CONSULTA L'INDICE PUOI TROVARE OLTRE 4000 ARTICOLI

su santi,filosofi,poeti,scrittori,scienziati etc. che ti aiutano a comprendere la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo


venerdì 31 agosto 2018

Il quadro ' la Madonnina '

Il quadro inesistente più famoso che c'è

Questa celebre "Madonnina" è uno dei dipinti più riprodotti di tutti i tempi. Anch'io ricevetti in regalo il quadretto della Madonnina per la  Prima Comunione: lo trovai bellissimo, con la cornice dorata ovale e le tenere figure della Madonna col Bambino addormentato.
In realtà, il quadro ritrae una fanciulla di undici anni,  Angela Cian,  con il fratellino più piccolo Giovanni in braccio.
Il pittore Roberto Ferruzzi (Dalmazia 1853 - Luvigliano, Colli Euganei, 1934)  era figlio di un noto avvocato, e, dopo gli studi classici, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova.
Molto dotato nel disegno, pur continuando i corsi universitari, studiò disegno e pittura e si dedicò anche alla musica. Nel 1879 si stabilì a Luvigliano (Colli Euganei) dove si dedicò esclusivamente alla pittura creando attorno a sé un cenacolo culturale che divenne meta dei maggiori artisti dell’epoca.
Un giorno vide una ragazzina, Angelina Cian, seconda di quindici figli, che teneva in braccio il fratellino Giovanni addormentato. L'immagine dei fratellini colpì il pittore per la sua tenera dolcezza, e la riprodusse in un dipinto che intitolò ‘Maternità’.
Il dipinto fu esposto alla Biennale di Venezia nel 1897 e venne premiato; il successo popolare  suggerì un cambiò di titolo in ‘Madonnina’.
 Il quadro fu acquistato per tremila lire, cifra astronomica per l’epoca, e più volte rivenduto. Infine fu acquistato dai fratelli Alinari, noti fotografi di Firenze che lo misero in esposizione nei loro studi. Fu ancora rivenduto, ma i fratelli Alinari si riservarono i diritti di riproduzione. La"Madonnina", detta "delle vie", o "del riposo", fu riprodotta in migliaia di copie, biglietti, "santini", oggetti di devozione.
Durante la Seconda Guerra mondiale, l'ambasciatore americano in Francia, John G.A. Leishman,  acquistò il quadro, ma durante il viaggio verso gli Stati Uniti la nave venne silurata e la bella Madonnina finì in fondo al mare. Alcuni sostengono che non sia perduta, ma in una collezione privata in Pennsylvania.
La ragazza del ritratto, Angelina, che ispirò la Madonnina, si era nel frattempo trasferita a Venezia. Si sposò e seguì, nel 1906, il marito in California, a Oakland. Ebbe dieci figli, ma la sua felicità svanì per l’improvvisa morte del marito; vedova, non fu in grado di affrontare le avversità della vita; i suoi figli furono ospitati in orfanatrofio e lei, in preda alla disperazione, fu internata in manicomio. Morì nel 1972.
La Madonnina è il dipinto “sacro” più riprodotto al mondo, anche se dell'originale non si hanno più notizie da decenni.

martedì 28 agosto 2018

La vita sociale può togliere all'individuo l'indipendenza ..

La vita sociale può togliere all'individuo l'indipendenza ..
***
La  dedizione può portare alla perdita di cose che non è lecito dismettere,alle quali non si  rinunciare: nel caso, al venir meno di elementi costitutivi del possesso più intimo che l'uomo ha di sé, Essa può togliere l'indipendenza, deformare il giudizio, indebolire la volontà, dissolvere l'unità della persona — che riposa  in se stessa. Può indurre un individuo a comportarsi contro la propria coscienza, per assecondare la volontà altrui. Gli uomini che subiscono solo l’influsso degli impulsi e delle inclinazioni della vita in comune perdono rapidamente la freschezza e l'originalità del loro essere; divengono superficiali e banali. Qui è all’opera quel complesso nefasto di influssi è conseguenze dell'’istinto sociale, che Nietsche ha riassunto con le parole: «la comunità livella e rende tutti uguali»",
Perciò a tale moto deve andare incontro, così da contrastarlo efficacemente, l'altra e opposta disposizione:la tensione al controllo di sé, e a mantenere la distanza fra sé e l'altro.
Essa tutela il diritto ad avere proprie convinzioni, afferma l'indipendenza di giudizio, l'autonomia delle scelte, l’effettiva responsabilità del singolo. Le corrisponde, nell'altra persona,
il riserbo davanti a quel confine che circonda la personalità altrui, così come la propria.

Romano Guardini

lunedì 27 agosto 2018

Colchico: il nemico numero uno del cancro





Colchico: il nemico numero uno del cancro

***
By  | agosto 27, 2018

Avete mai sentito parlare del Colchico? Eppure nella recente storia medica è stato un possibile candidato per la cura del cancro!
Parliamo al passato perché  fu archiviata qualsiasi ricerca dopo la morte del Dottor Aldo Vieri. Eppure il suo lascito ancora tutt’oggi ha delle conseguenze importanti sulle singole persone!

