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giovedì 31 ottobre 2024

paradosso di Alessiani

Il testo è estratto da GAZZETTA MEDICA ITALIA - ARCHIVIO PER LE SCIENZE MEDICHE
Vol. 156 - N. 1 - pag. 39-43 (Febbraio 1997)

EDIZIONE MINERVA MEDICA - TORINO

          Che cos'è il paradosso di Alessiani?

            Nel 1981 Aldo Alessiani, medico di origine marchigiana e d'adozione romana, pubblicò una monografia dal singolare titolo: "Il cancro per paradossi". Un'analisi critica della medicina d'oggi, con tinte indiscutibili d'eresia fino al punto di parlare di "inquinamento da igiene". Lui s'imponeva un problema esplicativo, quello di una inattesa rapida elevazione della statura delle giovani generazioni; un fenomeno molto evidente del secondo dopoguerra. Troppo evidente e non giustificabile con le facili spiegazioni di una più doviziosa alimentazione, ricca di proteine, di alimenti integrati o con la liberalizzazione dei costumi e di pratiche sportive. Già a colpo d'occhio, tale realtà usciva dai parametri biologici che consideravano un centimetro di elevazione in media al secolo. Alessiani valutò che nel solo spazio di 36 anni, comprendenti l'arco 1945-1981, i giovani italiani, in media, avevano scavalcato ogni attesa di accrescimento staturale assai lontana da quei tre millimetri e magari quattro per eccesso, da attendersi nel tempo di un terzo e poco più di cento anni. Le statistiche di riferimento erano ministeriali e comunicavano un evento straordinario: 13,5 cm. Ammettendo una costanza matematica di 1 cm nel lasso 1845-1945, altrimenti le frazioni terminali avrebbero raggiunto l'iperbole, la sintesi dell'osservazione rivelava che in un terzo di secolo i giovani italiani (i veneti di più ed i sardi di meno) avevano toccato limiti staturali impensabili anticipando tredici secoli e mezzo. Totale: 1350 anni.

            Troppe, dice Alessiani, per giustificare siffatta enormità con le spiegazioni correnti sopra accennate; sì, possono aver avuto una certa influenza fenomenica ma non tale da inverare una logica causale. Più opinabile una grande "mutazione" d'ordine ambientale ed a vasto raggio necessariamente compresa in altre mutazioni d'altri esseri viventi d'ogni specie e non cadute sotto l'osservazione umana. In tal caso un nuovo asserto biologico sarebbe da esprimersi e cioè: più mutazioni coambientali e contemporanee debbono possedere denominatori comuni.

    Riportando in coordinate cartesiane la mortalità per cancro in Italia per lo stesso periodo con tutte le dovute sottrazioni per i canoni di sopravvivenza media spontanea ed artificiale (cioè da conquiste mediche) le due risultanti appaiono tendenzialmente in parallelo.

            Che cosa sta accadendo? Tra igiene voluta (esasperata pulizia esaltata in ogni direzione dalla speculazione industriale pubblicizzata) e non voluta (radiazioni d'ogni tipo e provenienza) si ingenera uno stato di "sterilizzazione" ambientale. A loro volta, gli avvelenamenti ambientali (erroneamente definiti come inquinamenti) cooperano nella sterilizzazione causando una metamorfosi per sbilanciamento a rappresentazione alternativa in valori strettamente algebrici. Prendiamo in considerazione una viola mammola che nasce in terreno del tutto primordiale e verginale spontaneamente; essa è soggetta ad una incombenza da cui non si può sottrarre: il ciclo dell'azoto. Un sodalizio "faticoso" avviene nelle sue radici da batteri nitrificanti tra questi e quella in un laboratorio ad attività incessante. Se la viola mammola viene però carpita integralmente e trasportata in terreni a concimazione chimica industriale, la faticosa collaborazione biochimica viene a cessare per soppressione dei microrganismi nitrificanti (soppressione d'indole chimica e competitiva volontaria della loro funzione con prodotti di sostituzione di apporto rapidissimo).

            Poiché ogni fatica è certamente penalizzante per tutti (in tal caso pianta e microrganismi collaboranti), cessata ex-abrupto la finalità naturale della produzione dell'azoto la pianta, non più gravata dalla doverosità del ciclo dell'azoto, se ne gioverà crescendo "in altezza" di quanto la fatica di laboratorio le sottraeva nell'ambito delle sue radici. Ecco dunque il rapporto algebrico. Possiamo in un certo senso raffigurarci una mongolfiera che raggiunge il suo equilibrio matematico se stabilizzata dai sacchi di zavorra (pesi paganti e dunque sottraenti); una volta abbandonati quelli, l'aerostato s'innalzerà in proporzione al peso di zavorra non più esistente (debito pendente cessato).

