DOSTOEVSKIJ/ Il male, il tormento e quel Nascosto in
noi che vede tutto
Pubblicazione: 16.02.2021 - Vincenzo Rizzo
da :https://www.ilsussidiario.net/
In Dostoevskij (1821-1881) solo una presenza diversa da noi può riaprire la
porta della prigione in cui il cuore umano si è cacciato
DOSTOEVSKIJ/ Il male, il tormento e quel Nascosto in
noi che vede tutto
Pubblicazione: 16.02.2021 - Vincenzo Rizzo
da :https://www.ilsussidiario.net/
In Dostoevskij (1821-1881) solo una presenza diversa da noi può riaprire la porta della prigione in cui il cuore umano si è cacciato
Che cos’è il cuore dell’uomo? Che cosa si agita nel suo abisso senza
fondo? L’opera
di Dostoevskij scandaglia il mistero dell’uomo, fino ad
arrivare alle sue fibre più nascoste e ai pensieri invisibili. Nessuno
scrittore, probabilmente, è riuscito a penetrare nelle pieghe dell’animo umano,
toccandone il punto dolorante con così tanta intensità. Ciò accade perché il
genio russo coglie nella sua stessa vita l’importanza del cuore, del proprio
cuore.
Si tratta di un’urgenza che lo fa evadere dalla mentalità vincente, per
affrontare le questioni decisive. Trascuratezza di sé, opinione comune,
conversazioni dotte o futili tendono, normalmente, ma drammaticamente a mettere
da parte ciò che conta, ciò che è questione di vita o di morte. Non avviene
così per lo scrittore, consapevole che la parola serdtse (cuore) è
il diminutivo di serdo, che significa “centro”. Allora, il tentativo dello scrittore è di
richiamare l’uomo, ogni uomo – e innanzitutto se stesso – a non spostarsi nella
grigia zona dell’atrofia del cuore e dell’amorfismo morale.
La battaglia
per il centro interiore, per la vita vera al massimo grado è,
perciò, studiata/sorpresa nella propria esperienza e nella costruzione del
testo narrativo. Dostoevskij vuole mostrare che cosa avviene quando l’uomo,
anziché seguire il proprio cuore nel suo esser fatto come sete di significato,
fa proprio ciò che gli è estraneo: l’ideologia. Raskol’nikov, ad esempio,
in Delitto e castigo antepone una costruzione mentale e ideologica al proprio essere
profondo. Il pensiero dell’uccisione di una vecchia usuraia entra nel suo cuore
e lo corrode. Tale buia intenzione segue un cammino ben illustrato dai santi
orientali e descritto da Tomas Špidlík (1919-2010) ne La Spiritualità
dell’Oriente cristiano: suggestione, attenzione, diletto, desiderio, risoluzione, opera. Ma nel
percorso del negativo accadono fatti inaspettati ben descritti da
Dostoevskij. In primis nel suo monologo interiore, Raskol’nikov dice: “Come ho potuto mettermi
in testa un’idea così orrenda? Di che infamie è capace il mio cuore, però! È
lurido, schifoso, abietto, abietto!”. E tuttavia continua a oltrepassare il
limite, a forzare il suo essere, seguendo il falso. Mentre prepara, poi, la
scure per uccidere l’usuraia le sue mani tremano e inoltre tutte le decisioni
prese per commettere il delitto gli sembrano subito mostruose e assurde. E
quando si trova in presenza dell’usuraia il suo cuore riprende a martellare.
Anche la vecchia vede il suo tremore. Nelle sequenze sempre più drammatiche, il
giovane, prima di brandire l’arma, sente le sue mani deboli irrigidirsi. E dopo
l’omicidio le sue mani continuano a tremare.
Nella sua minuziosa descrizione, lo scrittore fa emergere tutta la violenza
del giovane contro la realtà e la verità del proprio cuore. Il cuore reagisce,
infatti, con autorità nonostante la scelta fatta: sente l’innaturalità
dell’atto. Si presenta perciò con un’obiezione involontaria ma forte
all’ideologia. Il tremore ripetuto, il sommovimento interiore sono davanti a un
Nascosto a cui non si può occultare nessun moto segreto e nessun atto cattivo.
Le scosse interiori e il franare della propria sicurezza indicano, inoltre, la
necessità e l’urgenza di un riposizionamento rispetto alla scelta fatta. E l’uccisione
dell’altro rivela, ultimamente, la precedente uccisione di sé.
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