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domenica 28 febbraio 2021

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Ascorbato di potassio, una risorsa in più per i pazienti oncologici (e non solo)

di Valentina Bennati
comedonchisciotte.org

Quando l’evidenza impone certi fatti, allora la ragione e l’etica obbligano a indagare. Si scopre così che c’è una storia che merita di essere conosciuta, quella dell’ascorbato di potassio, molecola individuata dal chimico fiorentino Gianfrancesco Valsé Pantellini alla fine degli anni ’40 del secolo scorso grazie a un ‘errore’.

Siamo a Firenze nel primo dopoguerra. Un orefice di nome Giovanni che Valsé Pantellini conosceva bene si ammalò di un tumore allo stomaco. Fu dichiarato inoperabile e non gli restavano che pochi mesi di vita. Siccome soffriva di forti dolori allo stomaco, Valsé Pantellini gli consigliò delle limonate con del bicarbonato ma, dopo un anno, quando – preoccupato per il suo stato di salute – andò a trovarlo a casa, lo trovò completamente ristabilito. Sorpreso, gli chiese allora che cura avesse mai fatto e lui gli rispose che continuava a prendere solo le limonate con il bicarbonato, cosa che stava facendo proprio in quel momento. Valsé Pantellini guardò incuriosito il barattolo da cui Giovanni attingeva con un cucchiaino la piccola dose di bicarbonato e si accorse che quel barattolo aveva un aspetto insolito, lo girò per leggere l’etichetta e si accorse che era sì bicarbonato, ma di… potassio!

Sul momento Valsé Pantellini pensò che avessero sbagliato le radiografie e andò a Careggi a parlare con il medico che le aveva fatte, invece no, erano proprio giuste: la lesione era sparita. Allora cominciò a ragionare sull’accaduto e scovò una vecchia ricerca fatta da Moraweck e Kishi nel 1932, i quali avevano messo in evidenza l’alta percentuale di potassio all’interno delle cellule sane e la bassa percentuale di potassio nei tessuti neoplastici dei portatori di tumori maligni.

Da quel momento è iniziata l’avventura dell’ASCORBATO DI POTASSIO. Il primo lavoro scientifico del Dott. Pantellini è stato presentato e pubblicato sulla Rivista di Patologia Medica nel 1970, ben 22 anni dopo quel fatto così significativo e dopo molti malati ‘passati dalle sue mani’. Chi lo ha conosciuto bene lavorando al suo fianco dice che Pantellini faceva parte di quella schiera di persone che prima di parlare aveva necessità di verificare, sperimentare, analizzare. Così solo quando è stato ragionevolmente sicuro della credibilità e riproducibilità dei suoi dati ha deciso di presentare ufficialmente il frutto del proprio lavoro.

A quel lavoro ne è seguito solo un altro, pubblicato quattro anni dopo (1974) sempre sulla stessa rivista.

E poi niente altro, se si eccettua la pubblicazione da parte di Andromeda del suo ultimo lavoro: ‘Il cofattore K+, 50 anni di ricerca e terapia contro i tumori’.

Di fronte alle richieste di nuove pubblicazioni la sua risposta era sempre la stessa: “Quello che dovevo dire l’ho detto. Io non ho tempo da perdere scrivendo, devo lavorare!”. Intendendo, con questo, che doveva dare risposte alle tante persone che continuamente si rivolgevano a lui“Ora sta agli altri verificare”, aggiungeva.

E così è stato. Altri, negli anni, hanno verificato e nel 2000 è nata la Fondazione Internazionale Valsé Pantellini per la Ricerca e lo Studio delle Malattie Degenerative a cui, grazie al passaparola, nel tempo si sono rivolte centinaia e centinaia di persone.

Il Dottor Guido Paoli, fisico, ne è il responsabile scientifico, lo ringraziamo per aver accettato di fare questa intervista.

 

Dottor Paoli ci sono molti modi per aiutare il nostro organismo – e il sistema immunitario in particolare – a  ‘lavorare’ nel modo migliore possibile. Nel vasto ventaglio di queste possibilità rientra anche l’ascorbato di potassio, di che si tratta e come funziona questa sostanza?

“L’ascorbato di potassio è un sale derivato dalla vitamina C che si ottiene miscelando estemporaneamente a freddo, in 20 cc di acqua (circa un dito) e a stomaco vuoto: 150 mg di acido ascorbico e 300 mg di bicarbonato di potassio. Il metodo si basa sul potassio, che è ‘l’attore principale’ del metodo Pantellini. Questo elemento deve stare a determinate concentrazioni all’interno delle cellule, dove svolge azioni fondamentali: regolazione del metabolismo, attivazione di enzimi e proteine, stabilità genetica. L’acido ascorbico ha la fondamentale funzione di trasportatore, ed è così importante perche è in grado di permettere l’entrata del potassio nella cellula anche se le pompe sodio/potassio (preposte a regolare i movimenti di questi due elettroliti per ripristinare le corrette concentrazioni all’interno ed all’esterno delle cellule) fossero ‘fuori uso’ a causa dei meccanismi di stress ossidativo. Da quasi 20 anni il composto è stato integrato con 3 mg di Ribosio, che agisce come ‘turbo’ per velocizzare l’entrata del potassio nelle cellule”.

In questi anni il vostro lavoro è stato supportato da fatti, dati e ricerche scientifiche?

“Sì, abbiamo attivato varie collaborazioni con vari professionisti e con strutture pubbliche e private. La ricerca ‘sul campo’ è stata portata avanti dalla Prof.ssa Cecilia Anichini, pediatra e genetista dell’Università degli studi di Siena (adesso in pensione), che ha somministrato l’ascorbato di potassio con ribosio a bambini affetti da malattie genetiche rare ed orfane (cioè senza farmaci che le contrastino efficacemente), con aumentato rischio oncologico. Sono stati evidenziati sia una significativa riduzione dello stress ossidativo (parametri di laboratorio) che un miglioramento obiettivo sensibile delle condizioni generali dei bambini.
Un lavoro del 2017, sviluppato da un gruppo di studio che ha messo insieme ricercatori delle Università di Ferrara e Siena, ha evidenziato come l’ascorbato di potassio con ribosio utilizzato su linee cellulari di melanoma ne abbia ridotto la vitalità e la proliferazione (inclusa una diminuzione nel volume e nelle dimensioni di tali cellule neoplastiche), tanto che gli autori lo propongono come un approccio adiuvante alle terapie convenzionali nel trattamento del melanoma.
La Fondazione Pantellini, in collaborazione con il gruppo della Sezione di Biofisica e Fisica Medica del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, ha portato avanti degli studi ‘in vitro’, cioè su linee cellulari tumorali e sane, per valutare l’efficacia della combinazione D-ribosio e bicarbonato di potassio (K-D:Rib), quale ulteriore passo avanti nello sviluppo di una strategia che permetta una rapida azione per contrastare i tumori solidi. Il composto riduce la velocità di proliferazione agendo sul tempo del ciclo cellulare delle cellule tumorali del seno esaminate (tumore primario triplo negativo e metastasi polmonari di ‘quel’ primario), mentre la somministrazione di K-D:Rib a cellule sane dello stesso seno non mostra alcuna tossicità né provoca variazioni morfologiche o di crescita rispetto alle stesse cellule non trattate.
Ed è su questa base che sarebbe importante aprire la discussione per uscire da meccanismi standardizzati e da posizioni chiuse ed arroccate, perché l’obiettivo non è stabilire chi abbia ragione e chi torto, ma come poter essere di aiuto alle persone nel miglior modo possibile, per tutelarne la dignità ed il diritto al rispetto assoluto della vita”.

