Hermann Cohen
***
Carissimo Amico dell’Abbazia di San Giuseppe,
Al grido unanime dell'umanità sofferente: «Felicità, dove sei?», un
celebre predicatore rispondeva: «La felicità, l'ho cercata nel bel
mondo, nell'ebbrezza dei balli e delle feste; l'ho cercata nel possesso
dell'oro, nelle emozioni del gioco, nell'intimità degli uomini celebri,
in tutti i piaceri dei sensi e dello spirito... La maggior parte degli
uomini s'inganna sulla natura stessa della felicità; e la cerca là dove
non c'è... Si ama la felicità, e Gesù Cristo, sola felicità possibile,
non è amato... O Dio mio! è mai possibile? l'Amore non è amato! Perchè?
perchè non è conosciuto. Si esamina tutto, tranne Lui... O voi tutti che
mi ascoltate, bisogna dunque che sia un Ebreo a supplicare i cristiani
di adorare Gesù Cristo?... Ma, mi si dirà: «Non credo in Gesù Cristo».
Neppure io vi credevo, ed è appunto per questo che ero infelice!»
Il predicatore si chiama Hermann Cohen; è nato il 10 novembre 1821 ad
Amburgo. La sua famiglia occupa un alto rango fra i circa ventimila
Ebrei della città. Crescendo, il piccolo Hermann si dimostra devoto. Gli
piace cantare in tedesco cantici e Salmi. Istintivamente, non si sente a
suo agio in una società laicizzata: preferisce il mistero che circonda i
riti venerabili ancora osservati, per esempio la lettura della Bibbia
in ebraico su un rotolo di pergamena avvolto in una stoffa preziosa.
Hermann ed il fratello maggiore, Alberto, vengono inviati in una scuola media protestante. Il fatto che appartengano alla comunità ebraica attira loro molti sarcasmi. Ma, dotato di un'intelligenza superiore, Hermann diventa ben presto il primo della classe, stimato dai professori e dai condiscepoli. Tuttavia, le sue risorse intellettuali sono di gran lunga inferiori al suo prodigioso dono musicale. Inebriato fin dalla più tenera età dal successo che ottiene ad Amburgo come pianista, la sua ambizione non conosce più limiti. I genitori, inizialmente reticenti, preoccupati da gravi rovesci di fortuna, lo lasciano seguire la sua inclinazione per la vita d'artista.
Se ne va ben presto a Parigi, dove diventa l'alunno preferito del virtuoso Franz Liszt (1811-1886). I successi del giovane prodigio tredicenne sbalordiscono gli ambienti mondani parigini. Affascinato dalle utopie rivoluzionarie, Hermann diventa in breve uno dei propagandisti più zelanti dell'abolizione del matrimonio, del terrore, della spartizione dei beni, dei piaceri sfrenati, ecc. George Sand lo prende sotto la sua protezione e gli istilla il veleno dei suoi romanzi peggiori.
Improvvisamente, Liszt fugge in Svizzera con la contessa Maria d'Agoult. Hermann decide di seguire il maestro; vive nell'intimità della coppia illegittima e trova «sublime» il coraggio della donna «che, per seguire la sua passione, ha abbandonato tutto, la casa, la madre, il marito, i figli». Già pensa al giorno in cui potrà anche lui ispirare una passione capace di spezzare tanti ostacoli. Di ritorno a Parigi, si lascia invadere dalla passione del gioco ed accumula i debiti. Le lezioni di musica gli procurano denaro ed il denaro paga non i debiti, ma i piaceri. «La mia vita, scriverà, fu allora un abbandono totale a tutti i capricci ed a tutte le fantasie. Ne fui felice? No, Dio mio! la sete di felicità che mi divorava non fu affatto estinta». «Tutti i giovani che conoscevo vivevano come me, cercando il piacere ovunque esso si presentasse, desiderando ardentemente la ricchezza, per poter seguire tutte le loro inclinazioni, soddisfare tutti i loro capricci. Quanto al pensiero di Dio, esso non veniva mai loro in mente».
Il tormento di Dio
Tuttavia, figlio d'Israele, egli porta in sè, a sua insaputa il tormento di Dio. Ma tale tormento, lo risente con la viva sensibilità d'artista, che prevale sulla ragione. Allora, scriverà più tardi, «tutto mi riuscì con un incredibile successo: il «faubourg Saint-Germain» mi adottò... tutte le seduzioni del mondo s'impossessarono del mio spirito... Tuttavia, non avevo il tempo di riflettere a quest'esistenza tanto degna d'essere invidiata nell'opinione di molta gente, ed ero in realtà sempre inquieto». Infatti, è schiavo delle sue cattive passioni: «Ah, l'orribile schiavitù! L'ho provata anch'io: ero imbavagliato, incatenato da ceppi di ergastolano!... Comprendevo che dovevo rompere le catene... e non potevo».
È a questo punto, a 26 anni, quando un venerdì del mese di maggio 1847, il principe de la Moskova lo prega di voler cortesemente sostituirlo alla direzione di un coro di dilettanti, per le solennità del Mese di Maria nella chiesa di San Valerio, a Parigi. «Accettai, ispirato unicamente dall'amore per l'arte musicale e la soddisfazione di far un piacere. Quando giunse il momento della Benedizione del Santissimo Sacramento, provai un turbamento indefinibile. Fui, senza che la mia volontà vi partecipasse, trascinato a chinarmi verso il suolo. Tornato il venerdì seguente, fui impressionato assolutamente allo stesso modo e fui colpito dall'idea improvvisa di farmi cattolico».