COS’E’ LA CURA VIERI?

La cura Vieri è composta da Aceto, alcool al 95% e sopratutto Colchico! La preparazione ufficiale che il medico Aldo Vieri rilasciò è la seguente:
10cc di alcool in una boccetta contagocce nuova (per evitare contaminazioni); aggiungere 3 gocce di tintura di colchico; aggiungere 3 gocce di aceto di puro vino.
Purtroppo però spesso viene criticata come una delle tante cure alternative che non hanno nessuna base scientifica. Spesso viene definita la cura dell’aceto, rivelandosi però un’affermazione completamente provocatoria perché ignora i principi reali e scientifici che vi sono dietro.

COSA DICE LA SCIENZA

Nel mondo scientifico la Colchina non è solo conosciuta per la cura della Gotta, bensì vari ricerche e studi hanno dimostrato come il suo estratto è un potente antitumorale!

Jpeg
La Colchina agisce infatti direttamente sulla mitosi cellulare! La cosa sorprendente è che, se usata nel modo giusto, agisce solo sulle cellule malate lasciando intatte le sane e senza alcun effetto collaterale.
Con la colchicina assistiamo a un blocco della divisione cellulare che si ferma a quell’unico e utile stadio, per tale motivo non potrà mai avvenire una divisione cellulare di proliferazione a seguito della sua funzione, come invece avviene per la Radioterapia.
I suoi effetti antimitotici sono d’altronde conosciuti fin dal 1800! Vieri era riuscito a sfruttare al meglio le sue proprietà, in modo non invadente, permettendo non solo di evitare la replicazione cellulare ma anche riducendo o eliminando i vasi sanguigni che alimentano le cellule malate.
Oggi alcuni ricercatori stanno progredendo nella ricerca sul Colchino, anche se non può mancare il disdegno sulla lentezza di tali ricerche difronte ad un principio così efficace conosciuto da oltre 200 anni.
Uno dei ricercatori moderni, Laurence Patterson,  ha coniato il nomignolo “Smart Bomb” dopo aver osservato la selettività della colchicina, opportunamente veicolata, nell’attaccare le cellule mutate del cancro lasciando inalterate quelle sane.
Interessante le seguente riflessioni, che riportiamo integralmente, di un ricercatore italiano, Alberto Chiarugi:
II grande fervore degli studi sull’ azione della colchicina sulla mitosi ebbe principio sedici anni addietro, nel 1934, con le pubblicazioni di A. P. DusTIN (Bull. Acad. Royal Med. Belg., 14 : 487-488, 1934) e di F. LITS (C. R. Soc. Bioi., 115: 1421, 1934), e ricevette il massimo impluso nel 1937 con l’applicazione della colchicina alia genetica per opera del BLAKESLEE (C. R. Acad. Sc. Paris, CCV: 476-479, 1937; journ. of Heredity, 28: 313-411, 1937) e del NEBEL (Nature, CXL, 1101, 1937). Da un punto di vista storico le prime osservazioni sulla mitosi da colchicina si consideravano finora quelle di W. E. DixoN e N. J. MALDEN (A manual of Pharmacology, London, Arnold 1905, e journ. Physiol., 37: 50-76, 1908), i quali nel 1905 senza molti particolari e senza figure riferivano che dopo ripetute iniezioni nelle Qlammelle «plentiful mitotic figures can occasionaly be observed ». Recentemente 0. J. EIGSTI, P. DusTIN j~. e N. GAY-WINN (Science, I 10: 692, 1949) hanno rilevato che il primo studio sull ‘azione della colchicina risale al 1889 ad opera di R. PERNICE, il quale pubblico Ia memoria: « Sulla cariocinesi delle cellule epiteliali e dell’ endotelio dei ,asi della mucosa dello stomaco e dell’ intestino nello studio della gastro-enterite sperimentale (nell’avvelenamento per cochico)» in «Sicilia Medica, I (4): 265-279, Palermo 1889 ». Si tratta di uno studio di anatomia patologica stampato in un giomale di medicina non facilmente reperibile. Sara pertanto certamente gradito ai lettori di « Caryologia » conoscere quelle parti della suddetta memoria, dalle quali chiaramente risulta che tutti gli aspetti fondamentali della mitosi da colchicina furono gia dal PERNICE osservati con sorprendente chiarezza, considerata anche I’ epoca a cui risale Ia pubblicazione. L’ Autore, al fine di controllare I’ andamento del processo infiammatorio, studiò con molta precisione le mitosi delle cellule di rivestimento e delle ghiandole della mucosa dello stomaco e del duodeno in due cani, affetti da gastro-enterite acuta per ingestione, rispettivamente, di 10 e di 15 gr. di tintura di bulbi di colchico autunnale e morti 24 e 48 h dopo, facendo i debiti confronti con un animale sano. Egli individuo nettamente I’ aumento del· numero delle mitosi sotto I’ azione del « principio attivo del colchico, Ia colchicina », quando dice che « nei numerosi preparati si nota nello stomaco, un grandissimo numero, straordinario, di cellule in cariocinesi; in taluni punti dei preparati, nelle ghiandole peptiche, si vede proprio una mitosi per ogni elemento cellulare, ed e raro in mezzo al grande numero di cellule, Ia cui sostanza nucleare e evidentemente in attività formativa, cioè in mezzo a queste cellule in via di proliferazione, trovarne qualcuna col nucleo allo stato di riposo  • • (( in taluni preparati quasi ogni cellula e 10 prmclplo od in via di scissione indiretta ». lndividuò lo stesso aumento nelle ghiandole del Lieberkiihn dell’ intestino « dove tutti gli elementi sono