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martedì 15 ottobre 2024

le passioni

 LA BIGA DELL’ANIMA, DOVE LA RAGIONE PREVALE SULLE PASSIONI 

di Sara Rubinelli


Le passioni, se non guidate bene, possono allontanare l’anima dalla verità e dalla bellezza

Nel  «Fedro» Platone ci offre una delle più poetiche e profonde metafore dell’anima umana, dipingendola come una biga alata guidata da un auriga. L’auriga rappresenta la ragione, mentre i cavalli simboleggiano gli impulsi e le passioni che lottano tra loro, una contro l’altra, per prendere il controllo del nostro essere. Tale immagine risuona con una verità semplice ma spesso dimenticata: per raggiungere il miglioramento personale, dobbiamo permettere alla ragione di prevalere su impulsi più bassi, spesso emotivi e passionali, che ci trascinano verso comportamenti errati.

Questo concetto, nonostante possa sembrare scontato, rivela la sua cruciale importanza quando consideriamo le sfide quotidiane del vivere etico. La ragione, in teoria, dovrebbe sempre governare, ma nella pratica, la tentazione di cedere alle passioni più immediate e viscerali è una realtà con cui tutti dobbiamo confrontarci. E qui Platone ci offre una chiave di lettura essenziale: le passioni, se non guidate correttamente, possono portare a decisioni che allontanano l’anima dalla verità e dalla bellezza. L’auriga, quindi, deve non solo controllare i cavalli ma anche dirigere l’intera biga verso il cielo, simbolo dell’aspirazione umana al divino e al trascendente.

Questa allegoria è più che mai attuale. Nella nostra società, dove le emozioni spesso prendono il sopravvento, dove l’agire d’impulso è costantemente stimolato da una cultura che premia la gratificazione immediata, il messaggio di Platone risuona potente. L’attrazione verso ciò che è moralmente discutibile può sembrare irresistibile. La parte più bassa dell’anima, il cavallo indisciplinato, può trascinare l’intera biga fuori rotta, verso il baratro delle scelte egoistiche e autodistruttive. Ma è compito dell’auriga, la nostra parte razionale, correggere il percorso.

In un mondo che troppo spesso celebra l’apparenza e il successo esteriore, Platone ci ricorda che la vera vittoria è quella interna, quella sulle nostre passioni più basse, in un eterno viaggio verso l’alto. Molti sostengono che una vita dominata dalle passioni sia preferibile, poiché più vivace e colorata. Tuttavia, è fondamentale ricordare che siamo dotati sia di passioni che di ragione, e che quest’ultima ci è stata data per impostare limiti. Lo sappiamo perché la ragione ce lo dice chiaramente. Avere ragione non significa sopprimere le passioni, ma canalizzarle saggiamente, utilizzandole in modo costruttivo e armonioso.


https://www.lastampa.it/verbano-cusio-ossola/2024/10/12/news/sara_rubinelli_passioni_anima-14710169/?ref=pay_amp


lunedì 14 ottobre 2024

IL GIALLO DELLA CONVERSIONE DI ANTONIO GRAMSCI

 

lunedì 14 ottobre 2024

IL GIALLO DELLA CONVERSIONE DI ANTONIO GRAMSCI E IL MURO DI SILENZIO

antoniosocci

In questi mesi Antonio Gramsci – molto studiato anche all’estero – è stato evocato spesso nel dibattito pubblico italiano. Eppure sembra che persista un argomento tabù: la sua (controversa) conversione. 

C’è qualche storico controcorrente come Luigi Nieddu che, indagando i tanti misteri dei suoi ultimi due anni e della sua morte, ne ha parlato, nel 2014, nel suo libro L’ombra di Mosca sulla tomba di Gramsci (Le Lettere), ma fra gli storici di area l’ipotesi è liquidata drasticamente.

Un esempio recente. Lo storico Angelo d’Orsi ha pubblicato, con Feltrinelli, Gramsci. La biografia e alla fine del suo libro racconta gli ultimi tre giorni del leader comunista.

UNA GRANDE SOFFERENZA

La sua situazione era tragica. Ricordiamola. Gramsci era stato arrestato nel 1926 e condannato a venti anni da parte del Tribunale speciale del regime fascista. Le dure condizioni della detenzione andarono a minare la sua salute già molto cagionevole ed egli subì una progressiva demolizione fisica e anche psicologica perché, nel frattempo, la sua critica a Stalin lo aveva isolato nel partito togliattiano e reso pericolosamente sospetto a Mosca.

Alla fine del 1933 fu ricoverato, sempre come detenuto, in una clinica di Formia, dove poté continuare a studiare e a scrivere, e un anno dopo ottenne la libertà condizionata. La sua salute però peggiorava e nell’agosto 1935 fu trasferito alla clinica Quisisana di Roma.

La cognata, Tatiania Schucht, era sempre presente e faceva da tramite con il Partito (specialmente Togliatti) e con la moglie Giulia, sua sorella, che stava in Unione Sovietica con i due figli.

Il 25 aprile del 1937 il tribunale di Roma dispose la sospensione delle misure di sorveglianza (era un uomo libero o quasi), ma proprio quella sera – scrive D’Orsi – “Antonio fu colpito da emorragia cerebrale. Non perse la parola né la lucidità: Tania (la cognata Tatania, ndr) era con lui e vi rimase la notte, tutto l’indomani, e una parte della notte seguente”.

Poi – aggiunge D’Orsi – “fu ancora visitato da Puccinelli e da Frugoni (i medici, ndr), mentre si affollavano intorno al suo letto preti e suore, infastidendolo tanto da provocare le rimostranze della cognata, che non cessava di inumidirgli le labbra, mentre il respiro dell’ammalato si faceva via via più penoso. L’agonia durò fino alle ore 4.10 di due giorni più tardi, quando cessò di respirare”.

D’Orsi liquida così quelle ore. Sostiene, con tono sprezzante, che preti e suore lo infastidivano, ma non dice quale fu la reazione di Gramsci alle loro sollecitazioni. Curiosamente non scrive che le voci che circolano da anni di una sua conversione sul letto di morte sono destituite di fondamento.

