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sabato 26 ottobre 2019

La parabola del pubblicano

La parabola del pubblicano
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Don Giacomo Tantardini
Omelia del 27 ottobre 2007

La parabola che abbiamo letto è conforto per ciascuno di noi, di noi poveri peccatori. Questa parabola indica la santità cristiana e in che cosa consiste la santità cristiana. Consiste, dice san Benedetto nella sua Regola, consiste nel ripetere istante per istante quello che dice “ille evangelicus publicanus”, quel pubblicano evangelico… E’ bella l’espressione di san Benedetto ‘quel pubblicano del Vangelo’, che appartiene al Vangelo, appartiene quindi al cuore di Gesù Cristo. Quel pubblicano del Vangelo ha ripetuto: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. La santità è quando questa giaculatoria, ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore’, coincide, tende a coincidere con il respiro della vita. “Dio, abbi pietà di me peccatore”, questo, dice san Benedetto, è il vertice dell’umiltà, e quindi il vertice della santità! Perché Dio resiste ai superbi e ai puri invece dona la sua grazia, “Dio, abbi pietà di me peccatore”. E quando il Signore dona di ripetere, dona in ogni istante della vita di ripetere, o qualche volta dona di ripetere questo ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore’, e dona di ripeterlo in quella indegnità come dice il vangelo “Non osava neppure alzare gli occhi, non osava nemmeno alzare gli occhi, si batteva il petto dicendo…”, quando dona di ripetere “O Signore, non sono degno, o Dio, abbi pietà di me peccatore”, quando dona di ripeterlo, magari nelle lacrime, nelle lacrime del pentimento, cioè nelle lacrime della gratitudine per essere così voluti bene, come Pietro quando è stato guardato da Gesù… E allora si è ricordato non che lo aveva tradito - se si fosse ricordato che lo aveva tradito sarebbe stato disperato -, ma si è ricordato come era stato bello quell’incontro, si è ricordato di come era stato voluto bene in quei tre anni in cui lo aveva seguito, come era stato guardato da Gesù, come in quel momento era guardato da Gesù, con negli occhi quel tesoro di tenerezza e di misericordia, di come era voluto bene…
Si piange per gratitudine, per gratitudine di essere voluto così bene, allora, quando il Signore dona di ripetere: “Dio, abbi pietà di me peccatore”, e ripeterlo nelle lacrime di gratitudine perché si è così voluti bene, perché si è così amati, allora vuol dire che il Signore, presto o tardi, secondo i suoi disegni, dona anche di ubbidire ai suoi comandamenti, dona anche di non commettere peccato mortale. Quando il Signore dona questa preghiera, quando il Signore dona queste lacrime, quando il Signore dona di ripetere: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”, se lo dona Lui, se Lui dona di ripetere questo col cuore, vuol dire che dona anche, come abbiamo chiesto nella preghiera di questa messa, dona anche di amare i suoi comandamenti poiché possiamo ottenere ciò che Lui prom.ette. Promette un abbraccio così, promette una tenerezza così, promette una dolcezza così, promette lacrime di gioia così. Perché possiamo ottenere quello che Tu prometti, fa che amiamo quello che Tu comandi!


Immagine: parabola del Pubblicano e il Fariseo – Affresco XIV secolo – Monastero patriarcale di Pec - Kosovo

sabato 19 ottobre 2019

Vitamina B1 (Tiamina) IL TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON ALTE DOSI NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE

Vitamina B1 (Tiamina) IL TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON ALTE DOSI NELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE.
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La tiamina è usata nel trattamento del beri-beri, una malattia da carenza che viene associata alla denutrizione. L’assunzione di tiamina aiuta l’eliminazione dei fluidi immagazzinati dall’organismo, riduce la frequenza cardiaca accelerata, permette a cuori ingrossati di tornare alle dimensioni originarie e normalizza gli elettrocardiogrammi.
 GLI ELEMENTI NUTRITIVI COME LA TIAMINA E LA NIACINA SONO STATI USATI INSIEME PER TRATTARE PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA. IL DOTT. GEORGE SCHUMACHER CI INFORMA CHE HA SOMMINISTRATO TIAMINA IDROCLORICA PER VIA INTRASPINALE A DUE PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA, I QUALI HANNO MANIFESTATO UN NETTO MIGLIORAMENTO. 
Il dott. Fredrik Klenner ha usato forti dosi (100 milligrammi) di B1, B3 e B6 con notevole successo. La tiamina è stata usata in combinazione con il glucosio e l’acqua nel trattamento di pazienti in stato di incoscienza, soprattutto gli alcolisti. 
In questo studio la vitamina B1 (Tiamina) ha portato a una parziale o completa regressione dei sintomi motori.
Una deficienza di tiamina di grado medio-basso in tutte le altre cellule dell’organismo potrebbe determinare una semplice sofferenza cellulare e la stanchezza.   
La carenza della tiamina provoca una diminuzione del metabolismo ossidativo cellulare, causando così la morte delle cellule. Il cervello conta molto sul metabolismo ossidativo per la sintesi dell' ATP rendendo tale organo molto suscettibile alla carenza di tiamina.
I risultati di questo studio mostrano una favorevole risposta alla somministrazione di tiamina: i pazienti hanno avuto un marcato significativo miglioramento. Le alte dosi di tiamina sono state efficaci nel far regredire i sintomi motori e non motori, suggerendo che le anormalità dei processi tiamino-dipendenti possono essere corrette da un trasporto intracellulare per diffusione passiva ad alte concentrazioni plasmatiche di tiamina.  
 2.4 CARENZA 
La carenza nutrizionale è diffusa in tutto il mondo, ma in particolare nei paesi in via di sviluppo, a causa dei problemi economici e del sovraffollamento; inoltre, le cattive abitudini alimentari possono incrementare tale problema. La malattia derivante dalla carenza di vitamina B1 è chiamata BERIBERI (stato polineuritico). É tipica delle popolazioni orientali la cui nutrizione è a base di riso brillato, privo cioè della cuticola. I sintomi coinvolgono principalmente il sistema nervoso e quello cardiocircolatorio. Per questo motivo la malattia BERIBERI è classificata in secca ed umida. Nella cosiddetta forma secca, il beriberi si manifesta con polineurite periferica (ischialgia e brachialgia). Il beriberi  cosiddetto umido, oltre che da polineurite, è caratterizzato da edemi diffusi e insufficienza circolatoria. L' alcolismo predispone all' insorgenza della carenza sia perché l' etanolo altera l' assorbimento della tiamina a livello intestinale e sia perché causa lesioni epatiche che compromettono la conversione della tiamina nel suo coenzima. Quindi negli alcoolizzati e nei bambini, la carenza di tiamina può causare lesioni celebrali citate generalmente col nome di sindrome di Wernicke-Korsakoff. Tale sindrome è caratterizzata da atassia, perdita di memoria e stato confusionale e viene alleviata dalla somministrazione di elevate dosi di tiamina. La carenza di tiamina può derivare anche da un'aumentata espressione del gene che codifica per una tiaminasi sintetizzata dalla flora intestinale, che demolisce la tiamina nei due anelli costitutivi a livello del ponte metilenico, inattivandola. Tale enzima è prodotto dal Clostridium Thiaminolyticum, un batterio anaerobico trovato nell'intestino tenue dell' uomo. La carenza della tiamina provoca una diminuzione del metabolismo ossidativo cellulare, causando così la morte delle cellule. Il cervello conta molto sul metabolismo ossidativo per la sintesi dell' ATP rendendo tale organo molto suscettibile alla carenza di tiamina. Nella malattia di Parkinson ciò comporta un diminuzione dei neuroni dopaminergici a livello della substantia nigra e quindi ad un aggravamento della sintomatologia; per questo alte dosi di vitamina B1 sono efficaci nel trattamento della MP. 
CAPITOLO 3 
IL TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON ALTE DOSI DI TIAMINA 
3.1 INTRODUZIONE ALLO STUDIO CLINICO 
La fisiopatologia della deficienza di tiamina è multifattoriale e comprende un numero elevato di eventi, con conseguente morte di una cellula neuronale focale. Un elevato numero di fattori collega la tiamina alla malattia di Parkinson. La deficienza di tiamina è un modello utile nelle malattie neurologiche, poiché conduce ad un danno del metabolismo ossidativo, ad un aumentato sforzo ossidativo e alla perdita selettiva di neuroni in una regione specifica del cervello. È stato riportato che nei neuroni della substantia nigra in pazienti con MP si ha una diminuzione dell' attività degli enzimi dipendenti dalla tiamina difosfato (in particolare alfa-chetoglutarato deidrogenasi); questa riduzione non è collegata con la malnutrizione del paziente. Alcuni autori hanno osservato bassi livelli della tiamina libera nel liquido cerebrospinale di pazienti con MP. L' 11 luglio 2011, alcuni autori hanno trattato un uomo di 47 anni colpito da atassia spino-cerebellare di tipo 2 (SCA2). In questo paziente la fatica così come i sintomi motori diminuivano dopo somministrazione parenterale di alte dosi di tiamina. Gli stessi autori ipotizzarono allora che in alcune malattie degenerative, ereditarie o sporadiche, del sistema nervoso, la patogenesi dei sintomi poteva essere legata a una DT selettiva, localizzata, dovuta a una alterazione del trasporto intracellulare della tiamina o a anomalie strutturali enzimatiche. La disfunzione sembrava rispondere positivamente ad alte dosi di tiamina. Inoltre alcuni reports hanno mostrato una espansione di ripetizioni trinucleotidiche del gene della SCA2 in pazienti con parkinsonismo familiare sensibile alla levodopa. Recentemente è stato osservato un considerevole miglioramento dei sintomi motori e non motori in pazienti MP con l’uso di 100 mg intramuscolo di tiamina due volte a settimana. Il miglioramento clinico è stato stabile fino ad oggi senza mai interrompere la cura. La carenza di tiamina quindi potrebbe essere un utile modello nella neurodegenerazione. I processi dipendenti da tiamina sono cruciali nel metabolismo del glucosio e recenti studi descrivono il ruolo della tiamina nello stress ossidativo, trasformazione delle proteine, attività perossisomiale ed espressione genica. Di conseguenza, si è formulata l'ipotesi che alcuni hanno una certa familiarità e le malattie degenerative del sistema nervoso e la patogenesi dei sintomi potrebbero essere collegate ad una carenza della tiamina dovuta alla disfunzione del trasporto intracellulare o alle anomalie enzimatiche strutturali. Questo è stato dimostrato anche dal fatto che, con grande meraviglia, la concentrazione della tiamina e della tiamina pirofosfato nel sangue degli ammalati era nella norma. Inizialmente tutto ciò destò perplessità, ma in seguito si intuì che nelle patologie neurodegenerative (MP) vi era o un' alterazione del trasporto intracellulare della vitamina o alterazioni strutturali enzimatiche. Si è intuito che questa disfunzione potrebbe essere rispondente alla somministrazione di alte dosi di tiamina in quanto si ha un aumento della concentrazione plasmatica della vitamina a livello tale che il trasporto passivo ripristina buone concentrazioni di tiamina anche all'interno delle cellule, ripristinando un normale metabolismo del glucosio che porta al miglioramento della sintomatologia. Questa tesi si propone quindi, attraverso lo studio di 10 pazienti, di portare un contributo nel chiarire il potenziale effetto della tiamina nella terapia medica della malattia. 
 3.4 DISCUSSIONE 
I risultati di questo studio mostrano una favorevole risposta alla somministrazione di tiamina: i pazienti hanno avuto un marcato significativo miglioramento. L’iniezione di alte dosi di tiamina sono state efficaci nel far regredire i sintomi motori e non motori, suggerendo che le anormalità dei processi tiamino-dipendenti possono essere corrette da un trasporto intracellulare per diffusione passiva ad alte concentrazioni plasmatiche di tiamina. Probabilmente il miglioramento del metabolismo energetico delle cellule sopravvissute della sostanza nera, dovuto alle alte dosi di tiamina somministrate, porta a un aumento della sintesi di dopamine endogena e a una migliore utilizzazione della levodopa esogena. In questo studio ciò ha portato a una parziale o completa regressione dei sintomi motori. In confronto con alter terapie disponibili, la terapia con tiamina sembra ottenere miglioramenti pari o superiori nelle funzioni motorie come mostrano I ridotti punteggi della UPDRS. La responsività alla levodopa è, infatti un criterio diagnostico per la MP; la riduzione nei punteggi della UPDRS nella parte motoria ( parte III) deve essere superiore al 20-30%.5 Nei pazienti trattati con tiamina si è ottenuto un miglioramento nella UPDRS parte III dal 59,61% al 23,63%. Il risultato ottenuto è rimasto stabile fino a oggi con la continuazione del trattamento. Inoltre alcuni pazienti con un quadro di media gravità e in terapia con farmaci dopaminergici hanno avuto una completa regressione dei sintomi. Questo dato non è mai stato segnalato in letteratura.  Si è osservato anche un miglioramento dei sintomi non motori presenti come la stanchezza e il deficit cognitivo. L’azione ristorativa della tiamina su tutti i centri colpiti dalla malattia porta al miglioramento dei sintomi motori e non motori. In questo studio non c’era la possibilità di avere un gruppo di controllo e quindi i risultati sono più difficili da interpretare. Il preciso ruolo svolto dalla tiamina nella patogenesi della MP non è stato estensivamente studiato a fondo. Molti autori hanno osservato una perdita selettiva del complesso mitocondriale 1 e dell’alfachetoglutarico deidrogenasi nei neuroni nigrali nei pazienti con MP. Nella MP è presente una riduzione del metabolismo cerebrale del glucosio ed anche stress ossidativo. Come detto prima i processi tiamino-dipendenti sono fondamentali per il metabolismo del glucosio e recenti studi implicano la tiamina nello stress ossidativo, nella trasformazione delle proteine, nella funzione dei perossisomi e nella espressione genica. In un interessante studio su un modello di alfasynucleina di lievito, gli autori hanno riscontrato che la tiamina riduce l’espressione genica di alfasynucleina in modo dose-dipendente. Inoltre l’alfasynucleina con mutazione A53T inizia ad aggregarsi a concentrazioni minori rispetto all’alfasynucleina non mutate. Questi dati suggeriscono che un aumento della tiamina intracellulare potrebbe ridurre la concentrazione e quindi l’aggregazione di alfasynucleina. L’assenza di deficienza di tiamina nel sangue in condizioni basali e l’efficacia di un trattamento continuo con alte dosi di tiamina nei pazienti trattati può indicare che la sintomatologia della MP possa essere la manifestazione di una selettiva, neuronale deficienza di tiamina probabilmente dovuta a una disfunzione del trasporto attivo della tiamina dentro le cellule o ad anomalie strutturali enzimatiche. E’ ipotizzabile che i sintomi motori e non motori della MP possano derivare da una deficienza cronica , intracellulare di tiamina caratterizzata da: 
1) una severa e focale deficienza di tiamina nei neuroni della parte compatta della sostanza nera e nei neuroni di altri centri interessati dalla malattia che potrebbe determinare una progressiva sofferenza e una perdita neuronale selettiva; 
2) una deficienza di tiamina di grado medio-basso in tutte le altre cellule dell’organismo che potrebbe determinare una semplice sofferenza cellulare e la stanchezza. La causa primaria della MP sporadica (sconosciuta) potrebbe essere fortemente espressa nei neuroni dopaminergici della sostanza nera (morte cellulare-gravi sintomi motori)) e meno espressa in tutte le altre cellule (sofferenza cellularestanchezza). La stanchezza potrebbe essere un sintomo sistemico della malattia. E’ stato descritto che la deficienza di tiamina reduce l’attività degli enzimi tiamino-dipendenti (ad esempio alfa-chetoglutarico deidrogenasi) con selettività regionale, essendo differenti aree cerebrali colpite con differente severità. 
Comunque, una disfunzione del trasporto intracellulare della tiamina è stato descritto in malattie genetiche caratterizzate da mutazione dei geni che codificano i trasportatori della tiamina.  Sono stati descritti alcuni casi di malattie genetiche del metabolism che hanno presentato un miglioramento clinico dopo la somministrazione di dosi farmacologiche di tiamina, come l’encefalopatia Wernike-simile. Disordini genetici del metabolismo della tiamina che causano malattie neurologiche sono stati trattati con alte dosi di tiamina. L’esatto meccanismo della responsività alla tiamina in questi pazienti non è conosciuto. Comunque l’iniezione di alte dosi di tiamina è stata efficace nel far regredire in parte o completamente i sintomi motori e non motori nei pazienti parkinsoniani oggetto di questo studio. Ciò suggerisce che le anormalità dei processi dipendenti dalla tiamina possono essere corrette da un trasporto passivo della vitamina attraverso la membrana cellulare causato alte concentrazioni della tiamina nel plasma. Si può anche supporre che la supplementazione parenterale di tiamina giochi un ruolo importante nel risanare i neuroni sopravvissuti e nel bloccare la progressione della malattia, poiché la disfunzione dei processi tiaminodipendenti potrebbe essere la via patogenetica primaria che porta alla morte dei neuroni dopaminergigi e non dopaminergici nella MP. Questo trattamento è anche sicuro; non è stato rilevato nessun evento avverso. Anche in letteratura non c’è menzione di eventi avversi correlati alla tiamina somministrata anche a alte dosi e per periodi di tempo molto lunghi. Comunque I processi tiamino-dipendenti sono diminuiti nei cervelli con diverse malattie degenerative. Il declino degli enzimi che hanno come coenzima la tiamina potrebbe essere correlato ai sintomi e alla patologia dei disordini neurodegenerativi.  
 3.5 CONCLUSIONI 
Lo scopo di questa tesi è stato, quindi, analizzare il potenziale effetto ristorativo e neuroprotettivo nel lungo termine di alte dosi di tiamina per via intramuscolare nella malattia di Parkinson. Per fare ciò sono stati reclutati 10 pazienti affetti dalla malattia di Parkinson a partire dal giugno 2012. All’ inizio dello studio, prima di iniziare il trattamento con la tiamina, tutti i pazienti sono stati valutati con la scala UPDRS (Unified Parkinson’s Disease Rating Scale) e poi hanno iniziato il trattamento con 100 mg di tiamina intramuscolare due volte a settimana, senza nessuna variazione della terapia personale. I pazienti furono rivalutati dopo un mese e dopo tre mesi dall’inizio della cura e ogni sei mesi fino alla data odierna. Il trattamento con la tiamina ha portato a un significativo miglioramento dei sintomi motori e non motori della malattia già dal primo mese di cura. Il miglioramento è apparso stabile a 3 mesi e successivamente fino a oggi, naturalmente non interrompendo mai la cura iniettiva con la tiamina. Alcuni pazienti con un quadro clinico di media gravità hanno avuto una completa regressione dei sintomi. In conclusione, l’iniezione di alte dosi di tiamina è stata efficace nel far regredire i sintomi motori e non motori della malattia. Il miglioramento è rimasto stabile nel tempo in tutti i pazienti. Partendo da questa evidenza clinica si può ipotizzare che una disfunzione dei processi tiamino-dipendenti potrebbe causare un danno selettivo neuronale nei centri caratteristicamente colpiti da questa malattia e che l’alterazione del metabolismo della tiamina potrebbe essere l’evento molecolare fondamentale che provoca la neurodegenerazione. La tiamina potrebbe avere un’ azione ristorativa e neuroprotettiva nella malattia di Parkinson. La tiamina e i suoi derivati, in particolare la tiamina pirofosfato, hanno diverse attività soprattutto metaboliche quali la produzione di energia, la sintesi del ribosio e degli acidi nucleici. Di conseguenza, la tiamina è particolarmente importante per il sistema nervoso che è altamente sensibile alla carenza. In secondo luogo, la tiamina stessa può essere legata da proteine regolando cosi processi come ad esempio il rilascio del neurotrasmettitore. In conclusione, si crede che il tutto rappresenti un contributo importante alla terapia della MP, sebbene le ulteriori esperienze siano necessarie da escludere l'effetto del placebo e confermare l'osservazione attuale. 