Avete riscontrato anche guarigioni? Ci sono storie particolarmente significative di cui può dare testimonianza?

“Evitiamo accuratamente di utilizzare questo termine, perché può portarci fuori strada. Mi spiego meglio. La Fondazione Pantellini non si muove per proporre un trattamento alternativo a ciò che viene ufficialmente proposto, ma segue la via integrativa/complementare, per sostenere le persone che stanno facendo chemio e/o radioterapia, nel tentativo di limitare gli effetti collaterali delle terapie stesse. E su questo fronte abbiamo dati che confortano molto in questo senso.
Poi ci sono persone che hanno scelto di non seguire il percorso terapeutico ufficiale proposto e che abbiamo cercato di sostenere con la metodica Pantellini. Alcune di queste persone sono ancora qui dopo 25-30 anni, altre non ce l’hanno fatta anche per situazioni già considerevolmente complesse e compromesse.
Vorrei ricordare che la verità sul cancro non la possiede nessuno e l’ascorbato di potassio con ribosio, e gli schemi associati, non rappresenta un elisir di lunga vita. Ma rappresenta un’opportunità per aiutare il nostro corpo a fare ciò che lui (il corpo) sa fare, sostenendolo nel recuperare le condizioni fisiologiche migliori e, contemporaneamente, cercando di contrastare l’evoluzione della patologia oncologica, tenendo conto che il metodo Pantellini cerca di togliere nutrimento alle cellule tumorali (il glucosio in eccesso per processi fermentativi accelerati) e quindi, in buona sostanza, di affamarle”.

Dunque questa molecola può rappresentare una grande risorsa per le persone che già hanno una patologia degenerativa conclamata. Può essere utile anche in via preventiva? Potrebbe essere d’aiuto anche per contrastare l’azione di patogeni, compreso un certo virus oggi tanto temuto? 

“L’ascorbato di potassio, con o senza ribosio, se assunto regolarmente senza interruzioni può a mio modo di vedere essere utilissimo in chiave preventiva, nel cercare di limitare il rischio di degenerazione cellulare e per cercare di mantenere l’organismo in uno stato di salute. Io stesso assumo il composto da oltre 45 anni senza interruzioni. In questo senso dovrebbe proprio essere incluso come un nutraceutico, presente costantemente in una corretta dieta alimentare, visto che si tratta di una sostanza fisiologica a dosaggio fisiologico.
Per quanto riguarda il contrasto ai patogeni, incluso il SARS-CoV-2, l’azione dell’ascorbato di potassio, con o senza ribosio, è volta a ottimizzare la risposta del sistema immunitario, limitando il rischio della cosiddetta ‘cascata citochimica’. Alcuni lavori pubblicati in Cina nel periodo legato alla cosiddetta ‘prima ondata’ (Gennaio-Maggio 2020) hanno evidenziato che i pazienti CoVid-19 in condizioni più critiche evidenziavano una condizione di ipokaliemia severa (potassio ematico estremamente basso)”.

Quali sono le formulazioni migliori di questa sostanza, dove si trova, come va assunta e quanto costa?

“La formulazione più indicata è quella in bustine separate con i componenti purissimi, da sciogliere in acqua, come detto precedentemente. Altre formulazioni (capsule, compresse effervescenti o masticabili, bustine sublinguali o altro) a mio modo di vedere sono assolutamente inefficaci. Non fanno certo male, ci mancherebbe, ma non sono adeguate per svolgere il lavoro per cui l’ascorbato di potassio è nato. La formulazione in bustine è reperibile in farmacia (prodotto da banco – integratore alimentare), in erboristeria, nelle parafarmacie, su internet.
L’assunzione a livello di prevenzione, in via assolutamente generale, prevede la somministrazione di una dose al giorno, ma sarebbe sempre utile contattare la Fondazione Pantellini per una valutazione medica, perché ci sono tanti fattori di cui tenere conto.
I costi dipendono dagli sconti attuati dai distributori e rivenditori. Diciamo che, per quanto a mia conoscenza, una confezione di ascorbato di potassio da 100 dosi (200 bustine) può oscillare fra € 25,00 e 35,00, quella con ribosio (stesse condizioni) fra € 35,00 e 45,00”.

Quindi un costo sicuramente basso, ma siccome questo è un pensiero che qualcuno potrebbe avere, vorrei capire se è possibile sgombrare il campo da tale dubbio: la Fondazione ha entrate sulla vendita che le aziende fanno dei prodotti che consigliate?

“La Fondazione non vende né distribuisce prodotti e non  ha alcuna entrata, diretta o sottobanco, dalla vendita dei prodotti che i medici consulenti della Fondazione stessa propongono. La Fondazione sopravvive grazie alle libere donazioni ed alle quote associative di chi si rivolge alla nostra struttura per un aiuto ed un supporto medico”.

Chiunque può assumere l’ascorbato di potassio? Può dare eventuali effetti collaterali?

“Proprio per le sue caratteristiche fisiologiche, ben note al nostro corpo, non ci sono evidenze di effetti collaterali rimanendo nel range dei dosaggi proposti. L’unica cosa che si segnala è la possibilità che l’ascorbato di potassio possa dar luogo inizialmente, in alcuni casi, proprio per la sua azione di regolazione sulla pompa cardiaca, ad un lieve rialzo di pressione (in genere non più di 20 mmHg sul valore massimo) che poi tende a regolarizzarsi entro 10-15 giorni.
Chiunque lo può assumere, ma particolare attenzione sui dosaggi deve essere attuata nei bambini e nei ragazzi, nelle persone in dialisi ed in quelle a rischio di ictus o ischemia, nelle persone in terapia psichiatrica importante e nelle donne in gravidanza. A questo proposito vorrei solo ricordare che il composto, sempre per la sua azione regolatoria ormonale, può aumentare la fertilità delle donne in età fertile, ottimizzando il picco ovulatorio”.

I tumori sono in crescita nonostante i progressi della medicina.  Eppure il mondo accademico e ospedaliero guardano sempre con sospetto chi propone chiavi di lettura diverse. Il lavoro della Fondazione Pantellini, pur avendo un substrato scientifico e culturale,  in questi anni ha incontrato delle resistenze?

“Purtroppo sì, anche se la Fondazione si è sempre mossa in via integrativa e non in contrapposizione. È strana, ma poi non tanto, questa chiusura ‘preventiva’ da parte del mondo medico e ospedaliero a quella che potrebbe essere una straordinaria risorsa per aiutare le persone sottoposte a terapie aggressive, proprio per permettere loro di avere meno effetti collaterali ed una qualità di vita potenzialmente migliore. Questa sarebbe quindi una risorsa anche per i medici stessi.
Lo stesso studio osservazionale che stiamo portando avanti, rivolto alle persone che non rispondono più alle terapie e che quindi sono lasciate alla sola cura palliativa – cioè coloro che sono chiamati ‘malati terminali’ e sui quali sembra che nessuno sia disposto ad investire né in termini professionali né economici – ha fatto così paura che tanti ‘addetti ai lavori’ contattati si sono tirati indietro”.