            Riportato tale concetto all'aumento dalla struttura dei giovani "precipitosamente" concretizzatasi, possiamo dire che anche essi sono stati "liberati" da ambienti sottrattivi, che erano però i naturali, per trovarsi in quelli innaturali della esistenza biologica più facile; da qui l'accrescimento impetuoso e paradossale indipendentemente dalla alimentazione, sport, autonomie d'intenti e di costumi.

            E l'esistenza biologica più facile ritrova il denominatore comune di un ambiente nuovo, quello modificato dalla sterilizzazione di se stesso. L'organismo umano, man mano che si allontana da impegni sottraenti di difesa anticorpale per rarefazione della causa "antigene" guadagna allora in vantaggi quali (i più facili a distinguerli) l'allungamento dell'esistenza, l'aumento dell'altezza, la maggiore armonia delle sue forme, il miglioramento delle capacità d'apprendere già in fasi infantili (in comparazione con le generazioni precedenti), ecc.

            Tuttavia non altrettanto ottiene "in tema di difese", soggiacendo così ad una sempre maggiore vulnerabilità che si sbilancia in una proporzionalità inversa carenzialmente.

            Nessun secolo come l'attuale è stato più crudele nella storia degli uomini in tema di malattie inguaribili (cancro, leucemie, sclerosi multiple, Crohn, AIDS). Tornano perfino aggressive malattie che troppo trionfalmente si ritenevano superate come la turbercolosi.

            Nasce ora la domanda di quanto crescerà e sopravviverà di più la viola mammola e la nuova generazione umana; le due mutazioni (così come tante altre ancora ignorate) giungeranno allo "zenith" delle dotazioni in DNA (personali in ogni soggetto vivente) relativo all'altezza massima ed al protrarsi massimo della vita. In pratica nessuno di noi conosce il massimo delle sue dotazioni originarie fino al momento in cui siffatti standard individuali non si realizzeranno in generazioni per le quali lo status di sterilizzazione ambientale non avrà raggiunto il massimo artificioso. Raggiunti gli zenith della espressione cromosomica in dote perché liberatisi dagli impegni sottrattivi (per gli uomini, al di fuori della immunità, ancora non ne conosciamo altri al contrario dei vegetali), la massima malabilità manifesterà sempre nuove patologie che sembreranno "nuove" ma che in realtà erano silenti in passato perché non emergibili e non configurabili per più attive condizioni di difesa.

            In pratica, l'umanità antica viveva di meno così come era più bassa, ma si difendeva da aggressioni micidiali in tempi brevi talché epidemie esiziali rispettavano fasi di insorgenza brutale ma che dopo un "plateau" di stabilizzazione precipitavano a tipo di curva di Gauss senza un'apparente spiegazione valida, scomparendo. Un deprecato ritorno del vaiolo oggi, in coloro che non sono stati vaccinati (un madornale errore nella convinzione che siffatto virus sia debellato), causerebbe una mortalità enormemente superiore a quella verificatasi in secoli lontani. La più recente esperienza, vecchio stampo, fu quella della "spagnola" del 1919, una pandemia di banale marca influenzale.

            Abbiamo esagerato nell'igiene, dice Alessiani, creando un ambiente di sterilizzazione "globale" fino al parossismo e la stiamo pagando cara per un boomerang che ci torna addosso e pericolosissimo. Avanza così un altro interrogativo: è opportuno sterilizzare tutto o soltanto una parte del tutto?

            Sorge, obbligata, una riflessione: la specie umana, prima dell'avvento del microscopio che ci dice se l'acqua è inquinata da germi, di che si è dissetata per secoli e secoli? Non poteva certo, mancando quello, discernere la bevibilità dalla non bevibilità; tuttavia non si è estinta in tale dilemma insoddisfatto e noi siamo gli eredi di tutte le generazioni. Oggi beviamo unicamente acqua sterile fino al punto di cimentarla con la clorazione per essere sicuri che sia tale; un fatto così acquisito da essere legge tassativa. Alessiani insiste: si sono raggiunti vertici d'errore; la potabilità dell'acqua non deve essere su base microscopica ma solo su base di nocività o meno e questo attraverso sperimentazione accertata in laboratorio su animali. Potrebbe essere esistente acqua potabile seppur "popolata" da microrganismi, ma assolutamente innocua ( in tal caso il termine di - inquinamento - viene automaticamente a decadere perché sinonimo di nocività in senso assoluto). Se così, quella bevuta per secoli e non colpevolizzata da microscopio, doveva necessariamente far parte di noi fino ad un equilibrio organico sempre più in perdita a causa di un "massimalismo" intransigente frutto di acquisizioni elevate a generalizzazioni estreme. E' il caso delle acque cosiddette "miracolose" ravvisate dalla esperienza popolare e combattute ad oltranza dalla scienza medica perché dichiarate pericolose mentre assolutamente non lo furono mai se non altro per loro utilizzazione da tempi antichissimi.

