOSE... 🐝🧡🐝


Grazie ad Annamaria

sabato 13 aprile 2024

Per vivere bene

 Coltiva tre cose: la bontà, la saggezza e l’amicizia.

Cerca tre cose: la verità, la filosofia e la comprensione.

Ama tre cose: le buone maniere, il valore ed il servizio.

Governa tre cose: il carattere, la lingua e la condotta.

Apprezza tre cose: la cordialità, l’allegria e la decenza.

Difendi tre cose: l’onore, gli amici e i deboli.

Ammira tre cose: il talento, la dignità e la grazia.

Escludi tre cose: l’ignoranza, l’offesa e l’invidia.

Combatti tre cose: la bugia, l’odio e la calunnia.

Conserva tre cose: la salute, il prestigio e il buon umore.


Jiddu Krishnamurti


in fondo al bicchiere ci aspetta Dio



"Il primo sorso dal
bicchiere della scienza
rende atei, ma in fondo al
bicchiere ci aspetta Dio!"

Werner Karl Heisenberg
fisico Premio Nobel 1932

Le persone si dimenticano della morte

 [Le persone si dimenticano della morte; dimenticano che essi in questo mondo non vivono, ma passano. In questo inganno si trovano i bambini, ma molto spesso anche gli adulti, perfino in vecchiaia, non pensano alla morte; vivono così come se la morte non ci fosse, come se fossero certi di vivere eternamente.

Queste persone solo al momento della morte capiscono la loro vera condizione e con terrore, ma ormai troppo tardi, scorgono l’orrore irrimediabile di tutta la loro vita. Pertanto, se io fossi chiamato a dare un unico consiglio agli esseri umani, io non direi loro che una cosa: fermatevi per un istante, smettete di lavorare, guardatevi intorno, pensate a ciò che siete, pensate a ciò che vorreste essere, mirate ad un ideale. Date valore ai vostri giorni, colmate le vostre vite di un senso, di uno scopo, di “ricchezza”, di amore.]


Lev Tolstoj

martedì 9 aprile 2024

Amore Prevert

 Questo amore

Così violento

Così fragile

Così tenero

Così disperato

Questo amore

Bello come il giorno

E cattivo come il tempo

Quando il tempo è cattivo

Questo amore così vero

Questo amore cosí bello

Così felice

Così gaio

E così beffardo

Tremante di paura come un bambino al buio

E così sicuro di sé

Come un uomo tranquillo nel cuore della notte

Questo amore che impauriva gli altri

Che li faceva parlare

Che li faceva impallidire

Questo amore spiato

Perché noi lo spiavamo

Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato

Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato

Questo amore tutto intero

Ancora così vivo

E tutto soleggiato

E' tuo

E' mio

E' stato quel che è stato

Questa cosa sempre nuova

E che non è mai cambiata

Vera come una pianta

Tremante come un uccello

Calda e viva come l'estate

Noi possiamo tutti e due

Andare e ritornare

Noi possiamo dimenticare

E quindi riaddormentarci

Risvegliarci soffrire invecchiare

Addormentarci ancora

Sognare la morte

Svegliarci sorridere e ridere

E ringiovanire

il nostro amore è là

Testardo come un asino

Vivo come il desiderio

Crudele come la memoria

Sciocco come i rimpianti

Tenero come il ricordo

Freddo come il marmo

Bello come il giorno

Fragile come un bambino

Ci guarda sorridendo

E ci parla senza dir nulla

E io tremante l'ascolto

E grido

Grido per te

Grido per me

Ti supplico

Per te per me per tutti coloro che si amano

E che si sono amati

Sì io gli grido

Per te per me e per tutti gli altri

Che non conosco

Fermati là

Là dove sei

Là dove sei stato altre volte

Fermati

Non muoverti

Non andartene

Noi che siamo amati

Noi ti abbiamo dimenticato

Tu non dimenticarci

Non avevamo che te sulla terra

Non lasciarci diventare gelidi

Anche se molto lontano sempre

E non importa dove

Dacci un segno di vita

Molto più tardi ai margini di un bosco

Nella foresta della memoria

Alzati subito

Tendici la mano

E salvaci.


