Erba della Madonna, una pianta per la chirurgia
In fitoterapia è possibile utilizzare la pianta medicinale secondo varie modalità estrattive, e questo in relazione al tipo di sostanze che vogliamo estrarre ed utilizzare ai fini curativi. Esistono tuttavia dei limiti oggettivi della tecnologia farmaceutica. Talvolta infatti non è possibile estrarre i principi attivi più utili oppure non è possibile mantenerli attivi nel tempo, ad esempio dentro ad una capsula per uso orale o in un gel per uso esterno.
di Fabio Firenzuoli
Un esempio molto concreto ci è offerto dal Sedum. Chiamata anche Erba della Madonna, il Sedum è una pianta grassa alla quale la medicina popolare riconosce virtù emollienti, antiinfiammatorie, antidolorifiche e cicatrizzanti. Il suo nome botanico è Sedum telephium, ed appartiene alla famiglia delle Crassulaceae, e la pianta viene anche coltivata a scopo ornamentale.
Fu un monaco di Vallombrosa, Fulgenzo Vitman, docente anche di botanica farmaceutica, a descrivere per primo le proprietà curative della pianta. E nel 1770 infatti scriveva:
“ulcera detergit, ad cicatricem perducit, tumorem suppurationem promovet et dolores mitigat”
Quindi “deterge, favorisce la cicatrizzazione, rimuove la suppurazione e riduce il dolore”, ma ancora oggi, dopo oltre 300 anni, non è stata trovata
una preparazione farmaceutica migliore della stessa foglia fresca applicata direttamente sulla lesione!
una preparazione farmaceutica migliore della stessa foglia fresca applicata direttamente sulla lesione!
Meccanismo d'azione
Le foglie della pianta fresca, private della cuticola della faccia inferiore, vengono poste sopra le piaghe o ulcere o comunque la sede dell'infiammazione, e questa ne favorisce la detersione, favorendone la cicatrizzazione in quanto stimola il processo di granulazione a partire dai bordi. Nei processi infettivi favorisce la flogosi suppurativa, richiamando tutti gli elementi della serie bianca, responsabili dei processi di difesa. Il ultimo, ma è certamente l'aspetto più importante per il paziente, calma il dolore. Responsabili di queste attività sono i polisaccaridi ed i polifenoli presenti nelle foglie.
Indicazioni
Le attuali indicazioni sono state definite in particolare dal dottor Sergio Balatri, l'Autore moderno che ha riscoperto le virtù terapeutiche dell'Erba della Madonna, e che ha in assoluto la maggiore
esperienza nel suo impiego nella pratica clinica ospedaliera. E sono rappresentate in particolare dalla piccola patologia chirurgica ambulatoriale:
esperienza nel suo impiego nella pratica clinica ospedaliera. E sono rappresentate in particolare dalla piccola patologia chirurgica ambulatoriale:
· patereccio periungueale, foruncoli, idroadenite ascellare, ascessi, mastiti
· complicazioni di ferite, ustioni, difetti di cicatrizzazione
· cisti pilonidale, cisti sebacee suppurate, fistole sottocutanee
· osteiti di piccole ossa
· ulcere flebostatiche
· ipercheratosi plantare, calli
Applicazione
La pianta viene utilizzata soltanto fresca oppure congelata: tutte le altre preparazioni, dalle tinture agli estratti di vario tipo, usati in creme, unguenti o lozioni, sono risultati totalmente inutili! E' pertanto una pianta da tenere in giardino, anche a scopo ornamentale, da usare al bisogno per la piccola patologia chirurgica accidentale domestica. La piantina può esser messa a dimora, anche esposta al sole, e le foglie devono essere raccolte nel periodo di giugno-luglio, staccate una a d una,
lavate, asciugate e messe nel congelatore. Quando servono, dopo 5 minuti di esposizione a temperatura ambiente si asporta la pellicola della pagina inferiore e si applicano sulla zona interessata, ricoprendole con un cerotto adesivo. Le foglie devono essere rimosse e sostituite dopo un periodo di 12-24 ore.
lavate, asciugate e messe nel congelatore. Quando servono, dopo 5 minuti di esposizione a temperatura ambiente si asporta la pellicola della pagina inferiore e si applicano sulla zona interessata, ricoprendole con un cerotto adesivo. Le foglie devono essere rimosse e sostituite dopo un periodo di 12-24 ore.
di Fabio Firenzuoli
Cautele
Talvolta si verificano reazioni dermatitiche, nel qualcaso la pelle deve essere medicata con pomata all'ossido di zinco.
