Ruffini: "La grande economicità del trattamento può liberare enormi risorse per la ricerca"
Curare oltre 100 malattie della pelle con meno di un euro
Intervista al padre del Metodo Ruffini
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di valerio droga | 20 dicembre 2013 | pubblicato in Cure e terapie
Ci sono ciarlatani e finti
guaritori, venditori di illusioni e presunti taumaturghi che si
approfittano di patologie incurabili diffondendo false speranze a chi la
speranza ormai l’ha già persa. E poi ci sono medici e ricercatori che
fanno del giuramento di Ippocrate la strada maestra, il cui unico obiettivo è prendersi cura dell’umanità,
che mettono a punto trattamenti e cure efficaci lasciandoli a
disposizione della gente, senza porle sotto chiave per specularci su. A
volte si può trattare di metodi semplici, privi di effetti collaterali e a basso costo, al punto da suscitare legittimi dubbi, ma non per questo meno efficaci o meno scientifici.
Oggi parliamo di (e con) Gilberto Ruffini, medico chirurgo ematologo, padre del Metodo Ruffini. La sua storia profuma di un’Italia che non c’è più, in cui la forte motivazione personale e il merito poteva far dimenticare e superare le difficoltà incontrate. Così un giovane di origini contadine umbro-toscane, cresciuto prima con la madre e poi in orfanotrofio e collegio, comincia a lavorare da garzone in uno studio dentistico di Varese. Osservando il vecchio dentista si appassiona al mestiere e decide di conseguire il diploma di odontotecnico,
alternando quindi le pulizie dello studio durante il giorno e la
preparazione di protesi dentarie alla sera. Ma Gilberto Ruffini non si
arresta qui, si iscrive alla facoltà di Medicina e chirurgia a Milano, ereditando poi lo studio del vecchio datore di lavoro. Esercita quindi come dentista
(all’epoca le due carriere non erano ancora separate) e
contemporaneamente prosegue gli studi a Pavia specializzandosi col
massimo dei voti in Ematologia clinica e di laboratorio,
sotto la guida di uno dei più autorevoli al mondo ematologi dell’epoca,
Edoardo Storti. Per 42 anni continua però la sua attività di dentista
nel centro di Varese, oltre a prestare servizio in ospedale e a insegnare all’università, affiancando il tutto alla libera ricerca,
con un approccio estremamente pragmatico, concependo la medicina a 360
gradi e mai a compartimenti stagni. Ed è così, un po’ per caso, proprio
mentre è sul lavoro, che ‘scopre’ un metodo risolutivo per tutta una
serie di problemi dermatologici: chiede e ottiene il brevetto nel 1996 e da allora, pur dovendo lasciare più tardi per motivi di salute l’attività di dentista, prosegue instancabilmente quella di ricercatore, provando al tempo stesso a diffondere il più possibile questo trattamento perché sempre più persone se ne possano giovare.
Cominciamo da dove è giusto cominciare: cos’è il Metodo Ruffini, su cosa si basa?
“Il
Metodo Ruffini, da me ideato, è un trattamento dermatologico ad uso
topico a base di ipoclorito di sodio (NaOCl), ingrediente essenziale
della comune candeggina, diluito tra il 6 e il 12 per cento. Questo
range percentuale permette il trattamento di molte patologie
dermatologiche. Quando il sale viene a contatto con la membrana
cellulare dell’agente patogeno si modifica immediatamente in acido
ipocloroso (HOCl) e la disfà: l’HOCl è a pieno titolo il principio
attivo del metodo”.
Quali sono le patologie o i
disturbi che cura? Quanto dura un trattamento, servono più sedute? E
quali sono i margini di guarigione?