SI SBRICIOLA IL MURO DI SILENZIO

Del resto non si tratta di voci irrilevanti, ma di testimonianze dirette. La questione della conversione di Gramsci circola dal 1977, quando padre Giuseppe Della Vedova, sulla rivista Studi sociali, riportò la testimonianza della zia suora, Piera Collino, che lavorava appunto alla clinica Quisisana. Lei parlò di un bacio alla statuetta di Gesù bambino, per Natale. Secondo altre testimonianze poi Gramsci si sarebbe affidato varie volte alle preghiere della suore e avrebbe manifestato “simpatia umana” verso un’immagine di santa Teresa del Bambino Gesù, che “non volle che fosse tolta e nemmeno spostata”.

Nel 2008 arrivò l’esternazione di mons. Luigi De Magistris Il vescovo sardo, che era pro-penitenziere maggiore emerito della Santa Sede (e diventerà cardinale nel 2015), alla Radio Vaticana, disse: “Il mio conterraneo Gramsci aveva nella sua stanza l’immagine di Santa Teresa del Bambino Gesù. Durante la sua ultima malattia, le suore della clinica dove era ricoverato portavano ai malati l’immagine di Gesù Bambino da baciare. Non la portarono a Gramsci. Lui disse: ‘Perché non me l’avete portato?’. Gli portarono allora l’immagine di Gesù Bambino e Gramsci la baciò. Gramsci è morto con i sacramenti, è tornato alla fede della sua infanzia. La misericordia di Dio santamente ci ‘perseguita’. Il Signore non si rassegna a perderci”.

La fonte del prelato era una suora sarda, sorella di monsignor Giovanni Maria Pinna, segretario della Segnatura apostolica. La religiosa, in occasione di una messa in suffragio del fratello, aveva raccontato ad alcuni prelati presenti che le suore, nelle feste di Natale, portavano sempre la statuetta di Gesù bambino in ogni stanza “offrendola al bacio degli ammalati”. Così fecero anche nel Natale 1935.

Per discrezione evitarono di andare nella camera di Gramsci e lui, saputolo, chiese il motivo. Poi – riferì la suora – “il signor Gramsci disse di voler vedere quella statuetta e quando l’ebbe di fronte la baciò con evidenti segni di commozione”. “Oltre a De Magistris” scrisse Andrea Tornielli sul Giornale “ad ascoltare le parole della suora c’era monsignor Sebastiano Masala, all’epoca giudice della Sacra Rota”.

L’episodio del bacio a Gesù bambino quindi non accadde nelle ultime ore, ma nel Natale 1935 ed è significativo perché è in quei mesi che iniziano i profondi ripensamenti di Gramsci. Infatti, da allora, nulla delle sue riflessioni ci è noto, neanche un riga. È uno dei tanti misteri. Che travaglio visse in quei due anni? Fu una crisi (esistenziale e politica) che lo portò alla fede?

Nel 2008 vi fu un fuoco di sbarramento da sinistra di fronte alle rivelazioni di De Magistris. Giuseppe Vacca, dell’Istituto Gramsci, obiettò che “esiste una documentazione precisa sulle ultime ore di Gramsci, la sua fine è narrata pochi giorni dopo l’evento in una lettera della cognata Tatiana Schucht, che assisteva il degente… in nessuno di questi scritti esiste un accenno alla vicenda”.

Eppure proprio la lettera della cognata, del 12 maggio 1937, alimenta (involontariamente) i sospetti: “Il medico fece capire alla suora che le condizioni del malato erano disperate. Venne il prete, altre suore, ho dovuto protestare nel modo più veemente perché lasciassero tranquillo Antonio, mentre questi hanno voluto proseguire nel rivolgersi a lui per chiedergli se voleva questo, quell’altro…”.

Perché quei puntini di sospensione? Perché non scrive che Gramsci rifiutò quegli approcci? È chiaro che per il Partito (di stretta obbedienza sovietica) la conversione di Gramsci sarebbe stato uno scandalo politico enorme. Il tradimento.

E c’è chi ha osservato che, con il suo occhiuto controllo, se conversione vi fu, non può stupire che nulla sia trapelato. Oggi gli storici di sinistra liquidano tutto come una voce mai provata, ma perché in tutti questi anni non sono mai andati almeno a verificarla, sentendo le testimonianze dirette delle suore e di De Magistris?

Gianni Baget Bozzo, nel 2008, dichiarò di credere a De Magistris. Francesco Cossiga non aveva dubbi. Disse che – per l’incarico ricoperto alla Sacra Penitenzieria – “se c’è una persona che può sapere di una conversione di Gramsci e di una sua morte in seno alla Chiesa cattolica, quella persona è proprio monsignor De Magistris”.

IL MISTERO DEGLI ULTIMI DUE ANNI

Giancarlo Lehner, autore del libro La famiglia Gramsci in Russia, spiegò storicamente la possibile conversione: “sul piano induttivo per me non sarebbe una grande sorpresa se Gramsci avesse abbracciato, non dico in punto di morte ma nell’ultima fase della sua vita, la fede cattolica. Come testimoniano le fonti, infatti, Antonio recupera via via tutti i grandi valori della tradizione cristiana e cattolica, in primo luogo la famiglia, poi l’amicizia, il valore della verità, la solidarietà”.

Del resto, pure il libro di D’Orsi, da cui siamo partiti, ricostruisce gli ultimi anni di Gramsci come un crollo di tutte le sue certezze politiche (che si accompagnò al crollo fisico). Verso gli ambigui comportamenti dei compagni del Partito “egli nutrì sempre più il sospetto di una consapevole, sconsiderata gestionedella sua causa, che avrebbe celato una più intenzionale volontà di ‘sacrificarlo’, come ebbe a dire Tatiana nel febbraio del ’35”.

Inoltre in quegli anni il fascismo stava diventando sempre più forte e poi c’erano gli orrori di Stalin: “in Russia, era cominciata la terribile escalation dei processi, che avrebbe toccato l’acme nell’anno stesso della morte di Gramsci, il 1937”, cosicché quella che Gramsci aveva considerato la luminosa terra del socialismo e della liberazione, ormai gli si rivelava l’inferno in terra. Era una disfatta totale che forse gli fece intravedere altrove un raggio di luce. Oltre la morte.



