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giovedì 28 settembre 2023

Atto d'Amore, di Ada Negri.

 Atto d'Amore, di Ada Negri.


Non seppi dirti quant'io t'amo, Dio

nel quale credo, Dio che sei la vita

vivente, e quella già vissuta e quella

ch'è da viver più oltre: oltre i confini

dei mondi, e dove non esiste il tempo.

Non seppi; - ma a Te nulla occulto resta

di ciò che tace nel profondo. Ogni atto

di vita, in me, fu amore. Ed io credetti

fosse per l'uomo, o l'opera, o la patria

terrena, o i nati dal mio saldo ceppo,

o i fior, le piante, i frutti che dal sole

hanno sostanza, nutrimento e luce;

ma fu amore di Te, che in ogni cosa

e creatura sei presente. Ed ora

che ad uno ad uno caddero al mio fianco

i compagni di strada, e più sommesse

si fan le voci della terra, il tuo

Volto rifulge di splendor più forte

e la tua voce è cantico di gloria.

Or - Dio che sempre amai - t'amo sapendo

d'amarti; e l'ineffabile certezza

che tutto fu giustizia, anche il dolore,

tutto fu bene, anche il mio male, tutto

per me Tu fosti e sei, mi fa tremante

d'una gioia più grande della morte.

Resta con me, poiché la sera scende

sulla mia casa, con misericordia

d'ombre e di stelle. Ch'io ti porga, al desco

umile, il poco pane e l'acqua pura

della mia povertà. Resta Tu solo

accanto a me tua serva; e nel silenzio

degli esseri, il mio cuore oda Te solo

mercoledì 27 settembre 2023

 

sugo della storia

Manzoni, Leopardi e la Madonna

Due giganti della letteratura italiana, Manzoni e Leopardi, spesso contrapposti nei libri di testo e dalla critica letteraria, presentano una straordinaria sintonia nella descrizione della natura umana e della situazione esistenziale in cui si trova l’uomo.

Alla fine del capitolo XXXVIII, il conclusivo de I promessi sposi, Manzoni utilizza un’immagine icastica: l’uomo è come un infermo che desidera cambiare letto, guarda quello altrui e lo vede più comodo e confortevole. Quando finalmente riesce a trovare un altro giaciglio, inizia a sentire “qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo che lo preme: siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l’anonimo, si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio”.

La vita dell’uomo non è mai perfetta, immune dalla sofferenza e dai problemi. L’uomo desidera sempre indossare un vestito che non è il proprio, percepisce un’insoddisfazione come un pungolo, anche quando sembra aver raggiunto l’obiettivo tanto agognato.

Anche per Leopardi l’uomo prova un sentimento di insoddisfazione e di tristezza che deriva da una tensione inesausta all’infinito, alla compiutezza e alla perfezione, sentimento definito laconicamente col termine “noia”, “in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani,… il non potere essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera” (Pensieri, LXVIII).

A distanza di pochi anni Manzoni e Leopardi scrivono due bei testi poetici dedicati alla Madonna.

Nel 1812 a Il nome di Maria Manzoni riserva un intero inno sacro, forse il più bello, ma “stranamente” anche poco conosciuto. Manzoni attesta che la profezia “Tutte le genti” la “chiameranno beata” si è adempiuta:

e detto salve a lei, che in reverenti

accoglienze onorò l’inaspettata,

Dio lodando, sclamò: Tutte le genti

mi chiameran beata…

Noi, oggi, siamo senz’altro

[…] testimoni che alla tua parola

obbediente l’avvenir rispose,

[…]

Noi sappiamo, o Maria, ch’Ei solo attenne

l’alta promessa che da Te s’udìa,

ei che in cor la ti pose: a noi solenne

è il nome tuo, Maria.

Ogni popolo ha conosciuto la grandezza della Madonna, la “Vergine, […] Signora, […] Tuttasanta”. A Lei ricorrono il bambino, nelle “paure della veglia bruna”, a Lei “ricorre il navigante”. A lei “la femminetta … della sua immortale/ alma gli affanni espone”.