  

sposi fedeli evangelizzano un mondo assetato di amore e fedeltà.


Gli sposi fedeli evangelizzano un mondo assetato di amore e fedeltà.


La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia. Come insegnano i Vescovi francesi, non nasce «dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profondità dell’impegno assunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione di vita totale (Esortazione Apostolica EVANGELII GAUDIUM di Papa Francesco)
Cosa significa questo punto affrontato dal Santo Padre nella sua esortazione apostolica dedicata alla gioia del Vangelo, alla nuova evangelizzazione, nuova nei modi e nella prospettiva? Come trasmettere la fede oggi? Papa Francesco dedica una riflessione anche al matrimonio. Esattamente al punto 66. Il Papa ci sta dicendo che il matrimonio è una testimonianza meravigliosa. Non solo quando le cosa vanno bene. In questo caso la coppia di sposi cristiani, paradossalmente, non si differenzia molto da chi non è sposato sacramentalmente. Soprattutto quando le cose diventano difficili. E’ lì che la coppia di sposi in Cristo può dare una testimonianza meravigliosa. Può mostrare la grandezza e la profezia della fedeltà, può rendere nuovamente attuale la fedeltà di Cristo, può rendere concreto il sacrificio della croce, che è stato il massimo dono d’amore di Gesù per ognuno di noi. La croce è fuori moda. La croce è scandalosa. Il mondo di oggi la respinge. La croce ci ricorda che amare significa anche, a volte, abbracciarla. La croce appesa al muro ci mette con le spalle a quel muro. Ci ricorda un Dio che ne ha fatto il suo trono d’amore. Ci ricorda che l’amore è fatica, che l’amore è una scelta, che l’amore ci chiede tutto. Ci chiede di morire a noi stessi. Ci chiede di perdonare tutto. La croce è segno dell’amore di Gesù. Ho letto da qualche parte che l’amore non ha la forma del cuore, ma della croce. Il cuore segno del sentimento e la croce segno della volontà. Gesù non sarebbe mai salito su quella croce per sentimento. Lo ha fatto per volontà. Per fare la volontà del Padre e per salvare tutti noi. Allora non è amore il suo? Oppure è l’Amore? Cosa ci insegna la croce? Ho pensato di mettere a confronto l’idea del mondo con l’idea di Dio sull’amore e sul matrimonio. Due concetti molto distanti tra loro.
Il mondo dice che l’amore è solo passione e sentimento. Dio dice che passione e sentimento sono cosa buona, ma l’amore diventa pieno e autentico quando riesce ad andare oltre ed è capace di sacrificio.
Il mondo dice che il sesso è sempre positivo se desiderato da entrambi. Dio dice che il sesso è benedetto quando è espressione di un’unione sponsale. Una sola carne segno di un cuore solo.
Il mondo dice che basta l’amore e non serve sposarsi. Dio ti dice che solo nel matrimonio troverai la forza per amare sempre.
Il mondo dice che il peccato non esiste. Dio ti dice che se vivi nel peccato sei già morto anche nel matrimonio.
Il mondo ti dice che lui/lei deve meritarsi il tuo amore. Dio ti dice che è davvero amore solo quando è gratuito ed immeritato.
Il mondo ti dice che la legge di Dio ti rende schiavo e ti impedisce di essere felice. Dio ti dice che solo accogliendo la Sua legge potrai essere libero anche d’amare.
Il mondo ti dice che sarai felice se farai di te il centro. Dio ti chiede di fare dell’altro il centro del tuo amore e solo se ti spenderai per gli altri potrai trovare anche il centro della tua gioia.
Il mondo dice che l’amore per sempre non esiste. Dio vi dice: “Cari sposi: mostrate al mondo che si sbaglia. Mostrate che amarsi per sempre è possibile ed è anche un’esperienza meravigliosa”
Questa è la gioia del Vangelo. Testimoniare questo senza moralismo, con la nostra vita, diventa l’evangelizzazione più potente che ci possa essere perchè ogni persona desidera amare ed essere amata così, anche se non ci crede, anche se non lo sa, anche se è ormai disillusa e si accontenta delle briciole d’amore che trova nel mondo.
Antonio e Luisa

domenica 13 ottobre 2019

PAURA E CORAGGIO

Era già sera tarda e don Camillo stava dandosi da fare nella chiesa deserta. Aveva rizzata una scaletta sull'ultimo gradino dell'altare. Nel legno di un braccio della croce si era aperta una crepa, lungo la venatura, e don Camillo, stuccata la crepa, stava ora tingendo con un po' di vernice il gesso bianco della stuccatura. Ad un tratto sospirò, e il Cristo gli parlò sommesso. 
"Cos'hai, don Camillo? Da qualche giorno mi sembri affaticato. Ti senti poco bene? Che sia un po' d'influenza?" 
"No, Gesù", confessò senza alzare la testa don Camillo. "È paura."
"Tu hai paura? E di che mai?" 
"Non lo so: se sapessi di che cosa ho paura non avrei più paura" rispose don Camillo. "C'è qualcosa che non va, qualcosa sospeso nell'aria, qualcosa da cui non posso difendermi. Venti uomini che mi aggrediscono con lo schioppo in pugno non mi fanno paura: mi seccano perché sono venti e io sono solo e senza schioppo. Se io mi trovo in mezzo al mare e non so nuotare penso: fra un minuto affogherò come un pulcino. E allora, mi dispiace molto, ma non provo paura.
Quando su un pericolo si può ragionare non si prova paura. La paura è per i pericoli che si sentono ma non si conoscono. È come se camminassi a occhi bendati su una strada sconosciuta. Brutta faccenda." 
"Non hai più fede nel tuo Dio, don Camillo?" 
"Da mihi animam, caetera tolle. L'anima è di Dio, i corpi sono della terra. La fede è grande, ma questa è una paura fisica. La mia fede può essere immensa, ma se sto dieci giorni senza bere, ho sete. La fede consiste nel sopportare questa sete accettandola a cuore sereno come una prova impostaci da Dio.
Gesù, io sono pronto a sopportare mille paure come questa per amor vostro. Però ho paura." 
Il Cristo sorrise.
"Mi disprezzate?" 
"No, don Camillo, se tu non avessi paura, che valore avrebbe il tuo coraggio?".

