Il Salvator Mundi di Bernini, nel mistero del Suo Volto
Verso la fine della sua esistenza, Bernini avvertì sempre di più la necessità di un confronto personale con il mistero divino. Da qui nacque il volto del Salvator Mundi, suo ultimo capolavoro e testamento spirituale. Gesù, avvolto in uno sfaccettato panneggio levigato, ha una precisa fisionomia e l’originalità della Sua figura ci dice tanto della Sua potenza salvifica.
Gian Lorenzo Bernini, Salvator Mundi, Roma - Basilica di S. Sebastiano fuori le Mura
“Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro, e il Suo amore per gli uomini, Egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la Sua misericordia” (Tt 3, 4-5).
All’approssimarsi della fine della sua esistenza, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), l’acclamato “grande regista del Barocco”, avvertì sempre più stringente la necessità di un confronto personale e sincero con il Mistero cui nell’ultimo periodo cercò di andare incontro non solo intensificando le pratiche devozionali e caritatevoli ma anche attraverso gli strumenti della sua professione. Gli diede, infine, un volto che è quello bellissimo del Salvator Mundi ora conservato in una nicchia della basilica romana di San Sebastiano fuori le Mura, sull’antica via Appia. Fu il suo ultimo capolavoro e il suo testamento spirituale.
pulsante della mondanità romana, sente, alla fine, il bisogno di meditare sulla verità ultima del suo destino: Cristo.
Gesù, avvolto in uno sfaccettato panneggio levigato, che suggerisce l’effetto della seta o del raso, ha una precisa fisionomia: gli zigomi ossuti, la fronte sfuggente e il naso allungato sono incorniciati da folti e lunghi capelli, mentre la mano destra benedicente, rivolta in direzione opposta rispetto al Suo sguardo, scartando la tradizionale ieraticità di questa iconografia, conferisce al simulacro un teatrale dinamismo.
E dice della potenza del Suo gesto, salvifico “non per opere giuste da noi compiute, ma per la Sua misericordia”.
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