La Madonna ascolta le nostre suppliche e le nostre preghiere “non come suole il mondo”. A Lei ogni popolo canti:

Salve, o degnata del secondo nome,

o Rosa, o Stella, ai periglianti scampo,

inclita come il sol, terribile come

oste schierata in campo.

 

Solo una vera e profonda devozione mariana potrebbe partorire versi di tale bellezza e di tale forza espressiva! Nel contempo, soltanto un lettore devoto e grato alla Madonna avverte la verità di questa poesia, non certo “retorica”, ma solenne, come si addice alla “Madre di tutti i viventi”.

Quattro anni più tardi, tra il novembre e il dicembre del 1816, G. Leopardi scrive un componimento intitolato L’appressamento della morte, composto in terzine dantesche. Il richiamo a Dante è non solo nell’uso della forma metrica.

In maniera sorprendente, infatti, il testo si conclude come la Commedia dantesca con un’invocazione alla Madonna. Scrive il Recanatese:

O Vergin Diva, se prosteso mai

Caddi in membrarti, a questo mondo basso,

Se mai ti dissi Madre e se t’amai,

Deh tu soccorri lo spirito lasso

Quando de l’ore udrà l’ultimo suono,

Deh tu m’aita ne l’orrendo passo.

Leopardi invoca la Madonna perché possa soccorrerlo nell’ora della morte. Così, Leopardi può rivolgersi al Padre Redentore con la sicurezza di un figlio che ha riposto bene la sua fiducia:

Se ‘l mondo cangiar co’ premi tuoi

Deggio morendo e con tua santa schiera,

Giunga il sospir di morte.

Una perlustrazione integrale dell’intera opera leopardiana, in prosa e in poesia, darà poi esiti impensati, perché il poeta più volte esalta la figura della Madonna e la invoca.

Inoltre, Leopardi strinse rapporti stretti con i Gesuiti negli anni della permanenza a Napoli dal 1833 al 1837, anno della sua morte. Secondo la testimonianza scritta del gesuita F. Scarpa Leopardi “si confessò e si riconciliò con Dio per mezzo del Sacramento della Penitenza”. La richiesta alla Madonna fatta in giovinezza di stargli vicino “all’appressamento della morte” si è dunque compiuta

Napoleone non si convertì in punto di morte

 

Il sugo della storia

Napoleone non si convertì in punto di morte

Il 5 maggio 2021 saranno trascorsi duecento anni dalla morte di Napoleone, un personaggio che ha segnato la storia tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, decenni che possono essere designati come età napoleonica.

Quando nel luglio del 1821 giunse la notizia della sua morte, Manzoni si trovava nella villa di Brusuglio. La «Gazzetta di Milano» del 16 del mese riportò il necrologio. Com’erano differenti i tempi delle comunicazioni due secoli fa! Dall’isola di Sant’Elena a Milano la notizia impiegò decine e decine di giorni ad arrivare.

L’isola di Sant’Elena si trova nell’emisfero australe, a metà strada tra Africa e Sud America, alla stessa latitudine di Angola, Zambia e Mozambico. Un’isola di centoventi chilometri quadrati, fino a pochi anni fa raggiungibile soltanto con un cargo postale in transito ogni quattro settimane e solo dal 2017 sede di un aeroporto. Scoperta nel 1502 dal navigatore galiziano Joao da Nova, l’isola divenne nel 1673 possedimento dell’Inghilterra che la scelse come sede dell’esilio di Napoleone.

Manzoni ammirava il condottiero, ma non lo amava; non aveva mai elevato odi al grande comandante quando questi era al colmo della sua gloria, né tanto meno lo aveva denigrato quando era caduto nella polvere, al contrario di tanti artisti contemporanei, tra i quali il pittore Jacques Louis David, il musicista Beethoven (che gli aveva dedicato la sinfonia n. 3, la cosiddetta Eroica), lo scrittore Foscolo, che gli avevano dedicato opere.