Lei ha conosciuto molto bene il dottor Pantellini perché ha lavorato per anni al suo fianco. Che ricordo ha di lui? Se fosse ancora vivo, che messaggio pensa desidererebbe trasmettere attraverso questa intervista?

“Il Dott. Pantellini era una persona straordinaria, per preparazione professionale e carica umana. Ho visto persone entrare disperate da lui ed uscire quasi con il sorriso sulle labbra, come sollevate dal loro peso, ma non perché avessero ricevuto false speranze, ma perché capivano di avere una persona che era disposta a lottare con loro, ad aiutarle fino all’ultimo respiro. Questo lui lo ha fatto davvero fino all’ultimo suo respiro. E questo è anche lo spirito e lo stile che la Fondazione vuole portare avanti, con Coerenza, Umiltà e Amore.
Io penso che il Dott. Pantellini vorrebbe ricordare a ciascuno di noi che ogni persona è preziosa e che ogni vita deve avere dignità fino alla fine, che il cancro non è così incurabile come spesso sembra e che una diagnosi nefasta non è una sentenza senza appello. È una partita che possiamo giocare cercando di guardare il problema da una prospettiva diversa, oltre la paura e oltre un nostro presunto senso di impotenza”.

 

Per ulteriori approfondimenti:

– http://valsepantellini.org

 

Fonti bibliografiche essenziali:

– Anichini, C., et al, (2011), Beckwith-Wiedemann Syndrome: Potassium Ascorbate with ribose Therapy in a Syndrome with High Neoplastic RiskAnticancer Research 31, 3973-3976

– Anichini, C., et al, (2012), Antioxidant effects of potassium ascorbate with ribose therapy in a case of Prader Willi SyndromeDisease Markers 33, 179-183

– Anichini, C., et al, (2013), Antioxidant Effects of Potassium Ascorbate with Ribose in Costello SyndromeAnticancer Research 33, 691-696

– Anichini, C., et al, (2014), Antioxidant strategies in genetic syndromes with high neoplastic risk in infant, Tumori 100, 590-599

– Bruni, L., et al, (2014), K-D:rib dampens Hs 578T cancer cell chemoinvasion and proliferationCancer Cell Int 14, 77 (open access dal sito di Cancer Cell International)

– Bruni, L., Croci, S., (2014), K:D-Rib: cancer cell proliferation inibitor and DNAzyme folding promoter.  Journal of Biological Research Vol.87, 2135  http://agronomyjournal.it/index.php/jbr/article/view/2135/1645

– Bruni, L., (2014), Antitumorigenicità del D-ribosio e KHCO3 sulla linea di carcinoma mammario Hs 578T edeffetti sulla linea d’epitelio mammarioumano non tumorale HS 578BSTTesi di Dottorato di Ricerca in Biotecnologie, Università degli studi di Parma, XXVI Ciclo – Anni 2011-2013

– Cavicchio, C., et al, (2017), Potassium ascorbate with ribose: promising therapeutic approach for melanoma treatmentOxidative Medicine and Cellular Longevity https://doi.org/10.1155/2017/4256519

– Croci, S., et al, (2001), Potassium ascorbate as protective agent in oxidation of red cellsAnticancer Research 21, Abstract of the International Conference on Antioxidant in Cancer Prevention and Therapy, 1572-1572

– Croci, S., et al, (2002), Potassium ascorbate as protective agent in the oxidation of red blood cellsHyperfine Interactions (C) Proceedings of the International Conference on the Applications of the Mössbauer Effect (ICAME 2001), Thomas MF, Williams JM, Gibb TC Ed.(s), Kluwer Academic Publishers, 241-244

– Croci, S., Bruni, L., (2011), Potassium bicarbonate and D-ribose effects on A72 canine and HTB-126 human cancer cell line proliferation in vitroCancer Cell Int11:30 (open access dal sito di Cancer Cell International)

– Paoli, G., (2003), The biomagnetic nature of cancer and the role of Potassium Ascorbate and Ribose against cellular degenerationJournal of New Energy Vol 7, 3, 114-119

– Paoli, G., (2007), La via del sale. Il metodo Pantellini nella risoluzione del “problema cancro”, Scienza e Conoscenza 21, 60-65

– Paoli, G., (2013), Il metodo Pantellini, Scienza e Conoscenza 46, 16-23

– Paoli, G., (2014), Le meraviglie del potassioScienza e Conoscenza 50, 24-25

– Paoli, G., (2020), Ascorbato di potassio. Una visione diversa dei tumori con il metodo Pantellini, Terra Nuova Ed., Firenze, 2020

– Valsè Pantellini, G., (1970), Breve cenno sulla genesi dei tumori e sopra una eventuale terapia dei medesimi con sali di potassio e in particolare con ascorbato di potassioRivista di Patologia e Clinica XXV: 219-225

– Valsè Pantellini, G., (1974), Legami idrogeno (H) e salificazione degli stessi da parte del potassio (K) nella strutturazione della materia viventeRivista di Patologia e Clinica XXIX: 193-198

– Valsé Pantellini G: Il cofattote K+. Cinquant’anni di ricerca e terapia contro i tumori. Società Editrice Andromeda

Il digiuno

 

Se digiuni, provalo con le tue azioni!

San Giovanni Crisostomo:

Il valore del digiuno consiste non solo nell’evitare certi cibi, ma anche nel rinunciare a tutti gli atteggiamenti, i pensieri e i desideri peccaminosi. Chi limita il digiuno semplicemente al cibo sta minimizzando il grande valore che possiede il digiuno. Se digiuni, le tue azioni devono provarlo!

Se vedi un fratello in stato di necessità, abbi compassione di lui. Se vedi un fratello che ottiene un riconoscimento, non provare invidia. Perché il digiuno sia vero non può esserlo solo a parole, ma si deve digiunare con gli occhi, con le orecchie, con i piedi, con le mani e con tutto il corpo, con tutto ciò che è interiore ed esteriore.

Digiuni con le tue mani mantenendole pure nel servizio disinteressato agli altri. Digiuni con i tuoi piedi non essendo tanto lento nell’amore e nel servizio. Digiuni con i tuoi occhi non vedendo cose impure, o non concentrandoti sugli altri per criticarli. Digiuna da tutto ciò che mette in pericolo la tua anima e la tua santità. Sarebbe inutile privare il corpo del cibo ma nutrire il cuore di spazzatura, di impurità, di egoismo, di comodità.

Digiuni dal cibo ma ti permetti di ascoltare cose vane e mondane. Devi digiunare anche con le orecchie. Devi digiunare dall’ascoltare alcune cose che si dicono dei tuoi fratelli, menzogne sugli altri, soprattutto pettegolezzi, voci o parole fredde e dannose.

Oltre a digiunare con la bocca, devi digiunare dal dire qualsiasi cosa che possa fare male all’altro, perché a cosa ti serve non mangiare carne se divori tuo fratello?