     Jacques Prévert

Tu che non sai

 «Tu che non sai perché rido così forte quando rido, e piango così fitto quando piango, e mi accontento di così poco quando mi accontento, ed esigo tanto quando esigo. Tu che non sai come la vita sia molto più del tempo che passa fra il momento in cui si nasce e il momento in cui si muore, su questo pianeta dove gli uomini fanno miracoli per salvare un moribondo e le creature sane le ammazzano a cento, a mille, un milione per volta.»


(Oriana Fallaci - Niente e così sia)

domenica 7 aprile 2024

L'amore

 Il senso del dovere senza amore rende imbronciati.

La responsabilità senza amore rende implacabili. 

La giustizia senza amore rende duri.

La sincerità senza amore rende ipercritici. 

La saggezza senza amore rende fasulli. 

La gentilezza senza amore rende ipocriti. 

L'ordine senza amore rende pedanti.

La competenza senza amore rende presuntuosi. 

Il potere senza amore rende crudeli.

L'onore senza amore rende arroganti.

Il possesso senza amore rende avari.

La fede senza amore rende fanatici. 


La risposta è sempre l'amore.


Lao-Tzu



giovedì 4 aprile 2024

Nostalgia

 [ In greco “ritorno” si dice nòstos. Álgos significa “sofferenza”. La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare. ]


Per questa nozione fondamentale la maggioranza degli europei può utilizzare una parola di origine greca (nostalgia, nostalgie), poi altre parole che hanno radici nella lingua nazionale: gli spagnolo dicono añoranza, i portoghesi saudade. In ciascuna lingua queste parole hanno una diversa sfumatura semantica. Spesso indicano esclusivamente la tristezza provocata dall’impossibilità di ritornare in patria. Rimpianto della propria terra. Rimpianto del paese natio. Il che, in inglese, si dice homesickness. O in tedesco Heimweh. In olandese: heimwee. Ma è una riduzione spaziale di questa grande nozione. Una delle più antiche lingue europee, l’islandese, distingue i due termini: söknudur: “nostalgia” in senso lato; e heimfra: “rimpianto della propria terra”. Per questa nozione i cechi, accanto alla parola “nostalgia” presa dal greco, hanno un sostantivo tutto loro: stesk, e un verbo tutto loro; la più commovente frase d’amore ceca: stỳskà se mi po tobě: “ho nostalgia di te”; “non posso sopportare il dolore della tua assenza”. In spagnolo, añoranza viene dal verbo añorar (“provare nostalgia”), che viene dal catalano enyorar, a sua volta derivato dal latino ignorare. Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell’ignoranza. Tu sei lontano, e io non so che ne è di te. Il mio paese è lontano e io non so cosa succede laggiù. Alcune lingue hanno qualche difficoltà con la nostalgia: i francesi non possono esprimerla se non con il sostantivo di origine greca e non hanno il verbo relativo; Je m’ennuie de toi (“sento la tua mancanza”), ma il verbo s’ennuyer è debole, freddo, e comunque troppo lieve per un sentimento cosi grave. I tedeschi utilizzano di rado la parola “nostalgia” nella sua forma greca e preferiscono dire Sehnsucht: “desiderio di ciò che è assente”; ma la Sehnsucht può applicarsi a ciò che è stato come a ciò che non è mai stato (una nuova avventura) e quindi non implica di necessità l’idea di un nòstos; per includere nella Sehnsucht l’ossessione del ritorno occorrerebbe aggiungere un complemento: Sehnsucht nach der Verganghenheit, nach der verlorenen Kindheit, nach der ersten Liebe (“desiderio del passato, dell’infanzia, del primo amore”).

L’Odissea, l’epopea fondatrice della nostalgia, è nata agli albori dell’antica cultura greca. Va sottolineato: Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico. Partì (senza grande piacere) per la guerra di Troia e vi rimase dieci anni. Poi si affrettò a tornare alla natia Itaca, ma gli intrighi degli dei prolungarono il suo periplo, dapprima di tre anni, pieni dei più bizzarri avvenimenti, poi di altri sette, che trascorse, ostaggio e amante, presso la dea Calipso, la quale, innamorata, non lo lasciava andar via dalla sua isola.