Provando un'attrattiva che lo riporta sempre verso quella chiesa, ha l'occasione, poco più tardi, di assistere varie volte alla Messa, con una gioia interiore che assorbe tutte le sue facoltà. Per provare a capire il mistero che scopre in sè, prende contatto con un sacerdote cattolico, don Legrand. Egli lo ascolta con benevolenza e dolcezza. La sua accoglienza «fece svanire improvvisamente uno dei pregiudizi più solidamente inveterati nel mio spirito. Avevo paura dei sacerdoti!... Non li conoscevo che attraverso la lettura di romanzi che li rappresentavano come uomini intolleranti, con sempre sulle labbra minacce di scomunica... E mi trovavo in presenza di un uomo colto, modesto, buono, aperto, che attendeva tutto da Dio e nulla da se stesso!»
Una calma sconosciuta
Trovandosi l'8 agosto seguente ad Ems (Germania) per un concerto, assiste alla Messa domenicale nella chiesetta cattolica della città. Al momento dell'elevazione della Santa Ostia, non può trattenere un torrente di lacrime. «Spontaneamente, come per intuito, mi misi a confessare a Dio tutti gli enormi peccati commessi dall'infanzia in poi: li vedevo lì, stesi davanti a me a migliaia, orribili, ripugnanti... E tuttavia, sentii pure, grazie ad una calma sconosciuta che venne a spargere il suo balsamo sulla mia anima, che il Dio di misericordia me li avrebbe perdonati, che avrebbe avuto pietà della mia contrizione sincera, del mio dolore amaro... Sì, sentii che mi faceva grazia, e che accettava come espiazione la mia ferma risoluzione di amarlo sopra tutte le cose e di convertirmi ormai a Lui. Uscendo dalla chiesa di Ems, ero già cristiano di cuore...»
Ritenendo che deve la propria «conversione eucaristica» alla Beata Vergine Maria, decide di onorarla con un culto particolare. Tornato a Parigi, si affida alla guida di don Legrand. Questi si applica a discernere se si tratti di un fuoco di paglia o di un cambiamento di vita in profondità; poi mette Hermann in relazione con don Teodoro Ratisbonne, Ebreo convertito, che si consacra all'opera di apostolato a favore degli Ebrei. Hermann riceve il Battesimo nella cappella di detta opera, Nostra Signora di Sion, a Parigi, il 28 agosto 1847, nella ricorrenza della festa di sant'Agostino, che sceglie quale patrono. L'8 settembre, fa la prima Comunione; ben presto, si comunicherà quotidianamente.
«Abbandonate i trastulli!»
Hermann vorrebbe rinunciare immediatamente al mondo ed entrare in un convento, «per ivi consacrarsi esclusivamente al servizio del Signore»; ma ha un sacco di debiti da rimborsare, il che gli porterà via due anni. In un pomeriggio del novembre 1848, entra nella cappella delle Carmelitane della via Denfert-Rochereau a Parigi. Il Santissimo vi è esposto per la notte, davanti a delle adoratrici. Gli viene lì l'idea di fondare «un'associazione che abbia per scopo l'esposizione e l'adorazione notturna del Santissimo, la riparazione delle ingiurie di cui è oggetto». Nata il 22 novembre 1848, con l'approvazione del Vicario generale di Parigi, l'associazione per l'adorazione notturna degli uomini riunisce per la prima volta i suoi membri, nella notte dal 6 al 7 dicembre, nella chiesa di Nostra Signora delle Vittorie, in unione filiale con Papa Pio IX, rifugiato a Gaeta. Nella sua felicità, Hermann si rivolge agli amici di un tempo: «Ma venite a questo Banchetto celeste, che è stato allestito dall'eterna Sapienza. Venite, abbandonate i trastulli, le chimere... Chiedete a Gesù la bianca veste del perdono; e con un cuore nuovo, con un cuore puro, abbeveratevi alla fonte limpida del suo Amore». A poco a poco, l'associazione si propaga in tutto il mondo; esiste ancora oggi.
Dopo aver pagato i suoi debiti, Hermann è libero. La grazia di Dio lo attira verso l'Ordine dei Carmelitani. Fin dall'epoca del Battesimo, ha manifestato il desiderio di ricevere lo scapolare di Nostra Signora del Monte Carmelo. Fra l'Ascensione e la Pentecoste del 1849, durante un ritiro, legge la vita di san Giovanni della Croce; questa scoperta gli permetterà di fissare irrevocabilmente le sue intenzioni. Il 16 luglio 1849, ricorrenza di Nostra Signora del Monte Carmelo, dice addio alla sua famiglia e si reca al convento di Agen, poi a quello di Le Broussey, vicino a Bordeaux, dove ha luogo il noviziato. Un mese più tardi, scrive a sua madre: «L'ordine religioso in cui sono entrato è sorto fra gli Ebrei, 930 anni avanti Cristo: è il Profeta Elia dell'Antico Testamento che lo ha fondato sul monte Carmelo, in Palestina. È un ordine di veri Ebrei, figli dei Profeti che aspettavano il Messia, che hanno creduto in lui quando è venuto. Si sono perpetuati fino ai nostri giorni, vivendo allo stesso modo, con le medesime privazioni del corpo e con i medesimi godimenti dello spirito, di circa 2800 anni fa. Portano ancora oggi il nome dell'Ordine del Monte Carmelo. Fra questi monaci, si distinguono quelli nati dalla riforma di santa Teresa d'Avila e san Giovanni della Croce, detti Carmelitani scalzi... Appartengo a questo ramo... Perchè praticare questa vita? Per imitare la vita che ha condotto Gesù Cristo quando è venuto a salvare gli uomini attraverso le sofferenze, l'obbedienza, le umiliazioni, la povertà, la croce... Ecco la vita che ho scelto».