Nota
Il Dottor Sergio Balatri ha utilizzato l'Erba della Madonna nella sua attività di aiuto chirurgo presso l'Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze, ha pubblicato alcuni lavori scientifici sull'argomento, ed è attualmente segretario dell'Associazione San Giovanni di Dio http://www.dada.it/
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(l'autore è Direttore del Centro di Medicina Naturale, Scuola di
Fitoterapia clinica, Ospedale S. Giuseppe, Empoli
Fitoterapia clinica, Ospedale S. Giuseppe, Empoli
Il Telefio o "Erba della Madonna" o "Erba di San Giovanni"
Il grande medico naturalista Linneo la chiamò Sedum telephium, riassumendo con geniale sintesi due delle sue caratteristiche : nel genere (Sedum) il portamento "stare seduta", nella specie la sua virtù vulneraria.
Il re Telefo infatti fu curato, secondo la leggenda riferita da Plinio, di una ferita che non guariva mai alla gamba con una pianta le cui caratteristiche furono da Linneo ravvisate nella Nostra.
Fino a non molto tempo fa, mi riferisco alla mia infanzia, ricorrere a questa pianta per curare processi infiammatori superficiali era cosa naturale: mi ricordo di essere stato curato da mia madre di un "giradito" all'età di sette anni e di aver conosciuto allora la caratteristica più apprisciente dell'azione della foglia, la macerazione, o come dicevo io la "lessatura" del dito rimasto a contatto per tutta la notte con il succo della pianta.
Il patereccio periungueale (giradito) è cosa assai banale e di comune osservazione; normalmente il medico e soprattutto il chirurgo lo degnano di poca attenzione nella sua fase iniziale suggerendo al paziente, peraltro molto preoccupato per il grande dolore, di fare tutt'al più bagni di acqua salata.
Il paziente allora ricorre al farmacista che cercando nel suo armamentario lo consiglierà di usare lo steridrolo, l'ittiolo, o il cerotto dei frati ( una specialità dei monaci Vallombrosani detto cerotto di Padre Rimbotti). Può darsi che il processo infiammatorio, sotto l'azione di questi rimedi revulsivi si estingua ma può anche darsi che invece stenti oppure peggiori, costringendo il, povero paziente, che ha già passato alcune notti insonni per il dolore, a tornare dal suo medico che lo spedirà con richiesta di intervento dal collega chirurgo, oppure, cosa più frequente al più vicino Pronto Soccorso.
Dopo un periodo di attesa dei più variabili, il nostro paziente può essre sottoposto a vari trattamenti, secondo l'entità e la sede del processo che questa volta può essre francamente suppurativo. Tutti i procedimenti chirurgici prevedono interventi cruenti sulla falange che in seguito fanno ricordare questa affezione soprattutto per le atroci soffrenze.
Purtroppo, non sempre, nonostante le soffrenze la guarigione è assicurata: alcune volte il processo infiammatorio suppurativo raggiunge l'osso della falange per cui si può anche porre l'indicazione all'amputazione della medesima.
Chi scrive ha conosciuto di persona tutti questi casi e sapendo che poche applicazioni delle foglie dell'"Erba della Madonna" guariscono senza "spargimento di sangue", senza dolore e senza complicazioni questa banale affezione, non può fare a meno di raccomandarne l'uso, direi fino all'abuso, dato che non esistono controindicazioni, tranne l'allergia che peraltro si manifesta dopo alcuni giorni di applicazioni.
Il Telefio è stato usato e studiato da molti autori nel corso dei secoli, l'unico però che ne ha riassunto e sintetizzato in maniera perfetta e tutt'ora valida le sue caratteristiche è stato il medico monaco Vallombrosano Fulgenzo Vitman che nel suo "DE MEDICATIS HERBARUM FACULTATIBUS" del 1770 così ne descrisse le virtù:
"Ulcera detergit..." (deterge le ulcere): la foglia privata della cuticola della faccia inferiore, posta sopra piaghe, ulcere, necrosi cutanee, ne dissolve le parti superficiali portando in superficie il tessuto di granulazione sottostante.