Nel quinto canto dell’Odissea, Ulisse le dice: “So anch’io, e molto bene, che a tuo confronto la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla… ma anche così desidero e invoco ogni giorno di tornarmene a casa, vedere il ritorno”. E Omero prosegue: “Così diceva: e il sole s’immerse e venne giù l’ombra: entrando allora sotto la grotta profonda l’amore godettero, stesi vicini l’uno all’altra”.

Nulla che si possa paragonare alla misera condizione di esule che Irena aveva a lungo vissuto. Ulisse conobbe accanto a Calipso una vera dolce vita, vita di agi, vita di gioie. Eppure, fra la dolce vita in terra straniera e il ritorno periglioso a casa, scelse il ritorno. All’esplorazione appassionata dell’ignoto (l’avventura), preferì l’apoteosi del noto (il ritorno). All’infinito (giacché l’avventura ha la pretesa di non avere mai fine), preferì la fine (giacché il ritorno è la riconciliazione con la finitezza della vita).

Senza svegliarlo, i marinai di Feacia adagiarono Ulisse avvolto nei lini sulla spiaggia di Itaca, ai piedi di un ulivo, e se ne andarono. Fu questa la fine del viaggio. Ulisse dormiva, esausto. Quando si svegliò, non sapeva dov’era. Poi Atena disperse la nebbia dai suoi occhi e fu l’ebbrezza; l’ebbrezza del Grande Ritorno; l’estasi del noto; la musica che fece vibrare l’aria tra la terra e il cielo: vide l’insenatura che conosceva sin dall’infanzia, i due mondi che la sovrastavano, e carezzò il vecchio ulivo per assicurarsi che fosse ancora quello di vent’anni prima.

Non c’è niente da fare. Omero rese gloria alla nostalgia con una corona d’alloro e stabilì in tal modo una gerarchia morale dei sentimenti. Penelope sta in cima, molto al di sopra di Calipso. Calipso, oh Calipso! Pensò spesso a lei. Ha amato Ulisse. Hanno vissuto insieme sette anni. Non sappiamo per quanto tempo Ulisse avesse condiviso il letto di Penelope, ma certo non così a lungo. Eppure tutti esaltano il dolore di Penelope e irridono le lacrime di Calipso.


Milan Kundera, da L'ignoranza - Traduzione di Giorgio Pinotti


§


Un uomo e una donna si incontrano per caso mentre tornano al loro paese natale, che hanno abbandonato vent’anni prima scegliendo la via dell’esilio. Riusciranno a riannodare i fili di una strana storia d’amore, appena iniziata e subito inghiottita dalla palude stigia della storia? Il fatto è che dopo una così lunga assenza «i loro ricordi non si somigliano». Crediamo che i nostri ricordi coincidano con quelli di chi abbiamo amato, crediamo di avere vissuto la medesima esperienza, ma è un’illusione. D’altro canto, che può fare la nostra flebile memoria? Del passato, non ricorda che una «insignificante minuscola particella senza che nessuno sappia perché proprio questa e non un’altra». Viviamo sprofondati in un immenso oblio, e ci rifiutiamo di saperlo. Solo coloro che, come Ulisse, tornano dopo vent’anni alla natia Itaca possono contemplare da vicino, attoniti e abbagliati, la dea dell’ignoranza. E solo Kundera, fra gli scrittori di oggi, poteva riuscire a trasformare temi vertiginosi come l’assenza, la memoria, l’oblio, l’ignoranza in materia romanzesca e orchestrare con essi una magistrale, toccante polifonia.


Adelphi ed.

mercoledì 3 aprile 2024

Tienimi l’ultimo posto, Dio

 "Tienimi l’ultimo posto, Dio.

Quello che non dà troppo nell’occhio,

in fondo alla tavola,

più vicino ai camerieri che ai festeggiati.

Perché non so stare con le persone importanti.

Non so vincere.

Non sono capace a far festa come gli altri.

Tienimi l’ultimo posto, Dio.

Quello che nessuno chiede.

Giù, in fondo al bus sgangherato

che trasporta i pendolari della misericordia

ogni giorno dal peccato al perdono.

Tienimi l’ultimo posto, Dio.

Quello in fondo alla fila.

Aspetterò il mio turno

e non protesterò se qualche prepotente

mi passerà davanti.

Tienimi l’ultimo posto, Dio.

Per me sarà perfetto

perché sarai Tu a sceglierlo.