Il 6 ottobre 1849, Hermann riceve l'abito con il nome di Fra Agostino Maria del Santissimo Sacramento. La regola del noviziato è dura. Fra Agostino Maria vi si dà con generosità. Il suo massimo sacrificio è quello di privarsi a poco a poco di fumare e di prendere caffè. A vederlo, a sentirlo, lo si prenderebbe per il più mite, il più calmo, il più amabile degli uomini per carattere. Eppure talvolta, anche quando ha il sorriso sulle labbra, il sangue gli ribolle di collera. Ha altresì tendenza alla canzonatura, dovuta ad una percezione acuta del minimo ridicolo; ma sembra che nessuno l'abbia sospettato, perchè durante le ricreazioni si dimostra pieno di allegria e di benevolenza per gli altri frati, prendendo volentieri Gesù per soggetto delle conversazioni. Pronuncia i voti il 7 ottobre 1850 e, il Sabato Santo 1851, viene ordinato sacerdote. In quei giorni benedetti, prega intensamente per la conversione della sua famiglia. La sua preghiera non sarà priva di frutti, poichè parecchi dei suoi, ed in particolare sua sorella, abbracceranno la fede cattolica.
Fin dal giugno del 1852, Padre Agostino Maria viene mandato a predicare in varie città, ed in particolare a Lione, Marsiglia, Parigi, Liegi, Berlino, Ginevra...; le sue parole infervorate dall'amore di Dio convertono le anime e le attirano al confessionale, alla devozione fervente per la Santa Vergine e l'Eucaristia; certi chiedono il Battesimo, altri entrano in convento.
«Assomigliamo ai lebbrosi»
A Parigi, comincia così l'omelia: «Fratelli, il mio primo atto, da questo pulpito cristiano, deve essere un'ammenda onorevole degli scandali che ho avuto un tempo la disgrazia di dare in questa città. Con che diritto, mi potreste dire, viene a predicare, lei che abbiamo visto trascinarsi nel fango di un'immoralità senza pudore, e professare apertamente tutti gli errori? Sì, Fratelli, confesso di aver peccato contro il Cielo e contro di voi... Sono pertanto venuto a voi coperto di una veste di penitenza... La Madre di Gesù mi ha rivelato l'Eucaristia, ho conosciuto Gesù, ho conosciuto il mio Dio e poco dopo fui cristiano. Ho chiesto il santo Battesimo, e l'acqua santa colò su di me; subito, tutti i miei peccati, gli orribili peccati di venticinque anni di crimini, furono cancellati. E la mia anima, immediatamente, divenne pura ed innocente. Fratelli, Dio mi ha perdonato... Non mi perdonerete voi pure?» Parecchie persone, ivi inclusi certi suoi compagni di dissolutezza, commossi da tali parole, si convertono.
In tutte le prediche, Padre Agostino Maria manifesta il suo amore per l'Eucaristia. Esso gli ispira una nuova opera. Di passaggio ad Ars, se ne apre con il Curato, san Giovanni Maria Vianney: «Reverendo, non ha notato che ci si preoccupa più di chiedere benefici al Signore, che di ringraziarLo per quelli che si sono già ricevuti da Lui? – Sì, assomigliamo ai lebbrosi che se ne vanno guariti, senza dire grazie. – Non si potrebbe fondare un'opera che avesse quale scopo quello di rendere a Dio incessanti azioni di grazia per il torrente di benefici che riversa sul mondo? – Sì, ha ragione. Lo faccia, e Dio la benedirà».
Tre gradi
In un'omelia, sviluppa il suo pensiero sull'azione di grazia: «Il primo grado è quello del cuore: bisogna gravarvi la memoria delle insigni misericordie che il Signore ci ha concesso. – Il secondo grado ci porta a lodare, ad esaltare, a celebrare il bene ricevuto»; la preghiera liturgica, in particolare il Salterio ed il Te Deum, costituisce la miglior fonte dell'azione di grazia, poichè «ne è l'autore lo Spirito Santo stesso». Ma «è attraverso la divina Eucaristia e attraverso Essa sola che potremo degnamente liberarci del nostro debito di gratitudine verso Dio. Ecco il terzo ed il grado supremo dell'azione di grazia... O Dio mio, qaundo ti offro quest'Ostia di lode e d'amore, fai ancora sentire quella voce paterna che dall'alto dei cieli scese su Gesù: Ecco il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto (Marco 1, 11)».
La conclusione pratica è la fondazione a Lione, nel 1859, incoraggiata da Papa Pio IX, di una confraternita dell'azione di grazia destinata a «render grazie all'Eterno per i suoi doni, soprattutto quello che è per eccellenza il Dono di Dio, l'Eucaristia; supplire alla spaventosa ingratitudine dei più, che dimenticano i doveri della riconoscenza verso Dio; ringraziare il Signore per coloro che non lo fanno».
