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venerdì 30 agosto 2019

Di seguito riportiamo in una nostra traduzione uno dei suoi sermoni più celebri, pronunciato alla radio il 26 gennaio del 1947, nell’ambito di una trasmissione intitolata “Light Your Lamps” (Accendete le vostre lampade). Il titolo della puntata era “Signs of Our Times” (Segni dei nostri tempi), e l’intervento di monsignor Sheen fu poi da lui rielaborato, ampliato e riproposto all’interno del libro Communism and the Conscience of the West (Comunismo e coscienza dell’Occidente), dato alle stampe l’anno
Segni dei nostri tempi
Dio vi benedica! Voglio che queste siano le mie prime parole di saluto a voi. Saranno anche le parole conclusive di tutte le trasmissioni. “Dio vi benedica” significa che Dio è amore, che Dio vi ama e che voi dovete ricambiare l’amore di Dio.
Perché così poche persone si accorgono della gravità della nostra crisi presenteIn parte è perché gli uomini non vogliono credere che i loro tempi siano malvagi, in parte perché questo significa accusare se stessi e soprattutto perché per misurare i loro tempi essi non hanno altri criteri all’infuori di sé.
Solo quanti vivono secondo la fede sanno davvero che cosa sta accadendo nel mondoIl Nostro Salvatore potrebbe ben dire quel che disse ai sadducei e ai farisei del Suo tempo: «Quando si fa sera, voi dite: “Bel tempo, perché il cielo rosseggia”; e al mattino: “Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo”. Sapete dunque interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi» (Mt 16,2-3)
Noi conosciamo i segni dei nostri tempiEssi indicano due verità ineluttabili, la prima delle quali è che siamo giunti alla fine dell’epoca postrinascimentale che fece dell’uomo la misura di tutte le cose. I tre dogmi fondamentali del mondo moderno si stanno dissolvendo davanti ai nostri occhi.
Primo, stiamo assistendo alla liquidazione dell’uomo economico, o dell’assunto per cui l’uomo, in quanto animale altamente evoluto, non ha altre funzioni nella vita se non produrre e acquisire ricchezza, e poi come le bestie da pascolo invecchiare e morire.
Secondo, stiamo assistendo alla liquidazione dell’idea della naturale divinità dell’uomo, che non ha bisogno di alcun Dio che gli dia dei diritti, o di un Redentore che lo salvi dalla colpa, perché il progresso è diventato automatico grazie alle scienze, all’educazione e all’evoluzione, che un giorno renderà l’uomo una specie di dio.
Stiamo assistendo anche alla liquidazione del razionalismo, o dell’idea secondo cui lo scopo della ragione umana non è scoprire il significato e lo scopo della vita, e cioè la ŕ dell’anima, bensì ideare nuovi avanzamenti tecnici per fare in modo che la città dell’uomo su questa terra prenda il posto della città di Dio. Può benissimo essere che il liberalismo storico sia soltanto un’era di transizione tra una civiltà che una volta era cristiana e una che sarà decisamente anticristiana.
La seconda grande verità che i segni dei tempi fanno presagire è che siamo decisamente alla fine di un’era non-religiosa della civiltà, con ciò intendo un’era che considerava la religione come un’appendice alla vita, un extra di devozione, un costituente morale per l’individuo ma di nessuna rilevanza sociale, e Dio un compagno silenzioso il cui nome è usato dalla ditta per darsi una rispettabilità ma che non ha niente da dire a riguardo di come si deve gestire l’attività.
La nuova era in cui stiamo entrando è quella che potremmo chiamare la fase religiosa della storia umana. Non fraintendetemi; “religiosa” non vuol dire che gli uomini si rivolgeranno a Dio, ma piuttosto che l’indifferenza all’assoluto che ha caratterizzato la fase liberale della civiltà sarà seguita da una passione per l’assolutoDa oggi in poi lo scontro non sarà per le colonie e i diritti delle nazioni, ma per le anime degli uomini. Le linee della battaglia sono tracciate chiaramente e non c’è più dubbio su quali siano le questioni fondamentali. Da oggi in poi gli uomini si divideranno in due religioni concepite di nuovo come abbandono a un assoluto. Il conflitto del futuro è tra un assoluto che è il Dio-Uomo e un assoluto che è l’uomo-dio; tra il Dio che si è fatto uomo e l’uomo che si fa dio; tra i fratelli in Cristo e i compagni nell’Anticristo.
L’Anticristo, però, non sarà chiamato così, altrimenti non avrebbe seguaci. Non indosserà calzamaglie rosse né vomiterà zolfo, né impugnerà una lancia né agiterà una coda con la punta a forma di freccia come il Mefistofele nel Faust. Da nessuna parte nelle Sacre Scritture troviamo conferma del mito popolare che immagina il diavolo come un buffone vestito di rossoÈ descritto invece come un angelo caduto, come “il Principe di questo mondo” il cui mestiere è di dirci che non esiste nessun altro mondoLa sua logica è semplice: se non c’è un paradiso, non c’è alcun inferno; se non c’è un inferno, non c’è alcun peccato; se non c’è il peccato, non c’è alcun giudizio, e se non c’è un giudizio allora il male è bene e il bene è male. Ma al di là di queste descrizioni, Nostro Signore ci dice che egli sarà molto simile a Luiche ingannerà perfino gli eletti – e di sicuro nessun diavolo di quelli che abbiamo visto nei libri illustrati riuscirebbe a ingannare gli eletti.