Antonio Socci

Da “Libero”, 10 ottobre 2024

domenica 13 ottobre 2024

L’essenza dell’amicizia

 L’essenza dell’amicizia si realizza attraverso il dialogo. 

E l'umanità si manifesta nella disponibilità a condividere il mondo con altri uomini. 

L’amicizia presuppone, quindi, la nozione di umanità e insieme il radicarsi nel mondo. 

Dove si realizza, infatti, un’amicizia pura lì si produce una scintilla di umanità in un mondo divenuto inumano.


(Hanna Arendt - da "L’umanità in tempi bui") 



Amore

 Credo che il senso della vita 

sia nell'amore.

Nell’amore per gli altri, 

nell'amore per la natura, 

nell'amore per la bellezza, 

nell'amore per la verità. 


Credo che l'amore 

sia la forza più grande che ci sia, 

la forza che ci fa andare avanti, 

che ci fa sperare, 

che ci fa credere 

che la vita ha un senso.


~ Etty Hillesum ~

Galline" di Rafael Barrett

 Mentre non possedevo altro che la mia branda e i miei libri, ero felice. Ora possiedo nove galline e un gallo, e la mia anima è turbata. La proprietà mi ha reso crudele.


Ogni volta che compravo una gallina la legavo due giorni ad un albero, per imporle il mio domicilio, distruggendo nella sua fragile memoria l'amore per la sua vecchia residenza. Ho rattoppato la recinzione del mio giardino per evitare l'evasione dei miei uccelli e l'invasione di volpi di quattro e due piedi. Mi sono isolato, fortificato il confine, tracciato una linea diabolica tra me e il mio prossimo. Ho diviso l'umanità in due categorie; io, padrone dei miei polli, e gli altri che potevano portarmeli via. Ho definito il crimine. Il mondo si è riempito per me di presunti ladri, e per la prima volta ho lanciato uno sguardo ostile dall'altra parte del recinto.


Il mio gallo era troppo giovane. Il gallo del vicino saltò la recinzione e si mise a corteggiare le mie galline e a amareggiare l'esistenza del mio gallo. Ho licenziato l'intruso, ma saltavano la recinzione e si sono aovati nella casa del vicino. Ho reclamato le uova e il mio vicino mi ha odiato. Da allora ho visto la sua faccia sul recinto, il suo sguardo inquisitore e ostile, identico al mio. I suoi polli passavano la recinzione e mangiavano il mais bagnato che consacrava ai miei. I polli degli altri mi sembrano criminali. Li ho inseguiti e accecato dalla rabbia ne ho ucciso uno. Il vicino ha attribuito grande importanza all'attentato. Non ha voluto accettare un'indennità pecuniaria. Ritirò gravemente il cadavere del suo pollo, e invece di mangiarlo, lo mostrò ai suoi amici, così cominciò a circolare per il paese la leggenda della mia brutalità imperialista. Ho dovuto rafforzare la recinzione, aumentare la sorveglianza, aumentare, in una parola, il mio budget di guerra. Il vicino ha un cane determinato a tutto; io ho intenzione di comprare una pistola.

Dov'è la mia vecchia tranquillità? Sono avvelenato dalla diffidenza e dall'odio. Lo spirito del male si è impossessato di me.

Prima ero un uomo. Ora sono un proprietario.


📰 "Galline" di Rafael Barrett, 1910 

 Don Giussani nel suo stupendo libro Una rivoluzione di sé dice: “Noi siamo pronti a parlare con tutto il mondo, ad andare dovunque nel mondo, ma abbiamo bisogno di una casa, abbiamo bisogno di un luogo dove la parola sia parola, “espressione “ e dove il rapporto sia “cuore” , cordiale, dove la compagnia sia positiva, dove le parole abbiano un senso e gli intendimenti un senso, e il pane sia pane e l’acqua sia acqua.” Io ho bisogno di una casa, e il bello è che questa casa c’è, è quella che Gesù costruisce e in cui mi chiama ad abitare, una casa aperta al mondo! La casa c’è e ogni giorno più accogliente, sono io che devo decidere di abitarvi, Lui è ben presente, la tiene pulita e pronta per me, mi aspetta!

sabato 12 ottobre 2024

Il denaro

 « Il denaro può comprare la buccia

di molte cose, ma non il seme;

può darvi il cibo, ma non l'appetito,

la medicina ma non la salute,

i conoscenti ma non gli amici,

i servitori ma non la fedeltà,

giorni di gioia ma non la pace o la felicità. »


Henrik Ibsen

La solitudine

 La solitudine non è la mancanza di persone con cui parlare, mangiare,

passeggiare o fare l’amore.

Quella si chiama Carenza.

La solitudine non è ciò che sentiamo per l’assenza di coloro che amiamo,

e che non torneranno.

Quella si chiama Malinconia.

La solitudine non è il ritiro volontario che le persone, a volte, impongono a se stesse nel tentativo di ricostruire i propri pensieri.

Quello si chiama Equilibrio.

La solitudine non è il claustro involontario che il destino ci infligge affinché possiamo riappropriarci della nostra vita.

Quello si chiama Principio di natura.

La solitudine non è il vuoto intorno a noi.

Quella si chiama Circostanza.

La solitudine è molto più di questo.

La solitudine è ciò che arriva quando smarriamo noi stessi

e girovaghiamo invano alla ricerca di quella che una volta… 

è stata la nostra Anima… 


(Fátima Irene Pinto - da "Ecos da Alma")


(Da Poeti Viandanti)

L'universo

 "L'universo non può essere compreso se non si impara la lingua e le lettere in cui è scritto. Questo libro è scritto nel linguaggio della matematica, e le sue lettere sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche. Senza imparare questa lingua e queste lettere, non riusciamo a capirne una sola parola, e continuiamo a vagare in un labirinto buio. "

G. Galilei 

Vit D

 

C’è una confusione totale sulle quantità da assumere, perchè 
i medici consigliano,mediamente, dosi inutilmente basse per paura di una tossicità che non è mai esistita.

Il Ministero della Salute invece ha recentemente portato da 1000 a 2000 UI la dose massima giornaliera da assumere. 