Conformemente all'ideale dei Carmelitani, Padre Agostino Maria aspira alla solitudine profonda del deserto, per consacrarsi ancora di più alla preghiera. «L'importante, ha l'abitudine di dire, è il fatto di non prender gusto alle cose del mondo, e l'effetto della preghiera quotidiana è precisamente quello di disilluderci sull'attrattiva di tutte queste cose e di eccitare in noi il desiderio di Gesù solo. Il Dio d'amore è geloso: vuol regnare solo, esser amato, apprezzato, desiderato». Avendo scoperto vicino a Tarasteix, a 20 km. da Lourdes, un ampio spazio perso fra i boschi, lo compra e vi fa costruire degli eremi individuali. In realtà, ne approfitterà ben poco. Infatti, su richiesta del cardinale Wiseman, il Papa mette gli occhi su di lui per restaurare l'ordine dei Carmelitani in Inghilterra: «La mando, gli dice, a convertire l'Inghilterra, come uno dei miei predecessori mandò il monaco Agostino». Nessun convento è ancora riaperto nel paese dal tempo dello scisma di Enrico VIII (1491 – 1547). Il 15 ottobre 1863, ricorrenza di santa Teresa d'Avila, Padre Agostino Maria insedia provvisoriamente alcuni Carmelitani venuti dalla Francia, in una casetta a Londra. A seguito delle sue prediche, parecchi Anglicani esprimono la volontà di entrare a far parte della Chiesa cattolica. Nel 1863, per la prima volta in capo a tre secoli, un novizio inglese riveste il santo abito dei Carmelitani. Nel settembre del 1864, circa due anni dopo l'arrivo di Padre Agostino Maria in Inghilterra, sette case per l'adorazione sono in piena attività, di cui due a Londra.
Nel 1868, Padre Agostino Maria ottiene finalmente dai superiori il permesso di tornare nel «Deserto Sant'Elia», a Tarasteix. Tuttavia, una nuova prova lo colpisce: una malattia degli occhi, talmente grave che dovrà essere operato. Riponendo la sua fiducia nella Vergine di Lourdes, fa una novena nella grotta delle apparizioni, lavandosi ogni giorno gli occhi alla sorgente miracolosa. Nel nono giorno, la guarigione è improvvisa e totale: il miracolo è evidente. Hermann Cohen è il primo Ebreo miracolato a Lourdes. Torna a Tarasteix, dove spera proprio di fissarsi definitivamente. Ma l'ora del ritiro nel deserto non suonerà: nel maggio 1870, viene nominato per tre anni primo consigliere del superiore provinciale e Istruttore dei novizi: si reca quindi a Le Broussey. Il 19 luglio dello stesso anno, la Francia dichiara la guerra alla Prussia. Un mese più tardi, il disastro di Sedan cagiona il crollo del regime napoleonico. Un odio antiprussiano ed antireligioso s'impossessa dei Francesi.
Il popolare Carmelitano scalzo, venerato ed amato in tutta la Francia, è «inseguito di città in città, a causa della sua duplice qualità di monaco e di Tedesco». Si reca a Grenoble, dove un tempo le sue parole di fuoco gli avevano fatto conquistare le folle. Viene preso per una spia: sfugge per poco alla morte. Finalmente, arriva sano e salvo a Ginevra, dove il vescovo gli affida l'incarico di un gruppo di donne e di persone anziane, circa cinque o seicento, prive di qualunque soccorso religioso, esuli dalla Francia.
Ma il 24 novembre 1870, su richiesta del vescovo di Ginevra, parte per Berlino ed ottiene l'autorizzazione di servire in qualità di cappellano a Spandau, a 14 km. dalla capitale, dove più di cinquemila prigionieri Francesi sono privi di vestiti, di cibo e, soprattutto, di soccorsi spirituali; molti sono gravemente ammalati... Conquista in breve i cuori dei prigionieri; se veglia innanzi tutto sulle loro anime sofferenti, la sua carità si dà da fare per portar sollievo a quei poveri corpi. Riesce a far pervenire loro casse di vestiti, perchè possano resistere al freddo in quella Prussia gelida, nel cuore dell'inverno; ottiene loro anche supplementi indispensabili di alimenti. Ogni giorno, celebra la Messa e predica davanti a parecchie centinaia di soldati. Grazie alla sua inesauribile bontà, molti vanno da lui a confessarsi; un mese dopo il suo arrivo, 300 soldati hanno ricevuto la Santa Comunione... Ma, con un tal regime, la salute di Padre Agostino Maria, già tanto precaria, si deteriora.
Un rischio mortale
Il 9 gennaio 1871, amministra l'estrema unzione a due prigionieri che sono colpiti dal vaiolo. Ma la spatola che gli serve per ungere gli agonizzanti con l'olio santo gli manca in quel momento, ed essendoci urgenza, Padre Agostino Maria non esita a fare le unzioni con la mano, benchè abbia un'escoriazione al dito, rischiando così la vita per l'eterna salute delle sue due pecorelle. Infatti, contrae la malattia. Il 15 gennaio, essendosi il suo stato aggravato, riceve a sua volta gli ultimi sacramenti, poi canta con voce ferma il Te Deum a la Salve Regina; recita quindi il De profundis. Il giorno seguente, quando gli si annuncia che la fine è prossima, una gioia indicibile appare sul suo volto. Nella serata del 19 gennaio si confessa tranquillamente e riceve la Santa Comunione. «Ora, Dio mio, dice, rimetto la mia anima nelle tue mani». Saranno le sue ultime parole. La respirazione calma si prolunga fino all'indomani mattina verso le 10, quando, mentre la Suora che lo veglia canta, dietro sua richiesta, la Salve Regina, spira dolcemente.