quasi in via di scissione indiretta », e « nell’ endotelio dei vasi della mucosa » dove (( e frequente quasi in tutti i vasi di vedere degli elementi cellulari in cariocinesi ». Questo accumulo del numero delle mitosi, che poi il LunFORD {Arch. exp. Zellf., 18 : 411-441, 1936) dimostrò esser dovuto ad un ristagno delle metafasi, fu dal PERNJcf; chiaramente riferito alla colchicina con I’ affermazione che « nelle osservazioni erano più i fatti di proliferazione, di scissione indiretta cellulare che quelli di distruzione, specie nel I° caso {morte dopo 24 ore), e nello stomaco maggiormente, dove forse gli elementi cellulari sono di piu o quasi direttamente eccitati, stimolati dalla tintura di colchico ». II PI<:rnice 131="" 1943="" 258-270="" :="" a="" altri="" anche="" ancora="" anomalo="" anticipo="" ase="" aspetto="" autm1="" b="" barber="" c-rnitosi="" cali.an="" cariocinesi="" cellulare="" cellule="" che="" colchicina="" come="" con="" consideravano="" cromatiche="" da="" decorso="" definizione="" degli="" del="" della="" di="" disegnanti="" divisa="" divisione="" due="" e="" effetto="" equatoriale="" filamento="" finale="" finora="" frequente="" grande="" granulazioni="" hanno="" i="" ia="" il="" in="" individuazione="" l="" le="" mela="" mitosi="" non="" nota="" o="" oggi="" osservazione="" osservazioni="" osservo="" parti="" particolare="" per="" perche="" pernice="" piu="" placca="" precursori="" pregio="" qualche="" quanto="" que="" quelle="" rarita="" raro="" recentissima="" restando="" rispetto="" rnitosi="" roc.="" roy.="" secondo="" seguenti="" si="" significative="" soc.="" sono="" stadi="" star="" stessa="" studi="" successivamente="" sulla="" tali="" telofasici="" tutto="" un="" unite="" vedere="" vicine="">>, quando Egli dice: « Le figure cariocinetiche osservate poi nella mucosa gastro-intestinale infiamnrnata sono varie e note : Ia disposizione a gomitolo ed a stella e frequente, o a ruota d’ ingranaggio con condensamento della sostanza cromatica in centro di essa; frequentemente Ia sostanza nucleare appare sotto forma di segrnenti, di bastonetti o come virgole disposte a raggi circolarmente o quasi, più o meno avvicinate tra !oro o concentrate al centro, o come granuli a corona, restando un punto chiaro in centro »; 2) I’ individuazione del fenomeno di non completa abolizione fusale da parte della colchicina {c-mitosi pa1ziale), quando osserva anafasi bipolari con ritardi cromosomici : « Se ne notano non rare delle forme, dove il filamento cromatico ha preso Ia disposizione come d’una croce, altre colla sostanza cromatica in placca nucleare eoncentrata od in placca completamente divisa in due, per lo piu in placca equatoriale non del tutto divisa in due, restando ancora le due parti unite da qualche filamento o da granulazioni cromatiche ; e raro di vedere due cellule vicine con Ia stessa placca equatoriale, designanti Ia divisione recentissima per cariocinesi, e dove non si e quindi arrivati allo stato di ri?oso nei due nuovi nuclei; poche altre forme si notano ancora ed irregolari ,.; 3) infine il ritenere azione tipica della colchicina I’ effetto picnotizzante, cioe Ia distruzione per picnosi delle mitosi arrestate dalla colchicina; e significativo il fatto che Egli lo consideri come un effetto necrobiotico specifico della sostanza in oggetto e distinto da effetti necrobiotici di altro tipo : ; Poteva nelle nostre osservazioni trattarsi, piu che di un fatto di proliferazione per scissione indiretta, di una distruzione degli elementi, di una necrosi delle cellule, dando luogo, nel corso di questo processo, a quelle forme pseudocariocinetiche? Veramente questo abbiamo anche noi sospettato in sulle prime, ma riteniamo di no, sia per l’apparenza delle forme più nette ed evidenti, sia per il luogo dove si trovavano, cioe dove rispettivamente e maggiore nello stato normale Ia rigenerazione degli elementi e non dove nello stato patologico e piu frequente Ia distruzione (come nell’ epitelio di rivestimento dell’ intestino ed in corrispondenza delle piccolissime escare nello stomaco), sia per i caratteri distintivi con altri nuclei, secondo noi, in disfacimento, che abbiamo visto numerosi nelle ghiandole tubulari del duodeno, in frammentazione (non intendendo certo con queste parole significare proliferazione per scissione diretta). per un processo necrobiotico, ,causato dall’ agente chimico adoperato, una forma pero del tutto differente dalla necrosi degli elementi da coagulazione del Weigert ….. ,., Nelle nitide illustrazioni I’ A. disegna glandule gastriche e del Lieberkiihn con « quasi tutti gli elementi in cariocinesi •, ma senza rappresentare vere anafasi o telofasi. Queste figure sono state recentemente riprodotte da EwsTI e Dm’ITIN ir· (Lloydia, 12 ( 4): 186, 1949). Dopo Ia lettura di questi brani della memoria del PERNICE, e evidente che Egli, con una cosl precisa segnalazione dell’ azione della colchicina sulla cariocinesi, ha brillantemente preceduto di 45 anni gli Autori che dettero inizio al periodo di piu intenso fervore di ricerca sulla mitosi da colchicina.
Alberto Chiarugi
Ricerche scientifiche ad’oggi disponibili su PubMed: 