San Giovanni Crisostomo

Vieni fuori!”; vieni fuori dall’ingorgo della tristezza senza speranza;

 VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE FRANCESCO A CARPI E MIRANDOLA

SANTA MESSA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Piazza Martiri (Carpi)
V Domenica di Quaresima, 2 aprile 2017

[Multimedia]


 

Le Letture di oggi ci parlano del Dio della vita, che vince la morte. Soffermiamoci, in particolare, sull’ultimo dei segni miracolosi che Gesù compie prima della sua Pasqua, al sepolcro del suo amico Lazzaro.

 tutto sembra finito: la tomba è chiusa da una grande pietra; intorno, solo pianto e desolazione. Anche Gesù è scosso dal mistero drammatico della perdita di una persona cara: «Si commosse profondamente» e fu «molto turbato» (Gv 11,33). Poi «scoppiò in pianto» (v. 35) e si recò al sepolcro, dice il Vangelo, «ancora una volta commosso profondamente» (v. 38). È questo il cuore di Dio: lontano dal male ma vicino a chi soffre; non fa scomparire il male magicamente, ma con-patisce la sofferenza, la fa propria e la trasforma abitandola.

Notiamo però che, in mezzo alla desolazione generale per la morte di Lazzaro, Gesù non si lascia trasportare dallo sconforto. Pur soffrendo Egli stesso, chiede che si creda fermamente; non si rinchiude nel pianto, ma, commosso, si mette in cammino verso il sepolcro. Non si fa catturare dall’ambiente emotivo rassegnato che lo circonda, ma prega con fiducia e dice: «Padre, ti rendo grazie» (v. 41). Così, nel mistero della sofferenza, di fronte al quale il pensiero e il progresso si infrangono come mosche sul vetro, Gesù ci offre l’esempio di come comportarci: non fugge la sofferenza, che appartiene a questa vita, ma non si fa imprigionare dal pessimismo.

Attorno a quel sepolcro, avviene così un grande incontro-scontroDa una parte c’è la grande delusione, la precarietà della nostra vita mortale che, attraversata dall’angoscia per la morte, sperimenta spesso la disfatta, un’oscurità interiore che pare insormontabile. La nostra anima, creata per la vita, soffre sentendo che la sua sete di eterno bene è oppressa da un male antico e oscuro. Da una parte c’è questa disfatta del sepolcro. Ma dall’altra parte c’è la speranza che vince la morte e il male e che ha un nome: la speranza si chiama Gesù. Egli non porta un po’ di benessere o qualche rimedio per allungare la vita, ma proclama: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (v. 25). Per questo decisamente dice: «Togliete la pietra!» (v. 39) e a Lazzaro grida a gran voce: «Vieni fuori!» (v. 43).

Cari fratelli e sorelle, anche noi siamo invitati a decidere da che parte stare. Si può stare dalla parte del sepolcro oppure dalla parte di Gesù. C’è chi si lascia chiudere nella tristezza e chi si apre alla speranza. C’è chi resta intrappolato nelle macerie della vita e chi, come voi, con l’aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza.

Di fronte ai grandi “perché” della vita abbiamo due vie: stare a guardare malinconicamente i sepolcri di ieri e di oggi, o far avvicinare Gesù ai nostri sepolcri. Sì, perché ciascuno di noi ha già un piccolo sepolcro, qualche zona un po’ morta dentro il cuore: una ferita, un torto subìto o fatto, un rancore che non dà tregua, un rimorso che torna e ritorna, un peccato che non si riesce a superare. Individuiamo oggi questi nostri piccoli sepolcri che abbiamo dentro e  invitiamo Gesù. È strano, ma spesso preferiamo stare da soli nelle grotte oscure che abbiamo dentro, anziché invitarvi Gesù; siamo tentati di cercare sempre noi stessi, rimuginando e sprofondando nell’angoscia, leccandoci le piaghe, anziché andare da Lui, che dice: «Venite a me, voi che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Non lasciamoci imprigionare dalla tentazione di rimanere soli e sfiduciati a piangerci addosso per quello che ci succede; non cediamo alla logica inutile e inconcludente della paura, al ripetere rassegnato che va tutto male e niente è più come una volta. Questa è l’atmosfera del sepolcro; il Signore desidera invece aprire la via della vita, quella dell’incontro con Lui, della fiducia in Lui, della risurrezione del cuore, la via dell’“Alzati! Alzati, vieni fuori!”. E’ questo che ci chiede il Signore, e Lui è accanto a noi per farlo.

Sentiamo allora rivolte a ciascuno di noi le parole di Gesù a Lazzaro: “Vieni fuori!”; vieni fuori dall’ingorgo della tristezza senza speranza; sciogli le bende della paura che ostacolano il cammino; ai lacci delle debolezze e delle inquietudini che ti bloccano, ripeti che Dio scioglie i nodi. Seguendo Gesù impariamo a non annodare le nostre vite attorno ai problemi che si aggrovigliano: sempre ci saranno problemi, sempre, e quando ne risolviamo uno, puntualmente ne arriva un altro. Possiamo però trovare una nuova stabilità, e questa stabilità è proprio Gesù, questa stabilità si chiama Gesù, che è la risurrezione e la vita: con lui la gioia abita il cuore, la speranza rinasce, il dolore si trasforma in pace, il timore in fiducia, la prova in offerta d’amore. E anche se i pesi non mancheranno, ci sarà sempre la sua mano che risolleva, la sua Parola che incoraggia e dice a tutti noi, a ognuno di noi: “Vieni fuori! Vieni a me!”. Dice a tutti noi: “Non abbiate paura”.

Anche a noi, oggi come allora, Gesù dice: “Togliete la pietra!”. Per quanto pesante sia il passato, grande il peccato, forte la vergogna, non sbarriamo mai l’ingresso al Signore. Togliamo davanti a Lui quella pietra che Gli impedisce di entrare: è questo il tempo favorevole per rimuovere il nostro peccato, il nostro attaccamento alle vanità mondane, l’orgoglio che ci blocca l’anima, tante inimicizie tra noi, nelle famiglie,… Questo è il momento favorevole per rimuovere tutte queste cose.

Visitati e liberati da Gesù, chiediamo la grazia di essere testimoni di vita in questo mondo che ne è assetato, testimoni che suscitano e risuscitano la speranza di Dio nei cuori affaticati e appesantiti dalla tristezza. Il nostro annuncio è la gioia del Signore vivente, che ancora oggi dice, come a Ezechiele: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio» (Ez 37,12).

 

sabato 27 febbraio 2021

Che fai?

 

Che fai? 


Batte nel cuor di tutti una campana;
ma della vita nel vario frastuono
il dolce suono
nessun ne ascolta
.
Pure, talvolta,
d’un tratto giunge a noi come un’arcana
voce profonda, non udita mai
.
E’ la lontana
chiesa antica dell’abbandonata
nostra città…
- “Ave Maria… Ave Maria…” – Che fai
anima sconsolata?
Lagrime amare ha chi pregar non sa…

Luigi Pirandello

mercoledì 24 febbraio 2021

  

D.G.

 

L’idrossiclorochina per la cura del Covid-19 funziona o non funziona?

Perché tante notizie contrastanti si sono succedute riguardo la sua efficacia terapeutica, gettando nella confusione anche i più esperti?

Scopriamolo insieme.

 

Gli antefatti

A Marzo 2020, in Italia, abbiamo assistito ad un’emergenza sanitaria che ci ha trovati evidentemente impreparati. Un’infezione virale, si dice partita dalla Cina, dopo essere stata inizialmente sottovalutata, si è abbattuta con particolare accanimento sui nostri territori del Nord, causando in poco tempo un grande numero di decessi attribuiti alla patologia scatenata dal virus SarsCov2. Molteplici cause, ancora sotto studio, hanno portato al concretizzarsi di quella che è stata definita da qualcuno, una ‘tempesta perfetta’ che ha portato molte persone ad ammalarsi, ad essere ricoverate in condizioni spesso gravi e poi a morire, senza neppure il conforto dei propri cari.

