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venerdì 19 dicembre 2025

CURA DI BELLA, UNA CLAMOROSA MANIPOLAZIONE

 NEL 1998 LA SPERIMENTAZIONE DELLA CURA DI BELLA, UNA CLAMOROSA MANIPOLAZIONE


A distanza di oltre 25 anni riteniamo utile ritornare su quella sperimentazione, sottolineando le numerose incongruenze


Alla fine degli anni ‘90, il Belpaese fu infiammato da un tumultuoso dibattito pubblico, ad innescarlo era stato un uomo mite, un medico 86enne, nato da una modesta famiglia a Linguaglossa, in provincia di Catania. Ultimo di 13 figli, nel 1936 si era laureato in medicina con lode all’università di Bari per poi conseguire anche le lauree in Chimica e Farmacia e la specializzazione in Fisiologia, diventando poi professore associato all’università di Modena, dove avrebbe trascorso tutta la propria carriera. Luigi Di Bella, un medico alla vecchia maniera, che anche nel periodo in cui il suo nome iniziò ad apparire un giorno sì e l’altro pure sui giornali, continuò a condurre la sua solita vita, rinchiuso nel proprio studio modenese. In un’intervista rilasciata a Don Giovanni D’Ercole, nel programma “Il prossimo tuo” su Raidue, dichiarava: “Lei non immagina la sofferenza che mi viene dall’ascoltare le sofferenze del prossimo, dall’essere incapace di togliere queste sofferenze”, e poi, dopo aver confessato al sacerdote intervistatore di visitare gratuitamente i propri pazienti perché lo avrebbe “ripugnato farsi pagare per alleviare i patimenti altrui”, aggiungeva: “sono troppi gli interessi già stabiliti che io ho sconvolto, l’ammalato non conta niente. Quello che conta è l’affare suscitato dall’ammalato”.


Luigi Di Bella aveva iniziato le proprie ricerche sul cancro nel 1963 e nel 1977 aveva messo a punto una multiterapia basata sull’uso della Somatostina, un ormone individuato in laboratorio nel 1973 dal premio Nobel Roger Guellemin. Nel corso degli anni, sempre più pazienti si erano rivolti al professor Di Bella. Una processione discreta, silenziosa, che era cresciuta passando di bocca in bocca senza clamori. Nel 1997, però, il nome del professore di fisiologia catanese finì improvvisamente su tutti i giornali e la sua cura divenne oggetto di un incandescente dibattito che divise la società, i media e anche i partiti politici. Il 16 dicembre di quell’anno, un pretore di Maglie, in provincia di Lecce, impose alla Asl locale di sostenere le spese per i farmaci della cura Di Bella necessari a un bambino affetto da tumore al cervello. La notizia si rivelò un detonatore per la stampa dell’epoca: da quel momento, tra il la fine del 1997 e il 1998, i maggiori quotidiani nazionali dedicarono ben 308 articoli all’argomento e il mite professore diventò richiestissimo per interviste e programmi televisivi. Alleanza Nazionale, Forza Italia e Verdi, attraverso numerose prese di posizione pubbliche e interrogazioni parlamentari, si schierarono a favore di Di Bella, mentre da parte della sinistra la cura fu per lo più bollata come pseudoscientifica e addirittura considerata ai limiti della stregoneria. Il 7 gennaio 1998, Francesco Merlo, sul Corriere della Sera, sintetizzò questa polarizzazione con la formula: "Somatostatina di destra, chemioterapia di sinistra".


A seguito del dibattito in corso nel Paese, nel gennaio del 1998 il ministero della Salute guidato da Rosy Bindi fissò le linee guida per una vasta sperimentazione sulla muliterapia di Bella. Una ricerca sul campo che avrebbe avuto lo scopo di suggellare con la parola della scienza l’efficacia o meno della cura ideata dal professore catanese. La sperimentazione, affidata all’Istituto Superiore di Sanità, prevedeva 11 protocolli su altrettante neoplasie, per un totale di 600 pazienti, più un ulteriore protocollo di osservazione con 2000 pazienti arruolati; 21 i centri coinvolti. L’esito della ricerca decretò l’inefficacia della cura: da quel momento il dibattito iniziò a spegnersi e insieme ad esso le speranze di tanti pazienti e delle loro famiglie. Ma a distanza di oltre 25 anni è utile ritornare su quella sperimentazione, sottolineando le numerose incongruenze, che peraltro furono rilevate fin da primo momento dallo stesso Luigi Di Bella, oltre che da magistrati, giornalisti, politici e cittadini, che diedero vita a diverse manifestazioni con la partecipazione di decine di migliaia di persone, mentre la sperimentazione era ancora in corso. In previsione di un approfondimento più ampio riteniamo utile riportare alcuni dei fatti più sconcertanti emersi durante quella sperimentazione.


