CONSULTA L'INDICE PUOI TROVARE OLTRE 4000 ARTICOLI

su santi,filosofi,poeti,scrittori,scienziati etc. che ti aiutano a comprendere la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo


venerdì 1 agosto 2025

La Pietà (1928)

 

La Pietà (1928)



Giuseppe UngarettiLa Pietà
in Sentimento del tempo
Vita d'un uomo. Tutte le poesie

Mondadori, 2005
I Meridiani Collezione,
LXIII-906 p; Euro 12,90

e poesie scritte da Giuseppe Ungaretti in tempi immediatamente successivi alla conversione religiosa, risentano di uno spirito ancora incerto, ma decisamente orientato ai temi della chiesa cattolica e del vangelo di Cristo. Tra queste si distingue per bellezza e per pregnanza La Pietà.

    LA PIETÀ
    1928

    1

    Sono un uomo ferito.

    E me ne vorrei andare
    E finalmente giungere,
    Pietà, dove si ascolta
    L’uomo che è solo con sé.

    Non ho che superbia e bontà.

    E mi sento esiliato in mezzo agli uomini.

    Ma per essi sto in pena.
    Non sarei degno di tornare in me?

    Ho popolato di nomi il silenzio.

    Ho fatto a pezzi cuore e mente
    Per cadere in servitù di parole?

    Regno sopra fantasmi.

    O foglie secche,
    anima portata qua e là…

    No, odio il vento e la sua voce
    Di bestia immemorabile.

    Dio, coloro che t’implorano
    Non ti conoscono più che di nome?

    M’hai discacciato dalla vita.

    Mi discaccerai dalla morte?

    Forse l’uomo è anche indegno di sperare.

    Anche la fonte del rimorso è secca?

    Il peccato che importa,
    se alla purezza non conduce più.

    La carne si ricorda appena
    Che una volta fu forte.

    È folle e usata, l’anima.

    Dio guarda la nostra debolezza.

    Vorremmo una certezza.

    Di noi nemmeno più ridi?

    E compiangici dunque, crudeltà.

    Non ne posso più di stare murato
    Nel desiderio senza amore.

    Una traccia mostraci di giustizia.

    La tua legge qual è?

    Fulmina le mie povere emozioni,
    liberami dall’inquietudine.

    Sono stanco di urlare senza voce.

    2

    Malinconiosa carne
    dove una volta pullulò la gioia,
    occhi socchiusi del risveglio stanco,
    tu vedi, anima troppo matura,
    quel che sarò, caduto nella terra?

    È nei vivi la strada dei defunti,

    siamo noi la fiumana d’ombre,

    sono esse il grano che ci scoppia in sogno,

    loro è la lontananza che ci resta,

    e loro è l’ombra che dà peso ai nomi,

    la speranza d’un mucchio d’ombra
    e null’altro è la nostra sorte?

    E tu non saresti che un sogno, Dio?

    Almeno un sogno, temerari,
    vogliamo ti somigli.

    È parto della demenza più chiara.

    Non trema in nuvole di rami
    Come passeri di mattina
    Al filo delle palpebre.

    In noi sta e langue, piaga misteriosa.

    3

    La luce che ci punge
    È un filo sempre più sottile.

    Più non abbagli tu, se non uccidi?

    Dammi questa gioia suprema.

    4

    L’uomo, monotono universo,
    crede allargarsi i beni
    e dalle sue mani febbrili
    non escono senza fine che limiti.

    Attaccato sul vuoto
    Al suo filo di ragno,
    non teme e non seduce
    se non il proprio grido.

    Ripara il logorio alzando tombe,
    e per pensarti, Eterno,
    non ha che le bestemmie.

LA LETIZIA

 LA LETIZIA FRANCESCANA 

La letizia francescana non è la semplice allegria, ma letizia deriva da "laetus", cioè letame, fertilizzante, concime, come cantava De André: "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori". Dietro alle persone tanto felici, ci sono persone che hanno trasformato i loro dolori in fiori di gioia, le loro ferite in solchi per i semi della felicità, le loro sofferente in fertilizzante di allegria per gli altri.(fra Emiliano Antenucci)

Il Risorgimento 😱

 Antonio Gramsci nel 1920, sull’Ordine Nuovo, queste parole: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce, che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti.