Non vogliamo in questa sede analizzare tutte le dinamiche che hanno prodotto questo disastro annunciato, come ad esempio l’assenza di protocolli di prevenzione sul territorio, i medici di base, senza idonee protezioni, bloccati dal timore di essere contagiati o di poter diffondere il contagio, l’errore di collocare persone convalescenti nelle residenze per anziani, la mancanza di corrette indicazioni terapeutiche da utilizzare nelle  strutture ospedaliere, senza citare inoltre il grave stato di insufficienza numerica  di operatori e di posti di terapia intensiva, sui territori che si sono trovati da un momento all’altro a dover affrontare una situazione eccezionale con mezzi che sopperivano, già con difficoltà, a situazioni abituali. Problema annoso che si evidenziava soprattutto nei periodi stagionali in cui le patologie delle basse vie aeree, richiedevano cure che le rianimazioni riuscivano a stento a soddisfare. [1,2,3] Tante criticità che hanno portato proprio la Lombardia, seppur annoverata tra le ‘eccellenze’ sanitarie nazionali, ad essere quella più duramente colpita nei primi mesi di questa nuova epidemia, arrivando a totalizzare quasi la metà del totale dei decessi nazionali.

Che cosa poteva andare meglio

Vorremmo piuttosto concentrarci nell’analisi di quello che si sarebbe potuto fare, e invece è mancato, a livello di trattamento domiciliare, sia come corretta diagnosi precoce, sia come corretta terapia in grado di contrastare efficacemente i sintomi, evitando i ricoveri ospedalieri o rendendo le degenze più brevi e ad esito positivo. Perché, in alcune zone d’Italia, non tutto è andato per il peggio ma si sono invece evidenziate realtà territoriali, per lo più piccole e distribuite in modo eterogeneo, spesso lontano dai grandi centri Universitari Ospedalieri, nelle quali sono state messe in pratica procedure basate sulla clinica e sull’esperienza  di Medici italiani e stranieri che hanno portato alla risoluzione dei casi dichiarati Covid-19, spesso in breve tempo, senza complicazioni gravi e con guarigioni in percentuale vicina al 100%. Questi risultati si sono ottenuti anche tramite l’applicazione di protocolli basati sull’utilizzo di un farmaco che ha quasi cent’anni: l’idrossiclorochina. (A)

Le prime notizie in Europa sull’uso di idrossiclorochina per Covid-19

In occidente, le prime notizie a livello mediatico riportanti esperienze positive con l’idrossiclorochina

 «Amare significa, in ogni caso, essere vulnerabili. Qualunque sia la cosa che vi è cara, il vostro cuore prima o poi avrà a soffrire per causa sua, e magari anche a spezzarsi. Se volete avere la certezza che esso rimanga intatto, non donatelo a nessuno, nemmeno a un animale. Proteggetelo avvolgendolo con cura in passatempi e piccoli lussi; evitate ogni tipo di coinvolgimento; chiudetelo col lucchetto nello scrigno, o nella bara del vostro egoismo. Ma in quello scrigno - al sicuro, nel buio, immobile, sotto vuoto - esso cambierà: non si spezzerà; diventerà infrangibile, impenetrabile, irredimibile.

L’alternativa al rischio di una tragedia è la dannazione. L’unico posto, oltre al cielo, dove potrete stare perfettamente al sicuro da tutti i pericoli e i turbamenti dell’amore è l’inferno.

Sono convinto che il più sregolato e smodato degli affetti contrasta meno la volontà di Dio di una mancanza d’amore volontariamente ricercata per autoproteggerci».

(C.S. Lewis, I quattro amori, Jaca Book, Milano, 2001, pp. 111-112)

 «Certo, certo sarò un logorroico, un innocuo e fastidioso logorroico, come tutti noi. Ma che fare se la prima e unica destinazione dell'uomo intelligente è la chiacchiera, cioè il meditato travasamento di un vuoto in un vuoto più grande?».


Fëdor Dostoevskij, “Memorie del sottosuolo”

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lunedì 22 febbraio 2021

 Nel diciannovesimo secolo il problema 

era: Dio è morto; nel ventesimo secolo 

è questo: è morto l'uomo.


- Erich Fromm -

Madonna Sistina.

 Madonna Sistina

*** 

Dopo aver schiacciato e annientato l’esercito della Germania fascista, le vittoriose truppe sovietiche hanno portato a Mosca alcuni quadri del museo di Dresda. Questi quadri sono stati conservati sotto chiave per quasi dieci anni.

Nella primavera del 1955, il governo sovietico ha deciso di rimandare i quadri a Dresda. Prima di rispedirli in Germania, si è deciso di mostrarli al pubblico per novanta giorni.

E fu così che il 30 maggio 1955, di buon’ora in una fredda mattina, dopo aver risalito la via Volkhonka lungo i cordoni con cui la milizia moscovita convogliava le migliaia di persone che volevano vedere i quadri dei grandi maestri, sono entrato nel museo Puskin, sono salito al primo piano e mi sono avvicinato alla Madonna Sistina.

Fin dal primo sguardo c'è una cosa che si impone, immediatamente, prima di tutto: è immortale. Ho compreso allora che prima di aver visto la Madonna Sistina avevo usato con leggerezza una parola dal potere terribile, la parola “immortalità”, ho capito che avevo confuso con l’immortalità la potente vita di alcune, particolarmente sublimi, opere umane. E pieno di venerazione per Rembrandt, per Beethoven e Tolstoji, ho capito che fra tutte le creazioni di pennello, bulino o penna che avevano stupito il mio cuore e il mio spirito, solo questo quadro di Raffaello non sarebbe morto, finché non fossero scomparsi gli uomini. E che forse, fossero scomparsi loro, le altre creature che ne avessero preso il loro posto sulla faccia della terra, lupi, ratti, orsi o rondini, si sarebbero precipitati a quattro zampe o a colpi d’ala per venire a vedere la Madonna…

Dodici generazioni hanno guardato questo quadro, un quinto dell’umanità vissuta sulla terra a partire dall’inizio dei tempi storici fino ai giorni nostri.

È stato guardato da vecchi mendicanti e da imperatori d’Europa, da studenti, da miliardari venuti da oltre gli oceani, da papi e da principi russi, è stato guardato da vergini pure e da prostitute, da colonnelli di stato maggiore, da ladri, da geni, da tessitori, da piloti di aeri da guerra e da istitutori, è stato guardato dai buoni e dai cattivi.

Da quando questo quadro esiste, sono stati fondati imperi europei e coloniali e sono crollati, è sorto il popolo americano, le fabbriche di Pittsburgh e di Detroit, ci sono state rivoluzioni, e la struttura sociale del mondo è stata trasformata… Da allora, l’umanità ha lasciato alle sue spalle le superstizioni degli alchimisti, i telai dei tessitori; i bastimenti a vela e le diligenze, i moschetti e le alabarde; è entrata nel secolo dei motori elettrici e delle turbine, il secolo dei reattori atomici e delle reazioni termonucleari.Da allora, Galileo ha scritto i sui Discorsi formulando la conoscenza dell’universo, Newton ha scritto i Principia, Einstein Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento. Da allora, Rembrandt, Goethe, Beethoven, Dostoevskij e Tolstoj hanno reso più profonda la nostra anima e più bella la vita.

