Un Chesterton attualissimo in tempi di sinodi creativi...
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Chesterton
non potrà mai essere portato dalla parte dei novatori creativi in tema
di famiglia, dottrina e altro... Leggere per credere (ancora grazie ad
Angelo Bottone che sei anni fa riscoprì per noi questo bellissimo
articolo edito poi ne Il soprannaturale è naturale).
Capelli spaccati in quattro
Le
discussioni teologiche sono sottili ma non magre. In tutta la
confusione della spensieratezza moderna, che vuol chiamarsi pensiero
moderno, non c'è nulla forse di così stupendamente stupido quanto il
detto comune: "La religione non può mai dipendere da minuziose dispute
di dottrina". Sarebbe lo stesso affermare che la vita umana non può mai
dipendere da minuziose dispute di medicina.
L'uomo
che si compiace dicendo: "Non vogliamo teologi che spacchino capelli in
quattro", sarebbe forse d'avviso di aggiungere: "e non vogliamo dei
chirurghi che dividano filamenti ancora più sottili".
È
un fatto che molti individui oggi sarebbero morti se i loro medici non
si fossero soffermati sulle minime sfumature della propria scienza: ed è
altrettanto un fatto che la civiltà europea oggi sarebbe morta se i
suoi dottori di teologia non avessero argomentato sulle più sottili
distinzioni di dottrina. Nessuno scriverà mai una Storia d'Europa un po'
logica finché non riconoscerà il valore dei Concili, della Chiesa,
quelle collaborazioni vaste e competenti che ebbero per scopo di
investigare mille e mille pensieri diversi per trovare quello unico
della Chiesa.
I
grandi Concili religiosi sono di un'importanza pratica di gran lunga
superiore a quella dei Trattati internazionali, perni sui quali si ha
l'abitudine di far girare gli avvenimenti e le tendenze dei popoli. I
nostri affari di oggi stesso, infatti, sono ben più influenzati da Picea
ed Efeso, da Trento e Basilea, che da Utrecht o Amiens o, Versailles.
In quasi tutti i casi vediamo che la pace politica ebbe per base un
compromesso: la pace religiosa invece si fondava su di una distinzione.
Non fu affatto un compromesso dire che Gesù Cristo era vero Dio e vero
Uomo, come fu invece un compromesso la decisione che Danzica sarebbe
stata in parte polacca ed in parte tedesca: era bensì la dichiarazione
di un principio la cui perfetta pienezza lo distingueva sia dalla teoria
ariana, sia da quella monofisita. E questo principio ha influito e
influisce tuttora sulla mentalità di Europei, da ammiragli a
fruttivendole, che pensano (sia pure vagamente) a Cristo come a qualcosa
di Umano e Divino nello stesso tempo. Mentre il domandare alla
fruttivendola quali siano per lei le conseguenze pratiche del Trattato
di Utrecht, sarebbe meno che fruttuoso.
Tutta
la nostra civiltà risulta di queste vecchie decisioni morali, che molti
credono insignificanti. Il giorno in cui furono portate a termine certe
note contese di metafisica sul Destino e sulla Libertà, fu deciso anche
se l'Austria dovesse o no somigliare all'Arabia, o se viaggiare in
Ispagna dovesse essere lo stesso che viaggiare nel Marocco. Quando i
dogmatici fecero una sottile distinzione fra la sorta di onore dovuto al
matrimonio e quello dovuto alla verginità, stamparono la civiltà di un
intero continente con un marchio di rosso e di bianco, marchio che non
tutti rispettano, ma che tutti riconoscono, anche mentre l'oltraggiano.
Nello
stesso modo, allorché si stabilì la differenza tra il prestito legale e
l'usura, nacque una vera e propria coscienza umana storica, che anche
nello spettacoloso trionfo dell'usura, nell'età materialistica, non si è
potuto distruggere. Quando San Tommaso D'Aquino definì il diritto di
proprietà e nello stesso tempo gli abusi della falsa proprietà, fondò la
tradizione di una schiatta di uomini, riconoscibili allora e ora, nella
politica collettiva di Melbourne e di Chicago: e ciò staccandosi dal
comunismo coll'ammettere i diritti della proprietà, ma anche
protestando, in pratica, contro la plutocrazia.
Le
distinzioni più sottili hanno prodotto i cristiani comuni: coloro che
credono giusto il bere e biasimevole l'ubriachezza; coloro che credono
normale il matrimonio e anormale la poligamia; coloro che condannano chi
colpisce per primo ma assolvono chi ferisce in propria difesa; coloro
che credono ben fatto scolpire le statue e iniquo adorarle: tutte queste
sono, quando ci si pensa, molto fini distinzioni teologiche.
Il
caso delle statue è particolarmente importante in questo argomento. Il
turista che visita Roma è colpito dalla ricchezza, quasi sovrabbondanza,
di statue che vi si trovano, or bene, il fatto dell'importanza dei
Concili diviene ancora più impressionante quando tutto l'avvenire
artistico di una terra dipende da una sola distinzione, e la distinzione
stessa da un solo Uomo. Fu il Papa, solo, che rilevò la differenza tra
venerazione delle immagini e idolatria. Fu lui solo a salvare tutta la
superficie artistica dell'Europa e di conseguenza l'intera carta
geografica del mondo moderno, dall'essere nuda e priva dei rilievi
dell'Arte. Nel difendere quest'idea, il Pontefice difendeva il San
Giorgio di Donatello e il Mosè di Michelangiolo, e com'egli fu forte e
deciso in Roma così il David sta gigantesco su Firenze, ed i graziosi
putti dei Della Robbia sono apparsi come squarci di azzurro e nubi nel
Palazzo di Perugia, e nelle celle di Assisi. Se dunque una tale
distinzione teologica è un filo sottile, tutta la Storia dell'Occidente è
sospesa a quel filo; se non è che un punto di affermazione, tutto il
nostro passato è in equilibrio su di esso.
G. K. Chesterton
(Trad. dall'inglese di G. Sodi-Cosgrave)
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