In che modo egli verrà in questa nuova era per convincerci a seguire il suo cultoVerrà travestito da Grande Umanitario; parlerà di pace, prosperità e abbondanza non come mezzi per condurci a Dio, ma come fini in sé. Scriverà libri su una nuova idea di Dio adatta ai modi di vivere della gente; diffonderà la fede nell’astrologia in modo da incolpare per i nostri peccati non la nostra volontà, ma le stelle; spiegherà psicologicamente la colpa in termini di sesso represso, farà sprofondare gli uomini nella vergogna se gli altri uomini diranno che non sono di mente aperta e liberali; identificherà la tolleranza con l’indifferenza verso quel che è giusto e quel che è sbagliato; incoraggerà i divorzi con l’inganno secondo cui una nuova unione è “vitale”; accrescerà l’amore per l’amore e diminuirà l’amore per la personainvocherà la religione per distruggere la religione; parlerà perfino di Cristo e dirà che è stato il più grande uomo che sia mai vissuto; dirà che la sua missione è liberare gli uomini dalla schiavitù della superstizione e dal fascismo, che baderà di non definire mai.
Ma in mezzo a tutto il suo apparente amore per l’umanità e alle sue chiacchiere su libertà e uguaglianza, avrà un grande segreto che non rivelerà a nessunonon crederà in DioPoiché la sua religione sarà la fratellanza senza la paternità di Dio, ingannerà perfino gli eletti. Istituirà una controchiesa che sarà una scimmiottatura della Chiesa perché lui, il diavolo, è la scimmiottatura di Dio. Essa sarà il corpo mistico dell’Anticristo e a livello esteriore ricorderà la Chiesa come corpo mistico di Cristo. In un disperato bisogno di Dio, indurrà l’uomo moderno nella sua solitudine e frustrazione a morire dalla voglia di entrare a far parte della sua comunitàla quale darà all’uomo uno scopo più grande senza bisogno di correzione personale né di ammettere la propria colpa.
Questi sono giorni in cui al diavolo è stata concessa una corda particolarmente lunga. [Perché non dobbiamo mai dimenticarci che Nostro Signore disse a Giuda e alla sua banda: «È giunta la tua ora». È l’ora di Dio, ma anche quella del male, l’ora in cui il pastore dev’essere percosso e le pecore disperseLa Chiesa si è forse preparata a una simile notte buia, con il decreto del Santo Padre che stabilisce le condizioni per cui un’Elezione Papale può tenersi fuori dalla città di Roma?
Uomini che conoscono la storia hanno visto questi giorni bui avvicinarsi. Nel lontano 1842, 105 anni fa, il poeta tedesco Heine scrisse: «Il comunismo, sebbene oggi se ne parli poco e si aggiri per soffitte segrete su miserabili giacigli di paglia, è l’eroe oscuro destinato a un grande, ancorché temporaneo, ruolo nella tragedia moderna… Tempi selvaggi e tetri ci minacciano, e il profeta che desideri scrivere una nuova apocalisse dovrebbe inventare bestie completamente nuove – bestie tanto terribili che le vecchie creature di san Giovanni sembreranno dolci colombe e angioletti in confronto. Gli dèi si velano i volti per la compassione verso i figli degli uomini, i loro antichi fardelli. Il futuro odora di cuoio, sangue, empietà e molte frustate. E io farò bene a consigliare ai nostri nipoti di nascere con scorze dure sulle loro schiene». Questo nel 1842.
Davvero siamo stati avvertiti. Per la prima volta nella storia la nostra epoca ha assistito alla persecuzione del Vecchio Testamento da parte dei nazisti e alla persecuzione del Nuovo Testamento da parte dei comunistiChiunque abbia a che fare con Dio oggi è odiato, che la sua vocazione sia di annunciare il Suo Figlio Divino, Gesù Cristo, come per gli ebrei, o di seguirLo come i cristiani. Dal momento che i segni dei nostri tempi indicano una battaglia tra assoluti possiamo aspettarci che il futuro sarà un tempo di prova, per due ragioni.
Innanzitutto, perché si fermi la disgregazioneSe non ci fossero catastrofi, l’empietà prenderebbe sempre più terrenoQuel che è la morte per il singolo uomo, la catastrofe lo è per una civiltà malvagia: l’interruzione della vita e, per la civiltà, l’interruzione della sua empietà. Perché Dio avrebbe messo un angelo con una spada fiammeggiante a guardia del Giardino dell’Eden dopo la Caduta, se non per prevenire che i nostri primi progenitori vi entrassero di nuovo e mangiassero dell’Albero della Vita, cosa che avrebbe reso immortale la loro colpaDio non permetterà che l’ingiustizia diventi eterna. Egli permette che accadano rivolte, disgregazione e caos per ricordarci che i nostri pensieri sono stati sbagliati e i nostri desideri sono stati empi. La verità morale è vendicata dalla rovina che consegue al suo ripudio. Il caos dei nostri tempi è l’argomento negativo più forte che potesse mai essere utilizzato dal cristianesimo. La catastrofe rivela che il male si sconfigge da solo e che non possiamo distogliere lo sguardo da Dio, come abbiamo fatto, senza fare del male a noi stessi.