Ho visto una giovane madre tenere un bambino fra le sue braccia. Come posso rendere la grazia squisita d’un melo, esile e delicato, che abbia appena dato la sua prima mela, piena e bianca; la grazia d’un uccellino coi suoi pulcini appena nati, o di una cerbiatta appena diventata madre… La maternità e la grazia di una ragazzina, quasi ancora bambina.

Questa grazia, dopo aver visto la Madonna Sistina, non si può più dire che sia ineffabile o che sia misteriosa.

Nella sua Madonna Raffaello ha svelato il mistero della maternità e della sua bellezza. Ma non è da questo che dipende l’inesauribile vitalità del suo quadro. Dipende invece dal fatto che il corpo e il volto di questa giovane donna sono la sua anima, ed è questa la ragione per cui la Madonna è così bella. C’è in questa rappresentazione visiva dell’anima materna qualcosa di inaccessibile alla consapevolezza umana.

Noi sappiamo che le reazioni termonucleari trasformano la materia in una quantità di energia potentissima, ma non sappiamo rappresentarci il processo inverso, come cioè avvenga che l’energia si trasformi in materia; e qui, ecco la forza dello spirito, la maternità, cristallizzata e trasmutata in un’umile Madonna.

La sua bellezza è strettamente connessa alla vita su questa terra. Lei è democratica, umana; lei è inerente alla massa degli esseri umani – quelli dalla pelle gialla, gli strabici, i gobbi dai lunghi nasi pallidi, i neri dai capelli ricci e dalle grosse labbra – lei è universale. Lei è l’anima e lo specchio dell’umano, e tutti quelli che la guardano vedono in lei l’umano: lei è l’immagine dell’anima materna, ed è per questo che la sua bellezza è mista in modo inestricabile, si confonde con la bellezza nascosta, indistruttibile e profonda della vita che nasce all’essere – nelle cantine, nei granai, nei palazzi e nei bassifondi.

A me pare che questa Madonna sia l’espressione più atea possibile della vita, dell’umano senza alcuna partecipazione del divino.

C’erano istanti in cui mi è parso che esprimesse non solo l’umano, ma anche qualcosa di inerente alla vita terrestre nel suo senso più ampio, il mondo animale là dove negli occhi scuri della giumenta, della mucca o della cagna che nutrono i loro piccoli si può vedere, o indovinare, l’ombra prodigiosa della Madonna.

E più terrestre ancora mia pare sia il bambino che tiene fra le braccia. Il suo viso sembra più adulto di quello di sua madre. Uno sguardo che è ad un tempo triste e serio, si dirige ad un tempo diritto davanti a sé e dentro di sé, uno sguardo capace di conoscere, di vedere il destino.

I loro volti sono tranquilli e tristi. Forse vedono il Golgota, la via di polvere e sassi che vi conduce, e la croce, mostruosa, tozza e pesante, di legno grezzo, che è destinata ad appoggiarsi a questa piccola spalla che per ora non sente altro che il calore del seno materno

Ed ecco che il cuore si serra, ma non è per l’angoscia, e non è per il dolore. È afferrato da un sentimento nuovo, mai provato prima. È umano, eppure è nuovo, questo sentimento è come se emergesse dalle salate e amare profondità oceaniche, ed è talmente insolito che la sua novità fa venire il batticuore.

È ancora una volta una caratteristica unica di questo quadro.

Suscita qualcosa di nuovo, come se ai sette colori dello spettro se ne aggiungesse un ottavo, ancora sconosciuto alla vista.

Perché non c’è paura sul viso della madre, e perché le sue dita non si intrecciano intorno al corpo di suo figlio con una forza tale da impedire che la morte le disserri; perché non vuole sottrarlo al suo destino?

Lei offre suo figlio al destino, non cerca di nasconderlo.

E il bambino non nasconde la faccia nel seno della madre. Anzi, è sul punto di strapparsi alla sua stretta per andare incontro al suo destino sui suoi piccoli piedi nudi.

Come spiegarlo, e come comprenderlo?

Sono un’unica cosa, e sono distinti. Vedono, sentono e pensano insieme, si fondono l’uno nell’altra, ma tutto indica che si separeranno, che l’essenza della loro comunione, della loro fusione è che si separeranno.

Succede che in certi momenti difficili siano proprio i bambini a sorprendere gli adulti con il loro buon senso, la loro tranquillità, la loro arrendevolezza. Di queste qualità bambini cristiani hanno dato prova nel corso di carestie, figli di negozianti e di artigiani ebrei durante i pogrom di Kichinev, figli di minatori, quando l’urlo della sirena annuncia che c'è stata un’esplosione sotterranea.

Ciò che nell’uomo vi è di umano, va incontro al suo destino, e in ogni epoca questo destino è particolare, è



diverso da quello dell’epoca precedente. Ciò che accomuna questi diversi destini è il fatto di essere tutti ugualmente difficili…

Ma ciò che nell’uomo vi è di umano, ha continuato ad essere anche quando lo si inchiodava alla croce, anche quando lo si torturava in prigione.

Continua a vivere, questo qualcosa, nelle cave di pietra, nel freddo a meno cinquanta gradi, sui cantieri da macello della taiga, nelle trincee allagate di Przemysl e di Verdun. Continua a vivere nell’esistenza monotona dei servi, nella miseria delle lavandaie e delle donne di servizio, nella vana lotta condotta contro il bisogno, fino all’esaurimento, nella fatica senza gioia degli operai in fabbrica.

La Madonna con suo figlio fra le braccia, è ciò che c’è di umano nell’uomo, e sta in questo la sua immortalità.

Guardando la Madonna Sistina, la nostra epoca prende coscienza del proprio destino. Ogni epoca ha guardato questa donna con suo figlio nelle braccia, e fra uomini di generazioni diverse, di popoli, razze e tempi diversi, nasce una fraternità di una tenerezza commovente e dolorosa. L’uomo prende coscienza di se stesso, della sua croce, e comprende improvvisamente il meraviglioso legame che unisce tutte le epoche, il legame fra ciò che vive ora, e ciò che è stato, e tutto ciò che sarà.


II

Più tardi, mentre camminavo per la strada stupefatto e sconvolto dalla potenza di queste impressioni senza precedenti, non feci neppure il tentativo di sgarbugliare quel che sentivo e quel che pensavo.

Non potevo paragonare quest’emozione né con i giorni di lacrime e di felicità che avevo conosciuto a quindici anni leggendo Guerra e pace, né a quel che avevo provato in momenti particolarmente bui e difficili della mia vita ascoltando la musica di Beethoven.