Padre Agostino Maria del Santissimo Sacramento è stato l'aedo dell'Eucaristia. Che ci sia dato di imitarlo con un amore fervido per Gesù-Ostia, come il Santo Padre ci incoraggia: «La Chiesa ed il mondo hanno un gran bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'Amore. Non rifiutiamogli il tempo di andarLo ad incontrare nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede ed aperta alla riparazione dei peccati gravi e dei delitti del mondo. Che mai cessi la nostra adorazione!» (Giovanni Paolo II, lettera Dominicæ cenæ, del 14 febbraio 1980).
Preghiamo secondo tutte le Sue intenzioni e particolarmente per i Suoi defunti.
Hermann ed il fratello maggiore, Alberto, vengono inviati in una scuola media protestante. Il fatto che appartengano alla comunità ebraica attira loro molti sarcasmi. Ma, dotato di un'intelligenza superiore, Hermann diventa ben presto il primo della classe, stimato dai professori e dai condiscepoli. Tuttavia, le sue risorse intellettuali sono di gran lunga inferiori al suo prodigioso dono musicale. Inebriato fin dalla più tenera età dal successo che ottiene ad Amburgo come pianista, la sua ambizione non conosce più limiti. I genitori, inizialmente reticenti, preoccupati da gravi rovesci di fortuna, lo lasciano seguire la sua inclinazione per la vita d'artista.
Se ne va ben presto a Parigi, dove diventa l'alunno preferito del virtuoso Franz Liszt (1811-1886). I successi del giovane prodigio tredicenne sbalordiscono gli ambienti mondani parigini. Affascinato dalle utopie rivoluzionarie, Hermann diventa in breve uno dei propagandisti più zelanti dell'abolizione del matrimonio, del terrore, della spartizione dei beni, dei piaceri sfrenati, ecc. George Sand lo prende sotto la sua protezione e gli istilla il veleno dei suoi romanzi peggiori.
Improvvisamente, Liszt fugge in Svizzera con la contessa Maria d'Agoult. Hermann decide di seguire il maestro; vive nell'intimità della coppia illegittima e trova «sublime» il coraggio della donna «che, per seguire la sua passione, ha abbandonato tutto, la casa, la madre, il marito, i figli». Già pensa al giorno in cui potrà anche lui ispirare una passione capace di spezzare tanti ostacoli. Di ritorno a Parigi, si lascia invadere dalla passione del gioco ed accumula i debiti. Le lezioni di musica gli procurano denaro ed il denaro paga non i debiti, ma i piaceri. «La mia vita, scriverà, fu allora un abbandono totale a tutti i capricci ed a tutte le fantasie. Ne fui felice? No, Dio mio! la sete di felicità che mi divorava non fu affatto estinta». «Tutti i giovani che conoscevo vivevano come me, cercando il piacere ovunque esso si presentasse, desiderando ardentemente la ricchezza, per poter seguire tutte le loro inclinazioni, soddisfare tutti i loro capricci. Quanto al pensiero di Dio, esso non veniva mai loro in mente».
Il tormento di Dio
Tuttavia, figlio d'Israele, egli porta in sè, a sua insaputa il tormento di Dio. Ma tale tormento, lo risente con la viva sensibilità d'artista, che prevale sulla ragione. Allora, scriverà più tardi, «tutto mi riuscì con un incredibile successo: il «faubourg Saint-Germain» mi adottò... tutte le seduzioni del mondo s'impossessarono del mio spirito... Tuttavia, non avevo il tempo di riflettere a quest'esistenza tanto degna d'essere invidiata nell'opinione di molta gente, ed ero in realtà sempre inquieto». Infatti, è schiavo delle sue cattive passioni: «Ah, l'orribile schiavitù! L'ho provata anch'io: ero imbavagliato, incatenato da ceppi di ergastolano!... Comprendevo che dovevo rompere le catene... e non potevo».
È a questo punto, a 26 anni, quando un venerdì del mese di maggio 1847, il principe de la Moskova lo prega di voler cortesemente sostituirlo alla direzione di un coro di dilettanti, per le solennità del Mese di Maria nella chiesa di San Valerio, a Parigi. «Accettai, ispirato unicamente dall'amore per l'arte musicale e la soddisfazione di far un piacere. Quando giunse il momento della Benedizione del Santissimo Sacramento, provai un turbamento indefinibile. Fui, senza che la mia volontà vi partecipasse, trascinato a chinarmi verso il suolo. Tornato il venerdì seguente, fui impressionato assolutamente allo stesso modo e fui colpito dall'idea improvvisa di farmi cattolico».
Provando un'attrattiva che lo riporta sempre verso quella chiesa, ha l'occasione, poco più tardi, di assistere varie volte alla Messa, con una gioia interiore che assorbe tutte le sue facoltà. Per provare a capire il mistero che scopre in sè, prende contatto con un sacerdote cattolico, don Legrand. Egli lo ascolta con benevolenza e dolcezza. La sua accoglienza «fece svanire improvvisamente uno dei pregiudizi più solidamente inveterati nel mio spirito. Avevo paura dei sacerdoti!... Non li conoscevo che attraverso la lettura di romanzi che li rappresentavano come uomini intolleranti, con sempre sulle labbra minacce di scomunica... E mi trovavo in presenza di un uomo colto, modesto, buono, aperto, che attendeva tutto da Dio e nulla da se stesso!»