"... et ad cicatricem perducit ..." ( e le porta a cicatrizzazione): di modo che l'epitelio proveniente dai margini dell'ulcera, si può finalmente distendere sul tessuto di granulazione.
"... tumorum suppurazionem promovet ..." (favorisce la flogosi suppurativa): favorisce cioè la formazione degli ascessi. E' infatti questa una notevole proprietà interessante sia sul piano terapeutico che su quello speculativo; le foglie scogelate, oppure finemente suddivise della pianta fresca, messe sopra una zona dove il processo infiammatorio sia appena abbozzato possono farlo regredire, se la sequenza degli eventi non ha ancora portato alla formazione del pus oppure possono indurre un enorme richiamo di leucociti provocando la raccolta di pus in un tempo sinceramente fuori del normale.
"... et dolores mitigat." (e calma il dolore): quarta ed ultima virtù che messa insieme alle altre, per esempio durante il processo infiammatorio, che è sempre accompagnato da più o meno intenso dolore (ascesso dentario per esempio), fa capire la ragione della sua coltivazione pressochè generalizzata in tutte le parti del mondo.
Ho riassunto tutta la storia in questolibretto , che potete liberamente scaricare.
Il 16 ottobre 2015 ho tenuto una presentazione sull'Erba della Madonna alla libreria "Todo Modo", di cui potetere guardare il video.
Dott. Sergio Balatri
Sedum
telephium o Erba
della Madonna
Enrica Campanini
Piccola pianta grassa con proprietà vulnerarie.
Dalla tradizione popolare una pianta con interessanti proprietà
detergenti, disinfiammanti, cicatrizzanti e analeesiche
“Fino a non molto tempo fa, mi riferisco alla
mia infanzia all'Impruneta, ricorre re a questa pianta per curare
processi infiammatori superficiali era cosa naturale: mi ricordo di
essere. stato curato da mia madre di un giradito all'età di sette
anni e di aver conosciuto allora la caratteristica più appariscente
dell'azione della foglia, la macerazione cutanea,o come dicevo io la
‘lessatura del dito' rimasto a contatto per tutta la notte con il
succo della pianta." Queste parole scritte dal dottor Sergio
Balatri (1988) fanno riferimento a una pianta molto comune in
Toscana, il Sedum telephium L., conosciuta con i nomi popolari di
Erba della Madonna o erba da calli. La tradizione popolare, infatti
attribuisce a questa piccola pianta grassa, appartenente alla
famiglia delle Crassulaceae, interessanti proprietà vulmerarie.
Le foglie fresche e spellate erano considerate
detergenti, disinfiammanti, cicatrizzanti e analgesiche ed erano
impiegate topicamente per trattare ulcere, ascessi, paterecci, ecc.
Alle foglie erano attribuite anche proprietà emollienti e
cheratolitiche in virtù delle quali venivano impiegate, sempre per
uso topico, nel trattamento delle zone ipercheratosiche plantari e
dei calli. Non è un caso, quindi, che la pianta fosse conosciuta
anche come erba deî calli o erba callista.ù
Il dito del calzolaio
“Nell'ottobre del 1973 si presentò al pronto
soccorso dell'Ospedale S.Giovanni di Dio un calzolaio di 35 anni che
presentava una ferita a un dito, evoluta in osteite, e al
quale era stata prospetta l'amputazione.
A quel punto ho avuto come una folgorazione e mi è
venuto in mente il Sedum,
la pianta che la tradizione popolare usava nei
paterecci. lo che non mi interessavo di piante, o cose simili, di
fronte a una possibile amputazione ho voluto provare il tutto per
tutto. Telefonai a un vivaista che mi procurò un vasetto con la
pianta e
d'accordo con il paziente gli applicai la foglia
spellata sulla ferita.
Lo feci tornare il giorno dopo per cambiare
la medicazione, quindi gli consegnai il vasetto con la pianta e gli
raccomandai di cambiare ogni giorno la foglia.
Dopo quindici giorni la ferita guarì e il
calzolaio non perse il suo dito.
Da li ho iniziato a studiare le piante”
Sergio Balatri
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Un po' di storia...