La seconda ragione per cui dovrà arrivare una crisi è per prevenire una identificazione sbagliata tra la Chiesa e il mondo. Nostro Signore ha inteso che coloro che sono i Suoi seguaci fossero diversi nello spirito da coloro che non lo sono. Ma questa linea di demarcazione è stata offuscata. Invece del nero e del bianco c’è soltanto una sfumatura. La mediocrità e il compromesso caratterizzano le vite di tanti cristiani. Leggono gli stessi romanzi dei moderni pagani, educano i figli nella stessa maniera atea, danno retta ai medesimi commentatori che non hanno altri criteri se non giudicare il presente dal passato e il futuro dal presente; consentono che s’insinuino nelle loro famiglie usi pagani come il divorzio e le seconde nozze; vi sono sedicenti leader sindacali cattolici privi di carattere che danno indicazioni di voto per i comunisti ai congressi, o scrittori cattolici che accettano presidenze in organismi comunisti per inoculare idee totalitarie nei film. Non ci sono più il conflitto e l’opposizione che devono caratterizzarci. Stiamo influenzando il mondo meno di quanto il mondo influenzi noi. Non c’è più diversità.
Noi che siamo stati inviati per fondare un ospedale siamo stati infettati dalla malattia, e dunque abbiamo perduto il potere di guarire. E poiché l’oro è mescolato a una lega, tutto dev’essere gettato nella fornace affinché lo scarto sia bruciato. Il valore della prova sarà di distinguerci. Una catastrofe deve giungere per rifiutarci, disprezzarci, odiarci, perseguitarci, e allora, allora potremo marcare la nostra lealtà, affermare la nostra fedeltà e dichiarare dalla parte di chi stiamo. Diminuiremo in numero, ma aumenteremo in qualità. Non è per la Chiesa che temiamo, ma per il mondoTremiamo non perché Dio potrebbe essere scalzato dal trono, ma perché potrebbe regnare la barbarie.
Infine tre consigli pratici per questi tempi, perché i cristiani prendano coscienza che un momento di crisi non è un tempo di disperazione, ma di opportunità. Siamo nati nella crisi, nella sconfitta: la Crocefissione. E una volta che prendiamo coscienza che siamo sottoposti alla Collera Divina, possiamo diventare oggetto della Divina Misericordia. Gli autentici insegnamenti di Dio generano speranza. Il ladrone sulla destra arrivò a Dio attraverso una crocefissione.
In secondo luogo i cattolici devono accrescere la loro fede, appendere un crocifisso nelle loro case, ricordarsi che hanno una croce da portare; riunire le vostre famiglie ogni sera per recitare il rosario; andare alla Messa quotidiana; fare ogni giorno l’Ora Santa nella Presenza del nostro Signore dell’Eucaristia, soprattutto nelle parrocchie dove i pastori sono consci del bisogno del mondo e quindi celebrano servizi di riparazione.
Infine, ebrei, protestanti, cattolici, americani, tutti noi dobbiamo prendere coscienza che il mondo ci chiama a sforzi eroici per la spiritualizzazione. Non invochiamo l’unità religiosa, che non è possibile se acquistata al prezzo dell’unità della verità, ma chiediamo un’unità delle persone religiose, nella quale ognuno marci separato secondo la luce della sua coscienza, ma tutti colpiscano insieme per il progresso morale del mondo. Le forze del male sono unite; le forze del bene sono divise. È possibile che non riusciremo mai a ritrovarci nel medesimo banco – voglia Dio che accada – ma possiamo incontrarci sulle nostre ginocchia. Potete stare certi che nessun sordido compromesso né equilibrismo vi riguarderà. Coloro che hanno fede faranno meglio a rimanere in stato di grazia e coloro che non l’hanno faranno meglio a capire le proprie intenzioni, poiché nell’era che viene ci sarà un solo modo per fermare le vostre ginocchia tremanti, e sarà piegarle e mettersi a pregare.
Pregate Michele, Michele il Principe del mattino, che sconfisse Lucifero che voleva farsi dio. Quando un tempo il mondo si incrinò a causa di un ghigno in paradiso, egli si alzò e trascinò giù dai sette cieli l’orgoglio che voleva guardare l’Altissimo dall’alto in basso.
E pregate anche Nostra Signora. Ditele: “È a te che è stato dato il potere di schiacciare la testa del serpente che mentendo disse agli uomini che sarebbero diventati dèiE possa tu, che ritrovasti Cristo allorché Egli fu perso per tre giorni, ritrovarLo di nuovo per il nostro mondo che Lo ha perdutoDona la Parola all’incontinenza senile della nostra prolissitàE come tu formasti la Parola nel tuo grembo, forma Lui nei nostri cuori. Signora del Blu del Cielo, in questi giorni oscuri accendi le nostre lampade. Ridacci la Luce del Mondo perché una Luce risplenda anche in questi giorni di oscurità”.
Dio vi benedica.