Un nuovo studio svela in maniera ben precisa che le dosi di vitamina D da prendere sono invece….

Di Claudio Tozzi

Nel paleolitico abbiamo vissuto per milioni di anni nella savana africana, dove stavamo tutto il giorno al sole, nudi, in un territorio con pochi alberi.

Questo ha fatto cosi che la produzione di questa preziosa sostanza, la Vitamina D, attraverso la nostra pelle, era ogni giorno talmente elevata che l’ evoluzione ha dovuto schermarla con la pelle molto scura.

Per questo motivo, quasi ogni cellula del corpo contiene un recettore della vitamina D.

Tuttavia circa 100.000 anni fa siamo usciti dall’ Africa e siamo andati in posti (specialmente a nord del mondo) dove invece era molto freddo, costringendosi a coprirci con delle pelli animali e riparandoci anche all’ interno delle grotte, ma cosi schermavamo i raggi solari e conseguentemente la relativa produzione di vitamina D. 

Senza contare che ci siamo stabiliti anche in posti, come l’ attuale Scandinavia, dove il sole non c’è quasi per nulla. 

Attualmente la maggioranza dei medici non fa proprio effettuare il dosaggio della vitamina D ai loro pazienti e quando le rare volte che lo fa, consiglia normalmente 25.000 UI ogni 15 giorni, o peggio, al mese. 

In realtà sono dosaggi praticamente inutili, tanto è vero che proprio recentemente anche il Ministero della Salute italiano ha aumentato da 1000 a 2000 UI giornaliere di vitamina D3 che si possono prendere come integratore. 

Del resto già dal 2011, la “Endocrine Society” americana ha rivisto le linee guida internazionali, con le dosi di Vitamina D che arrivano anche a 10.000 UI al giorno senza che possano provocare alcuna tossicità.

Il documento, completamente tradotto in italiano, è visionabile in toto nella sezione File del mio gruppo Facebook Paleoitalia —>QUI

Dopo tutte queste raccomandazioni in conflitto, è ovvio che la gente possa andare in totale confusione.

Ma allora qual è la verità? Di quanta vitamina D necessita i nostro organismo? A che livello la vitamina D è veramente troppa o tossica?

​Ebbene, alcuni ricercatori hanno condotto uno studio, (pubblicato sul “Journal Dermato-Endocrinology Volume 9, 2017”)  alla ricerca di queste risposte.

Hanno incluso nello studio un totale di 3.882 partecipanti, con l’età media di 60 anni. Meno dell’1% dei partecipanti sono stati considerati sottopeso, il 35,5% aveva un BMI normale, il 37,0% era in sovrappeso e il 27,5% era obeso.

IL Body Mass Index (BMI) o Indice di Massa Corporea (IMC)  è un parametro molto utilizzato per ottenere una valutazione generale del proprio peso corporeo.

Esso mette in relazione con una semplice formula matematica l’altezza con il peso del soggetto.
Si ottiene dividendo il peso in Kg del soggetto con il quadrato dell’altezza espressa in metri.

Il risultato di tale formula classifica il soggetto in un’area di peso che può essere: normale – sottopeso – sovrappeso – obesità di medio grado – obesità di alto.

Situazione peso                                          Min         Max

Obesità di III classe (gravissima)          ≥ 40,00
Obesità di II classe (grave)                     35,00     39,99
Obesità di I classe (moderata)               30,0       34,99
Sovrappeso                                              25,0       29,99
Regolare                                                  18,50     24,99
Leggermente sottopeso                        17,50     18,49
Visibilmente sottopeso
(anoressia moderata)                            16          17,49
Grave magrezza (inedia)                    <16

All’inizio dello studio, il 55% dei partecipanti ha riportato di aver preso vitamina D.

La dose media di vitamina D è aumentata da 2.106 UI al giorno all’inizio dello studio a 6.767 UI ogni giorno circa un anno dopo.

I livelli medi di vitamina D sono aumentati da 34,8 ng / ml a 50,4 ng / ml durante questo periodo.

I ricercatori hanno voluto determinare il dosaggio necessario per raggiungere livelli sani della vitamina D, definito da livelli di 40 ng / ml o superiori. 

Volevano anche determinare l’incidenza di effetti collaterali, compresa l’ipercalcemia, cioè la presunta causa della mancata prescrizione della vitamina D da parte del 90% dei medici mondiali.

Ecco cosa hanno trovato i ricercatori:

1) I cambiamenti nei livelli di vitamina D sono stati influenzati da dosaggi di vitamina D, indice di massa corporea (BMI) e i livelli di vitamina D all’inizio dello studio.

2) I partecipanti che avevano una carenza di vitamina D (<20 ng / ml) al basale hanno sperimentato un aumento più elevato di livelli di vitamina D rispetto a quelli con livelli insufficienti o sufficienti di vitamina D al basale.

3) ​I partecipanti senza deficit di vitamina D al basale hanno sperimentato una risposta insensibile alla stessa dose di vitamina D rispetto a quelli con deficit di vitamina D.

4) La risposta all’integrazione della vitamina D era minore con l’aumento del BMI. In altre parole, gli individui obesi hanno richiesto la massima integrazione per ottenere livelli sufficienti; invece quelli con peso normale o sottopeso richiedono un integrazione minima  per ottenere livelli sufficienti.

5) Per i soggetti con un BMI normale era necessario l’ apporto di almeno 6000 UI al giorno di vitamina D3  per raggiungere uno status di vitamina D superiore a 40 ng / ml.

6) I partecipanti in sovrappeso hanno richiesto l’assunzione di vitamina D3 di almeno 7.000 UI al giorno per ottenere uno status di vitamina D superiore a 40 ng / ml.

7) I partecipanti obesi hanno richiesto l’assunzione di vitamina D3 di almeno 8.000 UI al giorno per raggiungere uno status di vitamina D superiore a 40 ng / ml.

8) ll livello di calcio medio non è cambiato dall’inizio fino alla fine dello studio.

9) Un sottogruppo di partecipanti (285) non ha sperimentato un aumento significativo dello status della vitamina D, nonostante la segnalazione ha preso notevoli assunzioni di vitamina D (> 4000 UI al giorno).