Alla notizia della morte, in soli tre giorni, Manzoni scrisse l’ode Il 5 maggio perché fu colpito dalla scomparsa di un personaggio così grande, che aveva posto ordine tra due secoli, Settecento e Ottocento, tra due età, Illuminismo e Romanticismo, che aveva conquistato gran parte dell’Europa, dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno in un movimento direzionale nord/sud e poi ovest/est che sembra tracciare una croce, forse alludendo al fatto che le sue truppe e le sue vittorie fulminee producevano morti sul campo e stermini.

Ancor più che dalla morte, Manzoni fu, però, colpito dalla notizia che Napoleone, che aveva sempre assunto un atteggiamento fortemente anticlericale e anticattolico, si fosse convertito prima di morire: mai più superba altezza si era inchinata al disonore del Golgota.

In realtà, esiste un documento storico che attesta che Napoleone non si convertì negli ultimi giorni, ma era già prima credente e cattolico. Il testo in questione è Sentiment de Napoléon sur le cristianisme, Conversations religieuses dato alle stampe nel 1840 da Robert-Antoine de Beauterne che si era procurato documenti e testimonianze privilegiate degli anni di esilio (come quelle dei generali de Montholon, Bertrand e Goucard, dei due medici O’ Meara e Antonmarchi) e aveva fatto riferimento al celebre Memoriale di Sant’Elena scritto da Las Cases nel 1823.

Perché si tratta di un’opera dal comprovato valore storico?

L’autenticità dei documenti è attestata dal recupero e dal controllo delle affermazioni del curatore dell’opera oltre che dal fatto che tutti i testimoni erano ancora in vita quando fu pubblicato il libro e avrebbero, quindi, potuto smentire affermazioni false. Inoltre, molti dei testimoni erano atei e materialisti, non certo cristiani, e si mostravano in disaccordo con Napoleone.

L’immagine tradizionale del grande imperatore e comandante francese appare assai diversa da quella della vulgata tradizionale. Napoleone si è sempre considerato cristiano cattolico. Al medico personale O’Meara che vede Napoleone leggere il Nuovo Testamento e gli fa notare che «correva voce che fosse miscredente» il generale replica: «Non è vero, non sono mai stato ateo. Quando ero a capo del governo, appena ho potuto, ho tentato di ristabilire la religione, che è una grande consolazione per il credente, soprattutto negli ultimi istanti della sua vita». E nel 1817, quando il medico informa Napoleone che si è diffusa la voce che lui sia un cattolico romano, il generale replica: «È vero, io credo ciò che crede la chiesa».

Il dottor Antonmarchi ricorda nelle sue Memorie che Napoleone gli ha detto: «Io non sono né medico, né filosofo; io credo in Dio; sono un cristiano, cattolico, romano». Al contempo, Napoleone si rivolge rivolto all’abate Vignali con queste parole: «Sono nato nella religione cattolica, voglio adempiere ai doveri che me ne derivano, e ricevere i conforti che essa fornisce ai suoi figli. Lei celebrerà tutti i giorni la santa Messa nella stanza accanto, ed esporrà il Santissimo Sacramento durante le quarantore. Dopo la mia morte, lei porrà l’altare dalla parte della mia testa, nella camera ardente, continuando a celebrare la Messa e tutte le cerimonie del rito cattolico, che lei terminerà solo quando sarò sepolto».

Al generale Bertrand che gli chiede se abbia mai visto Dio, Napoleone replica che anche il genio umano non si vede direttamente, ma si vede l’effetto «e da questo si risale alla causa, e si crede che questa causa esista, insomma che essa sia reale». Come quando nel folto della battaglia la situazione si volge al peggio e il generale Bertrand cerca consiglio nello sguardo dell’Imperatore per capire come agire, allo stesso modo tutto grida nel petto dell’uomo, c’è un istinto, una fede, una certezza, un grido che esce dal cuore. Napoleone arriva ad esclamare: «Io credo in Dio, a causa di ciò che vedo, e di ciò che sento».

