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mercoledì 21 giugno 2023

Blaise Pascal

 Blaise Pascal

Lo choc causato da uno scampato pericolo indusse  Blaise Pascal, nato a Clermont Ferrand il 19 giugno del 1623, a chiudere il suo periodo "mondano" per aprire invece quello "spirituale" e così ritrovare il senso di Dio.


La sera del 23 novembre 1654 i cavalli imbizzarriti del suo traino, travolto il parapetto del ponte di Neuilly a Parigi, precipitarono nella Senna, mentre la carrozza dove viaggiava rimase in bilico sull'orlo del precipizio, consentendogli così di avere per un soffio salva la vita al costo però di un enorme spavento.


A 31 anni d’età colui che fino ad allora era stato un validissimo scienziato e matematico, che per primo aveva studiato e dimostrato l'esistenza del vuoto, inventato una rudimentale calcolatrice (la cosiddetta "Pascalina") e scritto il "Saggio sulle coniche", capì che la sola razionalità scientifica, che procede deduttivamente da assiomi ed opera con una visione analitica, non bastava per spiegare il mistero dell'uomo.


Lungi dal denigrare la scienza ed anzi riconoscendo alla geometria in particolare il massimo della perfezione cui gli uomini possano pervenire, poiché questa disciplina si basa su princìpi "così chiari che non se ne trovano di più chiari per servir loro da prova", Pascal tuttavia si chiese in cosa potessero essere utili  le scienze per comprendere la condizione umana, cioè il problema più importante di tutti. Se l'uomo infatti è pervaso da continua irrequietezza, non è a quello che egli definì "l'ésprit géometrique" che bisogna rivolgersi per trovare la soluzione.


Accostatosi al cattolicesimo d’ispirazione giansenista, basato sull'interiorità della conoscenza, un estremo rigore morale e il rifiuto di ogni concessione a forme di religiosità esteriore, Pascal teorizzò che soltanto con "l'ésprit de finesse" (espressione malamente tradotta come "spirito di finezza", ma da intendersi piuttosto come "intuito") che risiede nel cuore di ognuno di noi e "ha ragioni che la ragione è incapace d'intendere", si è in grado di arrivare alla verità. L’uomo così gli appare sospeso fra due abissi: l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, con l'universo da un lato e gli infiniti micro-cosmi costituiti dalle realtà più piccole dall'altro.


Questa presa di coscienza del proprio stato genera in lui smarrimento, al quale l’uomo cerca di reagire con la scienza e la sua vana pretesa di scoprire i princìpi ultimi della natura che invece soltanto Dio, che ne è l'autore, conosce fino in fondo. L'uomo infatti ha aspettative ambiziose, che però non riesce a soddisfare a causa dei propri limiti e conseguentemente, laddove non arriva coi sensi e con l'intelletto, cerca di giungere con l'immaginazione, che lo porta a costruirsi ideali falsi e caduchi, venerando a seconda dei casi persone, oggetti o leggi, oppure perdendosi in futili passatempi  e finendo in tal modo per ingannarsi ancora di più.


Tutto ciò infatti non è che un "divertissement", cioè una “distrazione” che col trucco dell'oblio di sé stessi cerca di crearsi una realtà di comodo. In altre parole, "gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria e l'ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici", ma invano, perché prima o poi torna ad assalirli il senso dei loro limiti ed il vuoto tipico della loro condizione esistenziale.


Come se ne esce, allora? Se per Cartesio il "Cogito" era il fondamento della verità, per Pascal esso diventa il centro dell'individuo, perché "l'uomo sa di essere miserevole, ma è anche grande poiché ne è consapevole".


Per lui l'unica scelta possibile è l'accettazione della propria condizione, riscattabile però alla luce del Cristianesimo, con la riscoperta del divino, non però del "Dio dei filosofi", che è poi quello cartesiano, ma del "Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, che è amore e consolazione, e riempie l'anima ed il cuore".


Da qui dunque la famosa "scommessa" di Pascal: Dio non può essere dimostrato dalla ragione, ma va sentito nel cuore. Secondo Pascal, noi uomini siamo chiamati a decidere se vivere come se Dio non ci fosse, concentrandoci sui piccoli beni fugaci di questo mondo, oppure come se Dio ci fosse, puntando invece sulla beatitudine infinita in Lui.


Per lui vale la pena di scommettere su Dio, perché "dovunque ci sia l'infinito e non ci sia un'infinità probabilità di perdere contro quella di vincere, non bisogna esitare, ma dare tutto. E' il cuore che sente Dio, non la ragione. E' grazie ad esso che conosciamo i princìpi primi ed inutilmente il ragionamento, che non vi ha parte, s'industria per combatterli".


A distanza di circa 350 anni dalla loro prima edizione, realizzata postuma, i "Pensieri" di Pascal mantengono un'incredibile freschezza e attualità , tanto che la loro (ri)lettura  risulta fondamentale per quanti cerchino risposte sulla vita e la condizione umana.


(Testo di Anselmo Pagani)

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