(Giovannino Guareschi)

JOHN HENRY NEWMAN, «DEFENSOR FIDEI»



JOHN HENRY NEWMAN, «DEFENSOR FIDEI»

pag. 8
Anno 2010
Volume IV
2 ottobre 2010
 

Il cardinale John Henry Newman [1] era considerato anche dai suoi contemporanei uno dei giganti del diciannovesimo secolo. Quando morì, all’età di 89 anni, quotidiani e riviste inglesi gli dedicarono molti tributi, nei quali si riconosceva che con lui si era spenta una grande figura spirituale di pensatore. Il Times lo descrisse come un uomo che aveva vissuto un’esistenza elevata «in costante e consapevole comunicazione con l’Invisibile», aggiungendo che, anche se Roma non lo canonizza, «in Inghilterra egli sarà canonizzato nei pensieri delle persone pie appartenenti a diversi credo». Il Manchester Guardian lo definì «il più grande maestro della lingua inglese del nostro tempo» e riconobbe il contributo unico da lui offerto al problema della fede: «Egli ha reso impossibile alle persone colte respingere la religione quale miscuglio di assurdità che non meritano di essere prese in considerazione». Un commento sorprendentemente benevolo apparve su The Freethinker, un periodico per non credenti: «Un ateo convinto potrebbe quasi rimpiangere la necessità di dissentire da lui… Ecco, ci siamo detti, uno che è più di un cattolico, più di un teologo; uno che ha vissuto una profonda vita interiore, che comprende come pochi il cuore umano, che segue il lavorio più sottile della mente umana, che aiuta il lettore a comprendere se stesso».
Tutte queste qualità di Newman, che destarono tanta ammirazione, erano votate a uno scopo precipuo. La passione che animò la sua lunga vita fu dare un senso alla visione cristiana, in un’epoca in cui la fede in Dio sembrava in grave crisi. Sempre attento alle correnti della cultura del suo tempo, Newman dedicò una grande attenzione al processo di maturazione della fede cristiana, e lo fece in modi diversi, spaziando dai sermoni alle conferenze, alle riflessioni filosofiche e dall’autobiografia alla poesia e ai romanzi. L’originalità del suo approccio influenzò sin d’allora la riflessione sulla fede religiosa, ed egli rimane il precursore di quanto è stato argomentato di meglio in materia di teologia della fede nell’ultimo secolo. Radicato nella sua conoscenza dei primi secoli del cristianesimo, aveva una sua versione istintiva di quella che oggi viene definita «consapevolezza storica». Analogamente radicato in una profonda vita spirituale, egli insisteva nell’affermazione che la miglior prova dell’esistenza di Dio si trova dentro di noi, specialmente nella nostra esperienza di coscienza. In questo modo spostava l’attenzione da argomenti esteriori ad aree personali pre-razionali di prontezza morale e spirituale. Senza mai cadere nel soggettivismo, egli esplorò i movimenti interiori del «sé» verso la verità. Nel 1991, l’allora cardinale Ratzinger non a caso affermò che nessun teologo dopo Agostino aveva dedicato tanta attenzione al soggetto umano.
Molti temi possibili
Anche se il presente articolo intende concentrarsi sul Newman difensore della fede, come fu sottolineato dal necrologio del Guardian, questo non significa dimenticare i molti altri temi che egli affrontò durante la sua lunga esistenza di esploratore intellettuale. Adesso è il momento opportuno per prendere atto della molteplicità dei suoi doni e della ricchezza della sua eredità. Come vedremo più avanti, Newman attribuì una particolare centralità alla coscienza e all’obbedienza sia nell’avventura della sua vita religiosa personale, sia nella sua teologia della fede. Ovviamente ci sono altre importanti dimensioni del suo pensiero che non possono essere affrontate in queste pagine. Alcune sono ben note, come la sua passione per la verità, la sua resistenza nei confronti di una religione puramente esteriore, la sua ispirazione per i rapporti ecumenici, o la sua ecclesiologia, fondata sui primi Padri e tuttavia assertrice del ruolo vitale del laicato. Altri aspetti della sua riflessione possono essere meno noti, come l’enfasi da lui posta sul ruolo dello Spirito Santo in quanto presenza costante di Dio in ogni persona, o il riconoscimento dei possibili valori spirituali delle religioni non cristiane. Quella di Newman viene sempre più considerata una visione stimolante e profonda dell’escatologia cristiana, a cui si accompagna un grande umanesimo, soprattutto nella sua celebre filosofia dell’educazione, intesa come formazione personale. A questo proposito oggi egli viene spesso citato anche nelle università laiche.
Nel 1826, all’età di venticinque anni, Newman pronunciò il suo primo «sermone universitario» nella chiesa di St. Mary, a Oxford. A differenza dei suoi «sermoni parrocchiali», si trattava di conferenze su temi religiosi piuttosto che di omelie bibliche o spirituali. L’intento di Newman era mettere in discussione alcuni presupposti del suo pubblico accademico e, in questa prima presentazione, egli espresse una posizione di fondo che non avrebbe più abbandonato: «È ovvio che essere coscienzioso nella ricerca della verità è un requisito indispensabile per trovarla»[2]. Tali qualità essenziali di impegno personale e di modestia venivano contrapposte agli esercizi d’ingegno puramente accademici o ad ogni «eccessivo attaccamento al sistema». Più e più volte nei suoi primi sermoni si ritrova l’espressione «struttura della mente», a indicare che la ricerca della verità religiosa richiede una specifica preparazione a livello della disposizione spirituale. Questa stessa sottolineatura avrà un ampio sviluppo in un sermone parrocchiale di quattordici anni dopo. Nel 1839, nel momento del suo maggiore influsso a Oxford, Newman predicò circa le «Parole irreali», dove il bersaglio della sua critica era il potenziale di autoinganno e disonestà presente anche tra le persone religiose. È inevitabile che nella vita di tutti i giorni si facciano affermazioni senza essere del tutto consapevoli delle parole pronunciate, ma, se questa abitudine coinvolgesse la religione, allora una condizione di «irrealtà potrebbe appropriarsi della stessa Chiesa». E, proprio contro una simile negligente mancanza di sincerità, l’avventura della fede significa apprendere un linguaggio nuovo, che parli dal cuore: «Non è una cosa facile da imparare quella nuova lingua che Cristo ci ha portato. Egli ha interpretato per noi tutte le cose in un modo nuovo» [3].
È importante partire da questa dimensione spirituale per poter apprezzare le sue riflessioni di natura più intellettuale sulla fede. In realtà al centro dei suoi numerosi scritti sulla fede c’è un richiamo all’interiorità esistenziale. Nei frequenti commenti sulla ragione, Newman lamenta la sua separazione dalla qualità morale della vita di una persona e, più positivamente, cerca di ricomporre tale separazione ristabilendo una visione più ampia di ragione come qualcosa di profondamente personale. Secondo Newman, se la fede dev’essere difesa, la ragione ha bisogno di recuperare tutta la sua gamma di attribuzioni umane, non semplicemente come «logica cartacea», ma come movimento dell’intera persona. La fede non è mai, egli ribadiva, soltanto una deduzione della ragione: essa implica una Parola di rivelazione che ci incontra nel profondo della nostra umanità e segna l’avvio di un’avventura di cambiamento che dura un’intera vita.
Malgrado fosse un convinto sostenitore dell’«educazione liberale», Newman si opponeva a qualsiasi liberalismo in campo religioso: con questo termine intendeva l’idea diffusa che «non c’è alcuna verità positiva nella religione» (parole che usò nell’accettare la sua nomina a cardinale, all’età di 78 anni). In questo senso egli avversava strenuamente la tendenza dei suoi contemporanei a ridurre la fede a una questione privata, come in materia di gusti musicali. Analogamente, benché Newman assegnasse un ruolo importante al «cuore», all’«immaginazione» e agli «affetti» nella vita di fede, nutrì sempre diffidenza nei confronti di una sottolineatura eccessiva del sentimento religioso di per se stesso. Tale inclinazione, che caratterizzava gli evangelici del suo tempo, a suo avviso rischiava di mettere in ombra la ricca storia della Chiesa, la lunga tradizione della riflessione teologica, nonché la centralità della vita sacramentale. La fede, dunque, non dovrebbe essere ridotta a una espressione soggettiva; il Vangelo è tutt’altro: una rivelazione definita e graduale del mistero di Gesù.
Un’«agenda» allargata
Di fronte alla crisi della cultura del suo tempo, Newman cercò di ampliare l’«agenda» del pensiero sulla fede e di rendere giustizia alla grande ricchezza della tradizione cristiana. Egli voleva aiutare le persone a riconoscere la semplicità e, al tempo stesso, la complessità della loro esperienza di fede. Da un lato, fidarsi di ciò che gli altri ci dicono è una normale e quotidiana necessità. Dall’altro, arrivare a credere in Dio da cristiani comporta più di quello che egli definì «l’assenso nozionale»: va oltre ogni accettazione intellettuale o teorica dell’esistenza di Dio. È un atto che dev’essere profondamente personale e, quindi, richiede un «assenso reale», ovvero un autentico riconoscimento di Dio che ci trasforma. Newman poneva l’accento sulla ordinarietà di come crediamo e sulla straordinarietà di ciò che crediamo: «Noi agiamo sulla fiducia in ogni momento della nostra vita… sono le cose che crediamo, non l’atto di crederle, ciò che rappresenta la peculiarità della religione» [4].
Newman predicava così da giovane ministro anglicano ventottenne. Dieci anni più tardi, all’Università di Oxford, impostò un ciclo di cinque sermoni sul tema generale della fede e della ragione, che furono predicati in varie occasioni tra il 1839 e il 1841 e acquistarono grande notorietà. Negli anni successivi, alcuni dei suoi ascoltatori, tra cui il poeta Matthew Arnold, ricordavano la purezza musicale della sua voce e la qualità ipnotica dell’attenzione indotta dalle sue riflessioni. I cinque densi testi presentano l’antropologia della fede di Newman. La sua attenzione è focalizzata soprattutto sugli atteggiamenti personali che determinano l’apertura o la chiusura nei confronti della possibilità della fede cristiana. Più e più volte egli prende le distanze dalla principale scuola di pensiero di Oxford — quella delle «prove» —, un approccio che intendeva dimostrare l’esistenza di Dio attraverso l’ordine dell’universo naturale. Newman scelse un percorso di natura più psicologica, che poneva l’accento sull’interiorità dell’essere umano. Egli era per temperamento molto portato all’introspezione e riteneva la predisposizione personale molto più pertinente alla fede di quanto lo fossero le argomentazioni esteriori dei suoi colleghi accademici. Non era interessato alle prove dell’esistenza di Dio, ma a determinati atteggiamenti personali necessari per giungere alla fede. Oggi parliamo di area pre-concettuale della riflessione. Prima delle nostre credenze dichiarate o dei ragionamenti formulati sulla fede esiste la zona delle nostre attitudini fondamentali. Newman collocava in questo campo più nascosto delle nostre disposizioni l’apertura o meno alla fede.