“Le patologie interessate possono essere
di origine virale, microbica, micotica o protozoaria. Solitamente la
maggior parte delle patologie richiede solo un trattamento fino ad un
minuto mentre per alcune altre ne occorrono pochi di più. Per molte
patologie il trattamento risulta essere risolutivo, alcune infezioni
ricorrenti possono essere risolte o notevolmente migliorate. Cura
l’acne, le afte, l’herpes. Lenisce i fastidi del piede diabetico, della
varicella e del fuoco di Sant’Antonio e pruriti non allergici, ma anche
di punture di insetti quali vespe e ustioni di meduse. Combatte la
carie, elimina la candida e il papilloma virus. In tutto, al momento,
sono oltre cento le patologie che risultano curabili con questo metodo”.
Ci può raccontare brevemente quando e come nasce questa sua scoperta?
“L’occasione è nata da una mia paziente
affetta da afte. Era l’anno 1991 e a quel tempo, come tutti i miei
colleghi, conoscevo appena l’ipoclorito di sodio per disinfettare i
canali dei denti; ebbi l’intuizione di applicarlo sulle afte e dalla
risposta molto positiva e inaspettata fui incoraggiato a proseguire gli
studi che mi portarono al 1996, anno in cui depositai il brevetto,
ottenendone l’approvazione due anni più tardi”.
Dove si può trovare l’ipoclorito di sodio e quanto costa?
“L’ipoclorito di sodio non ha alcuna
restrizione formale quindi è possibile acquistarlo senza prescrizione o
in una ditta chimica, o farselo preparare da una farmacia galenica,
altrimenti, al giorno d’oggi, esistono alcuni negozi online per poterlo
ordinare”.
Il metodo prevede anche l’automedicazione o serve sempre il supporto di un medico?
“Il metodo è nato con la semplicità e
quindi è possibile per alcune patologie applicarselo in automedicazione
(ad esempio per gli herpes). Preciso che però non esclude il medico
curante ne alcuna forma di trattamento ufficiale; vuole essere una
integrazione per un valido supporto laddove ufficialmente non esiste un
rimedio efficace. La diagnosi è pur sempre necessaria e indispensabile”.
E se il medico non conosce il
trattamento o semplicemente si rifiuta di applicarlo a chi si può
rivolgere il cittadino? C’è una lista di medici che hanno sposato
questo metodo?
“Sono presente sul web da ormai cinque
anni e ad oggi dalle numerose email che ricevo mi sono fatto l’idea che i
medici che conoscono e anche quelli che adottano il Metodo Ruffini sono
in numero sempre più crescente anche in ambito ospedaliero. Non esiste
ancora una lista di medici ufficiale. Confido di giungere al più presto a
questo obbiettivo”.
Se costa così poco, mi consenta
la domanda, lei che ci guadagna e a cosa serve il brevetto depositato, è
solo un fatto di paternità?
“Il metodo non è stato brevettato al
fine del guadagno ma per la protezione e la mia libera gestione dei dati
di cui sono venuto a conoscenza attraverso le mie osservazioni
cliniche”.
Considerato sempre il basso
costo e anche il fatto che andrebbe a rimpiazzare un numero elevatissimo
di creme, pomate, antibiotici e perfino vaccini, quale potrebbe essere
il risparmio per il sistema sanitario nazionale?
“Il risparmio del sistema sanitario
nazionale è, potrei dire, incalcolabile ma certamente notevole.
Considerata la vasta quantità di patologie trattabili, si potrebbero
investire i soldi risparmiati per altra ricerca medico-scientifica.
Inoltre, i pazienti in ambito ospedaliero avrebbero meno rischi di
infezioni (Mrsa) e gli ospedali ne beneficerebbero quindi anche in
termini organizzativi per la estrema velocità e facilità della cura”.
Ci sono controindicazioni? Può procurare anche allergie o comunque effetti collaterali?
“Sostanzialmente non ci sono
controindicazioni se non si sbagliano i tempi e le modalità di
applicazione oltre che alle percentuali consigliate. Allergie non ne
crea in modo assoluto in quanto la molecola è anallergica, già presente
in quantità minime nell’organismo umano”.
Eliminando batteri e funghi può
anche distruggere la microflora utile al funzionamento dell’organismo
intaccandone il delicato ecosistema? Penso ad alcuni batteri ‘amici’ che
popolano per esempio la cavità vaginale e che necessitano di ambiente
leggermente acido per sopravvivere o alla cosiddetta flora intestinale.