Interessante può risultare seguire il percorso
del Sedum telephium nella storia della medicina. Fu il grande
botanico e classificatore Linneo [XVIII sec.) ad attribuire il nome
Sedum telephium alla pianta. Il vocabolo Sedum deriva dal latino
sedeo = mi siedo, in allusione al portamento della pianta che si
adagia al suolo, mentre telephium fa riferimento alle proprietà
vulnerarie che la tradizione, soprattutto empirica, da sempre le
attribuisce. Secondo Plinio (I sec. d.C.) Telefo, re di Misia, riuscì
a guarire dalla ferita alla coscia che gli aveva inferto Achille con
la sua lancia, grazie a una pianta che Linneo identificò appunto con
il Sedum. Furono così chiamate “telefie”
le ferite che stentavano a guarire, ferite per le quali la
medicina del passato impiegava, a volte, le foglie fresche di questa
pianta a cui riconosceva proprietà vulnerarie.
Oribasio di Pergamo, medico e
compila. tore bizantino (I-II sec, d.C] nelle sue Collectiones
medicae composte di 70 libri, ove raccolse quanto era noto di
medicina fino al suo tempo, cita il Sedum utilizzato per
curare una lesione di un polpastrello con interessamento dell'osso
della falange distale a cui era seguita un'infezione
[Collectiomes medicae, 13.2). Anche Galeno (Il sec. d.C.), come
riportava il grande medico senese Mattioli nel suo trattato
(1557), citava la pianta, preparata in aceto, affermandone
l'utilità nel trattamento delle ulcere putride, della
vitiligine e delle “bianche macole del corpo”, Il medico senese,
però, non condivideva pienamente le indicazioni di Galeno che
ritiene abbia confuso la pianta con la chelidonia minore. Segnala,
tuttavia, per il Sedum che “le frondi
empiastrate per ispatio di sei hore sanano
le vitiligini: ma bisogna poscia fargli
sopra un linimento di farina d'orzo. Il
che fa anchora ungendosene insieme con aceto al sole, lavando però
il luogo, come è secco il linimento."
Hieronymus Bock, detto Tragus
(1498- 1554], medico e botanico tedesco, nel suo libro Krauterbuch
così si esprimeva a proposito della pianta: “Viene usato
esternamente per raffreddare le infiammazioni sopra qualsiasi lesione
o ferita, ne allevia il dolore. Guarisce ustioni e scottature: il
succo viene sbattuto con olio da insalata e usato come unguento, La
foglia contusa e applicata su qualsiasi ferita fresca nella testa o
nelle gambe le guarisce rapidamente, e se è legata
alla gola ne guarisce l'angina; inoltre, ricompone le lacerazioni,
Se si mette il succo in uno sciroppo con miele o zucchero, se ne può
prendere un paio di cucchiaiate per volta per la gola dolente e
l'angina".
Sarà, tuttavia, il monaco medico Vallombrosano
Fulgenzio Vitman nel De medicatis herbarum facultatibus
(1770) a precisare con accuratezza le proprietà terapeutiche del
Sedum: "Ulcera detergit et ad cicatricem perducit, tumorum
suppurationem promovet, et dolores mitigat"
(deterge le ulcere e le porta a cicatrizzazione, favorisce
la suppurazione e calma il dolore). Scarse sono comunque le
segnalazioni relative all'impiego terapeutico della pianta e Targioni
Tozzetti A, (1847) nella Materia Medica le dedica poche righe: “Le
foglie mucillaginose e sugose, spogliate dell'epidermide sono
emollienti, refrigeranti, e credute antiscorbutiche. Sono
adoprate, per le ernie, per le bruciature e per ammorbidire i calli
presso il volgo."
A parte queste sporadiche segnalazioni il Sedum
cadde nell'oblio e si deve al medico fiorentino Sergio Balatri
(1973) l'aver riportato alla luce, più di un secolo dopo, le
qualità terapeutiche di questa piccola ma preziosa pianta. Il dottor
Balatri ha utilizzato, infatti, il Sedum telephiurm nella sua
attività di aiuto chirurgo presso l'Ospedale San Giovanni di Dio a
Firenze e ha trasmesso i risultati della sua esperienza clinica
pubblicando alcuni lavori scientifici sull'argomento dai quali è
emerso come le foglie fresche presentino interessanti proprietà
detergenti, disinfiammanti, cic trizzanti e analgesiche.