LA TOSSICITA’ DEL COLCHICO

Forse, la poca diffusione e conoscenza delle proprietà del Colchico, sono dovuto (oltre ai classici interessi economici) anche dalla tossicità elevata! E’ proprio qui però che entra in gioco l’importanza del preparato Vieri.
Il suo preparato permette di non avere nessun effetto collaterale ma nello stesso tempo di sfruttare al massimo l’efficacia del Colchico
Il preparato Vieri dev’essere assunto mettendo delle gocce sulla lingua lasciandole assorbire senza deglutire. E’ possibile anche assumerlo in caso di prevenzione, circa 9 gocce al giorno per 3 settimane seguite da una pausa di una settimana, soprattutto nei periodi di cambio stagione.
Bisogna però stare attenti che il contagocce, o il preparato stesso, non venga a contatto con nessuna superficie, neanche con i propri tessuti interni o esterni della bocca, questo perché i batteri possono contaminare il preparato rendendolo inefficace.

CONCLUSIONI

La ricerca sul Colchico dovrebbe mostrare più attenzione e intensificare gli sforzi verso quella che è di fatto una soluzione ben conosciuta da oltre 200 anni.

ConoscerTi, io voglio, e anche servirTi


ConoscerTi, io voglio, e anche servirTi
***
Ancora una volta, prima di partire
e volgere i miei sguardi verso l’alto,
rimasto solo, levo le mìe mani a Te,
 presso cui mi rifugio,
cui dal profondo del cuore ho consacrato altari,
 affinché ogni ora la voce Tua mi torni a chiamare
Su questi altari splende la parola
Profondamente incisa  "al dio ignoto "
ConoscerTi io voglio, Te, l’Ignoto,
che a fondo mi penetri nell’anima
 come tempesta squassi la mia vita,
inafferrabile eppure a me affine!
 ConoscerTi, io voglio, e anche servirTi”

Friedrich Nietzsche Scritti giovanili,

NON VOGLIO PIÙ AMARE CHE MIA MADRE MARIA


 NON VOGLIO PIÙ AMARE CHE MIA MADRE MARIA
***

Non voglio amare altro
 che mia madre Maria.
 Tutti gli altri amori sono comandati.
 Necessari come sono,
 mia madre solamente potrà suscitarli
 nel cuore di chi l’ha amata.
 È per Lei che bisogna amare i miei nemici,
è per Lei che ho fatto voto di questo sacrificio;
e la dolcezza di cuore e lo zelo nel servizio,
 a me che la pregavo li ha concessi.
 E siccome ero debole e assai cattivo ancora,
 con le mani vili,
 gli occhi abbagliati dalle strade,
 Ella mi abbassò gli occhi
e mi congiunse le mani,
e m’insegnò le parole con le quali si adora.
Io non voglio più pensare
 che a mia madre Maria,
 sede della saggezza e sorgente dei perdoni,
Maria immacolata, amore essenziale,
 logica della fede cordiale e vivace,
 amandovi che c’è di buono ch’io non farò,
amandovi di solo amore,
Porta del cielo?

Paul Verlaine

Regina benedetta

Regina benedetta 
***

prendi questo cuore con questa esistenza.
Tu, amata regina, sai come
io sia tuo con tutto il cuore.
Da lunghi anni nel segreto dell'anima
non ho provato la tua grazia?
Quando non ero ancora conscio di me stesso
ho succhiato il latte dal tuo santo petto.

Mille volte tu fosti vicino a me,
con gioia infantile ho guardato a te,
il tuo fanciullo mi porgeva le mani
perché un giorno potesse ritrovarmi.
Mi rivolgevi un delicato e tenero sorriso
e mi baciavi, o tempo di dolce paradiso!