E allora compresi che le visione di questa giovane madre con il suo bambino nelle braccia non mi riconduceva né a un libo né alla musica, ma a Treblinka…

“Questi pini, questa sabbia, questi vecchi tronchi, sono stati guardati da milioni di occhi umani dalle inferriate dai vagoni che si avvicinavano lentamente al marciapiedi… Entriamo nel campo, i nostri piedi calpestano la terra di Trblinka…. Il ticchettio dei grani che cadono e il suono dei baccelli che si aprono si fondono in una melodia triste e tranquilla. Ed è come se montando dalle profondità della terra, delle campanelle mandassero un rintocco a morto, udibile appena, triste, ampio, pieno di pace… Ecco delle camicie appartenute ai morti, semidecomposte, delle scarpe, ingranaggi di orologi, dei coltellini, delle scarpine da bambino con pompon rossi, sottovesti di pizzo, asciugamani con ricami ucraini, dei vasi, dei bidoni, delle tazze da bambino in plastica, lettere da bambino scritte a matita, dei quadretti con delle poesie,… 

“Continuiamo ad avanzare su questa terra senza fondo, terra di vertigine, sulla terra di Treblinka, e improvvisamente ci arrestiamo. Sono capigliature bionde e ricce, è rame ondulato, sono capelli di ragazza, fini, leggeri, pieni di fascino, calpestati a terra, e accanto ci sono altri riccioli biondi, e più oltre, sulla sabbia chiara, delle folte trecce nere, e poi ancora, e ancora… 

“E i baccelli di lupino risuonano, i grani tamburellano. Come se veramente dalle profondità della terra venisse un rintocco funebre d’innumerevoli piccole campanelle. 

“Si ha l’impressione che il cuore si bloccherà, stretto dalla desolazione, da un dolore, da un’angoscia tali che un essere umano mai potrà sopportare…”[1]

Mi è sorto nell’animo il ricordo di Treblinka, e di primo acchito non ho capito…

Era lei che calcava coi suoi piedi nudi e leggeri la terra fremente di Treblinka, camminando dal luogo dove svuotavano i vagoni fino alla camera a gas. L’ho riconosciuta per l’espressione del volto e degli occhi. Ho visto suo figlio, e l’ho riconosciuto per la sua strana espressione, senza niente di infantile. Era questa l’espressione delle madri e dei bambini quando sul fondo verde scuro dei pini vedevano il muro bianco della camera a gas di Treblinka, è così che erano le loro anime.

Quante volte avevo visto come attraverso una nebbia questa gente scendere dai treni, ma non li vedevo con chiarezza, a volte i loro volti parevano sfigurati da un orrore senza nome e tutto veniva coperto da un terribile gridare, a volte lo sfinimento fisico e morale, la disperazione velavano i loro volti di un’indifferenza ottusa e cocciuta, a volte un sorriso folle e incosciente si cristallizzava sui volti di quelli che scendevano dal vagone e si avviavano verso la camera a gas.

Ed ecco che ora io potevo vedere la verità di quei volti, Raffaello li aveva disegnati quattro secoli prima: è in questo modo che l’uomo va incontro al suo destino.

La cappella Sistina, le camere a gas di Treblinka…

Ai giorni nostri una giovane madre mette al mondo un figlio. È terribile portare un bambino stretto al cuore ed ascoltare nello stesso tempo l’abbaiare di un popolo che saluta Adolf Hitler. La madre guarda il volto di suo figlio appena nato e sente nello stesso tempo gli scricchiolii, lo stridore di vetri infranti, il muggito delle sirene, il branco di lupi che canta la marcia di Horst Wessel nelle vie di Berlino. Ed ecco il rumore sordo dell’ascia della Moabita.

La madre allatta il suo bambino al seno mentre in centinaia di migliaia costruiscono muri e tendono filo spinato, erigono baracche… In uffici tranquilli si mettono a punto le camere a gas, le automobili omicide, i forni crematori…

È giunto il tempo dei lupi, il tempo del fascismo. In questo tempo gli uomini vivono come fossero lupi, e i lupi vivono come fossero uomini.

In questo tempo una giovane madre ha messo al mondo il suo bambino e l’ha fatto crescere. E Hitler, il pittore, è davanti a lei nell’edificio del museo di Dresda per decidere del suo destino. Ma il padrone d’Europa non può sostenerne lo sguardo, non può incrociare lo sguardo di suo figlio, perché loro sono esseri umani.

La loro forza umana trionfa della sua violenza: la Madonna avanza coi suoi piedi nudi e leggeri verso la camera a gas, è lei ad aver portato suo figlio sulla terra vertiginosa di Treblinka.

Il fascismo tedesco è stato annientato, la guerra ha mietuto decine di milioni di vittime, città enormi sono state trasformate in cumoli di rovine.

Nella primavera del 1945, la Madonna ha visto il cielo del nord. È venuta da noi in visita, pur non essendo invitata, ma non come una straniera di passaggio, perché era accompagnata da soldati e da autisti, su strade sfondate dalla guerra, e perciò lei fa parte della nostra vita, è a noi contemporanea.

Tutto qui da noi le è familiare, la nostra neve, il fango freddo del’autunno, la gamella ammaccata del soldato con la sua minestra così poco densa, e la cipolla ammuffita che accompagna la crosta di pane nero.

Lei ha camminato con noi, ha viaggiato per un mese e mezzo su di un treno sferragliante, ha spidocchiato i capelli sporchi e dolci del suo bambino.

Eccola avanzare a piedi nudi con il suo bambino, e venir caricata su di un vagone. Quanta strada l’aspetta, da Oboiane, vicino a Kursk, dalle terre nere di Voronez verso la taiga, verso le paludi boscose dall’altra parte degli Urali, verso le sabbie del Kazakistan?

Dov’è tuo padre? In quale cratere scavato da un obice è morto? O in quale drappello spedito a lavorare sui cantieri della taiga? O in quale baracca di dissenterici? Vania, mio piccolo Vania, perché il tuo volto è così triste? Dietro te e tua madre, il destino ha chiuso e inchiodato le finestre della tua casa natale ormai deserta. Che lungo viaggio vi attende mai? Arriverete fino in fondo? O forse morirete di sfinimento in qualche luogo ai bordi della strada, in una stazione ferroviaria, in fondo a una foresta, sulla riva paludosa di un piccolo fiume dall’altra parte degli Urali?

Certo, è proprio lei. L’ho vista nel 1930 alla stazione di Konotop in Ucraina, si era avvicinata al vagone dell’espresso, era scura per le sofferenze, e alzando i suoi splendidi occhi aveva detto, senza parlare, solo muovendo le labbra: “del pane…”

Ho visto suo figlio, aveva già trent’anni, era calzato di scalcagnati scarponi militari, di quelli che si lasciano ai piedi anche dei morti tanto sono inutilizzabili, vestito di una giacca imbottita che da uno squarcio lasciava vedere la sua spalla di un biancore latteo, mentre camminava su un sentiero di palude, con una nuvola d’insetti sospesa sopra la testa, e lui non riusciva a cacciare il nembo palpitante di miliardi d’insetti perché le sue mani reggevano sulla sua spalla un tronco umido e pesante. Ha sollevato la testa che teneva abbassata e ho visto il suo volto, la sua barba riccia e chiara che gli divorava il volto, le sue labbra semiaperte, ho visto i suoi occhi e li ho immediatamente riconosciuti: erano quelli gli occhi che mi guardavano dal quadro di Raffaello.

