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domenica 5 maggio 2019

Erba della Madonna, una pianta per la chirurgia







Erba della Madonna, una pianta per la chirurgia


In fitoterapia è possibile utilizzare la pianta medicinale secondo varie modalità estrattive, e questo in relazione al tipo di sostanze che vogliamo estrarre ed utilizzare ai fini curativi. Esistono tuttavia dei limiti oggettivi della tecnologia farmaceutica. Talvolta infatti non è possibile estrarre i principi attivi più utili oppure non è possibile mantenerli attivi nel tempo, ad esempio dentro ad una capsula per uso orale o in un gel per uso esterno.
di Fabio Firenzuoli
Un esempio molto concreto ci è offerto dal Sedum. Chiamata anche Erba della Madonna, il Sedum è una pianta grassa alla quale la medicina popolare riconosce virtù emollienti, antiinfiammatorie, antidolorifiche e cicatrizzanti. Il suo nome botanico è Sedum telephium, ed appartiene alla famiglia delle Crassulaceae, e la pianta viene anche coltivata a scopo ornamentale.
Fu un monaco di Vallombrosa, Fulgenzo Vitman, docente anche di botanica farmaceutica, a descrivere per primo le proprietà curative della pianta. E nel 1770 infatti scriveva:
ulcera detergit, ad cicatricem perducit, tumorem suppurationem promovet et dolores mitigat”
Quindi “deterge, favorisce la cicatrizzazione, rimuove la suppurazione e riduce il dolore”, ma ancora oggi, dopo oltre 300 anni, non è stata trovata
una preparazione farmaceutica migliore della stessa foglia fresca applicata direttamente sulla lesione!
Meccanismo d'azione
Le foglie della pianta fresca, private della cuticola della faccia inferiore, vengono poste sopra le piaghe o ulcere o comunque la sede dell'infiammazione, e questa ne favorisce la detersione, favorendone la cicatrizzazione in quanto stimola il processo di granulazione a partire dai bordi. Nei processi infettivi favorisce la flogosi suppurativa, richiamando tutti gli elementi della serie bianca, responsabili dei processi di difesa. Il ultimo, ma è certamente l'aspetto più importante per il paziente, calma il dolore. Responsabili di queste attività sono i polisaccaridi ed i polifenoli presenti nelle foglie.
Indicazioni
Le attuali indicazioni sono state definite in particolare dal dottor Sergio Balatri, l'Autore moderno che ha riscoperto le virtù terapeutiche dell'Erba della Madonna, e che ha in assoluto la maggiore
esperienza nel suo impiego nella pratica clinica ospedaliera. E sono rappresentate in particolare dalla piccola patologia chirurgica ambulatoriale:
· patereccio periungueale, foruncoli, idroadenite ascellare, ascessi, mastiti
· complicazioni di ferite, ustioni, difetti di cicatrizzazione
· cisti pilonidale, cisti sebacee suppurate, fistole sottocutanee
· osteiti di piccole ossa
· ulcere flebostatiche
· ipercheratosi plantare, calli
Applicazione
La pianta viene utilizzata soltanto fresca oppure congelata: tutte le altre preparazioni, dalle tinture agli estratti di vario tipo, usati in creme, unguenti o lozioni, sono risultati totalmente inutili! E' pertanto una pianta da tenere in giardino, anche a scopo ornamentale, da usare al bisogno per la piccola patologia chirurgica accidentale domestica. La piantina può esser messa a dimora, anche esposta al sole, e le foglie devono essere raccolte nel periodo di giugno-luglio, staccate una a d una,
lavate, asciugate e messe nel congelatore. Quando servono, dopo 5 minuti di esposizione a temperatura ambiente si asporta la pellicola della pagina inferiore e si applicano sulla zona interessata, ricoprendole con un cerotto adesivo. Le foglie devono essere rimosse e sostituite dopo un periodo di 12-24 ore.
di Fabio Firenzuoli
Cautele
Talvolta si verificano reazioni dermatitiche, nel qualcaso la pelle deve essere medicata con pomata all'ossido di zinco.
Nota
Il Dottor Sergio Balatri ha utilizzato l'Erba della Madonna nella sua attività di aiuto chirurgo presso l'Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze, ha pubblicato alcuni lavori scientifici sull'argomento, ed è attualmente segretario dell'Associazione San Giovanni di Dio http://www.dada.it/
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(l'autore è Direttore del Centro di Medicina Naturale, Scuola di
Fitoterapia clinica, Ospedale S. Giuseppe, Empoli