Le virtù terapeutiche
La prima conferma clinica delle virtù
terapeutiche di Sedum telephium risale all'ottobre del 1973 quando
“il dottor Balatri impiegò le foglie della pianta pet trattare un
paziente con una ferita a un dito, evolutasi in osteite cronica a
rischio di amputazione, resistente a ogni altro trattamento. La
ferita guarì in breve tempo. Da allora il dott. Balatri ha
continuato a utilizzare, con il consenso dei pazienti, le foglie di
S. telephium subsp. maximum nella sua pratica medica ospedaliera per
il trattamento di varie patologie cutanee, spesso di notevole entità,
sfruttando la proprietà analgesica, cicatrizzante, antinfiammatoria,
antibatterica e cheratolitica della pianta" (lanello G.,
Tesi di laurea, 2004- 2005, p. 11].
Scrive il dottor Balatri (Natom, 48, 62, 1988):
“La
foglia privata della cuticola della faccia inferiore, posta
sopra piaghe, ulcere, necrosi cutanee, ne dissolve le parti
superficiali portando in su perficie e favorendone il trofismo, il
tessuto di granulazione sottostante di modo che l'epitelio
proveniente dai margini dell'ulcera si può finalmente distendere sul
tessuto di granulazione”,
La foglia sembra inoltre favorire la
maturazione degli ascessi: “È infatti questa una
notevole proprietà, interessante sia sul piano terapeutico che su
quello speculativo; le foglie scongelate, oppure finemente suddivise
della pianta fresca, Messe sopra un zona dove il processo
infiammatorio sia appena abbozzato possono farlo regredire,
se la sequenza degli eventi non ha ancora portato alla formazione del
pus oppure possono indurre un enorme richiamo di leucociti provocando
la raccolta del pus in un tempo molto rapido"
(Sergio Balatri, Associazione San Giovanni
di Dio, Firenze, www.asgdd.it).
Gli studi del dottor Balatri hanno evidenziato
che sono da utilizzare le
foglie raccolte
tra luglio e agosto, quando la pianta inizia a fiorire; vanno,
quindi, lavate e fatte asciugare in un giorno solo; asciutte, si
mettono in scatola a chiusura ermetica, nel congelatore.
La tecnica del congelamento è risultata utile sia per poter disporre
per tutto l'anno delle foglie fresche sia perché, dopo lo
scongelamento, si riesce a togliere con facilità la pellicola della
pagina inferiore “e le grosse cellule del parenchima
si rompono lasciando fuoriuscire il contenuto citoplasmatico; i
principi attivi delle foglie sono così immediatamente a contatto con
la superficie da trattare, mentre se si usa la foglia fresca, tutto
avviene ugualmente, ma con più lentezza |...]
Quando è stata congelata la foglia aderisce bene
e si modella su qualsiasi superficie” (Balatri S., Natom, 48, 62,
Le foglie vengono quindi applicate direttamente
sulla cute lesa, fissate con un cerotto, poi rimosse e sostituite
dopo 12-24 ore. È bene segnalare che dopo 4-5 giorni di
trattamento si
possono verificare, a volte, casi particolari di allergia, con
dermatite, In questo caso si deve interrompere l'applicazione e
medicare con una pomata all'ossido di zinco. Una
volta controllata la reazione dermitica, il
trattamento può essere ripreso.
Altre indicazioni terapeutiche segnalate dal
dottor Balatri sono: idroadenite (ascellare), cisti sebacee
suppuranti, complicazioni di ferite, difetti di cicatrizzazione,
corpi estranei sottocu tanei,
radiodermiti, tendiniti, ulcere trofiche flebostatiche delle gambe,
ustioni Il grado profondo e III grado, ecc. (vedi
tabella}
Difetti di cicatrizzazione
Fistole sottocutanee
Foruncoli
lidroadenite (ascellare)
Ipercheratosi (ipercheratosi plantare
psoriasica)
Mastiti
Osteiti piccole ossa
Seno pilonidale
Radiodermiti
Tendiniti
Ulcere trofiche flebostatiche delle gambe
Ustioni II grado profondo e II grado
. Le proprietà terapeutiche della pianta sono
indubbiamente legate alla ricchezza del suo fitocomplesso. In
particolare alla presenza di glicosidi flavonolici (kampferolo,
quercetina, ecc.) si devono le proprietà antiossidanti e
vasculoprotettive, mentre alla presenza dei polisaccaridi si devono
quelle antinfiammatorie e immunostimolanti. Sembra inoltre che
l'attività immunostimolante manifestata dai polisaccaridi presenti
nel S. telephium svolga un ruolo importante nel processo di
cicatrizzazione: “secondo vari studi, infatti, nu merose molecole
capaci di modulare il sistema immunitario prendono parte anche alla
riparazione delle ferite (...)