I ricercatori hanno determinato che questo era probabilmente da attribuire a malassorbimento intestinale, ma senza dubbio la non-compliance (cioè i soggetti non hanno assunto la vitamina D3) ha anche svolto un ruolo. (Ad esempio, il tasso di non-compliance con i farmaci antipertensivi è di circa il 30%.)

10) Venti nuovi casi di ipercalcemia si sono verificati tra l’inizio e la fine dello studio. Quelli con livelli di vitamina D inferiori a 40 ng / ml avevano maggiori probabilità di verificarsi l’ipercalcemia rispetto a quelli con livelli di vitamina D di 40 ng / ml o superiore.

Cioè esattamente il contrario di quello che pensa il 90% dei medici al mondo, cioè eccessivi livelli di vitamina D aumenterebbe la calcemia, provocando così danni alle arterie, producendo calcoli renali, ecc. 

Infatti, i ricercatori hanno scoperto che l’incidenza dell’ipercalciuria è in realtà diminuita dopo l’integrazione di vitamina D, a partire da un totale di 67 casi ipercalciurici, ma al follow-up (cioè una serie di controlli periodici programmati) il 67% non era più ipercalciurico.

Inoltre, è importante sottolineare che nessuno dei partecipanti ha sviluppato alcuna prova di tossicità clinica di vitamina D, composta da ipercalcemia e 25 (OH) D> 200 ng / ml, stanchezza, anoressia, dolore addominale, minzione frequente, irritabilità, eccessiva sete, nausea e talvolta vomito.

La tossicità biochimica della vitamina D consisterebbe in valore superiore a 200 ng / ml, ipercalcemia e un livello di PTH (paratormone) soppresso senza sintomi clinici, ma a nessuno dei partecipanti è accaduta una cosa del genere. 

Poiché la maggior parte dei laboratori identificano la gamma normale di 25 (OH) D a 30-100 ng / ml, alcuni medici credono che 25 (OH) D superiore a 100 ng / ml sia tossicità.

​Non lo è, ovviamente, infatti di solito è solo ipervitaminosi D che comunque nel 99% dei casi non porta a nessuna conseguenza..

I ricercatori hanno concluso:

“Dosi di vitamina D superiore a 6.000 UI / d sono state necessarie per ottenere concentrazioni di 25 (OH) D di siero superiore a 100 nmol / L [40 ng / ml], soprattutto in individui che erano in sovrappeso o obesi, senza alcuna prova di tossicità”.

Una cosa che gli autori non hanno menzionato è il ruolo che la genetica può svolgere in questo.

Ad esempio, il gene che codifica per la 25-idrossilasi ha una variazione geneticamente determinata nella sua trascrizione e alcune persone hanno più 25-idrossilasi rispetto ad altri e pertanto otterranno livelli di 25 (OH) D maggiori rispetto ad altri.

Tenendo conto di questi risultati, prendendo in considerazione la genetica, l’unico modo per essere sicuri di avere più di 40 ng / ml di vitamina D nel sangue è quello di effettuare un semplice un test di 25 (OH) D in qualsiasi laboratorio d’ analisi.

In realtà in caso di malattie autoimmunitarie, tumori, ecc, oppure si pratichino attività sportive di medio-alto impegno, il livello consigliato è 75-80 ng / ml e in questo caso si consiglia di assumere 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mcg di Vitamina K2-MK7 che svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo della D3 e elimina l’ eventuale calcificazione nelle arterie.

Il rapporto deve 1000 UI di vitamina D insieme a 100 mcg di vitamina K2-MK7 (no MK4, MK9).

Quindi, ricapitolando, il protocollo da seguire è questo:

1) Fare le analisi del sangue (Vitamina D – 25 OH)

2) Se il risultato è almeno 40 ng / ml e NON in presenza di malattie autoimmuni,tumori e attività sportive, prendere comunque più sole possibile in estate e almeno 2000 UI al giorno in inverno, senza protezione (non farebbe produrre vitamina D).

3) Tuttavia, nel 90% dei casi il risultato sarà sempre sotto 40 ng / ml, quindi in questo caso assumere 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mcg di Vitamina K2-MK7 

Per esempio 30 gocce di Savana D3 Raw” al giorno (oppure in 5 Capsule soft-gels) + 5 mini-compresse (2 a colazione-2 a pranzo-2 a cena) di “Primal K2 1000”.

In generale evitate gli integratori di Vitamina D a base di olio di girasole, che sono molto economici, ma quest’ olio danneggia l’ intestino creando la cosidetta “permeabilità intestinale”, che scatena praticamente tutte le malattie autoimmuni. 

In pratica uno prende la vitamina D per curarsi e dentro il prodotto c’è qualcosa che in realtà peggiora la situazione; quindi scegliete quelli a base di olio d’ oliva, possibilmente extravergine biologico e non ci saranno problemi.

Anche per quanto la Vitamina K2-MK7 NON deve essere derivata dal “Natto” di soia (come il 90% dei prodotti in commercio), ma da altre fonti vegetali. Evitate anche le forme MK4 e MK9. 

4) Dopo due mesi ripetere l’ analisi; se il valore ha raggiunto il valore di almeno 40 ng / ml, fare una dose di mantenimento di 7000-8000 UI al giorno e prendere comunque più sole possibile d’ inverno, senza protezione.

5) In presenza di malattie autoimmuni,tumori, ecc oppure si pratichino attività attività sportive a medio-alto livello, nel sangue il valore da raggiungere è di almeno 75-80 ng / ml. 

Il dosaggio in questo caso sarà sempre lo stesso, cioè 10.000 UI al giorno di Vitamina D3 insieme a 1000 mcg di Vitamina K2-MK7, cioè  30 gocce di Savana D3 Raw” al giorno (oppure in 5 Capsule soft-gels) + 5 mini-compresse (2 a colazione-2 a pranzo-2 a cena) di “Primal K2 1000”.