Sant' ALFONSO MARIA DE' LIGUORI

Sant' ALFONSO MARIA DE' LIGUORI   

Vescovo e dottore della Chiesa - Memoria

Napoli, 1696 - Nocera de' Pagani, Salerno, 1 agosto 1787


Martirologio Romano: Memoria di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera dei Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà.


“I pulcini delle rondini non fanno altro che gridare, cercando con ciò l’aiuto e l’alimento alle loro madri. Così dobbiamo sempre gridare, chiedendo a Dio soccorso per evitare la morte del peccato, e per avanzarci nel suo santo amore”.

Quando si nasce in una famiglia nobile come i de’ Liguori, in una grande città come Napoli in un secolo importante come quello dei Lumi e si è il primo di otto figli, si è senz’altro destinati a fare qualcosa di importante. Così, come buon augurio, i genitori battezzano il loro primogenito Alfonso, che significa, appunto, valoroso e nobile. E nessuno più di lui sarà all’altezza del suo nome.

Un avvocato di soli 16 anni

Affidato ai migliori precettori che ci fossero in circolazione, Alfonso dà immediatamente prova delle sue qualità straordinarie: a 12 anni sostiene in maniera eccellente l’esame di ammissione all’università, facoltà di legge, davanti al filosofo Giambattista Vico, e a 16 anni esercita già da avvocato. Diventa in breve tempo il migliore della città, con la meritata fama di non perdere neppure una causa. Ma il Signore avrà altri piani per lui, che è nato in una famiglia particolarmente toccata dalla grazia: tra gli otto figli, infatti, oltre lui, due saranno monache, uno benedettino e un altro ancora sacerdote secolare. Non è il contesto nobiliare da cui proviene, infatti, quello in cui Lui lo chiama a vivere.

Dalla legge umana a quella di Dio

Già durante il lavoro da avvocato Alfonso fa quello che oggi chiamiamo “volontariato”, in particolare presso l’ospedale di Napoli dove visita i malati. Pian piano questa vita lo attrae sempre di più, così decide di lasciare la legge e dedicarsi al Signore. Nel 1726 diventa sacerdote e dedica tutto il suo ministero ai più poveri, che nella Napoli settecentesca sono davvero tanti. Intensa è la sua attività di predicatore e di confessore, e coltiva anche il sogno di partire in missione per l’Oriente.

Diventare pastore tra i pastori: la nascita della Congregazione

Nel 1730, durante un riposo forzato sulle montagne sopra Amalfi, Alfonso si trova a discorrere con alcuni pastori e si rende conto di quanto grave sia il loro abbandono umano, culturale e religioso. Questa scoperta lo turba a tal punto che decide di lasciare Napoli per ritirarsi presso l’eremo benedettino di Villa degli Schiavi, vicino Caserta, dove fonda la Congregazione del Santissimo Salvatore, che verrà approvata da Benedetto XIV nel 1749 e prenderà poi il nome attuale di Congregazione del Santissimo Redentore. La loro missione consisterà nella predicazione improntata alla semplicità apostolica e nell’educazione degli umili. Alfonso prende spunto dalle Cappelle serotine, cioè gruppi guidati da collaboratori del Santo, sia laici che seminaristi, dediti all’evangelizzazione dei ragazzi di strada: un’esperienza che a Napoli aveva avuto immediato successo tanto da raggiungere la quota di 30mila iscritti da educare. In seguito, ai sacerdoti Redentoristi si aggiungeranno anche le monache Redentoriste: il ramo femminile della Congregazione sarà fondato proprio ad Amalfi.