Il Telefio o "Erba della Madonna" o "Erba di San Giovanni"

Il grande medico naturalista Linneo la chiamò Sedum telephium, riassumendo con geniale sintesi due delle sue caratteristiche : nel genere (Sedum) il portamento "stare seduta", nella specie la sua virtù vulneraria.

Il re Telefo infatti fu curato, secondo la leggenda riferita da Plinio, di una ferita che non guariva mai alla gamba con una pianta le cui caratteristiche furono da Linneo ravvisate nella Nostra.

Fino a non molto tempo fa, mi riferisco alla mia infanzia, ricorrere a questa pianta per curare processi infiammatori superficiali era cosa naturale: mi ricordo di essere stato curato da mia madre di un "giradito" all'età di sette anni e di aver conosciuto allora la caratteristica più apprisciente dell'azione della foglia, la macerazione, o come dicevo io la "lessatura" del dito rimasto a contatto per tutta la notte con il succo della pianta.

Il patereccio periungueale (giradito) è cosa assai banale e di comune osservazione; normalmente il medico e soprattutto il chirurgo lo degnano di poca attenzione nella sua fase iniziale suggerendo al paziente, peraltro molto preoccupato per il grande dolore, di fare tutt'al più bagni di acqua salata.

Il paziente allora ricorre al farmacista che cercando nel suo armamentario lo consiglierà di usare lo steridrolo, l'ittiolo, o il cerotto dei frati ( una specialità dei monaci Vallombrosani detto cerotto di Padre Rimbotti). Può darsi che il processo infiammatorio, sotto l'azione di questi rimedi revulsivi si estingua ma può anche darsi che invece stenti oppure peggiori, costringendo il, povero paziente, che ha già passato alcune notti insonni per il dolore, a tornare dal suo medico che lo spedirà con richiesta di intervento dal collega chirurgo, oppure, cosa più frequente al più vicino Pronto Soccorso.

Dopo un periodo di attesa dei più variabili, il nostro paziente può essre sottoposto a vari trattamenti, secondo l'entità e la sede del processo che questa volta può essre francamente suppurativo. Tutti i procedimenti chirurgici prevedono interventi cruenti sulla falange che in seguito fanno ricordare questa affezione soprattutto per le atroci soffrenze.

Purtroppo, non sempre, nonostante le soffrenze la guarigione è assicurata: alcune volte il processo infiammatorio suppurativo raggiunge l'osso della falange per cui si può anche porre l'indicazione all'amputazione della medesima.

Chi scrive ha conosciuto di persona tutti questi casi e sapendo che poche applicazioni delle foglie dell'"Erba della Madonna" guariscono senza "spargimento di sangue", senza dolore e senza complicazioni questa banale affezione, non può fare a meno di raccomandarne l'uso, direi fino all'abuso, dato che non esistono controindicazioni, tranne l'allergia che peraltro si manifesta dopo alcuni giorni di applicazioni.

Il Telefio è stato usato e studiato da molti autori nel corso dei secoli, l'unico però che ne ha riassunto e sintetizzato in maniera perfetta e tutt'ora valida le sue caratteristiche è stato il medico monaco Vallombrosano Fulgenzo Vitman che nel suo "DE MEDICATIS HERBARUM FACULTATIBUS" del 1770 così ne descrisse le virtù:

"Ulcera detergit..." (deterge le ulcere): la foglia privata della cuticola della faccia inferiore, posta sopra piaghe, ulcere, necrosi cutanee, ne dissolve le parti superficiali portando in superficie il tessuto di granulazione sottostante.

"... et ad cicatricem perducit ..." ( e le porta a cicatrizzazione): di modo che l'epitelio proveniente dai margini dell'ulcera, si può finalmente distendere sul tessuto di granulazione.