Ora questo mondo beato è lontano,
da tempo in mestizia ho continuato a errare,
ho dunque peccato in modo così grave?
Con mano infantile tocco il tuo orlo,
ridestami da questo greve sogno.


Solo a un fanciullo è dato guardare il tuo volto
E avere ferma fiducia nel tuo soccorso:
il vincolo degli anni sciogli
come se fossi tuo figlio accoglimi:
amore e fedeltà di fanciullo ancora
mi assistono da quell’età dell’oro.

giovedì 23 agosto 2018

nel nostro secolo si sono separati come tante unità; ognuno si isola nella sua tana, si allontana dagli altri

nel nostro secolo si sono separati come tante unità;
 ognuno si isola nella sua tana, si allontana dagli altri
***
« Per ricreare il mondo bisogna prima che gli uomini imbocchino psichicamente una strada nuova. Prima che ognuno di noi non si faccia davvero fratello di tutti, la fratellanza non comincerà. Mai gli uomini riusciranno, con l'aiuto della scienza e del profitto, a dividersi senza ingiustizie le loro proprietà e i loro diritti. Tutto sarà troppo poco, e gli uomini continueranno a mormorare, e a invidiarsi, e a sterminarsi a vicenda. Voi mi domandate quando queste cose si avvereranno. Si avvereranno, ma prima deve concludersi il periodo dell'isolamento umano. Quello che ora regna ovunque, e soprattutto nel nostro secolo, ma che ancora non si è concluso, ancora non è giunto al suo termine. Adesso infatti ognuno vuole separare la sua persona il più possibile, e provare in se stesso la massima pienezza di vita, e invece di questa pienezza di vita il risultato di tutti i suoi sforzi è un completo suicidio, poiché invece della pienezza nell'affermazione del proprio essere si raggiunge il perfetto isolamento. E infatti tutti nel nostro secolo si sono separati come tante unità; ognuno si isola nella sua tana, si allontana dagli altri, nascondendosi e nascondendo quello che ha, e finendo con il respingere gli altri uomini e con l'esserne a sua volta respinto. Nel suo isolamento accumula ricchezze e pensa: come sono forte adesso, e sicuro! E non sa, il folle, che quanto più accumula tanto più affonda in un'impotenza suicida. Infatti si è abituato a confidare solo in se stesso e si è separato dal tutto come una singola unità; ha educato la sua anima a non credere nella solidarietà umana, negli uomini e nell'umanità, e trema soltanto al pensiero che vada perduto il suo denaro e i diritti che esso gli ha conquistato. Dovunque oggi l'intelletto umano non riesce più a capire che la vera garanzia della personalità non sta nei suoi isolati sforzi individuali, ma nell'unità generale degli uomini. . »

Fëdor Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”

mercoledì 22 agosto 2018

Atto d'amore

 Atto d'amore
*** 

Autore:
Peraboni, sr. MaristellaCuratore:
Riva, Sr. Maria Gloria    Fonte:
CulturaCattolica.it


Non seppi dirti quant'io t'amo, Dio
nel quale credo, Dio che sei la vita
vivente, e quella già vissuta e quella
ch'è da viver più oltre: oltre i confini
dei mondi, e dove non esiste il tempo.

Non seppi; - ma a Te nulla occulto resta
di ciò che tace nel profondo.
Ogni atto
di vita, in me, fu amore. Ed io credetti
fosse per l'uomo, o l'opera, o la patria
terrena, o i nati dal mio saldo ceppo,
o i fior, le piante, i frutti che dal sole
hanno sostanza, nutrimento e luce;
ma fu amore di Te, che in ogni cosa
e creatura sei presente.
Ed ora
che ad uno ad uno caddero al mio fianco
i compagni di strada, e più sommesse
si fan le voci della terra, il tuo
Volto rifulge di splendor più forte
e la tua voce è cantico di gloria.

Or - Dio che sempre amai - t'amo sapendo
d'amarti; e l'ineffabile certezza
che tutto fu giustizia, anche il dolore,
tutto fu bene, anche il mio male, tutto
per me Tu fosti e sei, mi fa tremante
d'una gioia più grande della morte.

Resta con me, poiché la sera scende
sulla mia casa, con misericordia
d'ombre e di stelle. Ch'io ti porga, al desco
umile, il poco pane e l'acqua pura
della mia povertà. Resta Tu solo
accanto a me tua serva; e nel silenzio
degli esseri, il mio cuore oda Te solo.
                                                           ADA NEGRI