Vescovo a Sant’Agata dei Goti

Alfonso ama insegnare e predicare e utilizza anche metodi innovativi come la musica che aveva studiato da ragazzo: sua, ad esempio, è la composizione della celebre “Tu scendi dalle stelle”, immancabile in ogni celebrazione del Santo Natale. È, inoltre, molto impegnato nelle questioni di morale: tra le molte opere che scrive la più importante è certamente la “Teologia morale” in diversi volumi – ancora oggi studiata – in cui si affrontano questioni come la verginità di Maria e l’infallibilità del Papa molto prima che la Chiesa li fissi come dogmi. Nel 1762, alla venerabile età di 66 anni, Alfonso viene anche nominato vescovo di Sant’Agata dei Goti, nel Beneventano, incarico che lascerà 15 anni dopo per i problemi di salute che lo porteranno alla morte nel 1787. Canonizzato nel 1839, Sant’Alfonso Maria de’ Liguori viene proclamato Dottore della Chiesa da Pio IX nel 1871, mentre nel 1950 Pio XII gli conferisce il titolo di “celeste Patrono di tutti i confessori e i moralisti”.

La tristezza. Luigi Giussani

 La tristezza.  Luigi Giussani


"La tristezza è una nota inevitabile e significativa della vita, perché nella vita, in ogni suo momento tu hai la percezione di qualcosa che ancora ti manca; la tristezza è un’assenza sofferta.

Che cosa rende buona la tristezza? Riconoscerla come strumento significativo del disegno di Dio. Il disegno di Dio implica questo: che la vita sia sempre, in qualsiasi caso… soggetta alla percezione di qualcosa che manca. Ed è provvidenziale questo… Che la vita sia triste è l’argomento più affascinante per farci capire che il nostro destino è qualcosa di più grande, è il mistero più grande. E quando questo mistero ci viene incontro diventando un uomo, allora questo fascino diventa cento volte più grande. Non ti toglie la tristezza, perché il modo con cui Dio diventa uomo è tale che l’hai senza averlo, l’hai già e non l’hai ancora… Non lo vediamo – io non vedo Lui come vedo te – , so che Lui è qui perché ci sei tu, perché ci siamo noi…

La tristezza è la condizione che Dio ha collocato nel cuore dell’esistenza umana, perché l’uomo non si illuda mai tranquillamente che quello che ha gli può bastare.

La tristezza è parte integrante, non della natura del destino dell’uomo, ma dell’esistenza dell’uomo, cioè del cammino al destino, ed è presente ad ogni passo. Quanto più questo passo è bello per te, quanto più è incantevole per te, quanto più è tuo, tanto più capisci che ti manca quello che più aspetti."  

  (Si può vivere così?, p. 338)

giovedì 31 luglio 2025


Noi che abbiamo maggiori pretese,

che abbiamo le aspirazioni

dimensione di troppo

e una

non potremmo neanche vivere se,

oltre all'aria di questo mondo,

non ci fosse anche un'altra atmosfera

respirabile, se oltre al tempo

non esistesse anche l'eternità


Hermann Hesse

Il lupo della steppa

Cos'è la melatonina

 Cos'è la melatonina e qual è la sua importanza?  Parte prima.


La melatonina è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale, situata nel cervello. Spesso chiamata "ormone del sonno", aiuta a controllare il momento in cui ci si addormenta e ci si sveglia. Il Dr. Aaron Lerner scoprì la melatonina nel 1958 e da allora è stata ampiamente studiata.


Ruolo della melatonina nel corpo umano


La melatonina svolge molte funzioni importanti nel corpo:


Regolazione del sonno: i livelli di melatonina aumentano la sera, segnalando al corpo che è ora di dormire. Questo aiuta ad addormentarsi e a dormire per tutta la notte.

Proprietà antiossidanti: la melatonina protegge le cellule dai danni combattendo le molecole nocive chiamate radicali liberi. Questo aiuta a mantenersi in salute e può prevenire malattie come il cancro.

Supporto al sistema immunitario: la melatonina aiuta il sistema immunitario a funzionare meglio, proteggendo da infezioni e malattie. Ha anche proprietà antivirali, che la rendono utile nella lotta contro i virus.

Salute riproduttiva: la melatonina aiuta a regolare il ciclo mestruale e la salute riproduttiva generale delle donne. Aiuta anche lo sviluppo del bambino durante la gravidanza. 


