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mercoledì 1 gennaio 2025

 Non è di moda, al giorno d’oggi, dilungarsi a decantare i vantaggi della piccola comunità. Ci si dice che dobbiamo puntare alle grandi società, alle grandi idee. C’è tuttavia un vantaggio nel piccolo stato, nella città, nel villaggio, che solo chiudendo gli occhi non si può vedere. L’uomo che vive in una piccola comunità vive in un mondo assai più vasto. Egli, molto più degli altri, conosce le radicali divergenze, i contrasti che dividono gli uomini. La ragione è ovvia: in una grande comunità possiamo scegliere i nostri compagni; ma in una piccola comunità i nostri compagni sono scelti per noi. Così in ogni estesa ed altamente civilizzata società, le comunità che sorgono al suo interno sono fondate sopra quel che si chiama «simpatia», la quale pregiudica la conoscenza autentica della realtà molto più gravemente dei cancelli di un monastero. Non vi è nulla di veramente limitato in un clan; ciò che è davvero limitato sono i circoli. Gli uomini di un clan vivono insieme perché tutti portano lo stesso costume o discendono tutti dalla stessa mucca sacra; ma nella loro anima, per la divina provvidenza della natura, vi saranno sempre più colori che in qualsiasi costume. Ma gli uomini di un circolo vivono insieme perché essi hanno lo stesso genere d’anima, e la loro ristrettezza è quella di un eguale legame spirituale, di esigenze uguali, come quella che esiste all’inferno. Una grande società esiste per formare dei club. Una grande società lavora per promuovere la ristrettezza di idee: è un trucco per impedire all’individuo solitario e sensato di venire a contatto con il mondo, i suoi amari compromessi e le sue esperienze vivificanti. Nel senso più letterale della parola, altro non è che una lega per il soffocamento del senso cristiano della vita. 

Chesterton, Eretici, XIV.

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