E ancora Napoleone chiede al generale Bertrand da dove vengano il genio, la creatività, l’intuito che tanto ammiriamo negli uomini: «Se ci sono tante differenze tra gli uomini, Qualcuno ha creato queste differenze, e questo Qualcuno non è né lei, né io […]. C’è un Essere Infinito in confronto al quale lei non è che un atomo; in confronto al quale anch’io Napoleone, con tutto il mio genio, sono niente […]. Io lo sento, questo Dio, … ne ho bisogno… credo in Lui». La concezione che l’uomo ha di Dio nasconde la visione che si ha dell’uomo stesso: «Cosa vuole che io abbia in comune con un uomo che non crede all’esistenza dell’anima, e che crede che l’uomo sia un mucchio di fango?».

Bellissime sono le conversazioni di Napoleone sull’evidenza e sulla realtà della divinità del Cristo. Il generale Bertrand non riesce a credere che un uomo come Napoleone possa davvero essere convinto della divinità del Cristo. Questi poteva forse essere il cuore più nobile, il legislatore più attento, ma non un Dio che si è fatto carne.

Allora Napoleone confida al generale Bertrand: «Io conosco gli uomini e le dico che Gesù non era un uomo. Gli spiriti superficiali vedono una somiglianza tra il Cristo e i fondatori di imperi, i conquistatori e le divinità delle altre religioni. Questa somiglianza non c’è: tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito […]. Lei, generale Bertrand, parla di Confucio, Zoroastro, Giove e Maometto. Ebbene, la differenza tra loro e Cristo è che tutto ciò che riguarda Cristo denuncia la natura divina, mentre tutto ciò che riguarda tutti gli altri denuncia la natura terrena […]. Cristo affida tutto il proprio messaggio alla propria morte: come può essere ciò l’invenzione di un uomo? Infatti, non lo è, ma è bensì un segno strano, una fiducia sovrumana, una realtà misteriosa. […] Ma l’impero di Cesare quanti anni è durato? Per quanto tempo Alessandro si è sostenuto sull’entusiasmo dei propri soldati? […] I popoli passano, i troni crollano ma la Chiesa resta. Allora, qual è la forza che tiene in piedi questa Chiesa assalita dall’oceano furioso della collera e del disprezzo del mondo? […] Il mio esercito ha già dimenticato me, mentre sono ancora in vita (…). Ecco qual è il potere di noi grandi uomini! Una sola sconfitta ci disintegra e le avversità si portano via tutti i nostri amici».

Il cristianesimo, ricorda Napoleone, si è diffuso in maniera differente dalle altre religioni: non si è diffuso con la forza delle armi e dello sterminio; dopo san Pietro i primi trentadue vescovi di Roma furono tutti martirizzati, senza alcuna eccezione. Diventare vescovo di Roma non significava assumere un potere particolare, ma testimoniare fino alla morte (martire) la buona novella

Cristo, l’unica parola che salva

 

«Innanzitutto dire Cristo, l’unica parola che salvanon enunciare una dottrina, formulare un'analisi della realtà... ma riproporre un fatto, il fatto della presenza di una Persona che, in quanto tale, cambia necessariamente la nostra esistenza e coinvolge il nostro destino... Può sembrare strano proporre la rinascita della fede come rimedio per un mondo che, non credendo più a niente, ha cominciato a credere a tutto; e allo stesso modo può sembrare fuori luogo proporre l’assolutezza di Cristo quando le scelte impellenti che ci stanno di fronte sono concrete e relative come tutto ciò che è umano. Ma queste obiezioni avrebbero un senso solo se la fede e il Cristo di cui parliamo fossero una dottrina o una verità astratta; avrebbero un senso solo se le scelte che si debbono compiere non fossero scelte degli uomini, cioè scelte in cui è in gioco innanzitutto la nostra umanità presa nella sua interezza. Contro queste obiezioni dobbiamo allora ricordarci che il cristianesimo non è una banale dottrina e neppure una religione, ma innanzitutto il riconoscimento di CristoRitornare alla fede di Cristo, dunque, significa riconoscere un fatto che amplia le dimensioni della ragione umana, in quanto la apre su una realtà infinita che, proprio per la sua infinitezza, è la negazione di ogni pregiudizio e di ogni schema predefinito. Così la fede, lungi dal negare la cultura, è generatrice di quella cultura autentica che afferma l'integralità e l’inesauribilità dell'uomo». Così scriveva padre Romano Scalfi