Ritmi circadiani e riproduzione stagionale

Il nostro corpo segue processi naturali chiamati ritmi circadiani, che seguono un ciclo di 24 ore e sono influenzati dalla luce e dal buio. La melatonina è fondamentale per regolare questi ritmi.


Ritmi circadiani: la produzione di melatonina aumenta quando fa buio, favorendo il sonno. Questo aiuta a mantenere un ciclo sonno-veglia regolare, essenziale per una buona salute.

Riproduzione stagionale: in molti animali, la melatonina aiuta a controllare la riproduzione in base alla stagione. La quantità di melatonina prodotta varia con la lunghezza della notte, che varia durante l'anno. Sebbene questo aspetto sia meno importante negli esseri umani, dimostra come la melatonina aiuti gli animali ad adattarsi ai cambiamenti stagionali.   


 Il viaggio del Dott. Russell Reiter nella ricerca sulla melatonina


Il Dott. Russell Reiter è un professore di biologia cellulare molto stimato, noto per le sue approfondite ricerche sulla melatonina. Ha ricevuto quattro lauree honoris causa in medicina e una laurea honoris causa in scienze. 


Nel corso della sua lunga carriera, il lavoro del Dott. Reiter è stato ampiamente citato nella letteratura medica e scientifica, rendendolo uno dei massimi esperti nel campo della ricerca sulla melatonina.


Come il Dott. Reiter si è avvicinato alla ricerca sulla melatonina

L'interesse del Dott. Reiter per la melatonina è nato in modo piuttosto inaspettato. La melatonina fu scoperta nel 1958 dal Dott. Aaron Lerner e, inizialmente, il Dott. Reiter non la considerava un argomento interessante. Tuttavia, la sua prospettiva cambiò durante il periodo trascorso nell'esercito. 


Nei primi anni '60, l'attenzione si concentrava sui viaggi spaziali a lunga distanza e i ricercatori stavano studiando modi per aiutare gli astronauti a ibernarsi durante le lunghe missioni. 


Il Dott. Reiter faceva parte di un team incaricato di isolare una sostanza in grado di indurre il letargo. Questa ricerca lo portò alla scoperta della melatonina, che svolse un ruolo nella regolazione del letargo, sebbene non ne fosse il fattore scatenante. Questa esperienza accese il suo interesse per lo studio della melatonina, che durò per tutta la vita.


Tappe fondamentali della sua carriera

Prime ricerche: dopo aver iniziato a occuparsi di ricerca sulla melatonina in ambito militare, il Dott. Reiter ha continuato a esplorarne le funzioni e gli effetti. Ha scoperto che la melatonina viene prodotta dalla ghiandola pineale durante la notte e svolge un ruolo chiave nella regolazione dei ritmi circadiani in tutte le specie di vertebrati.

Melatonina e sonno: la ricerca del Dott. Reiter ha evidenziato l'importanza della melatonina nella regolazione del sonno. Ha scoperto che i livelli di melatonina aumentano la sera, contribuendo a segnalare all'organismo che è ora di dormire. Questo lavoro ha contribuito a stabilire che la melatonina è una componente fondamentale per un sonno sano.

Proprietà antiossidanti: il Dott. Reiter ha scoperto che la melatonina è un potente antiossidante, che protegge le cellule dai danni causati dai radicali liberi. Questa scoperta ha ampliato la comprensione dei benefici della melatonina oltre la regolazione del sonno, dimostrando il suo potenziale nella prevenzione di diverse malattie.

Ricerca sul cancro: gli studi del Dott. Reiter hanno dimostrato che la melatonina ha proprietà antitumorali, inibendo la crescita tumorale e supportando il sistema immunitario. Il suo lavoro è stato fondamentale nell'esplorazione della melatonina come potenziale trattamento contro il cancro.

Pubblicazioni e citazioni: Nel corso della sua carriera, il Dott. Reiter ha pubblicato numerosi articoli sulla melatonina, che sono stati citati oltre 173.000 volte. È stato co-curatore di importanti riviste sulla ricerca sulla melatonina, tra cui il "Journal of Pineal Research" e "Melatonin Research".