Per libri di F. Sheen in italiano:



Di seguito pubblichiamo una sua lettera inviata a Rodolfo Quadrelli l’8 gennaio 1984 e pubblicata sulla rivista Tracce e Corriere della Sera. 


 


Carissimo Quadrelli,


quanto mi dici sul nichilismo presente mi trova perfettamente consenziente. Non è più il nichilismo tragico di cui forse si potevano trovare le ultime tracce nel terrorismo. Questo nichilismo doveva portare a una soluzione rivoluzionaria più o meno confusamente intravista o meglio confusamente ricordata; un qualche elemento di rabbia c’era ancora, e questo gli conferiva una sembianza lontanamente umana.


Ma il nichilismo oggi corrente è il nichilismo gaio, nei due sensi, che è senza inquietudine (cioè cerca una sequenza di godimenti superficiali nell’intento di eliminare il dramma dal cuore dell’uomo) – forse per la soppressione dell’inquietum cor meum agostiniano – e che ha il suo simbolo nell’omosessualità (per il fatto che intende sempre l’amore “omosessualmente”, anche quando mantiene il rapporto uomo-donna). Il giudizio che qui ci interessa è antropologico, non anzitutto etico: il nichilismo gaio “non vedendo” la differenza, anche sessuale, come segno dell’altro, rischia di concepire l’amore come puro prolungamento dell’io (appunto “omosessualmente”). Non per nulla trova i suoi rappresentanti in ex cattolici, corteggiati ancora da cattolici che riconoscono in loro qualcosa che trovano sul loro fondo. Tale nichilismo è esattamente la riduzione di ogni valore a “valore di scambio”; l’esito borghese massimo, nel peggiore dei sensi, del processo che comincia con la prima guerra mondiale. Il peggiore annebbiamento che il nichilismo genera è la perdita del senso dell’interdipendenza dei fattori nella storia presente; infatti, a ben guardare non è che l’altra faccia dello scientismo e della sua necessaria autodissoluzione da ogni traccia di valori che non siano strumentali; e in ciò, come dici giustamente, è l’esatto opposto dell’umanesimo (…).


Quanto ai cattolici, quel che li caratterizza è l’accettazione di un pensiero del proprio tempo di origine marxista o neoborghese. Il risultato è che non possono più pensare la loro metafisica e la loro religione come verità; questa impotenza si manifesta nel loro presentarla in un linguaggio allusivo e metaforico, con cui pretendono distinguersi dai cattolici comuni e tradizionali, e veramente ci riescono. La loro scuola di miscredenza, è senza pari.