da : Cultura Cattolica


Ada Negri scrive questa poesia nell'ultima parte della sua esistenza. È il canto d'approdo alla Verità di una vita, travagliata ma vissuta intensamente, passata alla ricerca della Verità stessa.
Tutta la sua esperienza, umana e artistica, può, infatti, essere letta sotto il segno della ricerca, della giustizia prima e del vero bene poi: ricerca di quell'unicum che, solo, può appagare e riempire l'esistenza, dandole senso e significato.
Molto assomiglia, la vicenda di Ada Negri, a quella della Samaritana che la Liturgia ci presenta in questa terza domenica di Quaresima.
Il passo evangelico di Giovanni 4, 5-42 "è - come ebbe ad evidenziare il Card. Martini - la storia di un cammino, la storia di un incontro con Gesù. È l'incontro di questa donna, che però non comprende d'un colpo solo, in un momento il Mistero di Gesù, ma attraverso un lungo processo che viene espresso molto chiaramente da questa pagina evangelica composta di sette battute di dialogo. Partono, queste parole, da un primo accenno alle necessità materiali - l'acqua da bere - per andare, a poco a poco, al Mistero del Messia, al Mistero stesso di Gesù. Questa donna viene sciolta poco a poco dai suoi blocchi, dalle sue paure, dalle sue resistenze e viene a riconoscere il Mistero del Signore".
Nella immagine di un cammino di ricerca terminante nell'incontro con le realtà profonde tanto cercate, può essere sintetizzata anche la vita di Ada Negri. Un'ininterrotta ricerca delle risposte autentiche alle domande radicali che in lei albergavano e la portavano a vivere in perenne tensione interiore, mai paga di quanto raggiunto finché, nella sua esistenza, non avvenne l'incontro con il Signore della vita, il Dio della "sua" vita.
Questo bruciante anelito, verso un "oltre" che raggiungerà solo al termine della sua esperienza umana, appare particolarmente evidente se si scorrono, anche solo di sfuggita, le fasi principali che hanno scandito la sua esistenza.
Dopo un'infanzia passata nella miseria sognando il proprio riscatto sociale, Ada Negri assapora il successo letterario e, sposando un medio industriale, giunge all'agiatezza economica desiderata. 
Né l'insegnamento, cui si era dedicata, né il matrimonio, da cui nacque l'amata figlia Bianca riuscirono però a soddisfare l'animo inquieto di Ada.
Abbandonati entrambi, la Negri intraprese una serie di viaggi che, se da un lato l'arricchirono culturalmente, permettendole di conoscere genti e Paesi diversi, dall'altro non la portarono a raggiungere la sospirata felicità.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, anche per tentare di colmare il senso di vuoto e solitudine che in lei si era fatto sempre più acuto, torna in Italia per prestare servizio in un ospedale milanese ed inizia, in questo periodo, una nuova esperienza sentimentale. Anche questa intensa relazione finisce tragicamente con l'improvvisa morte dell'amato, lasciando Ada Negri nell'amarezza e nello sconforto.
Dopo alcuni anni trascorsi a Capri, dove, maturata umanamente, artisticamente e spiritualmente, guarda alla sua esistenza, rievocandola anche nello splendido racconto autobiografico Stella mattutina (1921), torna a Milano e qui trascorre i suoi ultimi anni in una vita ritiratissima e con un programma di vita quasi monacale. Dio riempie ed appaga, infine, la sua esistenza, apportandole la serenità da lei sempre agognata.
L'intera esistenza della Negri fu una vita pienamente vissuta e pienamente umana poiché, come ha ricordato anche il S. Padre, "l'uomo non smette mai di cercare: quando è segnato dal dramma della violenza, della solitudine e dell'insignificanza, come quando vive nella serenità e nella gioia, egli continua a cercare. L'unica risposta che può appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall'incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare"… e Ada Negri fa quest'incontro. La fede, che fondamentalmente l'aveva sempre accompagnata ma era inizialmente rimasta in lei come "assopita", dopo il cammino purificazione da ogni illusione terrena che ha caratterizzato anche tutto il suo percorso di maturazione umana e artistica, fiorisce nell'incontro intimo e personale con Cristo, sentito ora, dalla poetessa, come compagno e unico approdo dell'intera esistenza.
Questa poesia rispecchia e rievoca dunque tutto l'itinerario di ricerca e di fede vissuto da Ada e, in un sublime sentimento di interiore spiritualità, diviene preghiera, colloquio con quel Dio che fin dalla fanciullezza l'aveva accompagnata e che ora la Negri riconosce come autentico centro del suo amare: diviene "atto d'amore".