Sarò a mio agio

e non dovrò vergognarmi di tutti i miei errori.

Sarà il mio posto.

Sarà il posto di quelli come me.

Di quelli che arrivano ultimi,

e quasi sempre in ritardo,

ma arrivano,

cascasse il mondo.

Tienimi quel posto, Dio mio."


Eric Pearlman

lunedì 1 aprile 2024

La bellezza

 La bellezza è necessaria

alla piena realizzazione

del bene del mondo,

perché solo essa

illumina la tenebra

del nostro mondo

-VLADIMIR SOLOVEV

sabato 30 marzo 2024

GALILEO GALILEI

 GALILEO GALILEI SEPOLTO NELLO STANZINO DELLE SCOPE....

Siamo nel Luglio 1730 quando viene eletto papa Clemente XII ( Lorenzo Corsini)  grazie all’aiuto e influenza del Granduca Giangastone. Ultimato l’insediamento del nuovo pontefice il Granduca chiede un favore….ma quale ? Bisogna tornare indietro nel tempo quando uno dei massimi scienziati scrutava il cielo con il suo cannocchiale: si tratta di Galileo Galilei. Intorno al 1610  Galileo torna a Firenze tramite richiesta del suo allievo prediletto ossia Cosimo II de’Medici . La ricerca nel campo astronomico porta sempre più spesso a cercare nel cielo tutte quelle risposte che lo scienziato cerca, ma questa sua intraprendenza viene presa di mira da due padri domenicani di S.M.Novella : padre Caccini e padre Lorini. Nel 1616 Galileo viene denunciato al tribunale del Santo Uffizio dell’Inquisizione per le sue idee dichiarate eretiche. Il Granduca suo grande stimatore e amico convince  Galileo di recarsi a Roma per farsi giudicare, non dovrà temere niente perché verrà trattato da tutti come un membro della casata Medici. Arrivato a Roma viene accompagnato al Santo Uffizio da Piero Guicciardini ambasciatore fiorentino, la figura di Galileo non viene considerata come scienziato ma come rappresentante di Cosimo II. Il “presidente” della commissione sul giudizio di Galileo è il cardinale Roberto Bellarmino originario di Montepulciano. Il cardinale in modo molto pacato chiede a Galileo le sue idee sul creato celeste e quest’ultimo risponde con le sue argomentazioni scientifiche, visto e considerando la benevolenza nei suoi confronti Galileo gioca il “Jolly” ovvero chiede al cardinale se la sua teoria del sole al centro dell’universo può essere trattata come ipotesi matematica e magari anche scritta. Bellarmino visto i buoni propositi o forse anche per i propri cari a Montepulciano diretti sudditi di Cosimo II accetta con la riserva che Galileo possa discutere con gli altri studiosi sul sistema eliocentrico purché rimanga come teoria e non certezza assoluta sul creato divino. A questo punto Galileo torna a Firenze come vincitore per non essere stato inquisito, ma i “Canes Domini” come venivano chiamati i padri domenicani inquisitori erano sempre all’erta pronti per colpire di nuovo. Passano gli anni muore Cosimo II al suo posto subentrerà Ferdinando II anch’esso ammaliato dalle scoperte scientifiche di Galileo, nel frattempo il nostro Galileo sperimentava i suoi metodi che diverranno nei secoli successivi basilari fino ai nostri tempi, ossia tutto deve essere verificato, bisogna mettere tutto in dubbio magari anche le vecchie credenze considerate perfette. Ecco che Galileo gioca il tutto per tutto...1632 viene stampato il celebre libro “Il dialogo sui massimi sistemi” questa volta per essere compreso da tutti viene scritto in italiano. Il testo è un dialogo tra tre personaggi : Simplicio persona semplice