Mi parli di autori a cui sia possibile far riferimento. Di quelli che hanno pensato negli anni tra il ’30 e il ’40, perché dopo non si è più pensato, la sola a cui si possa far riferimento perché, anche se oscuramente, previde il corso del quarantennio presente è Simone Weil; non tanto però come guida, ma come autrice che può essere ritrovata con un processo personale (…). Penso che l’unica via per sfuggire alla desolazione presente sia riprendere la famosa frase di Hegel (che però penso valida indipendentemente dalla sua filosofia) secondo cui la filosofia “è il proprio tempo appreso colinterpretazioni pensiero”. Esistono due  del nostro tempo che condizionano tutti i giudizi particolari, l’illuministico massonica (nelle sue varietà) e la marxistica, entrambe false. Si tratta di uscire da questa “falsità condizionante” ma i passi in questa direzione sono stati per ora assai scarsi. Gravissime soprattutto le colpe dei cattolici che dopo il ’60 hanno pensato di “aggiornarsi” facendo proprie le tesi dell’una o dell’altra di queste linee. Col risultato di mettere nella difficoltà di credere.


Con viva amicizia


tuo Augusto Del Noce

lunedì 26 agosto 2019

La rivolta metafisica di Houellebecq, antimoderno







La rivolta metafisica di Houellebecq, antimoderno

Thierry Baudet
Per un attimo, poco prima dell’epilogo di Serotonina (La Nave di Teseo), l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, un raggio di speranza sembra illuminare il protagonista. Per un breve momento sembra recuperare la sua sete di vita. Dopo aver passato anni a vivacchiare senza scopo, Florent-Claude decide di smetterla con gli antidepressivi. Inizia gradualmente a emergere qualcosa di simile a una voglia di vivere: nota le gonne nei caffè, le ragazze, espressioni, emozioni, desideri, sperimenta un’inedita avversione per i programmi televisivi anestetizzanti che aveva guardato tutti i giorni. Getta via lo schermo e inizia a pensare di nuovo a Thomas Mann, a Proust, al destino della nostra civiltà. Ma non dura. Il sole non sorge. Il chiarore all’orizzonte svanisce, proprio come nel passaggio finale del primo romanzo di Houellebecq, Estensione del dominio della lotta (Bompiani) dove le speranze del protagonista scompaiono dopo un pomeriggio piacevole e ottimista passato in campagna: “Non accadrà, la sublime fusione”, riflette, “lo scopo della vita è stato mancato”. E tutto si squaglia in un vuoto che abbraccia ogni cosa. Nessuna misericordia, nessun conforto: il progetto della nostra civiltà è arrivato al capolinea. In questo senso, Serotonina è un romanzo tipico dell’opera di Houellebecq. A un certo punto nel corso della loro vita, tutti i suoi personaggi sono costretti ad ammettere che i loro ideali romantici sono diventati intenibili nell’età moderna, dal momento che l’individualismo ha reso impossibili relazioni stabili e durature. Questa idea semplice costituisce la convinzione fondamentale dell’opera di Houellebecq […].

Incapaci di disegnare una rotta per noi stessi, navighiamo su un mare vuto. Senza timone. Il controllo della nostra vita, e di ciò che siamo, è perduto. In alcuni dei suoi libri, Houellebecq permette ai suoi personaggi di raggiungere un qualche grado di soddisfazione nel consumismo. Nell’enorme centro commerciale uno può vagare senza fine alla ricerca di un altro piacere inutile, un piccolo comfort. In Piattaforma (Bompiani), l’offerta senza limiti di sesso nei resort costieri della Thailandia lascia i personaggi in uno stato di ebbrezza temporanea. Ma anche questi piaceri infine svaniscono fra la solitudine, l’isolamento e l’inutilità di tutto, e questo è il motivo per cui i libri di Houellebecq culminano di solito in una visione religiosa di qualche tipo. Dalla delusione alla depressione passando per il consumismo disperato e l’edonismo sessuale, fino a un illusorio, flebile grido di aiuto rivolto al cosmo. In La possibilità di un’isola (Bompiani) quel grido porta in essere una nuova religione olistica, che sublima il desiderio in maniera quasi buddistica. Ne Le particelle elementari(Bompiani), la ricerca della conoscenza stessa assume proporzioni religiose che portano l’umanità a una prospettiva divina mediante la manipolazione genetica. In Sottomissione(Bompiani), l’Occidente soccombe al credo musulmano. Anche Serotonina finisce con una meditazione quasi-religiosa. Mentre il protagonista si chiede se debba o meno gettarsi dal suo palazzo (e dopo che ha calcolato la velocità e la durata della caduta con un’operazione asciutta e quasi surreale), improvvisamente si incontra questo:

In realtà, Dio ci ama, pensa sempre a noi, ci guida, a volte in modo preciso. Questi impulsi d’amore che entrano nei nostri cuori fino al punto di soffocarci, queste illuminazioni, queste estasi che non possono essere spiegate dalla semplice natura biologica, dalla nostra condizione di primati: questi sono segnali straordinariamente chiari. Oggi capisco come si è sentito Cristo, la sua frustrazione verso i cuori induriti delle persone: hanno visto i segni, eppure non hanno prestato attenzione. Devo davvero dare la vita per questi piagnoni? Devo davvero essere così esplicito? Sembra proprio di sì.

Si sacrifica poi schiantandosi al suolo in un disperato tentativo di salvarci tutti? Oppure è lo scrittore che parla qui, presentando la sua opera come un tentativo di offrire salvezza? Forse il protagonista rimane sdraiato sul divano del suo appartamento, devastato, incapace perfino di raccogliere le forze per camminare fino alla porta del balcone e saltare oltre il parapetto. La scelta spetta al lettore.

La liberazione senza gioia della modernità
Serotonina racconta la vicenda di Florent-Clause, un uomo che cresce vicino a Parigi, studia agraria, trova un lavoro alla Monsanto, poi lavora nell’industria del formaggio in Normandia prima di finire a lavorare al ministero per l’agricoltura francese. Ha una serie di relazioni, che alla fine falliscono tutte. Quando scopre che la sua attuale ragazza giapponese partecipava a sua insaputa a delle orge, dove ha dato piacere non soltanto a gruppi di altri uomini, ma anche a tre cani (un pitbull, un boxer e un terrier, come specifica piuttosto precisamente) si decide a scomparire senza lasciare traccia. Lascia il lavoro e l’appartamento senza dire una parola, decidendo di tirare avanti nell’anonimato finché i suoi risparmi glielo permetteranno. Prende antidepressivi, s’imbarca in una specie di tour d’addio delle sue ex, con alcune delle quali parla, mentre le altre le osserva da lontano (notando, con una certa soddisfazione, che anche loro sono infelici). Successivamente, sperimenta da vicino come la vita rurale si sta esaurendo come conseguenza del libero mercato e della concorrenza sleale dei paesi del terzo tondo. Latte, grano e carne provenienti da colture massicce del Sud America vengono scaricate sul mercato francese, segnando di fatto il destino dei contadini francesi […].

, il mondo moderno ci ha portato la liberazione. Ma questa liberazione non ci ha reso felici. Al contrario, ha lasciato le nostre vite vuote, senza scopo e, sopra tutto, estremamente solitarie. Le connessioni esistenziali sono diventate quasi impossibili perché pochi sono davvero pronti a sacrificare il piacere di breve durata per l’impegno richiesto per stabilire una connessione profonda e reciproca. La televisione, internet e la pornografia hanno rimpiazzato i rapporti sociali organici e l’intimità fisica. Con l’aprirsi di sempre nuove opzioni ogni giorno, il nostro cuore rinuncia alla possibilità di vero calore umano, perché siamo stati traditi troppe volte, oppure perché abbiamo tradito troppe volte, in nome dei brevi momenti di brivido seducente ai quali noi, “individui liberati”, non possiamo più resistere.
Questo punto che Houellebecq reitera continuamente merita una riflessione più approfondita, perché mette in discussione i fondamenti della destra e della sinistra contemporanea. Mette in discussione l’antropologia moderna in quanto tale. Sia l’ala socialdemocratica sia quella liberale dello spettro politico moderno desiderano massimizzare l’autonomia dell’individuo. Liberalismo e socialismo divergono quando si tratta di stabilire qual è il modo più efficace per raggiungere l’obiettivo, ma non divergono sull’obiettivo in sé. Entrambi sono movimenti di liberazione. Entrambi vogliono la completa emancipazione dell’individuo. Entrambi fondano la loro visione della società sul principio – infondato ma dichiarato “autoevidente” – che ogni individuo goda di certi “diritti inalienabili”, il che per definizione elimina ogni altra pretesa e ai quali ogni alto legame, lealtà e connessione deve ultimamente essere subordinata. Nel tempo, tutte le istituzioni che l’individuo richiede per mettere in atto una vita dotata di significato – una famiglia, una connessione fra le generazioni passate e future, una nazione, una tradizione, forse anche una chiesa – verranno indebolite e infine scompariranno. Oggi, anche le nuove vite, nel grembo, vengono soppresse per evitare di disturbare la libertà dell’individuo. In Olanda, dove vivo, il suicidio è incentivato per assicurare che nessuna costrizione, come ad esempio la cura dei genitori anziani, sia posta all’individuo. Houellebecq critica questo assunto fondamentale dell’età moderna: che l’autonomia individuale, sia essa raggiunta attraverso il libero mercato o il welfarismo, porti alla felicità. Mette in crisi la santissima trinità della visione del mondo moderna. Come una volta adoravamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, così oggi veneriamo libertà, uguaglianza e fraternità. E Houellebecq dice che questa trinità è insufficiente, che l’idea stessa che dovremmo perseguire la felicità individuale è fallace. Ottenere ciò che vogliamo non ci rende più felici; in realtà, ci rende infelici. Spinti dalla promessa di un sollievo che in fondo non dà vero sollievo, cerchiamo disperatamente ciò che “davvero” ci rende, come individui, “noi stessi”. Nella visione di Houellebecq, il concetto filosofico stesso di “io individuale” è sbagliato. Senza la possibilità di definire noi stessi all’interno di una connessione indistruttibile con ciò che abbiamo intorno, non c’è nulla che può darci significato, e finiamo in uno stato di depressione. Così, le persone più libere che abbiano mai vissuto sono anche quelle che hanno vissuto le vite meno piene di significato. Più ci liberiamo dai legami sociali, più diventiamo schiavi delle nostre auto-rappresentazioni distorte.