Una calma sconosciuta
Trovandosi l'8 agosto seguente ad Ems (Germania) per un concerto, assiste alla Messa domenicale nella chiesetta cattolica della città. Al momento dell'elevazione della Santa Ostia, non può trattenere un torrente di lacrime. «Spontaneamente, come per intuito, mi misi a confessare a Dio tutti gli enormi peccati commessi dall'infanzia in poi: li vedevo lì, stesi davanti a me a migliaia, orribili, ripugnanti... E tuttavia, sentii pure, grazie ad una calma sconosciuta che venne a spargere il suo balsamo sulla mia anima, che il Dio di misericordia me li avrebbe perdonati, che avrebbe avuto pietà della mia contrizione sincera, del mio dolore amaro... Sì, sentii che mi faceva grazia, e che accettava come espiazione la mia ferma risoluzione di amarlo sopra tutte le cose e di convertirmi ormai a Lui. Uscendo dalla chiesa di Ems, ero già cristiano di cuore...»
Ritenendo che deve la propria «conversione eucaristica» alla Beata Vergine Maria, decide di onorarla con un culto particolare. Tornato a Parigi, si affida alla guida di don Legrand. Questi si applica a discernere se si tratti di un fuoco di paglia o di un cambiamento di vita in profondità; poi mette Hermann in relazione con don Teodoro Ratisbonne, Ebreo convertito, che si consacra all'opera di apostolato a favore degli Ebrei. Hermann riceve il Battesimo nella cappella di detta opera, Nostra Signora di Sion, a Parigi, il 28 agosto 1847, nella ricorrenza della festa di sant'Agostino, che sceglie quale patrono. L'8 settembre, fa la prima Comunione; ben presto, si comunicherà quotidianamente.
«Abbandonate i trastulli!»
Hermann vorrebbe rinunciare immediatamente al mondo ed entrare in un convento, «per ivi consacrarsi esclusivamente al servizio del Signore»; ma ha un sacco di debiti da rimborsare, il che gli porterà via due anni. In un pomeriggio del novembre 1848, entra nella cappella delle Carmelitane della via Denfert-Rochereau a Parigi. Il Santissimo vi è esposto per la notte, davanti a delle adoratrici. Gli viene lì l'idea di fondare «un'associazione che abbia per scopo l'esposizione e l'adorazione notturna del Santissimo, la riparazione delle ingiurie di cui è oggetto». Nata il 22 novembre 1848, con l'approvazione del Vicario generale di Parigi, l'associazione per l'adorazione notturna degli uomini riunisce per la prima volta i suoi membri, nella notte dal 6 al 7 dicembre, nella chiesa di Nostra Signora delle Vittorie, in unione filiale con Papa Pio IX, rifugiato a Gaeta. Nella sua felicità, Hermann si rivolge agli amici di un tempo: «Ma venite a questo Banchetto celeste, che è stato allestito dall'eterna Sapienza. Venite, abbandonate i trastulli, le chimere... Chiedete a Gesù la bianca veste del perdono; e con un cuore nuovo, con un cuore puro, abbeveratevi alla fonte limpida del suo Amore». A poco a poco, l'associazione si propaga in tutto il mondo; esiste ancora oggi.
Dopo aver pagato i suoi debiti, Hermann è libero. La grazia di Dio lo attira verso l'Ordine dei Carmelitani. Fin dall'epoca del Battesimo, ha manifestato il desiderio di ricevere lo scapolare di Nostra Signora del Monte Carmelo. Fra l'Ascensione e la Pentecoste del 1849, durante un ritiro, legge la vita di san Giovanni della Croce; questa scoperta gli permetterà di fissare irrevocabilmente le sue intenzioni. Il 16 luglio 1849, ricorrenza di Nostra Signora del Monte Carmelo, dice addio alla sua famiglia e si reca al convento di Agen, poi a quello di Le Broussey, vicino a Bordeaux, dove ha luogo il noviziato. Un mese più tardi, scrive a sua madre: «L'ordine religioso in cui sono entrato è sorto fra gli Ebrei, 930 anni avanti Cristo: è il Profeta Elia dell'Antico Testamento che lo ha fondato sul monte Carmelo, in Palestina. È un ordine di veri Ebrei, figli dei Profeti che aspettavano il Messia, che hanno creduto in lui quando è venuto. Si sono perpetuati fino ai nostri giorni, vivendo allo stesso modo, con le medesime privazioni del corpo e con i medesimi godimenti dello spirito, di circa 2800 anni fa. Portano ancora oggi il nome dell'Ordine del Monte Carmelo. Fra questi monaci, si distinguono quelli nati dalla riforma di santa Teresa d'Avila e san Giovanni della Croce, detti Carmelitani scalzi... Appartengo a questo ramo... Perchè praticare questa vita? Per imitare la vita che ha condotto Gesù Cristo quando è venuto a salvare gli uomini attraverso le sofferenze, l'obbedienza, le umiliazioni, la povertà, la croce... Ecco la vita che ho scelto».