Questa sottolineatura delle predisposizioni interiori o morali necessarie alla fede mise Newman in disaccordo con l’apologetica dominante della sua epoca, sia come anglicano sia come cattolico. Nella Apologia pro vita suascritta venti anni dopo la conversione, egli fu piuttosto esplicito riguardo al suo disagio nei confronti delle prove tradizionali dell’esistenza di Dio. In un passaggio saliente, individua i fondamenti della propria certezza religiosa nella esperienza di coscienza: «Se guardassi in uno specchio e non vedessi il mio volto, proverei la stessa sensazione che di fatto provo quando guardo questo mondo vivo e indaffarato e non vedo alcun riflesso del suo Creatore […]. Se non fosse per questa voce, che parla con tanta chiarezza nella mia coscienza e nel mio cuore, sarei un ateo […]. Sono ben lungi dal negare l’autentica forza degli argomenti a favore dell’esistenza di Dio, dedotti dagli eventi generali della società umana e dal corso della storia, ma essi né mi riscaldano né mi illuminano; non allontanano l’inverno della mia desolazione né permettono alle gemme di sbocciare e alle foglie di crescere dentro di me, e al mio morale di rallegrarsi» [5]. L’ultima frase è rivelatrice. Dopo aver espresso la sua visione piuttosto tragica del mondo, egli suggerisce che la vera fede si riconosce meglio dai suoi frutti, compreso un ampliamento costante della vita interiore e un certo senso di letizia.
Preparazione del cuore
Come Newman rilevò in uno dei sermoni universitari, l’«errore fatale» del pensiero laico è giudicare «la verità religiosa senza preparazione del cuore» [6]. A questo aggiungeva la sua critica al freddo intellettualismo nell’apologetica: «Nelle scuole del mondo, le vie verso la Verità sono considerate strade maestre aperte a tutti gli uomini di ogni tempo, quale che sia la loro disposizione. Ci si deve avvicinare alla Verità senza riverenza» [7].
Si tratta di una posizione tipica di Newman: ogni fertile cammino verso la fede avrà sempre bisogno di una certa ricettività spirituale, contrapposta a un arrogante distacco; nella sua visione, l’orizzonte religioso diventa reale non grazie a una intelligente argomentazione, ma soltanto quando «il cuore è vivo» [8]. In assenza di questa qualità di autentica ricerca, non possiamo arrivare al «riconoscimento attivo» che è la fede, la quale porta in sé la propria speciale certezza [9]. In altre parole, Newman ebbe il coraggio di sottolineare ciò che la cultura intellettuale di tanto in tanto tendeva a trascurare: che in materia di fede quello che può essere espresso formalmente tramite il pensiero è meno importante delle disposizioni, dei desideri e degli stati della mente. L’apertura nei confronti della fede, a suo avviso, implicava alcune attitudini morali o spirituali della persona: se queste non sono presenti, tutti i nostri sforzi di rendere la fede intellettualmente credibile rischiano di cadere nel vuoto.
Due anni dopo la sua conversione al cattolicesimo, Newman preparò un’introduzione per una eventuale edizione francese dei suoi sermoni universitari, scritta in latino. Vi troviamo la seguente frase: Praeambula fidei in individuis non cadunt sub scientia [10]I preamboli della fede nelle persone non rientrano nella sfera della scienza. Una traduzione libera potrebbe essere: le vie che introducono le persone alla fede non possono essere ridotte all’analisi empirica. Più di 20 anni dopo, egli usò quasi le medesime parole nello spiegare l’approccio di fondo della Grammatica dell’assenso in una lettera al gesuita inglese p. Walford: «Per quanto gli esercizi della mente possano riguardare la scienza», la deduzione informale rimane «non soltanto al di là del sillogismo, ma in parte al di là del linguaggio» [11]. Due anni più tardi, in un’altra lettera, veniva ribadito questo aspetto centrale del suo pensiero: «Le disposizioni morali influenzano tutti i processi intellettuali eccetto quelli puramente astratti» [12]. Perciò, mentre la maggior parte dei suoi contemporanei cercava di trovare il modo per difendere l’esistenza di Dio usando il linguaggio dell’osservazione empirica, Newman spostò il fuoco su quella che egli definiva «la più sottile ed elastica logica del pensiero» [13], che si trova nel movimento della ricerca personale della verità.
L’attenzione posta da Newman sull’autoriflessione, tuttavia, non era una questione di mera soggettività. Indubbiamente il suo approccio era psicologico e morale (due termini che usava per definire il suo lavoro), ma lo scopo era di arrivare all’impegno e all’azione. Egli intendeva rendere giustizia al dinamismo del nostro cercare e trovare. In questa luce, i tanto ammirati ritmi della sua prosa erano più che un esercizio estetico: piuttosto erano il tentativo di incarnare la sottigliezza e l’energia spontanea della mente avida di sapere. Una sua espressione viene spesso citata: «Vivere significa cambiare, ed essere perfetti significa aver cambiato spesso» [14]. È tratta dal suo studio sullo sviluppo della dottrina, un testo che coincise con la sua conversione al cattolicesimo, nel 1845. Ed è stata per lui un riferimento per tutta la vita e una caratteristica del suo pensiero. All’età di 15 anni era stato affascinato dalla frase «La crescita è l’unica prova della vita». Parecchio tempo dopo, le teorie di Darwin non lo turbarono, come invece accadde a molti suoi contemporanei.
Sia la sua celebre eleganza di stile, sia l’accento da lui posto sulla drammaticità dello sviluppo (crescita personale) echeggiano la concezione di Newman della fede come continua scoperta. Per lui la certezza non era mai statica, ma piuttosto un’avventura di approfondimento all’interno dei rapporti. Una delle sue parole preferite era «ampliamento», ed egli la applicava sia all’istruzione sia alla vita del credente. Significherebbe quindi tradire il suo pensiero se lo si descrivesse come il sostenitore di una teologia della fede statica. Egli univa una fervente spiritualità a una sapienza teologica derivata dalla lettura dei Padri. In tal modo sottolineava il coinvolgimento dell’intera persona nel giungere a credere e nella «impresa» (venture, un altro dei suoi termini preferiti) spirituale di praticare la propria fede.
Il ruolo «attuativo» dell’immaginazione
Il personalismo di Newman inaugura una nuova scuola di pensiero sulla fede, che ha molti sostenitori in epoche più recenti. L’accento non è posto sul pensiero puro o su qualche versione separata di razionalità, ma sul processo umano che permette di scoprire la verità e di interagire con essa. È questo che implica il termine preferito da Newman, «reale». Come già rilevato in precedenza, l’opposto del reale è il nozionale, riferito a un intellettualismo ben lontano dal dramma della decisione e dell’impegno. In questo Newman assunse un atteggiamento coraggiosamente controcorrente. Egli intendeva smascherare l’illusione di neutralità che aveva sedotto i suoi contemporanei convincendoli di essere l’unica via credibile verso la verità. Al suo posto, in un certo modo nello spirito di sant’Agostino, egli esplorava il dramma più personale della ricerca e della scoperta.
Se Newman fosse vissuto un secolo più tardi, avrebbe potuto tranquillamente usare il termine «esistenziale» al posto di «reale». È interessante rilevare come nelle bozze della Grammatica dell’Assenso abbia prima scritto sull’«assenso immaginativo» e soltanto più tardi deciso di sostituire «immaginativo» con «reale». Probabilmente la ragione di tale cambiamento fu una comprensibile paura di essere frainteso: anche oggi si può con facilità fare confusione tra «immaginativo» e «immaginario», con il rischio che la fede venga considerata una forma di fantasia. Per Newman, tuttavia, il ruolo positivo dell’immaginazione era, letteralmente, di «realizzare» la fede, nel senso di rendere Dio reale nella vita di una persona.
Una delle affermazioni più forti sull’immaginazione la fece nel 1841, in una serie di lettere al giornale sul quale attaccava sir Robert Peel. All’inaugurazione di una nuova biblioteca pubblica a Tamworth, questo importante politico aveva suggerito che i frutti della religione potessero ora essere acquisiti attraverso l’educazione alla letteratura e alla scienza. L’idea allarmò Newman, perché era contraria non solo al suo senso dell’unicità della verità religiosa, ma alla sua intera antropologia. In risposta, egli espresse la sua filosofia sulla persona umana, a suo avviso ben più che un «animale pensante», perché fatta per l’azione, mossa dai sentimenti e toccata dall’immaginazione. Circa 30 anni più tardi, Newman citò alcune pagine della sua diatriba contro Peel nella Grammatica dell’Assenso e sostenne che la fede deve essere «percepita, lasciata posare e fatta propria come una realtà dall’immaginazione religiosa» [15]. E aggiunse che «la teologia di una immaginazione religiosa» offre «un’autentica presa sulle verità» e quindi apre la porta ad «abitudini di religione personale» [16]. Queste parole contengono un importante discernimento pastorale: se la verità religiosa non tocca in qualche modo la nostra immaginazione, non potrà essere vissuta in maniera personale.
Newman assegnò inoltre all’immaginazione un ruolo chiave nella battaglia per la fede. Può essere sì una zona di fragilità, nella quale immagini della religione distorte o superficiali riescono facilmente a far apparire lo scetticismo plausibile o naturale. Nel suo taccuino egli una volta scrisse che l’immaginazione, non la ragione, è la grande avversaria della fede. Ma egli la riteneva soprattutto una zona di promessa, dove la fede poteva diventare spiritualmente «reale». Nella sua visione, l’affermazione «esiste un Dio» può essere formulata a due livelli completamente diversi. Può rimanere «un’adesione fredda e inefficace» quando «le immaginazioni non sono affatto sollecitate» e quindi i cuori non si infiammano. Ma la stessa affermazione può determinare «una rivoluzione nella mente» ogni volta che venga «imbrigliata dall’immaginazione» e «accolta con autentico assenso» [17]. Per Newman l’immaginazione era veicolo di definitività, degna sia dell’Incarnazione sia del dramma della conversione religiosa.
Riconoscere una Presenza
Newman cercò sempre di rendere giustizia alla delicata convergenza degli elementi necessari alla fede religiosa. La fede non nasce dal ragionamento in senso stretto, eppure è profondamente ragionevole. Essa non rifiuta l’intelletto, ma ha bisogno di una certa qualità di indagine per avere una visione più ampia che le permetta di comprendere zone meno esplicite come i desideri, le emozioni e le attitudini. Per lui la fede fa appello al cuore, e tuttavia questo non significa che sia una mera questione di sentimenti. La fede è una verità a cui bisogna aderire come fosse una decisione, eppure è più di un salto nel buio, di un abbandono impulsivo. La fede, nella sua concezione, è radicata nella nostra esperienza di coscienza, e tuttavia non è semplicemente una questione di moralità.
Forse rese al meglio questi concetti nel suo romanzo Callista, pubblicato nel 1855, che narra la graduale scoperta della fede da parte di una sofisticata ragazza greca che vive in Nord Africa nel terzo secolo. Ad un certo punto, quando Callista è divenuta consapevole della sua «Guida interiore» ma non ha ancora incontrato la Parola del Vangelo, ha una conversazione con un filosofo pagano, il quale crede soltanto in un «qualcosa di eterno autosufficiente». Questo è troppo vago per Callista, la quale replica che nella propria coscienza sperimenta un senso più concreto di Dio