Atomizzazione e vuoto
Il rimedio al collasso della promessa della modernità è chiaro. Anche se Houellebecq, più un poeta che un filosofo, non compone un manifesto politico dettagliato, ci dice in ogni pagina che dobbiamo riscoprire una connessione territoriale, sociale e storica con gli altri attorno a noi, una connessione che trascende le scelta individuali, le voglie del momento e gli interessi strumentali. Questo implica naturalmente uno stato-nazione potente che protegge il tessuto sociale, combinato a un alto grado di scetticismo verso l’immigrazione e il libero commercio. Ma nemmeno questo è sufficiente. Per ricreare l’integrazione nella società, l’individuo stesso deve essere integrato di nuovo. Deve essere de-liberalizzato. In realtà, a parte implicare l’indispensabilità di uno stato nazionale forte, Houellebecq indica che due sfide ancora più profonde devono essere affrontate: la liberazione sessuale e spirituale. Cominciando dal sesso, in Estensione del dominio della lotta, scrive:

Dal punto di vista amoroso, Veronique apparteneva, come del resto tutti noi, a una generazione sacrificata. Era certamente stata capace di amare; avrebbe desiderato di esserlo nuovamente, lo dico per lei. Ma non era più possibile. L’amore è un fenomeno raro, artificiale e ritardatario che può solo fiorire a certe condizioni mentali, che di rado si presentano assieme, e totalmente opposto alla libertà morale che caratterizza l’età moderna. Veronique aveva visto troppe discoteche, aveva conosciuto troppi amanti; un modo di vita del genere impoverisce un essere umano, infliggendogli danni a volte gravi e sempre irreversibili. L’amore come forma d’innocenza e capacità di illusione, come attitudine per simbolizzare l’intero altro sesso in un solo oggetto d’amore, di rado resiste a un anno di immoralità sessuale, e mai a due. In realtà, le successive esperienze sessuali accumulate durante l’adolescenza mettono in discussione e rapidamente distruggono tutte le possibilità di una proiezione emotiva e romantica.