"... tumorum suppurazionem promovet ..." (favorisce la flogosi suppurativa): favorisce cioè la formazione degli ascessi. E' infatti questa una notevole proprietà interessante sia sul piano terapeutico che su quello speculativo; le foglie scogelate, oppure finemente suddivise della pianta fresca, messe sopra una zona dove il processo infiammatorio sia appena abbozzato possono farlo regredire, se la sequenza degli eventi non ha ancora portato alla formazione del pus oppure possono indurre un enorme richiamo di leucociti provocando la raccolta di pus in un tempo sinceramente fuori del normale.

"... et dolores mitigat." (e calma il dolore): quarta ed ultima virtù che messa insieme alle altre, per esempio durante il processo infiammatorio, che è sempre accompagnato da più o meno intenso dolore (ascesso dentario per esempio), fa capire la ragione della sua coltivazione pressochè generalizzata in tutte le parti del mondo.

Ho riassunto tutta la storia in questolibretto , che potete liberamente scaricare.

Il 16 ottobre 2015 ho tenuto una presentazione sull'Erba della Madonna alla libreria "Todo Modo", di cui potetere guardare il video.



 

Dott. Sergio Balatri


Sedum telephium o Erba della Madonna
Enrica Campanini
Piccola pianta grassa con proprietà vulnerarie. Dalla tradizione popolare una pianta con interessanti proprietà detergenti, disinfiammanti, cicatrizzanti e analeesiche
“Fino a non molto tempo fa, mi riferisco alla mia infanzia all'Impruneta, ricorre re a questa pianta per curare processi infiammatori superficiali era cosa naturale: mi ricordo di essere. stato curato da mia madre di un giradito all'età di sette anni e di aver conosciuto allora la caratteristica più appariscente dell'azione della foglia, la macerazione cutanea,o come dicevo io la ‘lessatura del dito' rimasto a contatto per tutta la notte con il succo della pianta." Queste parole scritte dal dottor Sergio Balatri (1988) fanno riferimento a una pianta molto comune in Toscana, il Sedum telephium L., conosciuta con i nomi popolari di Erba della Madonna o erba da calli. La tradizione popolare, infatti attribuisce a questa piccola pianta grassa, appartenente alla famiglia delle Crassulaceae, interessanti proprietà vulmerarie.
Le foglie fresche e spellate erano considerate detergenti, disinfiammanti, cicatrizzanti e analgesiche ed erano impiegate topicamente per trattare ulcere, ascessi, paterecci, ecc. Alle foglie erano attribuite anche proprietà emollienti e cheratolitiche in virtù delle quali venivano impiegate, sempre per uso topico, nel trattamento delle zone ipercheratosiche plantari e dei calli. Non è un caso, quindi, che la pianta fosse conosciuta anche come erba deî calli o erba callista.ù
Il dito del calzolaio
“Nell'ottobre del 1973 si presentò al pronto soccorso dell'Ospedale S.Giovanni di Dio un calzolaio di 35 anni che presentava una ferita a un dito, evoluta in osteite, e al quale era stata prospetta l'amputazione.
A quel punto ho avuto come una folgorazione e mi è venuto in mente il Sedum,
la pianta che la tradizione popolare usava nei paterecci. lo che non mi interessavo di piante, o cose simili, di fronte a una possibile amputazione ho voluto provare il tutto per tutto. Telefonai a un vivaista che mi procurò un vasetto con la pianta e
d'accordo con il paziente gli applicai la foglia spellata sulla ferita.
Lo feci tornare il giorno dopo per cambiare la medicazione, quindi gli consegnai il vasetto con la pianta e gli raccomandai di cambiare ogni giorno la foglia.
Dopo quindici giorni la ferita guarì e il calzolaio non perse il suo dito.
Da li ho iniziato a studiare le piante”
Sergio Balatri
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Un po' di storia...
Interessante può risultare seguire il percorso del Sedum telephium nella storia della medicina. Fu il grande botanico e classificatore Linneo [XVIII sec.) ad attribuire il nome Sedum telephium alla pianta. Il vocabolo Sedum deriva dal latino sedeo = mi siedo, in allusione al portamento della pianta che si adagia al suolo, mentre telephium fa riferimento alle proprietà vulnerarie che la tradizione, soprattutto empirica, da sempre le attribuisce. Secondo Plinio (I sec. d.C.) Telefo, re di Misia, riuscì a guarire dalla ferita alla coscia che gli aveva inferto Achille con la sua lancia, grazie a una pianta che Linneo identificò appunto con il Sedum. Furono così chiamate “telefie” le ferite che stentavano a guarire, ferite per le quali la medicina del passato impiegava, a volte, le foglie fresche di questa pianta a cui riconosceva proprietà vulnerarie.
Oribasio di Pergamo, medico e compila. tore bizantino (I-II sec, d.C] nelle sue Collectiones medicae composte di 70 libri, ove raccolse quanto era noto di medicina fino al suo tempo, cita il Sedum utilizzato per curare una lesione di un polpastrello con interessamento dell'osso della falange distale a cui era seguita un'infezione [Collectiomes medicae, 13.2). Anche Galeno (Il sec. d.C.), come riportava il grande medico senese Mattioli nel suo trattato (1557), citava la pianta, preparata in aceto, affermandone l'utilità nel trattamento delle ulcere putride, della vitiligine e delle “bianche macole del corpo”, Il medico senese, però, non condivideva pienamente le indicazioni di Galeno che ritiene abbia confuso la pianta con la chelidonia minore. Segnala, tuttavia, per il Sedum che “le frondi empiastrate per ispatio di sei hore sanano le vitiligini: ma bisogna poscia fargli sopra un linimento di farina d'orzo. Il che fa anchora ungendosene insieme con aceto al sole, lavando però il luogo, come è secco il linimento."