e ignorante difende le idee tolemaiche, Sagredo ( amico di Galileo tra l’altro scomunicato) spiega con grande enfasi le teorie copernicane, mentre il pacere di turno ovvero  il mediatore e Salviati astronomo e scienziato il quale cerca più di controbattere le idee tolemaiche che quelle copernicane. Il fatto è che il personaggio di Simplicio in realtà sarebbe il papa (Urbano VIII) stesso protettore di tutti quei principi fondamentali della fede cattolica e in questo caso della Bibbia, purtroppo ad aggravare la situazione nei confronti di Galileo è anche la famosa Guerra dei Trent’anni ( 1618-48), conflitto improntato tra la religione protestante e quella cattolica. Chi mette in dubbio la parola della Bibbia deve essere messo a tacere perciò Galileo Galilei viene convocato nuovamente a Roma per l’ennesima volta dall’Inquisizione, però questa volta non c’è Bellarmino ma il futuro cardinale Vincenzo Maculani il quale ha il compito di estorcere anche con la tortura la dichiarazione di Galileo il quale negava la sua teoria giudicata eretica, ma grazie anche questa volta della benevolenza del cardinale Maculani visto anche la tarda età del condannato, convince lo stesso Galileo ad abiurare le sue tesi scientifiche e fu così che nel 1633 lo scienziato potè tornare a casa dopo un piccolo periodo a Siena nella dimora dell’amico arcivescovo Ascanio Piccolomini. Nella sua villa ad Arcetri agli arresti domiciliari Galileo diventa a poco a poco cieco visto per la cateratta, operazione molto pericolosa in quel periodo, verrà aiutato  dalla figlia suor Maria Celeste e in seguito dal fido e devoto allievo Vincenzo Viviani . Ma ecco arrivati al problema ….dopo la morte dello studioso che ha rivoluzionato la scienza moderna avvenuta l’ 8 Gennaio 1642, inizia il tira e molla sulla sepoltura dello stesso scienziato. Nel proprio testamento Galileo scrive che il suo corpo venga deposto nella chiesa di S.Croce insieme ai suoi cari, ma...poteva un condannato per tesi eretiche essere sepolto nella chiesa che era la sede dell’inquisizione, in questa situazione chiesero a Roma se tutto ciò era possibile. La risposta fu categorica ...NO assolutamente….ma...la città fiorentina da chi era comandata? Ma ovviamente da Ferdinando II de’Medici che convocò i frati di S.Croce e impose che il corpo di Galileo fosse sepolto nella chiesa. A questo punto i poveri fraticelli  con grande arguzia consultando la pianta della chiesa si accorsero di un piccolo ambiente adiacente alla chiesa stessa..poteva essere questo il luogo destinato all’insigne scienziato? Decisero così di collocare la salma in questo ambiente adibito al deposito delle “granate” ( accanto alla Cappella del Noviziato), perciò a Roma fu detto che non era in chiesa e al Granduca fu detto che era in S.Croce una finezza da parte dei frati francescani. Successivamente il discepolo Viviani fece mettere un busto del maestro e delle scritte in modo da ricordare la figura dello scienziato. Adesso torniamo al 1730 quando Giangastone chiede al papa Clemente XII di riesumare il corpo e creare una tomba in S.Croce per il corpo di Galileo. Il papa non può che accettare visto la sua elezione sia stata “spinta “   dal Granduca di Toscana ed ecco così che Giangastone da il benestare della costruzione del mausoleo che possiamo vedere tutt’oggi in tutto il suo splendore. Grazie per l’attenzione e al prossimo post.

