Il lavoro pesante, la cura della casa e dei bambini, le futili beghe coi vicini, il cinema, il calcio, la birra e soprattutto le scommesse, limitavano il loro orizzonte. Tenerli sotto controllo non era difficile. Agenti della Psicopolizia s’infiltravano fra loro, diffondendo false notizie e individuando, per poi eliminarli, quei pochi che davano l’impressione di poter diventare pericolosi. Non si faceva nulla, però, per inculcare loro l’ideologia del Partito. Non era auspicabile che i prolet avessero forti sentimenti politici. Da loro non si richiedeva altro che un po’ di patriottismo primitivo al quale poter fare appello tutte le volte in cui era necessario fargli accettare un prolungamento dell’orario di lavoro o diminuire le razioni di qualcosa. Perfino quando in mezzo a loro serpeggiava il malcontento (il che, talvolta, pure accadeva), questo scontento non aveva sbocchi perché, privi com’erano di una visione generale dei fatti, finivano per convogliarlo su rivendicazioni assolutamente secondarie. Non riuscivano mai ad avere consapevolezza dei problemi più grandi.
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