"Non seppi dirti - dice - quant'io t'amo, Dio".Inizia così la sua "professione d'affetto e d'amore", espressione del legame, forte e profondo, che la lega alla sua fede e al suo Dio.
Si sente l'eco delle 
Confessioni di S. Agostino: "Ciò che sento in modo non dubbio, anzi certo,Signore, è che ti amo".
"Non seppi - ripete - ma a Te nulla occulto resta": Ada esprime l'abbandono fiducioso, la consolante consapevolezza che Dio sa leggere oltre le apparenze effimere e giungere amorevolmente al cuore, nell'intimo profondo della sua creatura. Vi si intravede la certezza che ella ha di essere pienamente compresa dal suo Dio. Ada, dopo tutte le vicende burrascose della sua vita, sa che non verrà giudicata ma accolta e capita da un Dio che, conoscendola nella sua realtà più intima, l'avvolge nel Suo Mistero d'amore.
"Ogni atto di vita, - prosegue infatti la Negri - in me, fu amore". È la sintesi della tensione d'amore che animò tutta la sua esistenza portandola a scrivere, in un'altra sua poesia: "Tutto vale. A ciascun la sua fatica è sacra e Dio l'accoglie; non v'è colpo di zappa o colpo d'ala che non sia atto di fede".La fede diviene, in quest'opera, sinonimo di amore. Non si può credere autenticamente se non si ama Colui in cui si crede e se non si è sperimentato il Suo amore.
"Ed io credetti - ammette - fosse per… ma fu amore di Te… Ed ora che più sommesse si fan le voci della terra, il tuo Volto rifulge di splendor più forte e la tua voce è cantico di gloria". La Negri non nega le difficoltà, le sofferenze e le illusioni che hanno caratterizzato la sua vita, Il suo non è un "poetico idillio", il canto di una "realtà utopica". Tutta la sua poetica esprime la vita reale ma la reinterpreta e la legge con gli occhi della fede che, al di là di ogni esperienza umana, sanno intravedere "il mistero e l'agire di Dio". "Il Signore - come ebbe a scrivere un'altra grande poetessa del '900, Gabriela Mistral - dorme nelle cose". Anche la sofferenza, riconosce la Negri, è feconda poiché, "ora che più sommesse si fan le voci della terra, il tuo Volto rifulge di splendor più forte… Or t'amo sapendo d'amarti".Perciò nulla va perduto, nulla è senza significato, nessun accadimento, per quanto negativo, è totalmente tale se guardato con uno sguardo di fede poiché, come direbbe la Mistral, la poetessa sopra citata, "Chi ti lascia una spina nella mano tremante, ti offre nell'altra un motivo di sorriso. Non dire ch'è un gioco crudele. Tu non sai (nella chimica di Dio), perché è necessaria l'acqua delle lacrime"."Or t'amo - esclama in un moto di intima gioia -sapendo d'amarti; e l'ineffabile certezza che tutto fu giustizia, …, tutto fu bene, … tutto per me Tu fosti e sei, mi fa tremante d'una gioia più grande della morte" continuano i possibili paralleli con S. Agostino che, in un altro passo delle sue Confessioni esclama: "O eterna verità e vera carità e cara eternità, tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Tu mi hai sollevato verso di te per farmi vedere, mentre io non potevo ancora vedere; respingesti il mio sguardo malfermo col tuo raggio folgorante, e io tutto tremai d'amore".
È l'intima certezza finale. La Negri, conscia del suo amore per Dio e, ancor più, dell'amore di Dio per lei, freme interiormente, esulta - si potrebbe dire - nello spirito. Il Mistero di Dio, da sempre presente, ora si rende manifesto nella consapevolezza raggiunta da Ada Negri che "tutto fu giustizia, anche il dolore, tutto fu bene, anche il mio male, tutto per me Tu fosti e sei". Tutto fu, ed è, avvolto dall'amore previdente e provvidente di quel Dio che, nel Suo infinito Mistero di Grazia, tutto riassume e comprende. Dio, dice il Manzoni nei Promessi Sposi "non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande".La reazione finale di Ada Negri, come di ogni altra creatura che si scopre circondata dall'abbraccio amoroso del Padre, non può che essere l'offerta di tutto il proprio essere: "Ch'io ti porga, - conclude - al desco umile, il poco pane e l'acqua pura della mia povertà. Resta Tu solo accanto a me tua serva; e nel silenzio degli esseri, il mio cuore oda Te solo."
Rappacificata col mondo e, soprattutto, con se stessa, sorretta da una fede forte che tutta la abita e la permea, la poetica di Ada diviene preghiera, un'implorazione umile e fiduciosa, un'amorevole ed appassionata richiesta rivolta al Dio che tanto ama affinché le conceda l'unica cosa che realmente conta e dà senso all'esistenza: la comunione con Lui.
 