«Io sento di essere alla Sua presenza […] Egli mi dice, “fa’ questo; non fare quello”, […] è l’eco di una persona che mi parla […], un’eco implica una voce; una voce qualcuno che parla. Quel qualcuno è colui che amo e che temo» [18].

Newman ripropose l’immagine dell’«eco di una voce» imperativa in altri scritti, a indicare una soglia tra la religione naturale e quella rivelata. Nella sua visione, questa presenza interiore, anche quando non del tutto riconosciuta, è il modo in cui molti nella storia hanno incontrato Dio. È dove Dio è presente alle persone senza che esse ne siano del tutto consapevoli, e dove il loro desiderio viene tenuto vivo mentre attendono una più esplicita rivelazione.
Mentre celebriamo la beatificazione di John Henry Newman, è bene ricordare la sua delicatezza e saggezza nella difesa della fede, che conserva una freschezza in grado di andare incontro a molte sfide della nostra diversa e anche più complessa cultura. Poco dopo essere stato accolto nella Chiesa cattolica, nell’ottobre 1845, egli scrisse che «la persuasione sarà opera del tempo» 19.
La sua enfasi sul gradualismo, la profondità spirituale e una fiducia nella vittoria della grazia di Dio, se ci si apre a lui, sono le caratteristiche perenni della teologia di questo grande e ora Beato servitore della fede.
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[1] John Henry Newman nacque a Londra, il 21 febbraio 1801; la sua vita abbracciò quasi l’intero diciannovesimo secolo. Cresciuto in una famiglia anglicana, sperimentò la conversione religiosa nel 1816 quando, sotto l’influenza di un ministro evangelico, scoprì la realtà di un Dio personale e la centralità della propria coscienza. Dopo gli studi a Oxford, a 21 anni divenne membro dell’Oriel College e rimase legato all’Università di Oxford per più di 20 anni, come accademico e come ministro della Chiesa d’Inghilterra. Il suo ambito di studi era in particolare la Chiesa dei primi secoli.
A seguito di un viaggio in Italia, dove rischiò di morire per una grave malattia contratta in Sicilia, al suo ritorno in Inghilterra divenne famoso come scrittore, predicatore e leader del Movimento di Oxford, che si proponeva di ricondurre la Comunione anglicana a una maggiore armonia con le antiche tradizioni spirituali e sacramentali. A poco a poco, il suo studio della storia della Chiesa e della teologia fece nascere in lui alcuni dubbi sulla validità della «via media», in forza della quale l’anglicanesimo si considerava un saggio compromesso tra le posizioni «estreme» del cattolicesimo romano e quelle del protestantesimo. Il 9 ottobre 1845, dopo anni di discernimento, Newman chiese di essere accolto nella Chiesa cattolica. Dopo un anno di studi teologici al Collegio di Propaganda in Roma, fu ordinato sacerdote, entrò a far parte della congregazione dell’Oratorio e tornò in patria per fondare un Oratorio a Birmingham, che rimase la sua residenza per il resto della vita. All’inizio degli anni Cinquanta, fu invitato a diventare rettore di una nuova Università cattolica a Dublino, dove tenne alcune celebri conferenze sulla natura di un’università. Tuttavia la nuova istituzione non ebbe successo ed egli diede le dimissioni nel 1858. Benché non mettesse mai in discussione la sua decisione di diventare cattolico, Newman visse alcuni anni difficili, sentendosi inutile e venendo criticato per alcuni suoi scritti. Poi, nel 1863, trovò nuova energia nel difendersi contro l’accusa di disonestà nella Apologia pro vita sua, un libro che riscosse un enorme successo e ristabilì la sua reputazione sia tra gli anglicani sia tra i cattolici. Nel 1870 Newman pubblicò il suo libro più importante in difesa della certezza della fede: Un saggio in sostegno di una grammatica dell’Assenso. La sua ortodossia fu in parte messa in dubbio poiché aveva manifestato una certa esitazione sui tempi e sul pro- cedimento della definizione dell’infallibilità pontificia durante il Concilio Vaticano I (egli non aveva alcun dubbio sul contenuto del dogma). Ma nel 1879 la sua lunga vita di servizio alla Chiesa venne riconosciuta quando papa Leone XIII lo nominò cardinale. Visse un altro de- cennio di serena vecchiaia, in contatto con molte persone, e morì l’11 agosto 1890.
[2] OUS (Oxford University Sermons), 7. Ad eccezione delle sue lettere, tutti i riferimenti sono all’edizione originale delle opere di Newman (cfr www.newmanreader.org).
[3] J. H. NEWMAN, PPS [Parochial and Plain Sermons], V, 44.
[4] Ivi, I, 191.
[5] ID., A [Apologia pro vita sua], 241.
[6] ID., US [University Sermons], X, 43.
[7] Ivi, X, 42.
[8] Ivi, X, 44.
[9] ID., GA [A Grammar of Assent], 345.
[10] H. TRISTRAM (ed.), «Cardinal Newman’s Theses de Fide and his proposed Introduction to the French Translation of the University Sermons», in Gregorianum 18 (1937) 252.
[11] ID., LD [Letters and Diaries], XXV, 132.
[12] Ivi, XXVI, 57.
[13] ID., GA, 359.
[14] ID., DCD [Development of Christian Doctrine], 40.
[15] Ivi, 98.
[16] Ivi, 117.
[17] Ivi, 126 s.
[18] ID., Callista, 314 s. 19 ID., LD, XI, 18
13 ottobre 2019: canonizzazione del card. John Henry Newman
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"Guidami Tu, Luce gentile,
attraverso il buio che mi circonda,
sii Tu a condurmi!
La notte è oscura e sono lontano da casa,
sii Tu a condurmi!
Sostieni i miei piedi vacillanti:
io non chiedo di vedere
ciò che mi attende all’orizzonte,
un passo solo mi sarà sufficiente.
Non mi sono mai sentito come mi sento ora,
né ho pregato che fossi Tu a condurmi.
Amavo scegliere e scrutare il mio cammino;
ma ora sii Tu a condurmi!
Amavo il giorno abbagliante, e malgrado la paura,
il mio cuore era schiavo dell’orgoglio;
non ricordare gli anni ormai passati.
Così a lungo la tua forza mi ha benedetto,
e certo mi condurrà ancora,
landa dopo landa, palude dopo palude,
oltre rupi e torrenti, finché la notte scemerà;
e con l’apparire del mattino
rivedrò il sorriso di quei volti angelici
che da tanto tempo amo
e per poco avevo perduto".