Numerosi polisaccaridi naturali (...) sono in
grado di aumentare l'infiltrazione dei macrofagi nei pressi della
ferita, di stimolare la formazione del tessuto di granulazione e la
riepitelizzazione" (lanello G., Tesi di laurea, 2004-2005,
p.51). Prove sperimentali effettuate con polisaccaridi puri hanno
tuttavia evidenziato la superiorità di efficacia del succo totale
rispetto alla sola frazione polisaccaridica per quanto riguarda la
formazione di collagene: “La frazione polisaccaridica ha mostrato
una diminuzione del collagene neosintetizzato, mentre il succo totale
ha determinato un notevole aumento della sintesi del collagene a
partire dalla minima dose testata,
Quest'apparente discrepanza indica che l'effetto
stimolatorio sullasintesi del collagene dipende dai composti presenti
nel succo, diversi dai polisaccaridi" (Iannello G., Tesi di
laurea, 2004-2005, p.52).
Importante, ad esempio, nel processo riparativo
dei tessuti è la presenza di agenti antiossidanti o scavengers di
radicali liberi in grado di limitare i danni tissutali dovuti al
processo infiammato rio: molti componenti del fitocomplesso
presentano tale attività (flavonoidi, cumarine, acidi organici,
tannini, ecc.) contribuiscono, pertanto, all'azione vulneraria della
pianta. Analoghe considerazioni sono state fatte per quanto riguarda
l'attività antibatterica: non è sufficiente la presenza di
concentrazioni, anche notevoli, di flavonoidi quali kampferolo e
quercetina, ritenuti efficaci nei confronti dello Staphilococcus
aureus, ma occorre anche la presenza dei tannini (e molto
probabilmente anche di altri fattori) per poter ottenere un'azione
antibatterica.
Per poter conseguire, quindi, buoni risultati
terapeutici risulta indispensabile utilizzare preparati della pianta
che siano quanto più simili al succo fresco della foglia. In questi
ultimi anni la ricerca è stata incentrata, pertanto, a individuare
l'ottenimento di preparati della pianta che presentassero analoga
efficacia rispetto all'impiego estemporaneo della foglia fresca. Da
indagini fitochimiche e farmacologiche effettuate su alcuni preparati
a base di Sedum telephium è emerso che l'estratto metanolico
ottenuto dalle foglie fresche presenta una composizione chimica
pressoché uguale al succo totale e un'analoga attività
antiossidante e favorente i processi di cicatrizzazione.
“È quindi auspicabile, visti i risultati
ottenuti, che la ricerca su Sedum telephium continui, sia con
l'identificazione accurata di tutti i componenti del fitocomplesso,
sia con l'analisi farmacologica in vivo, al fine di una possibile
utilizzazione di preparati a base di questa entità in condizioni
fisiopatologiche, quali la cicatrizzazione e l'invecchiamento"
(lannello G., Tesi di laurea, Siena, 2004 -2005, p. 110).
Per concludere, una piccola
digressionegastronomica:"Le preparazioni erboristiche del Sedum
sembrano spesso ricette gastronomiche: infatti, le foglie possono
essere pestate con sale e aceto o cuocere nel latte o farle macerare
con l'olio. La radice cotta con lo strutto si può mangiare in purea
“(Luzzi,1992). essenziale
© ‘Associùzione San
Giovanni di Dio, Firenze, www.asgdd.it. © Balatri S, Natom, 48, 62
,1988. © Bruneton J, Pharmacognosie, Technique et
DocumentationLavoisier, Paris 1993.;3° ed., 1999, © Campanini E,
Dizionario di fitoterapia e piante medicinali, Tecniche Nuove, Milano
1998; 2° ed. 2004. © lannello G, Indagini fitochimiche e
farmacologiche su preparati a base di Sedum telephitim ssp.maximun
L., Tesi di laurea, Università degli Studi di Siena, Facoltà di
Farmacia, Corso di laurea in Chimica è Tecnologie Farmaceutiche,
Anno Accade © Luzzi P, Guida alle piante medicinali del Giardino dei
Semplici di Firenze, Pubblicazioni dell'Orto Botanico di Firenze,
Firenze, 1992.
da:
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