Ricerca in corso: anche a 80 anni, il dott. Reiter continua a contribuire alla ricerca sulla melatonina, esplorandone i potenziali benefici nel trattamento di malattie come il COVID-19, riducendo il danno da ischemia-riperfusione e supportando la salute riproduttiva.

melatonina

Prime scoperte sulla produzione di melatonina nella ghiandola pineale

La melatonina fu scoperta per la prima volta nel 1958 dal Dr. Aaron Lerner, un dermatologo che la identificò durante le sue ricerche sulla ghiandola pineale. Le prime ricerche rivelarono che la melatonina viene prodotta nella ghiandola pineale, una piccola ghiandola endocrina situata nel cervello.


La produzione di melatonina è direttamente influenzata dalla presenza di luce: viene prodotta in quantità maggiori durante la notte e ridotta durante il giorno.


La ricerca del Dott. Russell Reiter ha ulteriormente chiarito che la produzione di melatonina fa parte di un ciclo giornaliero, allineandosi al naturale ciclo luce-buio dell'ambiente. Questa produzione ciclica aiuta a regolare diverse funzioni corporee, in particolare quelle legate al sonno.


Il ruolo della melatonina come segnale circadiano e stagionale

La melatonina svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dei ritmi circadiani, ovvero i processi interni naturali che seguono un ciclo di 24 ore.


Questi ritmi sono essenziali per mantenere costanti i cicli sonno-veglia, il rilascio di ormoni, la temperatura corporea e altre funzioni vitali.


Ritmi circadiani: i livelli di melatonina aumentano la sera con il calare del buio, segnalando al corpo che è ora di prepararsi al sonno. Questo aiuta a stabilire un ciclo sonno-veglia regolare, essenziale per la salute generale. Durante il giorno, l'esposizione alla luce sopprime la produzione di melatonina, contribuendo a mantenervi svegli e vigili.

Segnale stagionale: in molti animali, la melatonina agisce anche come segnale stagionale. La durata della produzione di melatonina varia con la lunghezza della notte, che a sua volta varia con le stagioni. Notti più lunghe in inverno portano a una produzione prolungata di melatonina, mentre notti più corte in estate ne riducono i livelli. Questa variazione stagionale aiuta a regolare i cicli riproduttivi e altri comportamenti stagionali negli animali.


Sebbene gli esseri umani siano meno influenzati dai cambiamenti stagionali rispetto ad altri animali, il ruolo stagionale della melatonina ne sottolinea l'importanza nell'adattamento ai cambiamenti ambientali.


Storia della ricerca sulla melatonina


La scoperta della melatonina nel 1958 segnò l'inizio di una nuova era nella comprensione della ghiandola pineale e delle sue funzioni. I primi studi si concentrarono sulla sua produzione e sul suo ruolo nella regolazione del sonno.


Nel corso del tempo, ricercatori come il dott. Russell Reiter hanno ampliato la portata della ricerca sulla melatonina, scoprendone le proprietà antiossidanti e i potenziali benefici per la salute.


Anni '60: i primi studi hanno identificato la produzione di melatonina nella ghiandola pineale e la sua regolazione attraverso l'esposizione alla luce. I ricercatori hanno iniziato a studiarne gli effetti sul sonno e sui ritmi circadiani.

Anni '70 e '80: gli studi si sono ampliati per indagare il ruolo della melatonina nella riproduzione stagionale degli animali e i suoi potenziali effetti sulla salute umana. Il lavoro del Dott. Reiter in questo periodo ha evidenziato le proprietà antiossidanti della melatonina e il suo potenziale nel proteggere le cellule dai danni.

Anni '90 e 2000: la ricerca si è concentrata sui potenziali usi terapeutici della melatonina, comprese le sue proprietà antitumorali e i benefici per il sistema immunitario. Il Dott. Reiter e altri scienziati hanno pubblicato numerosi studi che esplorano questi aspetti.

Anni recenti: la ricerca in corso continua a esplorare i potenziali benefici della melatonina nel trattamento di varie malattie, tra cui il COVID-19, e il suo ruolo nel mantenimento della salute generale e nel ritardare le patologie legate all'età.