Preghiera-poesia scritta da Newman il 16 giugno 1833

giovedì 10 ottobre 2019

Glutammina. 10 Benefici, Dosaggio, Controindicazioni

Glutammina. 10 Benefici, Dosaggio, Controindicazioni, Modo d’Uso + Testimonianze

glutammina
La glutammina è il più abbondante amminoacido nel corpo e costituisce il 65% degli amminoacidi presenti nei muscoli. E’ nota per essere l’integratore naturale in grado di favorire la massa muscolare, in realtà è molto più di questo.

Cosa è la glutammina

E’ un amminoacido molto benefico in grado di:
riparare l’intestino danneggiato dalla permeabilità intestinale facendo in modo che i batteri non si annidino nei tessuti e rafforzandone le pareti(carburante per le cellule epiteliali che rivestono l’intestino)
potenziare il sistema immunitario (carburante per le cellule immunitarie come i linfociti e i macrofagi)
migliorare l’umore e la concentrazione (è un precursore dei neurotrasmettitori cerebrali)
prevenire la perdita muscolare nei malati
promuove la disintossicazione sostenendo la produzione del più potente antiossidante, il glutatione
diminuisce lo stress muscolare post allenamento
favorisce la costruzione della massa muscolare a seguito dell’attività fisica
favorisce il rilascio dello stress contrastando i livelli eccessivi di cortisolo (l’organismo sintetizza nuova glutammina non appena il cortisolo inizia ad aumentare)
Quasi tutta la glutammina che è presente nel sangue viene sintetizzata nei muscoli da altri amminoacidi (arginina, ornitina e prolina) e in misura minore dal fegato, reni e intestino tenue.
La forma naturale di glutammina che utilizza il nostro corpo è la L-glutammina.
La glutammina non è un amminoacido essenziale perché può essere prodotto a partire da altri amminoacidi ma è considerata essenziale dal punto di vista funzionale ovvero il nostro corpo non può funzionare correttamente senza glutammina.

Perché è importante integrare la glutammina

Solitamente la glutammina viene prodotta in quantità sufficienti nel corpo. Tuttavia ci sono alcune condizioni che bruciano le nostre riserve di glutammina e diventa necessario integrarla per permettere al corpo di essere al massimo del suo potenziale:
stress e lunghi periodi di tensione emotiva
infiammazione
infezioni
traumi
lunghi periodi a letto e interventi chirurgici
allenamento intenso
Infatti alcune funzioni corporee utilizzano così tanto glutammina che diventa necessario ottenerlo dalla dieta o dagli integratori.

Sintomi

Inoltre se abbiamo alcune condizioni di salute allora può essere importante integrare la glutammina:
permeabilità intestinale
intolleranze alimentari
colite ulcerosa
celiachia
morbo di Crohn
sindrome dell’intestino irritabile
lunghi periodi di malattia
tendenza ad ammalarsi spesso
malattie autoimmuni
fegato grasso
insonnia

14 Benefici della Glutammina

1. Migliora le prestazioni fisiche e la massa muscolare. Quando ci si allena intensamente per almeno un’ora i livelli di glutammina calano drasticamente con un conseguente calo nel rendimento (diminuzione accentuata della forza massima e della resistenza), aumento dei tempi di recupero e indebolimento del sistema immunitario. Il recupero di livelli normali di glutammina può durare fino a 6 giorni. Non sorprende quindi spesso gli sportivi si ammalano dopo un allenamento o una prova intensa, proprio perché le loro difese immunitarie si sono abbassate. Assumere glutammina favorisce il recupero, le prestazioni, la massa muscolare e previene l’indebolimento del sistema immunitario. E’ molto indicata anche negli sportivi con difficoltà a recuperare adeguatamente dopo un lungo periodo di stop.
 