Hieronymus Bock, detto Tragus (1498- 1554], medico e botanico tedesco, nel suo libro Krauterbuch così si esprimeva a proposito della pianta: “Viene usato esternamente per raffreddare le infiammazioni sopra qualsiasi lesione o ferita, ne allevia il dolore. Guarisce ustioni e scottature: il succo viene sbattuto con olio da insalata e usato come unguento, La foglia contusa e applicata su qualsiasi ferita fresca nella testa o nelle gambe le guarisce rapidamente, e se è legata alla gola ne guarisce l'angina; inoltre, ricompone le lacerazioni, Se si mette il succo in uno sciroppo con miele o zucchero, se ne può prendere un paio di cucchiaiate per volta per la gola dolente e l'angina".
Sarà, tuttavia, il monaco medico Vallombrosano Fulgenzio Vitman nel De medicatis herbarum facultatibus (1770) a precisare con accuratezza le proprietà terapeutiche del Sedum: "Ulcera detergit et ad cicatricem perducit, tumorum suppurationem promovet, et dolores mitigat" (deterge le ulcere e le porta a cicatrizzazione, favorisce la suppurazione e calma il dolore). Scarse sono comunque le segnalazioni relative all'impiego terapeutico della pianta e Targioni Tozzetti A, (1847) nella Materia Medica le dedica poche righe: “Le foglie mucillaginose e sugose, spogliate dell'epidermide sono emollienti, refrigeranti, e credute antiscorbutiche. Sono adoprate, per le ernie, per le bruciature e per ammorbidire i calli presso il volgo."
A parte queste sporadiche segnalazioni il Sedum cadde nell'oblio e si deve al medico fiorentino Sergio Balatri (1973) l'aver riportato alla luce, più di un secolo dopo, le qualità terapeutiche di questa piccola ma preziosa pianta. Il dottor Balatri ha utilizzato, infatti, il Sedum telephiurm nella sua attività di aiuto chirurgo presso l'Ospedale San Giovanni di Dio a Firenze e ha trasmesso i risultati della sua esperienza clinica pubblicando alcuni lavori scientifici sull'argomento dai quali è emerso come le foglie fresche presentino interessanti proprietà detergenti, disinfiammanti, cic trizzanti e analgesiche.
Le virtù terapeutiche
La prima conferma clinica delle virtù terapeutiche di Sedum telephium risale all'ottobre del 1973 quando “il dottor Balatri impiegò le foglie della pianta pet trattare un paziente con una ferita a un dito, evolutasi in osteite cronica a rischio di amputazione, resistente a ogni altro trattamento. La ferita guarì in breve tempo. Da allora il dott. Balatri ha continuato a utilizzare, con il consenso dei pazienti, le foglie di S. telephium subsp. maximum nella sua pratica medica ospedaliera per il trattamento di varie patologie cutanee, spesso di notevole entità, sfruttando la proprietà analgesica, cicatrizzante, antinfiammatoria, antibatterica e cheratolitica della pianta" (lanello G., Tesi di laurea, 2004- 2005, p. 11].
Scrive il dottor Balatri (Natom, 48, 62, 1988): “La foglia privata della cuticola della faccia inferiore, posta sopra piaghe, ulcere, necrosi cutanee, ne dissolve le parti superficiali portando in su perficie e favorendone il trofismo, il tessuto di granulazione sottostante di modo che l'epitelio proveniente dai margini dell'ulcera si può finalmente distendere sul tessuto di granulazione”,
La foglia sembra inoltre favorire la maturazione degli ascessi: “È infatti questa una notevole proprietà, interessante sia sul piano terapeutico che su quello speculativo; le foglie scongelate, oppure finemente suddivise della pianta fresca, Messe sopra un zona dove il processo infiammatorio sia appena abbozzato possono farlo regredire, se la sequenza degli eventi non ha ancora portato alla formazione del pus oppure possono indurre un enorme richiamo di leucociti provocando la raccolta del pus in un tempo molto rapido"
(Sergio Balatri, Associazione San Giovanni di Dio, Firenze, www.asgdd.it).
Gli studi del dottor Balatri hanno evidenziato che sono da utilizzare le foglie raccolte tra luglio e agosto, quando la pianta inizia a fiorire; vanno, quindi, lavate e fatte asciugare in un giorno solo; asciutte, si mettono in scatola a chiusura ermetica, nel congelatore. La tecnica del congelamento è risultata utile sia per poter disporre per tutto l'anno delle foglie fresche sia perché, dopo lo scongelamento, si riesce a togliere con facilità la pellicola della pagina inferiore e le grosse cellule del parenchima si rompono lasciando fuoriuscire il contenuto citoplasmatico; i principi attivi delle foglie sono così immediatamente a contatto con la superficie da trattare, mentre se si usa la foglia fresca, tutto avviene ugualmente, ma con più lentezza |...]
Quando è stata congelata la foglia aderisce bene e si modella su qualsiasi superficie” (Balatri S., Natom, 48, 62,




