«Innanzitutto dire Cristo, l’unica parola che salva: non enunciare una dottrina, formulare un'analisi della realtà... ma riproporre un fatto, il fatto della presenza di una Persona che, in quanto tale, cambia necessariamente la nostra esistenza e coinvolge il nostro destino... Può sembrare strano proporre la rinascita della fede come rimedio per un mondo che, non credendo più a niente, ha cominciato a credere a tutto; e allo stesso modo può sembrare fuori luogo proporre l’assolutezza di Cristo quando le scelte impellenti che ci stanno di fronte sono concrete e relative come tutto ciò che è umano. Ma queste obiezioni avrebbero un senso solo se la fede e il Cristo di cui parliamo fossero una dottrina o una verità astratta; avrebbero un senso solo se le scelte che si debbono compiere non fossero scelte degli uomini, cioè scelte in cui è in gioco innanzitutto la nostra umanità presa nella sua interezza. Contro queste obiezioni dobbiamo allora ricordarci che il cristianesimo non è una banale dottrina e neppure una religione, ma innanzitutto il riconoscimento di Cristo… Ritornare alla fede di Cristo, dunque, significa riconoscere un fatto che amplia le dimensioni della ragione umana, in quanto la apre su una realtà infinita che, proprio per la sua infinitezza, è la negazione di ogni pregiudizio e di ogni schema predefinito. Così la fede, lungi dal negare la cultura, è generatrice di quella cultura autentica che afferma l'integralità e l’inesauribilità dell'uomo». Così scriveva padre Romano Scalfi,
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