da: https://www.culturacattolica.it/cultura/arte-e-catechesi/poesia-e-liturgia/la-domenica-della-samaritana

sabato 18 agosto 2018

Aldo Brandirali

Cristo…Passando Per Don Giussani










E’ alle porte il Meeting per l’amicizia tra i popoli, organizzato da Comunione e Liberazione. Comunque la si pensi, chiunque dovrebbe interessarsi agli scritti di don Luigi Giussani. Il suo ragionevole modo di spiegare la fede non lascia indifferenti ed è, il suo, un metodo di evangelizzazione che non risulterà mai anacronistico. E’ così che ha convertito migliaia di persone, tra cui musulmani, ortodossi, teologi protestanti, agnostici, scienziati, filosofi. Ma anche diversi marxisti: un esempio è Aldo Brandirali.
Classe 1941, Brandirali fu uno dei punti di riferimento dei Sessantottini milanesi, tra i responsabili del PCI nel 1945, leader della maoista Unione dei Comunisti Italiani(marxisti-leninisti), fondatore del settimanale Servire il popolo e della rivista FalceMartello. Almeno fino al 1975 quando, dopo l’incontro con don Giussani, sciolto il suo partito di 15mila aderenti, inizia un cammino di conversione personale.
«Sono stato un interprete influente» del Sessantotto, ha scritto recentementeBrandirali. «Se oggi avessi ancora le opinioni che avevo allora, ora potrei solo raccontare illusioni e fallimenti, e questo non sarebbe interessante. In cinquant’anni ho camminato cambiando, riconoscendo i fallimenti e cercando di spiegare a me stesso le mie ragioni». Fu un’epoca impregnata di «ideologie che brandivano il primato della teoria sulla realtà», tuttavia Brandirali salva il moto originario di quei giovani, di cui era uno dei leader, animati da «bisogni più umani rispetto all’arricchimento e ai miti del benessere e del consumismo. Domande sul significato della propria vita sorgevano come accade sempre in tutte le generazioni. Domande di senso che non avevano risposta nella moralità dominante, con uno Stato concepito come luogo dell’etica consolidata e una Chiesa diventata concorrente, con la sua etica religiosa critica verso l’etica laicista». Lo Stato etico ed una Chiesa moralista. Per questo, «andare controtendenza, rompere con usi e costumi dell’epoca, sperimentare forme di vita diversa: questa diventa la soggettività giovanile di quegli anni».
Capelli lunghi, vestiti strappati, droga e sesso libera, conflitti familiari, contestazione culturale degli insegnanti, anticlericalismo, rimessa in discussione dell’autorità in generale. Questo anche perché «i figli non avevano risposte adeguate da parte degli adulti alle proprie domande di senso. Mancava l’incontro con una corrispondenza al proprio desiderio di significato», scrive l’ex comunista italiano. Ma Bradirali uscì anche dal Pci in quanto «gli ideali comunisti rimanevano esterni alla vita reale, perché scopo della lotta politica era solo quello di partecipare alla classe dirigente del Paese», dando così vita al Gruppo Falcemartello. E, tuttavia, di nuovo il fallimento a causa del «decadimento delle domande iniziali, e con l’insorgere di un astratto problema di concretezza politica, che divenne apertura alle idee di azioni violente per imporre le nostre idee. Io mi rifiutai di entrare in questa logica e provocai lo scioglimento del movimento. Si capiva che non avevamo trovato risposte al nostro desiderio. Uno scioglimento che riguardava 15mila aderenti e che scatenò mille rancori nei miei confronti».
Nell’ottobre del 1982, come dicevamo, avviene l’incontro con don Giussani,fondatore del movimento ecclesiale di Comunione e Liberazione, il quale sta tentando di recuperare tra i giovani la credibilità del cristianesimo come risposta alle attese di significato insite nel cuore dell’uomo. Afferma la necessità di ripartire dall’incontro concreto con Cristo, incontrabile nei volti della comunità cattolica, per cambiare davvero la vita e, di conseguenza, il mondo intero. «Mi colpì molto il suo riconoscimento di quello che ero, non di quello che dicevo», scrive Brandirali. «Questa nuova attrattiva crebbe dentro di me, e nel maggio del 1985 in un incontro pubblico con don Giussani dissi: “ma tu dov’eri, io ti ho sempre cercato”; volevo dire che avevo trovato in lui finalmente un punto di riferimento per capire le mie domande. Giussani stesso rispose che anche lui mi aveva cercato, ovvero che sapeva di quel fermento giovanile, delle domande che lo caratterizzavano, e voleva raggiungerci oltre le ideologie».
Aldo Brandirali si convertì così al cattolicesimo, abbandonando completamente l’ideologia marxista-maoista. Oggi ne salva l’ideale ma condanna i suoi sviluppi: «Avendo studiato in gioventù Marx e avendo poi verificata la teoria che ha preso il nome di marxismo»ha riflettuto«dopo un lungo percorso che mi ha portato a un cambiamento profondo delle mie idee, sono diventato cattolico e ho compreso che non può esistere una scienza della vita dei popoli e delle persone». Questo perché «il desiderio di giustizia e di eguaglianza fra gli uomini costituisce un nobile ideale, e l’andare contro la mentalità mondana dell’arricchimento come scopo del vivere è un passo vero verso la libertà, ma tutte queste ragioni umane hanno bisogno del vero soggetto della storia, che non è l’auto-emancipazione degli uomini, ma è l’unità degli uomini, che ha la sua radice in Cristo e nella capacità di seguire per fede la verità. Cristo è il soggetto della storia, una presenza che rivoluziona continuamente la vita degli uomini riconoscendoli e sostenendoli nel desiderio».
Don Luigi Giussani è stato recentemente ricordato dall’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, il quale ha ricordato il suo «modo così personale, diretto e affettivo, innamorato di Dio e per questo penetrante, sensibile, fermo e duttile, attento all’uomo, che faceva sentire l’ansia del cielo e apriva le domande più vere del cuore, della persona. Giussani vide come i ragazzi in realtà erano affamati di parole vere, desiderosi di acqua per spegnere la sete del cuore, che andavano nudi perché con tante parole spogliate di contenuto vero, prigionieri di luoghi comuni». E, uno di questi ragazzi, fu proprio l’ex marxista Brandirali.
La redazione