2. Rinforza il sistema immunitarioLe cellule immunitarie, come i linfociti, i macrofagi e i neutrofili richiedono la glutammina. La presenza di glutammina permette a questi globuli bianchi di crescere e svilupparsi. Pertanto tutte le situazioni che richiedono un sistema immunitario forte per guarire come lesioni, infezioni, trattamenti contro il cancro e interventi chirurgici riducono la glutammina nel corpo. D’altro canto queste situazioni richiedono molta glutammina e quindi esauriscono le riserve nel corpo se si protraggono nel tempo. In caso di gravi malattie, per esempio, il livello di glutammina può ridursi del 58%, restando poi insufficiente per oltre tre settimane. Assumere un integratore di glutammina tende ad aiutare la forza di autoguarigione del corpo in eventi. I sintomi di un sistema immunitario fragile (un raffreddore, un infezione, basse prestazioni, aumento di massa grassa e perdita di massa magra) sono anche in relazione a bassi livelli di glutammina. Per questo motivo è necessario interrompere gli allenamenti quando non si sta molto bene e utilizzare un integratore di glutammina.
3. Disintossicante e antiossidante grazie alla stimolazione del glutatione. Il glutatione è l’antiossidante e disintossicante più potente dell’organismo che potenzia l’attività di tutti gli altri antiossidanti (come vitamina C, vitamina E, CoQ10, l’acido alfa lipoico), ossigena le cellule, disintossica dai metalli pesanti, favorisce la longevità e la giovinezza, purifica il fegato e combatte le cellule cancerose. I componenti della molecola del glutatione sono l’acido glutammico, la cisteina e la glicina. La glutammina, essendo precursore dell’acido glutammico assume un ruolo importante nella formazione del glutatione. E’ stato dimostrato infatti che l’assunzione di glutammina riduce la diminuzione delle riserve di glutatione in condizioni di necessità.
4. Migliora la concentrazione, la memoria, l’umore e il sonno. La glutammina è utilizzata dal cervello come precursore di molti neurotrasmettitori ed è stato dimostrato che chi soffre di depressione ha livelli più bassi di glutammina nella corteccia prefrontale. In uno studio inoltre è stato osservato che l’assunzione di glutammina riduce la depressione e migliora l’umore. Chi assume glutammina riferisce di avere maggiore concentrazione e energia mentale e di dormire molto meglio svegliandosi riposati.
5. Nutre le cellule gastrointestinali e promuove l’assorbimento dei nutrienti. La glutammina è una delle principali fonti di energia per le cellule dell’intestino tenue, essenziale per la produzione cellulare, la crescita cellulare e per favorire l’assorbimento e il trasporto delle sostanze nutritive. Per questo motivo l’integrazione con glutammina si è dimostrata molto efficace in soggetti con colite ulcerosa, celiachia (favorisce la riparazione dell’intestino anche durante una dieta senza glutine come spiegato nell’articolo Se soffri di celiachia, togliere il glutine non basta. Ecco cosa fare), morbo di Crohn e sindrome dell’intestino irritabile.
6. Permeabilità intestinale. E’ una condizione di salute sempre più diffusa per cui le pareti dell’intestino non sono serrate ma permeabili permettendo così a particelle di cibo indigerito, tossine e batteri di entrare nel circolo sanguigno. I sintomi della permeabilità intestinale sono molti tra cui intolleranze alimentari, difficoltà digestive, insonnia, squilibri ormonali, fatica cronica e alterazioni dell’umore. Molti fattori causano la permeabilità permeabile come lo stress, l’esposizione a tossine, la chemioterapia e un’alimentazione errata protratta nel tempo. La glutammina aiuta a prevenire e riparare la permeabilità intestinale. Inoltre, la glutammina aiuta anche a preservare i villi intestinali in numero e altezza (i villi intestinali sono fondamentali per l’assorbimento dei nutrienti nell’intestino).  Nei pazienti con cancro al seno, uno studio ha dimostrato che l’integrazione di glutammina per 12 giorni prima della chemioterapia ha ridotto significativamente la permeabilità intestinale causata dalla chemioterapia.
7. Previene e contrasta le infezioni. La glutammina aumenta la produzione di linfociti T che difendono il corpo dall’invasione batterica prevenendo e contrastando così le infezioni. In uno studio su 45 pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo, quelli che hanno ricevuto la supplementazione di glutammina hanno sviluppato meno infezioni. Un’altra ricerca su 68 neonati ospedalizzati con peso alla nascita molto basso hanno dimostrato che la supplementazione di glutammina riduce la sepsi acquisita in ospedale (una condizione pericolosa per la vita che si manifesta quando il corpo ferisce i suoi stessi tessuti in risposta a un’infezione) e batteriemia (infezione batterica del sangue ). Solo l’11% dei bambini che hanno ricevuto la supplementazione di glutammina ha sviluppato un’infezione rispetto al 30% dei bambini che non hanno l’hanno ricevuta.
8. Accelera la guarigione di ferite e lesioni. La glutammina fornisce energia alle cellule che hanno un ruolo nei processi di guarigione delle ferite come macrofagi, linfociti e il tessuto connettivo. Quando si verifica una lesione, il tessuto e le cellule immunitarie che circondano la lesione consumano più velocemente la glutammina. In caso quindi di lesioni e ferite gravi o che necessitano di molto tempo per rigenerarsi, si può accelerare la guarigione con l’integrazione di glutammina.
9. Favorisce il recupero post-operatorio. Gli interventi chirurgici riducono la glutammina nei muscoli e riducono la sintesi proteica muscolare. Infatti assumere glutammina durante il periodo di recupero permette una minore riduzione della perdita di massa muscolare. Infatti come abbiamo detto in precedenza, il livello di glutammina può ridursi del 58% in caso di malattie e operazioni chirurgiche che si protraggono nel tempo. Uno studio ha dimostrato che l’integrazione giornaliera di glutammina una settimana prima dell’intervento ha migliorato lo stato antiossidante post-operatorio e la funzionalità epatica rispetto al gruppo di controllo. I pazienti che hanno ricevuto la glutammina hanno osservato anche una minore diminuzione del glutatione e una tendenza alla diminuzione della durata della degenza ospedaliera.
10. Abbassa i livelli di stressLa concentrazione di glutammina diminuisce notevolmente in situazioni di stress. L’assunzione di glutammina migliora la risposta allo stress riducendo i livelli di cortisolo e riducendo il catabolismo muscolare indotto dallo stress.

Controindicazioni

L’assunzione di glutammina è controindicata nei casi di cancro in quanto le cellule cancerose hanno bisogno di amminoacidi per riprodursi, in particolar modo della glutammina. Tuttavia la glutammina gioca un ruolo importante nella prevenzione del cancro e nel trattamento della chemioterapia, quindi alcuni medici ritengono che sia un integratore utile anche in caso di cancro.
Si consiglia di non assumere la glutammina insieme agli omega 3 in quanto sembra che si annullino i loro benefici quando assunte contemporaneamente.
Chi soffre di convulsioni, cirrosi e fegato molto danneggiato dovrebbero evitare la glutammina.
I farmaci con cui la glutammina può interagire sono
  • lattulosio
  • farmaci chemioterapici
  • anticonvulsivanti

Cibi più ricchi di Glutammina

I cibi più ricchi di glutammina sono:
2) Manzo, agnello e pollo
3) Pesci d’acqua salata (ovvero non di fiume)
4) Latticini di capra e pecora e ghee
6) Cavolo
7) Asparagi
8) Broccoli
9) Mandorle e nocciole
10) Uova

Quale integratore di Glutammina acquistare

Se si è in salute e non si è sottoposti a stress o allenamenti intensivi, un’alimentazione ricca di glutammina è sufficiente. Per i vegani questo è più difficile dato che la glutammina è un amminoacido presente principalmente in prodotte di origine animale.
Chi ha situazioni di salute da trattare, oppure vuole migliorare le proprie performance fisiche o mostra alcuni sintomi come insonnia, stress, difficoltà digestive, può avere notevoli benefici con l’assunzione di un integratore di glutammina. L’integratore permette di aumentare i livelli di glutammina in modo più efficiente rispetto al cibo considerato anche che chi ha bisogno di glutammina spesso ha un intestino che assorbe poco i nutrienti. Assumere glutammina aiuta la riparazione intestinale e permetterà in seguito di migliorare l’estrazione dei nutrienti da ciò che mangiamo.
Quando si acquista un integratore di glutammina è importante scegliere la L-glutammina che è la forma naturale di glutammina ottenuta attraverso un processo di fermentazione naturale. Evitare tutte le altre formulazioni.

Come assumere la Glutammina

Il corretto modo d’uso della glutammina va rispettato per ottenere i massimi benefici da questo prezioso amminoacido. Ecco il dosaggio della glutammina:
Sportivi. 5 grammi (un cucchiaino) miscelato in acqua temperatura ambiente (non fredda e non calda, o un succo o un frullato) 1 ora prima dell’allenamento; altri 5 grammi appena finito l’allenamento insieme a un carboidrato semplice (frutta, miele ad esempio) per aumentare i livelli di insulina e accelerare l’entrata della glutammina nelle cellule muscolari; altri 5 grammi prima di andare a dormire (sempre miscelati in un liquido).
Non-sportivi o giorni di non allenamento degli sportivi. 5 grammi (un cucchiaino) miscelato in acqua temperatura ambiente (non fredda e non calda, o un succo o un frullato) per 3 volte durante l’arco della giornata: mattina, pranzo, cena.

Testimonianze

Queste sono recensioni di persone che hanno assunto l’integratore di L-glutammina e hanno lasciato una testimonianza al prodotto.
“Veramente efficace, ne sto assumendo due capsule al giorno da dieci giorni e già noto dei miglioramenti, meno stanchezza mentale e più energia fisica, nel lungo periodo visti i presupposti i risultati saranno sicuramente migliori. Ha anche un effetto protettivo nei confronti della parete intestinale, la glutammina viene consigliata come integratore nella sindrome da leaky gut e per il colon irritabile. Penso che diventerà un integratore di riferimento specie nei cambi di stagione e nei periodi di stress.”
“Ho voluto provarla su consiglio di un amico culturista per alzare il sistema immunitario e ho poi scoperto che serve per favorire il sonno. Prendo 1 compressa mezz’ora prima di dormire e dormo molto bene. Quando invece devo dormire poche ore per degli impegni mi sento ugualmente riposata e in grado di affrontare tutta la giornata nonostante il poco riposo. Una vera risorsa.”
“dopo alcuni mesi di utilizzo lo trovo un buon prodotto. senza effetti collaterali, dona energia e freschezza mentale!”
“Ho preso questo integratore perché mi è stato consigliato dal dietologo dato che ero dimagrita molto..mi sento più energica”
“Per curare problemi di stomaco ed Helycobacter molto utile”
“Io la uso per contrastare la permeabilità intestinale, prendo una compressa mezzora prima di dormire (mi aiuta anche a dormire meglio), lo prendo da più di un mese e ho notato sensibili miglioramenti nell’assimilazione degli ingredienti.”
“ottimo prodotto, usandolo con regolarità ci si accorge subito dei benefici effetti. Maggiore energia e resistenza. Anche, e soprattutto, a livello mentale.”
“dopo l’allenamento fisico anche molto intenso sono una vera panacea, aiutano tantissimo per il recupero come promesso!!! consigliatissimi”
“Uno dei miei integratori preferiti ! Aiuta l’intestino contro disbiosi e candida, da forza e rilassa se assunto di sera. Mi è stato consigliato dal mio nutrizionista e devo dire che fa il suo lavoro, buono anche il prezzo! Consigliatissimo a tutti sportivi e non.”
“peccato non aver conosciuto prima questo prodotto!!! gli effetti sono evidenti.