6) Dopo due mesi ripetere l’ analisi; se il valore ha raggiunto il valore di almeno 75-80 ng / ml, fare una dose di mantenimento di 7000-8000 UI al giorno e prendere comunque più sole possibile d’ inverno, senza protezione

venerdì 11 ottobre 2024

Linus Carl Pauling

 

Linus Carl Pauling nasce il 28 febbraio del 1901

 Biografia della rubrica “Vita da genio” a cura di Chiara Oppedisano

Ritratto di Pauling, immagine di AIP Eilio Segrè Visual ArchivesQuesto mese raccontiamo la vita di un chimico, uno scienziato con una personalità spiccata e, a dir poco, dinamica, due premi Nobel all’attivo e un impegno serio e concreto per la pace nel mondo. No, non è davvero facile definire Linus Pauling semplicemente come un eccellente chimico e anche per questo la sua vita merita di essere raccontata!

Linus Carl Pauling nacque a Portland, nell’Oregon, il 28 febbraio del 1901, primo di 3 figli. Pauling frequentò la scuola pubblica fino al 1917 quando entrò all’Oregon State College (ora Oregon State University). La scuola superiore in realtà non gli aveva conferito il diploma poiché gli mancavano due crediti di educazione civica. Pauling dovette quindi pagarsi interamente il college e per farlo lavorò ai cantieri navali e consegnò latte a domicilio. Si laureò in ingegneria chimica nel 1922. Al college incontrò Ava Helen Miller, che sarebbe divenuta la signora Pauling di lì a poco. Nel 1919 Pauling, all’età di 18 anni, fu assunto al College come insegnante di analisi quantitativa e, in seguito al conseguimento del titolo di studio, fu promosso assistente in chimica al California Institute of Technology dove aveva deciso di proseguire i suoi studi. Nel 1925 ottenne al Caltech il dottorato di ricerca in chimica fisica con il massimo dei voti.

Fin dall’inizio della sua attività si interessò della struttura molecolare e della natura dei legami chimici. Nel 1921 progettò un esperimento per lo studio dell’orientazione degli atomi di ferro in campo magnetico. Nel 1922 iniziò uno studio sui legami chimici in collaborazione con il professor R.G. Dickinson, dal quale apprese i segreti della diffrazione con raggi X per lo studio della struttura dei cristalli.

Nel 1925 divenne ricercatore associato e ottenne diverse borse di studio, tra le quali una della Fondazione Hohn Simon Guggenheim che gli permise, nel 1926-1927, di lavorare all'interno di università europee per studiare la meccanica quantistica proprio là dove era nata, e direttamente da fisici del calibro di Sommerfeld, Schröedinger e Bohr. Nel 1927, rientrò al Caltech, venne nominato prima professore assistente di chimica, poi professore associato nel 1929 e infine, nel 1931, professore ordinario.

Nel 1930, durante un viaggio in Germania, Pauling apprese la tecnica della diffrazione di elettroni che utilizzò, una volta rientrato in California, per studiare la struttura di diverse molecole. Queste osservazioni sperimentali lo portarono ad elaborare una scala per definire il potere di un atomo di attrarre elettroni in legami covalenti, ovvero l’elettronegatività degli atomi. Pauling utilizzò la meccanica quantistica come fondamento teorico dei suoi studi arrivando a sviluppare una teoria dei legami chimici e delle strutture molecolari, descritta poi nel suo libro “La natura del legame chimico e la struttura delle molecole e dei cristalli”, pubblicato per la prima volta nel 1939.

 Carl Linus Pauling con una corda, immagine di Smithsonian Institution from United States, No restrictions, via Wikimedia Commons

Figura 1: Carl Linus Pauling.

A Caltech lavorava il genetista Thomas Hunt Morgan, che stimolò l’interesse di Pauling per molecole biologiche. A metà degli anni ’30, Pauling iniziò quindi studi sulle proprietà magnetiche dell’emoglobina, proteina contenuta nel sangue. Nel 1936, in collaborazione con il biochimico Alfred Mirsky che lavorava a New York, pubblicò un articolo sulla struttura delle proteine nel quale ne descriveva le configurazioni a elica, rivelate in esperimenti di diffrazione con raggi X, e come, in conseguenza della rottura di alcuni legami più deboli, le proteine assumessero configurazioni casuali. Durante uno dei suoi viaggi di lavoro a New York, Pauling incontrò Karl Landsteiner, che nel 1900 aveva scoperto i gruppi sanguigni e che divenne la sua guida qualificata nel campo dell’immunochimica. Pauling infatti iniziava ad essere affascinato dalle reazioni tra anticorpi e antigeni.

Purtroppo la Seconda Guerra Mondiale interruppe le sue ricerche e Pauling dovette dedicarsi a problemi decisamente meno speculativi come la preparazione di siero per i soldati feriti o rivelatori di ossigeno per sottomarini e aeroplani da guerra. Fu anche lui contattato da Robert Oppenheimer per unirsi agli scienziati del progetto Manhattan, ma un’infiammazione ai reni gli impedì di accettare.

Nel dopoguerra iniziò a studiare le cellule falciformi, responsabili dell’anemia, e ipotizzò che la causa potesse risiedere in una mutazione genetica delle cellule di emoglobina; fu così che Pauling scoprì la prima malattia a livello molecolare. Nel 1948, mentre era visiting professor all’Università di Oxford, tornò a studiare la struttura tridimensionale delle molecole.

Si racconta che mentre piegava un foglio di giornale sul quale aveva disegnato una catena di amminoacidi scoprì una possibile configurazione, ora nota come elica-α. I suoi studi permisero di determinare il numero di amminoacidi presenti per ogni segmento dell’elica.

Nel 1953 pubblicò in collaborazione con R. Corey, esperto di cristallografia sulle proteine, una loro idea sulla struttura dell’acido deossiribonucleico (DNA). Quello stesso anno James Watson e Francis Crick pubblicarono la struttura corretta del DNA: l’affascinante doppia elica. L’anno precedente Pauling aveva dovuto rimandare una visita a Londra a Rosalind Franklin, la vera scopritrice della struttura del DNA. Forse, se avesse potuto vedere le foto ai raggi X del DNA della Franklin, molto più nitide e chiare delle sue grazie alla miglior strumentazione, sarebbe giunto anche lui ad una formulazione corretta della struttura del DNA.

La sua carriera non risentì comunque di questa mancata scoperta: nel 1954 Pauling fu insignito del premio Nobel in chimica “per la sua ricerca sulla natura dei legami chimici e l’applicazione alla delucidazione della struttura di sostanze complesse”.