Giovanna Parravicini

il nuovo aspetto che il dispotismo

 « Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell’infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l’unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l’uso del libero arbitrio, restringe l’azione della volontà in un più piccolo spazio e toglie a poco a poco ad ogni cittadino perfino l’uso di se stesso. L’eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche a considerarle come un beneficio. »


Alexis de Tocqueville, “La democrazia in America”

venerdì 22 settembre 2023

Beato colui che ha amato molto, e sebbene possa

 "Coloro che amano molto, 

fanno molto e realizzano molto, 

e tutto ciò che è fatto con amore

è fatto bene... 

L'amore è la cosa migliore 

e più nobile nel cuore umano, 

specialmente quando è messo 

alla prova dalla vita 

come l'oro è messo alla prova dal fuoco. Beato colui che ha amato molto, 

e sebbene possa 

aver vacillato e dubitato, 

ha mantenuto viva quella scintilla divina 

ed è tornato a ciò che era nel principio 

e che sarà sempre. 

Se solo si continua ad amare fedelmente 

ciò che è veramente degno di essere amato e non si spreca il proprio amore 

in cose banali, insignificanti

e prive di significato, 

allora si otterrà gradualmente 

più luce…”


Vincent van Gogh (1853-1890), 

Da, lettere di Vincent Van Gogh a Theo

giovedì 21 settembre 2023

Il rospo

 “Se prendi un rospo, lo metti in 

una pentola con l'acqua e lo porti 

sul fuoco, osserverai una cosa interessante: 

il rospo si adatta alla temperatura 

dell'acqua, rimane dentro e continua 

ad adattarsi all'aumento di temperatura.. 

Però quando l'acqua arriva al punto 

di bollire il rospo vorrebbe saltare 

fuori dalla pentola ma non riesce 

perché è troppo indebolito e stanco 

a causa degli sforzi che ha fatto 

per adattarsi alla temperatura..

Alcuni direbbero che ciò che ha ucciso 

il rospo è stata l'acqua bollente... 

ciò che ha ucciso il rospo invece 

è stata la sua incapacità di decidere 

quando saltare fuori.

Perciò smettila di adattarti

a situazioni sbagliate e tante altre 

faccende che ti "scaldano". 

Se continui ad adattarti corri il rischio 

di morire dentro.

Salta fuori finché sei in tempo.”

Noam Chomsky, dal libro “Media e potere”


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mercoledì 20 settembre 2023

 "Coloro che amano molto, fanno molto e realizzano molto, e tutto ciò che è fatto con amore è fatto bene... L'amore è la cosa migliore e più nobile nel cuore umano, specialmente quando è messo alla prova dalla vita come l'oro è messo alla prova dal fuoco. Beato colui che ha amato molto, e sebbene possa aver vacillato e dubitato, ha mantenuto viva quella scintilla divina ed è tornato a ciò che era nel principio e che sarà sempre. Se solo si continua ad amare fedelmente ciò che è veramente degno di essere amato e non si spreca il proprio amore in cose banali, insignificanti e prive di significato, allora si otterrà gradualmente più luce e si diventerà più forti.”