Com’è incoraggiante leggere un autore moderno che prende sul serio il problema della sessualità! E’ chiaro che il culto della verginità ha perso la sua credibilità nel mondo occidentale molto tempo fa, e la filosofia di oggi dice che dobbiamo sperimentare per trovare il partner giusto. Houellebecq, invece, si affida a vecchie istituzioni secondo le quali il legame che si forma attraverso l’intimità sessuale può riemergere una o due volte, ma non molte di più, e perciò dovremmo essere estremamente cauti nel gettarci in esperienze amorose. Il sesso, insomma, può essere una minaccia – e non un aiuto – all’intimità e all’amore [...]. Poi, la religione. Houellebecq sostiene che noi ci concepiremo sempre in relazione a uno scopo metafisico. Quelli che credono che i cieli sopra di noi sono privi di una presenza divina cercheranno di soddisfare i loro bisogni esistenziali in altri modi: prima con il piacere superficiale di uno stile di vita libertino e in seguito con eresie secolarizzate, come un ingenuo umanitarismo. […]. Impegnarci di nuovo verso una vita integrata impone un atto di fede che non è più pensabile nell’età scientifica che viviamo. Questa è la tragedia che ci portiamo addosso […]. Siamo liberi, e siamo felici di essere liberi. Ma siamo anche così tristi, sradicati, sempre in viaggio, mai a casa, mai al sicuro, di fatto esiliati dal giardino che vagamente ricordiamo di avere un tempo abitato. Ecco il paradosso: la libertà che desideriamo alla fine ci rende schiavi e infelici, mentre le costrizioni che rifiutiamo ci rendono felici e liberi. Siamo profondamente incapaci di definirci come individui (anche se pensiamo di poterlo fare). Sovrastimiamo le nostre capacità di creare un mondo tutto nostro. Se accettiamo di vedere per un attimo il mondo dalla prospettiva di Houellebecq, la sua filosofia trova conferme ovunque attorno a noi […].

Il mondo nuovo?
In Le particelle elementari, probabilmente il suo libro più teoretico, Houellebecq tenta di formulare la spiegazione per la bizzarra antropologia di oggi. Da dove ha avuto origine questa visione liberale dell’uomo? Quando siamo andati alla deriva? Mutazioni metafisiche, cioè trasformazioni radicali e globali nei valori a cui la maggioranza fa riferimento, sono rare nella storia dell’umanità. L’avvento del cristianesimo può essere citato come un esempio. Una volta che la mutazione metafisica è avvenuta, tende a muoversi inesorabilmente verso la sua logica conclusione. La mutazione metafisica che prescrive il massimo piacere individuale e il massimo guadagno materiale ha raggiunto la sua logica conclusione, spiega Houellebecq, nella visione di Aldous Huxley in Il mondo nuovo. Lì le persone possono sperimentare piaceri istantanei, ma evitano i doveri. Houellebecq dà la colpa alla generazione dei figli dei fiori per avere messo quella visione alla portata di tutti. Ma è stato davvero un processo autonomo? O è stato guidato? Houellebecq non dà una risposta. […]. C’è una qualche speranza nella sua opera? Se, come dice, il mondo moderno è basato su una antropologia fondamentalmente falsa, e come conseguenza ha prodotto una società completamente disfunzionale, allora non potrà continuare ad esistere ancora a lungo. L’individualismo ha raggiunto il suo stadio finale e non può svilupparsi oltre. Ha iniziato a consumarsi. Siamo al punto in cui dobbiamo pensare a cosa verrà dopo, e questo coinvolgerà necessariamente qualche forma di tradizionalismo. Poiché l’individualismo rende le nostre società così deboli, queste dovranno regredire o rigenerarsi, altrimenti saranno rimpiazzate. In molti dei suoi libri, Houellebecq fa riferimento a movimenti identitari, nazionalisti o populisti, oppure, come in Serotonina, a insurrezioni popolari, come quella dei gilet gialli [...]. Perché allora sceglie, per il suo ultimo libro, un protagonista che appartiene ai nichilisti anni Novanta invece che agli assertivi anni Dieci? Perché è tornato al vecchio tema di un uomo esausto di mezza età che guarda la vita accadere ma non è in grado di intervenire? Mentre lo leggevo sono stato sorpreso dal pensiero che forse Serotonina poteva essere basato su un manoscritto più vecchio che Houellebecq voleva finire. O forse si trova come autore incapace di liberarsi da quel senso di sconfitta che caratterizza la sua generazione (è nato nel 1956, la vera generazione perduta). Se questo è vero, non dobbiamo soltanto aspettare il suo nuovo libro, ma la prossima generazione di scrittori che prenderà il testimone e lo porterà un passo più in là, aiutandoci ad esprimere, e a ravvivare, la voglia di vivere dell’occidente.



Proponiamo qui un saggio di Thierry Baudetapparso sulla rivista American Affairs. Baudet è fondatore e leader del partito populista olandese Forum voor Democratie, entrato per la prima volta in parlamento nel 2017. Intellettuale e commentatore televisivo con pensieri e lingua taglienti, ha scritto libri in difesa dell’Europa (e contro l’Unione europea), contro l’immigrazione, sul concetto di oikofobia – la paura della casa – saggi sulla musica e l’architettura e anche romanzi che riflettono la tormentata condizione dell’individuo contemporaneo, orfano di patria e ideali durevoli.
(Per gentile concessione di American Affairs)



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