Ma una parte molto importante della sua vita doveva ancora cominciare! Dagli anni ’50 Pauling e sua moglie divennero noti per le loro crociate contro i test nucleari in atmosfera. Nel 1958 presentarono alle Nazioni Unite un appello per proibire tali test. Pauling era riuscito a raccogliere l’approvazione e la firma di oltre 9.000 tra scienziati e personalità da 44 diversi paesi. Nel 1958 scrisse un libro “Mai più guerra!”, una lucida analisi delle implicazioni di una guerra nucleare. Nel 1960 fu convocato da una commissione del Congresso degli Stati Uniti e gli fu chiesto di rivelare i nomi di coloro che lo avevano aiutato a raccogliere oltre 9.000 firme. Pauling rifiutò di fare nomi, rischiando così la prigione. Nel 1962 il suo accorato sforzo gli valse un secondo premio Nobel, quello per quello per la pace. A questo punto la sua scuola superiore di Portland considerò i 2 crediti di educazione civica raggiunti e gli conferì il diploma, con soli 47 anni di ritardo!. Nel 1963 l’accordo per il divieto dei test nucleari divenne realtà.

pauling Figura3

Un giornale dell’epoca che mostra Pauling, il “vincitore di Nobel”, durante una manifestazione contro i test atomici.

Pauling è entrato nell’esclusiva cerchia di coloro che hanno collezionato due premi Nobel, insieme a Marie Curie (fisica e chimica), John Bardeen (entrambi in fisica) e Frederick Sanger (entrambi in chimica). Lui solo, però, fu in entrambi i casi vincitore unico del premio.

Purtroppo però il conseguimento del Nobel per la pace generò molto antagonismo e, crediamo, molta invidia nei vertici di Caltech e Pauling preferì lasciare l’istituto nel 1963. Dichiarò che non rimpiangeva il suo attivismo per la pace, nonostante avesse danneggiato la sua reputazione scientifica per certa gente e certe istituzioni. Divenne membro del Centro di studi democratici di Santa Barbara in California dove riuscì a portare avanti i suoi sforzi in campo umanitario.

Nel 1967 ottenne un posto all’Università di San Diego. In questo periodo pubblicò un articolo di psichiatria, sempre incentrato sulle sue amate molecole, in cui suggeriva come alcune sostanze normalmente presenti nel corpo umano potessero favorire il benessere mentale. Nel 1969 accettò un posto all’Università di Stanford dove rimase fino al 1972.

In questi ultimi anni di attività scientifica, Pauling si interessò all’acido ascorbico, la vitamina C. Scoprì che in dosi massicce può aiutare contro raffreddore e influenza. Nel 1973 fondò un istituto che poi avrebbe preso il suo nome, il Linus Pauling Institute of Science and Medicine e che dal 1996 è diventato un noto centro di ricerca. Gli studi ai quali si dedicò negli ultimi anni, come ad esempio la possibilità di curare tumori con la vitamina C (scrisse anche un libro sull’argomento seppur non ci fosse un supporto scientificamente provato alla sua ipotesi), gli valsero un diffuso scetticismo da gran parte dell’ambiente scientifico.

pauling durante una conferenza nell'87, AIP Emilio Segrè Visual Archives

Figura 2: Pauling nel 1987 durante una conferenza sui quasicristalli.

Purtroppo sia Pauling sia la moglie si ammalarono di cancro. La moglie morì nel 1981, Pauling il 19 Agosto del 1994, all’età di 93 anni, lasciando quattro figli, 15 nipoti e un bell’esempio di devozione alla scienza, senza per questo trascurare il suo lato umano.

Fonti delle immagini

Ritratto in copertina: AIP Emilio Segrè Visual Archives, W. F. Meggers Gallery of Nobel Laureates

Figura 1: Acc. 90-105 - Science Service, Records, 1920s-1970s, Smithsonian Institution Archives, No restrictions, via Wikimedia Commons

Figura 2: AIP Emilio

IL TESTAMENTO SI SAMMY BASSO

 IL TESTAMENTO SI SAMMY BASSO


“Se state leggendo questo scritto allora non sono più tra il mondo dei vivi. Per lo meno non nel mondo dei vivi per come lo conosciamo. Scrivo questa Iettera perché se c'è una cosa che mi ha sempre angosciato sono i funerali. Non che ci fosse qualcosa di male, nei funerali, dare l'ultimo saluto ai propri cari è una tra le cose più umane e più poetiche in assoluto. Tuttavia, ogni volta che pensavo a come sarebbe stato il mio funerale, ci sono sempre state due cose che non sopportavo: il non poter esserci e dire le ultime cose, e il fatto di non potere consolare chi mi è caro. Oltre al fatto di non poter parteciparvi, ma questo è un altro discorso... E perciò, ecco che ho deciso di scrivere le mie ultime parole, e ringrazio chiunque le stia leggendo. Non voglio lasciarvi altro che quello che ho vissuto, e visto che si tratta dell'ultima volta che ho la possibilità di dire la mia, dirò solo l'essenziale senza cose superflue o altro.


Voglio che sappiate innanzitutto che ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, e l'ho vissuta da semplice uomo, con i momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente. Fin da bambino, come ben sapete, la progeria ha segnato profondamente la mia vita, sebbene non fosse che una parte piccolissima di quello che sono, non posso negare che ha influenzato molto la mia vita quotidiana e, non ultime, le mie scelte.


Non so il perché e il come me ne andrò da questo mondo, sicuramente in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia. Non ascoltate! Non c'è mai stata nessuna battaglia da combattere, c'è solo stata una vita da abbracciare per com'era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio.