Vincent van Gogh (1853-1890), Le lettere di Vincent Van Gogh

proprio volete cambiare ancora, restaurate

 "Voi cattolici - mi diceva il filosofo con il suo gusto ironico - avete resistito impavidi per quasi due secoli all'assedio della modernità.  Avete ceduto proprio poco prima che il mondo vi desse ragione. Se tenevate duro ancora per un po', si sarebbe scoperto che gli "aggiornati", i profeti del futuro "post-moderno" eravate proprio voi, i conservatori. Peccato. Un consiglio da laico: : se proprio volete cambiare ancora, restaurate, non riformate. È tornando indietro, verso una Tradizione che tutti vi invidiavano e che avete gettato via, che sarete più in sintonia con il mondo d'oggi, che uscirete dall'insignificanza in cui siete finiti, "aggiornandovi" in ritardo. Con quali risultati, poi? Chi avete convertito, da quando avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata"?          (dialogo fra Gianni Vattimo e Vittorio Messori in "pensare la storia", Edizioni Paoline 1992)

venerdì 15 settembre 2023

La tentazione del credere

 “La natura è costruita in maniera tale che non c'è dubbio che non possa esser costruita così per un caso. Più uno studia i fenomeni della natura, più si convince profondamente di ciò. Esistono delle leggi naturali di una profondità e di una bellezza incredibili. Non si può pensare che tutto ciò si riduca ad un accumulo di molecole. (…)

Più ci guardi dentro, più capisci che non ha a che fare col caso.”


Carlo Rubbia (1934), premio Nobel per la Fisica 1984, La tentazione del credere, 1987

giovedì 14 settembre 2023

Miriam Stimson DNA




Miriam Stimson, la suora domenicana che ha contribuito a scoprire il DNA

 È stata la seconda donna a tenere una conferenza alla Sorbona dopo Marie Curie

Miriam Stimson, la suora domenicana che ha contribuito a scoprire il DNA in un ambiente a lei ostile

Miriam Stimson, la suora domenicana che ha contribuito a scoprire il DNA in un ambiente a lei ostileScienza e fede

Nel 1962, il mondo si arrese alle ricerche di James Watson e Francis Crick, che ricevettero il Premio Nobel per la Medicina per quella che fu una delle grandi scoperte del XX secolo e che rappresentò un progresso per la scienza: la struttura del DNA.

Questi scienziati riuscirono a scoprire la struttura a doppia elica, il modello del DNA che conosciamo oggi , grazie alla quale ottennero fama e riconoscimento. Ma questo è stato possibile grazie al lavoro di altri scienziati, che hanno ottenuto progressi fondamentali e senza di loro non avrebbero vinto il Nobel.

Una delle persone che hanno contribuito alla scoperta del DNA e che ha ricevuto il minor riconoscimento è stata Miriam Michael Stimson(1913-2002), suora domenicana e una delle più eminenti ricercatrici e insegnanti del suo tempo. Altri scienziati hanno visto almeno il suo nome legato a questa scoperta, ma il lavoro di questa suora americana è appena menzionato.

Ha concentrato il suo lavoro sulla lotta contro il cancro.
Il suo lavoro era incentrato sulla lotta contro il cancro, ma le sue scoperte lo hanno portato a contribuire a qualcosa di più grande. Infatti, Stimson fu la seconda donna invitata a tenere una conferenza nel 1951 all'Università della Sorbona di Parigi dopo Marie Curie.



È stata la seconda donna a tenere una conferenza alla Sorbona dopo Marie Curie

Miriam Stimson, la suora domenicana che ha contribuito a scoprire il DNA in un ambiente a lei ostile

Miriam Stimson, la suora domenicana che ha contribuito a scoprire il DNA in un ambiente a lei ostile

JL/ReL

Nel 1962, il mondo si arrese alle ricerche di James Watson e Francis Crick, che ricevettero il Premio Nobel per la Medicina per quella che fu una delle grandi scoperte del XX secolo e che rappresentò un progresso per la scienza: la struttura del DNA.

Questi scienziati riuscirono a scoprire la struttura a doppia elica, il modello del DNA che conosciamo oggi , grazie alla quale ottennero fama e riconoscimento. Ma questo è stato possibile grazie al lavoro di altri scienziati, che hanno ottenuto progressi fondamentali e senza di loro non avrebbero vinto il Nobel.