Fin dal primo momento, i ricercatori dell’ISS decisero di impostare la ricerca come studio di fase 2 e non di fase 3. Lo studio di fase 3 prevede l’esistenza di un gruppo di controllo a cui, invece che il farmaco oggetto della sperimentazione viene somministrato un placebo, con la possibilità di misurare con parametri oggettivi l’efficacia della cura attraverso il confronto dei risultati tra i due gruppi. La scelta di non predisporre il gruppo di controllo fu oggetto di aspre polemiche, i ricercatori dell’ISS addussero “motivazioni etiche”, ma quando il 23 gennaio 1999 il British Medical Journal pubblicò i risultati della sperimentazione a firma del dottor Roberto Raschetti, sullo stesso numero apparve un altro articolo a firma di un editorialista della rivista, il dottor Marcus Mullner, dal titolo: “Terapia Di Bella: l’ultima parola?”. Nel testo dell’articolo si legge: “Non sappiamo se i pazienti arruolati in questi studi (tutte le persone che avevano chiesto il trattamento di Di Bella) fossero rappresentativi e non sappiamo se i controlli avrebbero fatto meglio o peggio. I ricercatori avrebbero dovuto condurre studi randomizzati controllati. Perché questi studi non sono stati randomizzati? (…) Gli autori dicono anche che non avrebbero potuto fare studi randomizzati per motivi etici, ma questi non sono chiari.”


Un altro aspetto fortemente contestato fu il criterio di arruolamento dei pazienti della sperimentazione. Il prof. Di Bella aveva infatti specificato fin dalla prima riunione con la Commissione oncologica del ministero della Salute che la sperimentazione doveva essere condotta su pazienti con malattia allo stadio iniziale e non chemio-radiotrattati, poiché tali condizioni avrebbero invalidato la risposta clinica al suo metodo. Al contrario, l’Istituto Superiore di Sanità inserì nella sperimentazione pazienti allo stadio terminale della malattia con aspettativa di vita valutata fra gli 11 giorni e i 3 mesi. Dopo numerose discussioni, il 23 luglio 1998 Luigi Di Bella scrisse una lettera con cui prese definitivamente le distanze dalla sperimentazione in corso: “mi premeva ricordare, come avuto più volte occasione di esprimere le mie perplessità sul modo di applicazione del metodo e sui criteri di arruolamento dei pazienti, nonché infine sulla bontà dei preparati usati. Qualificare come MDB il metodo usato mi sembra improprio”.


L’aspetto che suscitò le maggiori critiche alla sperimentazione fu poi la modalità di preparazione e di somministrazione dei farmaci. Risulta da un verbale redatto dai Nas di Firenze e indirizzato a diverse procure italiane che a diversi pazienti arruolati nella sperimentazione furono somministrati farmaci scaduti, nello specifico i retinoidi, e che "Ciò verosimilmente comporta che 1048 pazienti abbiano assunto (...) un farmaco potenzialmente imperfetto e non più possedente le caratteristiche terapeutiche iniziali. (…) ne consegue che i dati – ottenuti dalla suddetta sperimentazione - siano sicuramente inattendibili”.


Proprio in merito alla somministrazione dei farmaci, il procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello aprì un’inchiesta per “somministrazione di farmaci guasti o imperfetti” su quattro dirigenti dell’ISS: due coordinatori della sperimentazione, Roberto Raschetti e Donato Greco, il responsabile dei preparati galenici, Stefania Spina Alegiani e infine la responsabile dei rapporti con i centri clinici, Elena Ciranni. I 4 indagati ricevettero un “avviso di conclusione indagine”, una sorta di preannuncio di rinvio a giudizio. L’inchiesta però venne spostata presso la procura di Firenze che poi la archiviò, riconoscendo i fatti ma non ravvisando il dolo degli indagati. In merito a questa vicenda giudiziaria un giovane cronista dell’epoca, Marco Travaglio scrisse un articolo su Repubblica dall’eloquente titolo: “Il magistrato di Torino chiude l’indagine sulla sperimentazione della terapia- ‘Così hanno truffato Di Bella’ – Guariniello accusa: farmaci scaduti e dosi sballate”. Anche Milena Gabanelli, dedicò una puntata di Report all’argomento


Quelli elencati sono solo alcuni dei fatti che potrebbero essere citati per sottolineare le incongruenze di quella sperimentazione, che avrebbe di certo meritato ben altro approccio e rigore. 


Adalberto Gianuario 


Mio articolo pubblicato su "Byoblu, informazioni classificate" giugno 2024

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