L’abbiamo incontrata nel 1937[2]: era lei che in piedi nella sua stanza stringeva fra le braccia suo figlio per l’ultima volta, gli diceva addio e gli divorava il volto con gli occhi, e poi scendeva le scale deserte del palazzo che si era ammutolito… Un sigillo di cera veniva posto sulla porta della sua camera, una macchina ufficiale l’attendeva di sotto. .. Che strano, sgomentosilenzio in quest’ora grigia e cinerea del primo mattino, e come si erano ammutoliti tutti quei palazzi…

Ed ecco che dalla penombra dell’alba sorge il suo nuovo presente: il convoglio, la prigione di transito, le sentinelle sulle torrette di legno, il fil di ferro spinato, il lavoro notturno nelle officine, e delle brande di legno, sempre queste brande…

Con un passo lento ed elastico, calzando degli stivaletti di capretto dal tacco basso, Stalin si è avvicinato al quadro e ha lungamente guardato, molto a lungo, i volti della madre e del figlio, accarezzandosi i baffi grigi.

Forse l’ha riconosciuta? L’aveva incontrata all’epoca della sua deportazione in Siberia, a Novoiudinsk, a Turukan, a Kureika, l’aveva incontrata sui treni, nelle prigioni di transito… Ha mai pensato a lei quando è diventato potente?

Ma noi uomini, noi l’abbiamo riconosciuta, abbiamo riconosciuto suo figlio: lei è noi, il loro destino siamo noi, loro sono ciò che vi è di umano nell’uomo. E se in futuro la Madonna sarà condotta in Cina o in Sudan, ovunque gli uomini la riconosceranno, come l’abbiamo riconosciuta noi oggi.

La forza miracolosa e serena di questo quadro sta anche nel fatto che ci parla della gioia di essere una creatura vivente su questa terra.

Il mondo intero, tutta l’immensità dell’universo, non è altro che materia inanimata, rassegnata nella sua schiavitù: solo la vita è il miracolo della libertà.

Questo quadro ci dice quanto la vita si a preziosa e magnifica, e che non c’è forza al mondo capace di costringerla a trasformarsi in qualcosa che, pur somigliandole esteriormente, non sia più la vita.

La forza della vita, la forza di ciò che vi è di umano nell’uomo è una forza immensa, e la violenza più estrema e più assoluta non può soggiogare questa forza, perché può solamente ucciderla. È per questo che il volto della madre e del figlio sono tanto sereni: sono invincibili. In questi tempi di ferro, la morte della vita non coincide con la sua sconfitta.

Ed eccoci davanti a lei, noi, giovani e vecchi che viviamo in Russia. In un’epoca di angoscia… Le ferite non sono ancora cicatrizzate, le rovine sono ancora nere di fango, non sono ancora stati innalzati i monumenti ai caduti sulle fosse comuni di milioni di soldati, figli e fratelli nostri. I pioppi e i ciliegi selvatici calcinati, morti, si drizzano ancora nelle campagne arse vive, tristi erbacce crescono sui corpi dei vecchi, delle madri, e delle bimbe bruciati nei villaggi che hanno resistito. La terra si scuote e freme ancora nei fossati sul fondo dei quali riposano i corpi dei bambini ebrei uccisi con le loro madri. I singhiozzi delle vedove risuonano ancora di notte in innumerevoli case russe, bielorusse, ucraine. La Madonna ha attraversato tutto questo con noi, perché lei è noi, suo figlio siamo noi.

E si ha paura e vergogna, si ha dolore: perché la vita è stata tanto orribile? Non sarà per colpa mia o per colpa nostra? Perché noi siamo rimasti in vita? Che domanda terribile, penosa, e i morti sono gli unici che possono porla ai vivi. Ma i morti tacciono, e non fanno domande.

A volte, il silenzio del dopoguerra è interrotto da un’esplosione, e una nebbia radioattiva si diffonde nel cielo.

La terra sulla quale viviamo tutti ha trasalito: le armi termonucleari prendono il posto della bomba atomica.

E presto ci congederemo dalla Madonna.

Lei ha vissuto la nostra vita, con noi. E giudicateci dunque, noi, tutti gli uomini, con la Madonna e suo figlio. Noi fra poco ce ne andremo i nostri capelli essendo già bianchi. Ma lei, questa giovane madre, lei andrà incontro al suo destino portando suo figlio fra le braccia e con un’altra generazione di uomini vedrà una luce potente e accecante: la prima esplosione di una bomba superpotente all’idrogeno, con cui si annuncia l’inizio di una nuova guerra, totale.

Cosa possiamo dire noi, gli uomini dell’epoca del fascismo, davanti al tribunale del passato e del futuro? Non abbiamo alcuna giustificazione.

E diremo: non c’è mai stato un tempo duro come il nostro, eppure non abbiamo lasciato che morisse ciò che di umano c’è nell’uomo.

Guardando partire la Madonna Sistina, noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola, e che non c’è niente al di sopra di ciò che di umano c’è nell’uomo.

Ed è questo che vivrà in eterno, e vincerà.


Vassilij Grossman-La Madonna Sistina

domenica 21 febbraio 2021

Speravo in me stesso: ma il nulla mi afferra

 Speravo in me stesso: ma il nulla mi afferra.

Speravo nel tempo, ma passa, trapassa;
In cosa creata: non basta, e ci lascia.
Speravo nel ben che verrà, sulla terra:
Ma tutto finisce, travolto, in ambascia.

Ho peccato, ho sofferto, cercato, ascoltato
La Voce d’Amore che chiama e non langue:
Ed ecco la certa speranza: la Croce.
Ho trovato Chi prima mi ha amato
E mi ama e  mi lava, nel Sangue che è fuoco,
Gesù, l’Ognibene, l’Amore infinito,
L’Amore che dona l’Amore,
L’Amore che vive ben dentro nel cuore.

Amore di Cristo che già qui nel mondo
Comincia ed insegna il viver più buono:
Felice amore  di Spirito Santo
Che trasfigura in grazia e morte e pianto, 
D’anima e corpo la miseria buia:
Eterna Trinità, dove alfin belli
-   Finendo il mondo – saran corpi e cuori
In seno al Padre con la dolce Madre
Per sempre in Cristo amandosi fratelli,
Alleluia

VERGINE DELLA NOTTE

Santa Maria, Vergine della notte,
ti imploriamo di starci vicino
quando incombe il dolore,
irrompe la prova,
sibila il vento della disperazione,
e sovrastano sulla nostra esistenza
il cielo nero degli affanni,
o il freddo delle delusioni
o l'ala severa della morte.
Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell'ora del nostro calvario,
Tu, che hai sperimentato l'eclissi del sole,
stendi il tuo manto su di noi,
sicché, fasciati dal tuo respiro,
ci sia più sopportabile
la lunga attesa della libertà.
Alleggerisci con carezze di Madre
la sofferenza dei malati.
Riempi di presenze amiche e discrete
il tempo amaro di chi è solo.
Spegni i focolai di nostalgia
nel cuore dei naviganti,
e offri loro la spalla,
perché vi poggino il capo.
Preserva da ogni male i nostri cari
che faticano in terre lontane
e conforta, col baleno struggente degli occhi,
chi ha perso la fiducia nella vita.
Ripeti ancora oggi
la canzone del Magnificat,
e annuncia straripamenti di giustizia
a tutti gli oppressi della terra.
Non ci lasciare soli nella notte
a salmodiare le nostre paure.
Anzi, se nei momenti dell'oscurità
ti metterai vicino a noi
e ci sussurrerai che anche Tu,
Vergine dell'Avvento,
stai aspettando la luce,
le sorgenti del pianto
si disseccheranno sul nostro volto.
E sveglieremo insieme l'aurora.
Così sia.

(DON TONINO BELLO)

Post di Alessandra Galimbert