Una delle persone che hanno contribuito alla scoperta del DNA e che ha ricevuto il minor riconoscimento è stata Miriam Michael Stimson(1913-2002), suora domenicana e una delle più eminenti ricercatrici e insegnanti del suo tempo. Altri scienziati hanno visto almeno il suo nome legato a questa scoperta, ma il lavoro di questa suora americana è appena menzionato.

Ha concentrato il suo lavoro sulla lotta contro il cancro.
Il suo lavoro era incentrato sulla lotta contro il cancro, ma le sue scoperte lo hanno portato a contribuire a qualcosa di più grande. Infatti, Stimson fu la seconda donna invitata a tenere una conferenza nel 1951 all'Università della Sorbona di Parigi dopo Marie Curie.


Foto- Archivio dell'Università di Siena Heights

Questa suora domenicana sviluppò la sua vita tra il convento e la Siena Heights University, dove aveva il suo laboratorio. Fin da giovane era già una leader nel suo campo, anche se era vista con sospetto a causa del suo status di donna e di monaca.

Un lavoro che aiutò a scoprire la struttura del DNA
Il 1945 fu però un anno importante per Stimson perché per la prima volta la rivista Nature pubblicò le sue ricerche sui raggi ultravioletti, i suoi studi sulla cromatologia e sull'origine delle cellule tumorali. Da allora i suoi lavori sono stati regolarmente pubblicati in diverse pubblicazioni scientifiche.

Tuttavia, fu negli anni ’50 che la sua scoperta ebbe maggiore rilevanza. La monaca domenicanausò il bromuro di potassio per preparare le basi del DNA per l'analisi mediante spettroscopia infrarossa e sviluppò con successo un metodo chimico che confermava la struttura delle basi del DNA e la doppia elica stessa.

Una donna e una suora, in un mondo dominato dagli uomini
«La grandezza di Stimson è stata quella di ritagliarsi uno spazio come donna e come suora cattolica in una comunità scientifica, in un decennio degli anni Cinquanta molto dominato dagli uomini, che includevano uomini della statura di James Watson e Francis Crick. Suor Miriam è stata una delle prime scienziate a testare il modello della doppia elica del DNA. Il suo metodo e la sua chimica con il DNA sono attuali ancora oggi ”, afferma Jun Tsuji, uno dei suoi discepoli nel libro intitolato L’ anima del DNA.

Il suo lavoro nella ricerca genetica e sul cancro ha facilitato notevolmente la lotta contro questa malattia e così sono state sviluppate tecniche come la chemioterapia. "A causa della mancanza di conoscenza della doppia elica del DNA, gli scienziati non sono riusciti a comprendere le radici genetiche del cancro e, pertanto, non sono stati in grado di sviluppare metodi di trattamento efficaci ", ha aggiunto Tsuji.


Foto - Archivio Siena Heights University

Da qui l'importanza del loro lavoro. Ma era anche in anticipo sui tempi ed è stata riconosciuta per il suo lavoro con lo spettroscopio , scrivendo manuali per sapere come usarlo.

Cercare la verità per trovare Dio
Per decenni ha continuato a formare migliaia di scienziati all’università e a fare ricerche per combattere il cancro. Tuttavia, la sua vocazione scientifica era un mezzo per scoprire la verità su Dio.

“ Lo spirito domenicano della ricerca della verità era qualcosa di molto importante per lei, perché conoscendo la verità sappiamo di più su Dio”, disse suor Sharon, sua compagna, quando morì nel 2002.

Un altro cattolico che contribuisce alla scienza
Questo La ricerca della verità alla quale dedicò la sua vita aiutò non solo la scienza ma anche la fede. Il noto filosofo ateo Antony Flew si convinse dell'esistenza di Dio dopo la scoperta del DNA.

Allo stesso modo, l’opera di questa suora domenicana smonta ancora una volta il mito cheScienza e religione non possono camminare insieme e dimostra ancora una volta che numerosi cattolici, religiosi o laici, hanno contribuito alla scienza per secoli fino ad oggi con scoperte che hanno cambiato il mondo.