“Per quanto riguarda
microflora intestinale non è da prendere in considerazione in quanto il
prodotto non va ne ingerito ne inserito nell’intestino. Per quanto
riguarda la cavità vaginale è vero che il prodotto elimina tutta la
microflora ma questa io la considero più una grandezza che una povertà
in quanto il ristabilimento della microflora è quasi immediato: in poche
ore si ristabilisce il pH naturale e la popolazione batterica
funzionale all’organismo, quindi tempi così brevi non sono tali da
determinare danni o sconvenienze rilevabili”.
Il metodo quale accoglienza ha
avuto da parte della comunità scientifica e medica e soprattutto da
parte dei dermatologi? Viene consigliato da qualche medico e in quali
situazioni?
“Il metodo inizialmente è stato accolto
solo con derisione però, soprattutto in ambito accademico, si sono
ricreduti subito, già dopo le prime osservazioni microscopiche. Preciso
inoltre che io personalmente ho raccolto 88 bibliografie mondiali che a
loro volta raggruppano decine di ricercatori. Via via la cosa si è
espansa a partire dai medici, soprattutto i medici di famiglia, i
dermatologi e i chirurghi ospedalieri. Viene generalmente consigliato
dai dottori laddove sussistano infezioni antibiotico-resistenti o virali
come gli herpes 1, 2, 3 e oggi sta prendendo piede tra i ginecologi per
l’Hpv, il papilloma virus cioè”.
Quali sono le critiche che le vengono mosse più spesso e con quali argomentazioni risponde?
“La principale critica che mi viene
mossa è quella per la quale un medico non può applicare candeggina ai
suoi pazienti. Io rispondo sempre loro che la candeggina contiene
ipoclorito di sodio e non il contrario. Io consiglio una molecola che è
NaOCl tra il 6 per cento e il 12 per cento su pelle e mucose e mai
accompagnata da altre sostanze”.
A rafforzare la sua teoria quali
evidenze scientifiche ci sono? Sono state prodotte ricerche sul campo?
Quante testimonianze positive sono state raccolte finora? È mai stata
commissionata una sperimentazione terza?
“Le mie evidenze scientifiche raccolte
ufficialmente (senza calcolare quelle, circa 900, dei ricercatori sparsi
nel mondo che ne arricchiscono la bibliografia) sono ad oggi 551 a cui
si aggiungono circa 600 di altri medici che spontaneamente hanno
raccolto la loro casistica. L’unica sperimentazione terza riguarda
quelle in vitro in alcune università”.
Per essere riconosciuto
ufficialmente dalla comunità scientifica serve una particolare
procedura, quali sarebbero eventualmente i passaggi?
“Per quanto riguarda le sperimentazioni e
i protocolli ufficiali costano troppo e risulterebbero insostenibili
per un semplice privato quale sono”.
Oltre all’applicazione topica ho
sentito che sta studiando la possibilità di somministrarlo anche per
via sistemica, se non sbaglio è il Metodo Ruffini 2, può anticipare ai
nostri lettori di che si tratta?
“Sì, è vero, sto lavorando al Metodo
Ruffini 2, che riguarda unicamente la via sistemica. Preciso comunque
che il Metodo Ruffini 2 sarà ad esclusivo uso medico-scientifico e
quindi non sarà mai possibile con esso la via della auto-medicazione.
Gli ambiti del Metodo Ruffini 2 riguarderanno ben 13 patologie, oltre a
tre ancora in fase di studio, che per il momento preferisco non
anticipare”.
Cosa prevede il dottor Ruffini per il futuro del suo metodo e cosa spera, sempre che speranze e previsioni non coincidano?
“Il mio personale auspicio è che il
Metodo Ruffini possa essere accettato dai sistemi sanitari nazionali in
quanto lo reputo un validissimo contributo alla scienza medica e al
sollievo di tante persone”
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