cosa ottieni ′′pregando Dio

 Una volta chiesero a signore anziano:

“cosa ottieni ′′pregando Dio regolarmente”?

Rispose:

′′ Di solito ′′ non ottengo niente ′′ ma ′′ perdo cose."

Ed elencò tutto ciò che perse pregando Dio regolarmente:

“Ho perso l'orgoglio, l'arroganza, l'avidità, l’invidia.

Ho perso la rabbia, la falsità, l’ingratitudine, l'impazienza, la disperazione e lo sconforto.”

A volte preghiamo, non per ottenere qualcosa, ma

per perdere cose che ci impediscono di crescere spiritualmente.

La preghiera educa alla gratitudine e rende più forti,

perchè è il canale che ci collega direttamente con Dio.


Autore sconosciuto



martedì 26 marzo 2024

Melatonina

 

MELATONINA - METODO DI BELLA 

Da anni la Farmacia del Pavaglione allestisce farmaci a base di Melatonina coniugata con Adenosina e Glicina. In questo approfondimento verranno esposti quelli che sono i benefici di questo farmaco secondo la Terapia del Metodo Di Bella. 

Il Metodo Di Bella prende il nome dal suo Medico Scienziato che l’ha ideata, il Dottor Luigi Di Bella, ed è frutto di approfonditi studi circa il trattamento e la prevenzione di patologie tumorali e degenerative. 

Le principali ricerche condotte dal Professore Di Bella, a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, hanno evidenziato il ruolo della Melatonina nella prevenzione e terapia di varie neoplasie. In particolare, per confermare l’efficacia della Terapia del Metodo Di Bella, sono stati compiuti molteplici studi che hanno definito gli effetti in vitro della Melatonina sulla proliferazione di linee cellulari neoplastiche e la morte programmata delle stesse, fenomeni che variano però in base alla situazione istologica che li caratterizza.   

COSA È LA MELATONINA? QUAL È IL SUO USO NELLA TERAPIA DI BELLA? 

La Melatonina è un ormone principalmente prodotto, in maniera prevalente durante la notte, dalla ghiandola pineale o epifisi che si trova alla base del cervello e svolge – secondo la Terapia del Metodo Di Bella – importanti effetti nella prevenzione e terapia delle patologie tumorali e degenerativeSecondo gli approfondimenti del Professore, è possibile “considerare e distinguere un’azione antitumorale indiretta della Melatonina attraverso l’inibizione dei radicali liberi e l’effetto antiossidante, unitamente alla protezione dall’effetto cancerogeno e degenerativo di campi elettrici e magnetici. Va considerato tra le azioni antitumorali indirette anche l’effetto antinvecchiamento e antidegenerativo del tessuto nervoso e vascolare e la proprietà antiaggregante piastrinica. Rilevante anche l’azione d’attivazione e potenziamento delle difese immunitarie, la modulazione neuroendocrina e circadiana, l’effetto sul midollo osseo con riflessi determinanti sulla crasi ematica, la dinamica midollare, la produzione di piastrine, globuli rossi e globuli bianchi. L’azione antitumorale diretta si attua inibendo la proliferazione e la crescita di cellule tumorali, ostacolando la tendenza di cellule normali a divenire neoplastiche inducendo il ricambio cellulare e la sostituzione di cellule tumorali con cellule sane attraverso il meccanismo definito “apoptosi”. E’ documentata anche un’azione antimetastatica attraverso l’inibizione della diffusione a distanza delle cellule tumorali unitamente alla capacità di migliorare in maniera significativa il profondo stato di decadimento psicofisico degli stadi tumorali avanzati comunemente definiti “cachessia neoplastica”.1 

MELATONINA CON ADENOSINA 

Sono stati compiuti degli studi al fine di ottenere una formulazione di Melatonina dalla massima purezza e idrosolubile. Dopo numerose sperimentazioni, la Adenosina è stata considerata la molecola più adeguata alla dissoluzione della Melatonina in acqua.  

La Melatonina e la Adenosina riescono a formare un complesso stabilizzato dalla presenza di Glicina, la quale contribuisce alla formazione di ponti-idrogeno. In tal modo, la Melatonina così complessata risulta essere totalmente idrosolubile.  

Dal 1994 la Melatonina con Adenosina in rapporto 1:4 stabilizzata con il 30% di Glicina è impiegata nel Metodo Di Bella. All’interno di questo preparato la Melatonina viene coniugata ad Adenosina e Glicina al fine di assicurare una migliore biodisponibilità del medicamento.

MELATONINA: DOSAGGIO 

Come riportato sul Portale della Fondazione Giuseppe Di Bella è consigliato assumere la Melatonina:   “In compresse da 2 mg a 20 mg o più al giorno. Da ingerire preferibilmente prima del pasto, distribuita uniformemente nel corso della giornata con concentrazione nettamente superiore la sera.” 2   

MELATONINA: PREVENZIONE  

La Melatonina agisce all’interno di diversi processi fisiologici, come nella regolazione dei ritmi circadiani, il sonno, i cambi stagionali e nella funzione riproduttiva e cardiovascolare, oltre che nella modulazione delle funzioni del sistema immunitario ed emopoietico.

Nel corso degli studi è stato consolidato un suo “deciso effetto antiossidante dose-dipendente e di protezione dal danno di sostanze chimiche carcinogene con azione “Free Radical Scavenger”. Tale azione è sperimentalmente riproducibile, con implicazioni rilevanti nella prevenzione e terapia dei tumori