            Non esistevano acque miracolose se non inquinate ma nello stesso tempo innocue ed utili fino alla curabilità di mali oggi non fronteggiabili o addirittura nella inconsapevole prevenzione da essi. In Roma, la fonte della Dea Giunturna al Foro aveva un'alta miracolosità tanto da indurre il sopraggiunto cristianesimo ad interrarla per far dimenticare una prodigiosità pagana; il pozzo di S. Bartolomeo all'isola Tiberina non era altro che la piscina d'Esculapio, nume della medicina romana ed ellenistica. Nei primi del 1900, la sua acqua apparsa al microscopio microbicamente ricca fece si che lo si estinguesse. Lourdes è poi la quinta essenza dell'acqua impura per giunta aggravata dalla immersione di corpi sofferenti per patologie innumerevoli. Che c'è alla base di tutto questo? Una doppia esistenza tra acqua inquinate fisiologiche ed inquinate patologiche. Ora se le prime concorrono per un equilibrio anticorpale, l'acqua potabile di attuale uso perché "batteriologicamente pura" diventa responsabile ad un livello negativo per depauperamento organico di sistemi ed apparati già naturalmente attivi a nostra difesa. Paradossalmente l'acqua batteriologicamente pura si pone nell'ambito di negatività alla pari con quella inquinata patologica.

            Ma allora dov'è l'acqua inquinata ma benefica? Essa appartiene sempre a raccolte "statiche" e laddove la sua provenienza è - per filtrazione lentissima - prevalentemente da pareti tufacee; il pozzo di S. Bartolomeo è al centro di un'isola fluviale nel mezzo del Tevere, dove i due rami che la circondano sono forieri di infezioni ed infestazioni gravissime. Tuttavia per metri di spessore di base avviene una filtrazione spontanea con caratteri di maturazione selettiva ultrasecolare (molto probabilmente dovuta a batteriofagi) fino a ricomparire sulla base dei vasi comunicanti a carattere di polla. Un procedimento analogo i romani antichi lo ottenevano artificialmente con le acque luride di pioggia, cimentate nei cosiddetti cisternoni (Tivoli, Albano, Fermo) con rocce porose spesso ferruginose, depositatevi accortamente. L'acqua di "maturazione" era dunque conseguenza di un procedimento naturale selettivo sempre su base microbica ma assai lontana da una sterilizzazione integrale non conoscibile in fase di purezza microscopica, né raggiungibile in tale stadio per mancanza del microscopio in termini di purificazione, qualora quest'ultima fosse stata intuita o addirittura fino a certi gradi razionalizzata.

            L'acqua "per maturazione" per secoli e secoli fu bevuta senza nuocere a nessuno ma fornendo presenze attive peraltro necessarie con i caratteri di quella che i farmacologi del primo Novecento definirono "terza immunità" e che tentarono di risuscitare somministrando per via iniettiva idrolisati di proteine eterogenee integrali di provenienza microrganica.

            Purtroppo, l'avvento occasionale sia dei sulfamidici che degli antibiotici fece dimenticare con il loro meccanismo distruttivo sui germi e sulle loro generazioni quello studio, frutto di una razionalità di grande interesse e confortanti promesse.

            Alessiani allora torna indietro di quattordici secoli, preleva dei terricci catacombali, poi con acqua di fonte ne provoca una sospensione che fa lentamente decantare; terricci di profondità (circa 35 metri) e lontani dal comune piano di calpestio, dimenticati in ambienti fortemente umidi, al buio, in temperature ambientali costanti. Da essi ne risuscita una rivivescenza di microrganismi antichi in torpidità letariga; l'importante è preservare quella contaminazione antica da quella di germi attuali che, se discendenti da quegli antenati ne sono diversi per mutazioni recenti e celeri e dunque pericolosi per difetto immunitario ancora lento a configurarsi. Si verifica così una realtà incredibile: lo streptococco di 1400 anni fa è innocuo per l'uomo mentre quello di oggi, no. Ciò vale per tante altre specie di microbi, virus compresi. Somministrando sperimentalmente sia per via orale che iniettiva una carica così apocalittica di microrganismi antichi con le loro tossine comprese, assolutamente nulla accade di patologico. Tutto diventa silente e tollerabile come se si trattasse di semplice acqua distillata scrupolosamente asettica.

            Un paradosso apparentemente non spiegabile se non ricercando nel nostro DNA una memoria antagonista e sempre attiva nei suoi adattamenti secolari alle stesse mutazioni e altrettanto secolari di antigeni, non esatti ma soltanto anticorpalmente archiviati.

            Una memoria "fisiologicamente" storica che riemerge in difesa se richiamata a farlo.

            E lo fa brillantemente, fino a determinare, in tempi brevissimi, favorevoli eventi, oggi, per la medicina attuale, inattendibili

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