Le foglie vengono quindi applicate direttamente sulla cute lesa, fissate con un cerotto, poi rimosse e sostituite dopo 12-24 ore. È bene segnalare che dopo 4-5 giorni di trattamento si possono verificare, a volte, casi particolari di allergia, con dermatite, In questo caso si deve interrompere l'applicazione e medicare con una pomata all'ossido di zinco. Una volta controllata la reazione dermitica, il trattamento può essere ripreso.
Altre indicazioni terapeutiche segnalate dal dottor Balatri sono: idroadenite (ascellare), cisti sebacee suppuranti, complicazioni di ferite, difetti di cicatrizzazione, corpi estranei sottocu tanei, radiodermiti, tendiniti, ulcere trofiche flebostatiche delle gambe, ustioni Il grado profondo e III grado, ecc. (vedi tabella}


Difetti di cicatrizzazione
Fistole sottocutanee
Foruncoli
lidroadenite (ascellare)
Ipercheratosi (ipercheratosi plantare psoriasica)
Mastiti
Osteiti piccole ossa
Seno pilonidale
Radiodermiti
Tendiniti
Ulcere trofiche flebostatiche delle gambe
Ustioni II grado profondo e II grado
. Le proprietà terapeutiche della pianta sono indubbiamente legate alla ricchezza del suo fitocomplesso. In particolare alla presenza di glicosidi flavonolici (kampferolo, quercetina, ecc.) si devono le proprietà antiossidanti e vasculoprotettive, mentre alla presenza dei polisaccaridi si devono quelle antinfiammatorie e immunostimolanti. Sembra inoltre che l'attività immunostimolante manifestata dai polisaccaridi presenti nel S. telephium svolga un ruolo importante nel processo di cicatrizzazione: “secondo vari studi, infatti, nu merose molecole capaci di modulare il sistema immunitario prendono parte anche alla riparazione delle ferite (...)
Numerosi polisaccaridi naturali (...) sono in grado di aumentare l'infiltrazione dei macrofagi nei pressi della ferita, di stimolare la formazione del tessuto di granulazione e la riepitelizzazione" (lanello G., Tesi di laurea, 2004-2005, p.51). Prove sperimentali effettuate con polisaccaridi puri hanno tuttavia evidenziato la superiorità di efficacia del succo totale rispetto alla sola frazione polisaccaridica per quanto riguarda la formazione di collagene: “La frazione polisaccaridica ha mostrato una diminuzione del collagene neosintetizzato, mentre il succo totale ha determinato un notevole aumento della sintesi del collagene a partire dalla minima dose testata,


