Natale, "almeno oggi siamo buoni"
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William Congdon, Natività 1965 (particolare)
"Almeno oggi siamo buoni!", diceva mia nonna il giorno di Natale, ogni volta rovinandomi il pranzo e facendomi andare su tutte le furie. Usare il Natale, alla fine, come pretesto per farmi il fervorino era davvero troppo. C'è voluta una vita per toccare con mano come la discesa di Dio tra gli uomini in forma umana ha, eccome, un nesso con la nostra capacità di amare. C'è voluta una vita, tante esperienze e tanti incontri. Come quello con il grande scrittore Giovannino Guareschi. Grazie al suo "Mondo Piccolo" ho tracciato nella mia mente un percorso che mi ha aiutato ad essere più consapevole di cosa significhi voler bene.
La prima tappa riguarda il contrario dell'amore. Che non è l'odio, ma è molto più frequentemente l'ideologia.
Nell'episodio "Il commissario",
Guareschi racconta di come don Camillo si prodighi per distribuire ai
poveri i pacchi alimentari portati dagli americani nell'ambito del piano
Marshall. Per raggiungere anche i comunisti poveri coinvolge Peppone
nell'iniziativa. Accade però che la federazione del PCI manda un
commissario a controllare. Questi interviene in modo brutale, non solo
strappando il pacco di viveri a uno dei più poveri comunisti, Stràziami,
ma schiaffeggiandolo davanti al figlio. Così racconta Guareschi: «Il
commissario federale attese per qualche istante una risposta che non
venne. Poi, con estrema calma, sollevò i quattro lembi della tovaglia,
li riunì, tolse il fagotto dalla tavola e, aperta la finestra, buttò
tutto nel fosso. Il bambino tremava e si era messe tutt'e due le mani
davanti alla bocca e guardava atterrito il commissario federale. La
donna si era rifugiata contro il muro e Stràziami, lì in mezzo alla
stanza con le braccia ciondoloni, pareva impietrito. Il commissario
federale richiuse la finestra, si appressò lento a Stràziami, lo fissò
qualche istante negli occhi, poi lo schiaffeggiò due volte. Un filo di
sangue scese dall'angolo della bocca di Stràziami».
Che importa se la cosa più
preziosa di Straziàmi, la sua dignità, è stata umiliata davanti a suo
figlio? Non conta la persona, conta il destino collettivo deciso
dall'ideologia, un sistema di pensiero astratto e contro l'uomo reale,
in carne e ossa.
Ma Giovannino mostra che questa
stortura alberga in tutti, anche in don Camillo, il quale, in realtà, ha
distribuito i pacchi alimentari più per propaganda che per amore al
prossimo. E' il Cristo del crocefisso che mette don Camillo con le
spalle al muro: «E anche quando dividi il tuo unico pane con
l'affamato tu non devi gettarglielo come si getta un osso a un cane… Tu
oggi hai fatto soltanto della beneficenza e neppure il superfluo tuo, ma
il superfluo degli altri hai distribuito ai bisognosi e non c'è stato
nessun merito nella tua azione. Eppure non eri umilissimo come avresti
dovuto essere, ma il tuo cuore era pieno di veleno».
Straziàmi non accetta di perdere
la sua dignità per un'ideologia astratta e disumana. In lui prevale la
dignità e l'amore per suo figlio. Nel racconto successivo, dal titolo
"Caso di coscienza", restituisce la tessera del partito in cui pur aveva
tanto creduto: «"Questa non è più una tessera di partito ma un
tesserino da vigilato speciale… La mia libertà me la sono pagata
rischiando la pelle. Non sono disposto a rinunciarvi". "Tu tradisci la
causa" disse Peppone. "La causa è quella della libertà. Se rinuncio alla
mia libertà, allora sì tradisco la causa"».
E' il cuore di Straziàmi a
suggerirgli in modo infallibile ciò che è vero e giusto. Alla fine,
anche Peppone e i suoi scagnozzi si ribellano all'ideologia e scoprono
che obbedire a ciò che la coscienza indica, è più giusto che obbedire al
partito.
Un cuore umano che ritrova se
stesso ha un sussulto inconfondibile. Come si vede ancora ne "Il
commissario", Stràziami si commuove per il fatto che suo figlio può
finalmente avere qualcosa da mangiare: «Ora il bambino di Stràziami,
seduto alla tavola di cucina, stava contemplando con gli occhi sbarrati
suo padre che, cupo e accigliato, apriva con un coltello la scatola di
marmellata. "Dopo" disse la madre. "Prima la pastasciutta, poi il latte
condensato con la polenta e poi la marmellata". La donna portò in tavola
la zuppiera e cominciò a rimestare la pasta fumante. Stràziami andò a
sedersi vicino al muro, tra la credenza e il camino e stette a rimirarsi
come uno spettacolo il ragazzo che, con i grandi occhi, ora seguiva le
mani della madre, ora guardava la scatola della marmellata, ora la
scatola del latte condensato, come sperduto in mezzo a tutta quella
allegria».
E così, da un cuore cambiato
perché ha ritrovato se stesso, nasce, quasi spontaneamente, un impeto di
amore puro, un gesto concreto, grande o piccolo non importa, fatto per
contribuire al bene dell'altro. Come è diverso dal doverismo distratto!
Non c'è amore vero senza l'impeto a donare sé, commossi, all'altro, come
si vede in un altro racconto, "Il voto". Il figlio di Peppone è malato
in modo serio e il padre lo porta segretamente in pellegrinaggio alla
Madonna dei Prati. Don Camillo, colpito dal suo bisogno, non vuole
lasciarlo solo in un momento così difficile, e così, commosso dal dramma
dell'amico, lo accompagna: «Don Camillo scosse il capo: "Quo vadis,
Peppone?". "Quo vadis dove voglio io e 'quo vienis' un accidente a voi e
a tutti i clericali dell'universo!" ruggì Peppone. "Vado in un posto
dove devo andare!". "Sta bene: e non ci puoi andare per la strada?".
"No! No! Devo andarci per i campi. Per la strada non posso andarci. Io
posso umiliarmi davanti al Padreterno ma non davanti ai preti e ai loro
complici!". Don Camillo guardò la faccia sconvolta di Peppone. "Non
parlo più", borbottò. "Andiamo". "Il bambino lo devo portare io". "Non
occorre; piglia su in spalla quel ciocco: è più pesante del bambino e,
anche se caschi, non si fa male. Io ho gli stivaloni e il bambino è al
sicuro". Dovettero contarne quindici di chilometri, prima di arrivare».
Il cuore dell'uomo che ritrova
se stesso e impara ad amare ha bisogno di una fonte che non si esaurisce
per continuare il suo percorso, ha bisogno di essere oggetto di un
amore infinito e senza condizioni, l'amore di un Dio che si fa uomo ed
entra nella nostra umanità, "contagiandoci" l'uno con l'altro. Quello
che riscoprono Peppone e don Camillo al termine dell'episodio citato: «Peppone
entrò col suo bambino in groppa. La chiesa era fredda e semibuia e non
c'era anima viva. Soltanto la Madonna dei Campi c'era, di vivo, e i suoi
occhi guardavano dolci dall'alto dell'altare. Don Camillo rimase a far
la guardia fuori dalla porta. Poi, per star più comodo, si inginocchiò
su un sasso e disse alla Madonna dei Campi le cose che Peppone non
avrebbe saputo dirle».
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