Ho cercato di vivere più pienamente possibile, tuttavia ho fatto ì miei sbagli, come ogni persona, come ogni peccatore. Sognavo di diventare una persona di cui si parlasse nei Iibri di scuola, una persona che fosse degna di essere ricordata ai posteri, una persona che, come i grandi del passato, quando la si nomina, Io si fa con reverenza. Non nego che, sebbene la mia intenzione era di essere un grande della storia per avere fatto del bene, una parte di questo desiderio era anche dovuto ad egoismo. L'egoismo di chi semplicemente vuole sentirsi di più degli altri. Ho lottato con ogni mia forza questo malsano desiderio, sapendo bene che Dio non ama chi fa le cose per sé, ma nonostante ciò non sempre ci sono riuscito. Mi rendo conto ora, mentre scrivo questa Iettera, immaginando come sarà il mio ultimo momento nella Terra, che è il più stupido desiderio che si possa avere. La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che una cosa passeggera. L'amore che si crea nella vita invece è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l'amore ci viene da Dio. Se c'è una cosa di cui mi non mi sono mai pentito, è quello di avere amato tante persone nella mia vita, e tanto. Eppur troppo poco. Chi mi conosce sa bene che non sono un tipo a cui piaccia dare consigli, ma questa è la mia ultima occasione...perciò ve ne prego amici miei, amate chi vi sta attorno, non dimenticatevi che i nostri compagni di viaggio non sono mai il mezzo ma il fine. Il mondo è buono se sappiamo dove guardare!


In molte cose, come vi ho già detto, sbagliavo! Per buona parte della mia vita ho pensato che non ci fossero eventi totalmente positivi o totalmente negativi, che dipendesse da noi vederne i lati belli o i lati oscuri. Certo, è una buona filosofia di vita, ma non è tutto! Un evento può essere negativo ed esserlo totalmente! Quello che spetta a noi non è nel trovarci qualcosa di positivo, quanto piuttosto di agire sulla retta via, sopportando, e, per amore degli altri, trasformare un evento negativo in uno positivo. Non si tratta di trovare i lati positivi quanto piuttosto di crearli, ed è questa a mio parere, la facoltà più importante che ci è stata data da Dio, la facoltà che più di tutti ci rende umani.


Voglio farvi sapere che voglio bene a tutti voi, e che è stato un piacere compiere la strada della mia vita al vostro fianco. Non vi dirò di non essere tristi, ma non siatelo troppo. Come ad ogni morte, ci sarà qualcuno tra i miei cari che piangerà per me, qualcuno che rimarrà incredulo, qualcuno che invece, magari senza sapere perché, avrà voglia di andare fuori con gli amici, stare insieme, ridere e scherzare, come se nulla fosse successo. Voglio esservi accanto in questo, e farvi sapere che è normale. Per chi piangerà, sappiate che è normale essere tristi. Per chi vorrà fare festa, sappiate che è normale far festa. Piangete e festeggiate, fatelo anche in onore mio. Se vorrete ricordarmi invece, non sprecate troppo tempo in rituali vari, pregate, certo, ma prendete anche dei bicchieri, brindate alla mia e alla vostra salute, e siate allegri. Ho sempre amato stare in compagnia, e perciò è così vorrei essere ricordato. Probabilmente però ci vorrà del tempo, e se voglio veramente consolare e partire da questo mondo in modo da non farvi stare male, non posso semplicemente dirvi che il tempo curerà ogni ferita. Anche perché non è vero. Perciò vi voglio parlare schiettamente del passo che io ho già compiuto e che tutti devono prima o poi compiere: la morte.


Anche a solo dirne il nome, a volte, la pelle rabbrividisce. Eppure è una cosa naturale, la cosa più naturale al mondo. Se vogliamo usare un paradosso la morte è la cosa più naturale della vita. Eppure ci fa paura! È normale, non c'è niente di male, anche Gesù ha avuto paura. È la paura delI'ignoto, perché non possiamo dire di averne avuto esperienza in passato. Pensiamo però alla morte in modo positivo: se Iei non ci fosse probabilmente non concluderemo niente nella nostra vita, perché tanto, c'è sempre un domani. La morte invece ci fa sapere che non c'è sempre un domani, che se vogliamo fare qualcosa, il momento giusto è “ora”!


Per un cristiano però la morte è anche altro! Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l'unico modo per vivere realmente, è l'unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l'unico modo per vedere finalmente il Suo Volto. E da cristiano ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato. L'unica cosa che mi dà malinconia è non poter esserci per vedere il mondo che cambia e che va avanti. Per il resto però, spero di essere stato in grado, nell'ultimo mio momento, di vedere la morte come la vedeva san Francesco, le cui parole mi hanno accompagnato tutta la vita. Spero di essere riuscito anch'io ad accogliere la morte come “Sorella Morte”, dalla quale nessun vivente può scappare.


Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua Casa indistruttibile. Lui, il nostro Dio, l'unico vero Dio, è la causa prima e il fine di ogni cosa. Davanti alla morte nulla ha più senso se non Lui. Perciò, sebbene non c'è bisogno di dirlo, poiché Lui sa tutto, come ho ringraziato voi voglio ringraziare anche Lui. Devo tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non sarei quello che sono senza la mia Fede. Lui ha cambiato la mia vita, l'ha raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e Io ha fatto nella semplicità della mia vita quotidiana.


Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di Lui e perché ogni nostra azione verrà giudicata e decreterà chi continuerà a vivere in eterno e chi invece dovrà morire. Non sono di certo stato il più buono dei cristiani, sono stato anzi certamente un peccatore, ma ormai poco conta: quello che conta è che ho provato a fare del mio meglio e lo rifarei. Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, come Gesù è stato aiutato da Giuseppe di Arimatea. E non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la Sua Volontà, poiché è nostro dovere, ma non siate nemmeno passivi, e fate sentire forte la vostra voce, fate conoscere a Dio la vostra volontà, così come fece Giacobbe, che per il suo essersi dimostrato forte fu chiamato Israele: Colui che lotta con Dio.


Di sicuro, Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore.


Ora vi Iascio, come vi ho detto non amo i funerali quando diventano troppo lunghi, e io breve non sono stato. Sappiate che non potrei mai immaginare la mia vita senza di voi, e se mi fosse data la possibilità di scegliere, avrei scelto ancora di crescere al vostro fianco. Sono contento che domani il Sole spunterà ancora...


Famiglia mia, fratelli miei, amici miei e amore mio, Vi sono vicino e se mi è concesso, veglierò su di voi, vi voglio bene!


P.s. State tranquilli, tutto questo è solo sonno arretrato...”


Sammy Basso