Il 6 ottobre 1849, Hermann riceve l'abito con il nome di Fra Agostino Maria del Santissimo Sacramento. La regola del noviziato è dura. Fra Agostino Maria vi si dà con generosità. Il suo massimo sacrificio è quello di privarsi a poco a poco di fumare e di prendere caffè. A vederlo, a sentirlo, lo si prenderebbe per il più mite, il più calmo, il più amabile degli uomini per carattere. Eppure talvolta, anche quando ha il sorriso sulle labbra, il sangue gli ribolle di collera. Ha altresì tendenza alla canzonatura, dovuta ad una percezione acuta del minimo ridicolo; ma sembra che nessuno l'abbia sospettato, perchè durante le ricreazioni si dimostra pieno di allegria e di benevolenza per gli altri frati, prendendo volentieri Gesù per soggetto delle conversazioni. Pronuncia i voti il 7 ottobre 1850 e, il Sabato Santo 1851, viene ordinato sacerdote. In quei giorni benedetti, prega intensamente per la conversione della sua famiglia. La sua preghiera non sarà priva di frutti, poichè parecchi dei suoi, ed in particolare sua sorella, abbracceranno la fede cattolica.
Fin dal giugno del 1852, Padre Agostino Maria viene mandato a predicare in varie città, ed in particolare a Lione, Marsiglia, Parigi, Liegi, Berlino, Ginevra...; le sue parole infervorate dall'amore di Dio convertono le anime e le attirano al confessionale, alla devozione fervente per la Santa Vergine e l'Eucaristia; certi chiedono il Battesimo, altri entrano in convento.
«Assomigliamo ai lebbrosi»
A Parigi, comincia così l'omelia: «Fratelli, il mio primo atto, da questo pulpito cristiano, deve essere un'ammenda onorevole degli scandali che ho avuto un tempo la disgrazia di dare in questa città. Con che diritto, mi potreste dire, viene a predicare, lei che abbiamo visto trascinarsi nel fango di un'immoralità senza pudore, e professare apertamente tutti gli errori? Sì, Fratelli, confesso di aver peccato contro il Cielo e contro di voi... Sono pertanto venuto a voi coperto di una veste di penitenza... La Madre di Gesù mi ha rivelato l'Eucaristia, ho conosciuto Gesù, ho conosciuto il mio Dio e poco dopo fui cristiano. Ho chiesto il santo Battesimo, e l'acqua santa colò su di me; subito, tutti i miei peccati, gli orribili peccati di venticinque anni di crimini, furono cancellati. E la mia anima, immediatamente, divenne pura ed innocente. Fratelli, Dio mi ha perdonato... Non mi perdonerete voi pure?» Parecchie persone, ivi inclusi certi suoi compagni di dissolutezza, commossi da tali parole, si convertono.
In tutte le prediche, Padre Agostino Maria manifesta il suo amore per l'Eucaristia. Esso gli ispira una nuova opera. Di passaggio ad Ars, se ne apre con il Curato, san Giovanni Maria Vianney: «Reverendo, non ha notato che ci si preoccupa più di chiedere benefici al Signore, che di ringraziarLo per quelli che si sono già ricevuti da Lui? – Sì, assomigliamo ai lebbrosi che se ne vanno guariti, senza dire grazie. – Non si potrebbe fondare un'opera che avesse quale scopo quello di rendere a Dio incessanti azioni di grazia per il torrente di benefici che riversa sul mondo? – Sì, ha ragione. Lo faccia, e Dio la benedirà».
Tre gradi
In un'omelia, sviluppa il suo pensiero sull'azione di grazia: «Il primo grado è quello del cuore: bisogna gravarvi la memoria delle insigni misericordie che il Signore ci ha concesso. – Il secondo grado ci porta a lodare, ad esaltare, a celebrare il bene ricevuto»; la preghiera liturgica, in particolare il Salterio ed il Te Deum, costituisce la miglior fonte dell'azione di grazia, poichè «ne è l'autore lo Spirito Santo stesso». Ma «è attraverso la divina Eucaristia e attraverso Essa sola che potremo degnamente liberarci del nostro debito di gratitudine verso Dio. Ecco il terzo ed il grado supremo dell'azione di grazia... O Dio mio, qaundo ti offro quest'Ostia di lode e d'amore, fai ancora sentire quella voce paterna che dall'alto dei cieli scese su Gesù: Ecco il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto (Marco 1, 11)».
La conclusione pratica è la fondazione a Lione, nel 1859, incoraggiata da Papa Pio IX, di una confraternita dell'azione di grazia destinata a «render grazie all'Eterno per i suoi doni, soprattutto quello che è per eccellenza il Dono di Dio, l'Eucaristia; supplire alla spaventosa ingratitudine dei più, che dimenticano i doveri della riconoscenza verso Dio; ringraziare il Signore per coloro che non lo fanno».
Conformemente all'ideale dei Carmelitani, Padre Agostino Maria aspira alla solitudine profonda del deserto, per consacrarsi ancora di più alla preghiera. «L'importante, ha l'abitudine di dire, è il fatto di non prender gusto alle cose del mondo, e l'effetto della preghiera quotidiana è precisamente quello di disilluderci sull'attrattiva di tutte queste cose e di eccitare in noi il desiderio di Gesù solo. Il Dio d'amore è geloso: vuol regnare solo, esser amato, apprezzato, desiderato». Avendo scoperto vicino a Tarasteix, a 20 km. da Lourdes, un ampio spazio perso fra i boschi, lo compra e vi fa costruire degli eremi individuali. In realtà, ne approfitterà ben poco. Infatti, su richiesta del cardinale Wiseman, il Papa mette gli occhi su di lui per restaurare l'ordine dei Carmelitani in Inghilterra: «La mando, gli dice, a convertire l'Inghilterra, come uno dei miei predecessori mandò il monaco Agostino». Nessun convento è ancora riaperto nel paese dal tempo dello scisma di Enrico VIII (1491 – 1547). Il 15 ottobre 1863, ricorrenza di santa Teresa d'Avila, Padre Agostino Maria insedia provvisoriamente alcuni Carmelitani venuti dalla Francia, in una casetta a Londra. A seguito delle sue prediche, parecchi Anglicani esprimono la volontà di entrare a far parte della Chiesa cattolica. Nel 1863, per la prima volta in capo a tre secoli, un novizio inglese riveste il santo abito dei Carmelitani. Nel settembre del 1864, circa due anni dopo l'arrivo di Padre Agostino Maria in Inghilterra, sette case per l'adorazione sono in piena attività, di cui due a Londra.