Quest'apparente discrepanza indica che l'effetto stimolatorio sullasintesi del collagene dipende dai composti presenti nel succo, diversi dai polisaccaridi" (Iannello G., Tesi di laurea, 2004-2005, p.52).
Importante, ad esempio, nel processo riparativo dei tessuti è la presenza di agenti antiossidanti o scavengers di radicali liberi in grado di limitare i danni tissutali dovuti al processo infiammato rio: molti componenti del fitocomplesso presentano tale attività (flavonoidi, cumarine, acidi organici, tannini, ecc.) contribuiscono, pertanto, all'azione vulneraria della pianta. Analoghe considerazioni sono state fatte per quanto riguarda l'attività antibatterica: non è sufficiente la presenza di concentrazioni, anche notevoli, di flavonoidi quali kampferolo e quercetina, ritenuti efficaci nei confronti dello Staphilococcus aureus, ma occorre anche la presenza dei tannini (e molto probabilmente anche di altri fattori) per poter ottenere un'azione antibatterica.
Per poter conseguire, quindi, buoni risultati terapeutici risulta indispensabile utilizzare preparati della pianta che siano quanto più simili al succo fresco della foglia. In questi ultimi anni la ricerca è stata incentrata, pertanto, a individuare l'ottenimento di preparati della pianta che presentassero analoga efficacia rispetto all'impiego estemporaneo della foglia fresca. Da indagini fitochimiche e farmacologiche effettuate su alcuni preparati a base di Sedum telephium è emerso che l'estratto metanolico ottenuto dalle foglie fresche presenta una composizione chimica pressoché uguale al succo totale e un'analoga attività antiossidante e favorente i processi di cicatrizzazione.
“È quindi auspicabile, visti i risultati ottenuti, che la ricerca su Sedum telephium continui, sia con l'identificazione accurata di tutti i componenti del fitocomplesso, sia con l'analisi farmacologica in vivo, al fine di una possibile utilizzazione di preparati a base di questa entità in condizioni fisiopatologiche, quali la cicatrizzazione e l'invecchiamento" (lannello G., Tesi di laurea, Siena, 2004 -2005, p. 110).
Per concludere, una piccola digressionegastronomica:"Le preparazioni erboristiche del Sedum sembrano spesso ricette gastronomiche: infatti, le foglie possono essere pestate con sale e aceto o cuocere nel latte o farle macerare con l'olio. La radice cotta con lo strutto si può mangiare in purea “(Luzzi,1992). essenziale
© ‘Associùzione San Giovanni di Dio, Firenze, www.asgdd.it. © Balatri S, Natom, 48, 62 ,1988. © Bruneton J, Pharmacognosie, Technique et DocumentationLavoisier, Paris 1993.;3° ed., 1999, © Campanini E, Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Tecniche Nuove, Milano 1998; 2° ed. 2004. © lannello G, Indagini fitochimiche e farmacologiche su preparati a base di Sedum telephitim ssp.maximun L., Tesi di laurea, Università degli Studi di Siena, Facoltà di Farmacia, Corso di laurea in Chimica è Tecnologie Farmaceutiche, Anno Accade © Luzzi P, Guida alle piante medicinali del Giardino dei Semplici di Firenze, Pubblicazioni dell'Orto Botanico di Firenze, Firenze, 1992.
da: 

Associazione San Giovanni di Dio

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