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domenica 3 aprile 2022

Solitudine

 “O solitudine! Tu solitudine, mia patria. Troppo a lungo ho vissuto selvaggio in paese selvaggio, da non tornare con lacrime di gioia alla tua dimora!

Ora minacciami solo con il dito, come minacciano le madri, sorridimi, come sorridono le madri, dimmi dunque: 'E chi era colui che un giorno fuggì via da me come un vento di tempesta?

...che andandosene esclamò: troppo a lungo ho vissuto con la solitudine, e così ho disimparato a tacere! E ora - l'hai tu imparato?

O Zarathustra, io so tutto: e che tu nella moltitudine ti sentivi abbandonato, più solo che con me!

Altra cosa è l'abbandono, altra la solitudine: questo l'hai imparato! E che tra gli uomini tu sarai sempre un selvaggio e un estraneo: selvaggio ed estraneo anche se essi ti amassero: poiché prima di tutto essi vogliono essere rispettati!

Ma qui invece tu sei nella tua dimora e in casa; qui tu puoi dire tutto liberamente e sfogarti fino in fondo, qui non c'è da vergognarsi dei sentimenti intimi e tenaci.

Qui tutte le cose vengono carezzevoli al tuo labbro e ti lusingano: poiché vogliono cavalcare su questo dorso. Su ogni similitudine tu cavalchi qui verso ogni verità.

Sincero e leale tu puoi qui parlare a tutte le cose: e in realtà, come una lode suona ai loro orecchi, che qualcuno parli chiaro e diritto con tutte le cose!

Ma altra cosa è l'abbandono. Ti ricordi ancora, o Zarathustra? Quando l'uccello gracchiò sopra la tua testa, mentre eri nella foresta, indeciso dove andare? Ignaro, con vicino un cadavere: quando dicesti: possano guidarmi i miei animali! Ho trovato più pericoloso vivere tra gli uomini che tra gli animali. Questo era abbandono!

[…] Ma ora, con beate narici, io respiro di nuovo la libertà dei monti! Finalmente il mio naso si è liberato dall'odore dell'umanità!

Solleticata dall'aria frizzante, come da un vino spumeggiante, la mia anima starnuta; starnuta e si rallegra: salute!”


Così parlò Zarathustra - Il ritorno

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