Nel 1868, Padre Agostino Maria ottiene finalmente dai superiori il permesso di tornare nel «Deserto Sant'Elia», a Tarasteix. Tuttavia, una nuova prova lo colpisce: una malattia degli occhi, talmente grave che dovrà essere operato. Riponendo la sua fiducia nella Vergine di Lourdes, fa una novena nella grotta delle apparizioni, lavandosi ogni giorno gli occhi alla sorgente miracolosa. Nel nono giorno, la guarigione è improvvisa e totale: il miracolo è evidente. Hermann Cohen è il primo Ebreo miracolato a Lourdes. Torna a Tarasteix, dove spera proprio di fissarsi definitivamente. Ma l'ora del ritiro nel deserto non suonerà: nel maggio 1870, viene nominato per tre anni primo consigliere del superiore provinciale e Istruttore dei novizi: si reca quindi a Le Broussey. Il 19 luglio dello stesso anno, la Francia dichiara la guerra alla Prussia. Un mese più tardi, il disastro di Sedan cagiona il crollo del regime napoleonico. Un odio antiprussiano ed antireligioso s'impossessa dei Francesi.
Il popolare Carmelitano scalzo, venerato ed amato in tutta la Francia, è «inseguito di città in città, a causa della sua duplice qualità di monaco e di Tedesco». Si reca a Grenoble, dove un tempo le sue parole di fuoco gli avevano fatto conquistare le folle. Viene preso per una spia: sfugge per poco alla morte. Finalmente, arriva sano e salvo a Ginevra, dove il vescovo gli affida l'incarico di un gruppo di donne e di persone anziane, circa cinque o seicento, prive di qualunque soccorso religioso, esuli dalla Francia.
Ma il 24 novembre 1870, su richiesta del vescovo di Ginevra, parte per Berlino ed ottiene l'autorizzazione di servire in qualità di cappellano a Spandau, a 14 km. dalla capitale, dove più di cinquemila prigionieri Francesi sono privi di vestiti, di cibo e, soprattutto, di soccorsi spirituali; molti sono gravemente ammalati... Conquista in breve i cuori dei prigionieri; se veglia innanzi tutto sulle loro anime sofferenti, la sua carità si dà da fare per portar sollievo a quei poveri corpi. Riesce a far pervenire loro casse di vestiti, perchè possano resistere al freddo in quella Prussia gelida, nel cuore dell'inverno; ottiene loro anche supplementi indispensabili di alimenti. Ogni giorno, celebra la Messa e predica davanti a parecchie centinaia di soldati. Grazie alla sua inesauribile bontà, molti vanno da lui a confessarsi; un mese dopo il suo arrivo, 300 soldati hanno ricevuto la Santa Comunione... Ma, con un tal regime, la salute di Padre Agostino Maria, già tanto precaria, si deteriora.
Un rischio mortale
Il 9 gennaio 1871, amministra l'estrema unzione a due prigionieri che sono colpiti dal vaiolo. Ma la spatola che gli serve per ungere gli agonizzanti con l'olio santo gli manca in quel momento, ed essendoci urgenza, Padre Agostino Maria non esita a fare le unzioni con la mano, benchè abbia un'escoriazione al dito, rischiando così la vita per l'eterna salute delle sue due pecorelle. Infatti, contrae la malattia. Il 15 gennaio, essendosi il suo stato aggravato, riceve a sua volta gli ultimi sacramenti, poi canta con voce ferma il Te Deum a la Salve Regina; recita quindi il De profundis. Il giorno seguente, quando gli si annuncia che la fine è prossima, una gioia indicibile appare sul suo volto. Nella serata del 19 gennaio si confessa tranquillamente e riceve la Santa Comunione. «Ora, Dio mio, dice, rimetto la mia anima nelle tue mani». Saranno le sue ultime parole. La respirazione calma si prolunga fino all'indomani mattina verso le 10, quando, mentre la Suora che lo veglia canta, dietro sua richiesta, la Salve Regina, spira dolcemente.
Padre Agostino Maria del Santissimo Sacramento è stato l'aedo dell'Eucaristia. Che ci sia dato di imitarlo con un amore fervido per Gesù-Ostia, come il Santo Padre ci incoraggia: «La Chiesa ed il mondo hanno un gran bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell'Amore. Non rifiutiamogli il tempo di andarLo ad incontrare nell'adorazione, nella contemplazione piena di fede ed aperta alla riparazione dei peccati gravi e dei delitti del mondo. Che mai cessi la nostra adorazione!» (Giovanni Paolo II, lettera Dominicæ cenæ, del 14 febbraio 1980).
Preghiamo secondo tutte le Sue intenzioni e particolarmente per i Suoi defunti.
Dom Antoine Marie osb
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