Continua

martedì 29 luglio 2025

beato Federico Ozanam André-Marie Ampère (1775-1836),

 E’ vero che il beato Federico Ozanam fu convertito dalla recita del rosario di un grande scienziato?


Il beato Antoine-Fréderic Ozanam (1813-1853) aveva diciotto anni quando arrivò a Parigi. Non era incredulo, ma la sua anima aveva più o meno raggiunto quello stato che può essere chiamato “crisi della fede”.


Un giorno il giovane entrò nella chiesa di Saint-Etienne du Mont e vide inginocchiato in un angolo un uomo anziano che devotamente recitava il rosario. Guardando meglio riconobbe in quell’uomo il famoso scienziato André-Marie Ampère (1775-1836), colui che era il suo ideale, colui che per lui rappresentava la scienza e il genio viventi: quella visione lo colpì sin nelle profondità dell’anima.


Allora Ozanam s’inginocchiò in silenzio dietro Ampère, mentre la preghiera e le lacrime sgorgavano dal suo cuore. Era la vittoria della fede e dell’amore di Dio e Ozanam ebbe a dire, in seguito, che il rosario di Ampère aveva avuto su di lui più effetto di tutti i libri e di cento sermoni.

https://itresentieri.it/lo-sai-che-federico-ozanam-fu-convertito-dalla-recita-del-rosario-di-un-grande-scienziato/

domenica 27 luglio 2025

La vasca Jacuzzi

 Quando sentiamo la parola 'Jacuzzi', pensiamo subito a lusso, relax, weekend in spa. Ma scommetto che non conosci la vera storia dietro questa invenzione.

In realtà, la celebre vasca idromassaggio non è nata per il lusso. È nata dall'amore.

Siamo nel 1948. La famiglia Jacuzzi, originaria del Friuli Venezia Giulia, vive ormai da tempo negli Stati Uniti. Candido Jacuzzi è un inventore, come molti dei suoi fratelli. Ma c'è un problema che lo tormenta ogni giorno.

Suo figlio Ken, ancora bambino, soffre di una forma grave di artrite reumatoide infantile. I dolori sono lancinanti. L'idroterapia in ospedale funziona, ma è costosa e difficile da seguire regolarmente.

Cosa fa un papà quando vede soffrire suo figlio?

Candido si mette al lavoro. Progetta una pompa speciale che può essere inserita in una normale vasca domestica, creando quell'effetto massaggiante che aiuta Ken a stare meglio. Una macchina della salute, non del lusso.


Solo vent'anni dopo, nel 1968, Roy Jacuzzi capì il potenziale commerciale dell'idea e la trasformò nel prodotto che conosciamo oggi.


Pensa un po': quello che oggi è simbolo di benessere e status sociale, nasce dal gesto d'amore di un papà italiano che voleva solo alleviare i dolori di suo figlio.


A volte le invenzioni più famose del mondo hanno origini molto più umane di quello che immaginiamo.

sabato 26 luglio 2025

Un bacio che unisce due volti in uno


 Un bacio che unisce due volti in uno



26 luglio: oggi la Chiesa ricorda i Santi Anna e Gioacchino.

A Padova, Giotto racconta. Mai prima l'amore coniugale era stato rappresentato in modo così persuasivo, un bacio che sembra fare di due un solo volto. Un bacio che unisce due volti in uno, i tratti dell'uno si fondono nell'altro, più che un capolavoro di tecnica, una evidenza di perfetta comunione! (Giotto, Incontro tra Gioacchino e Anna, part., Cappella degli Scrovegni, Padova).

Il santo giusto Gioacchino, figlio di Barpathir, era della tribù di Giuda e discendente del re Davide, al quale Dio aveva rivelato che dai discendenti della sua stirpe sarebbe nato il Salvatore del mondo. La santa giusta Anna era figlia di Mattan, ella da parte di padre era discendente della tribù di Levi, da parte di madre discendeva dalla tribù di Giuda. La famiglia di sant’Anna veniva da Betlemme.

I due sposi vivevano a Nazareth, in Galilea, e giunti ormai nella loro vecchiaia non avevano avuto figli, cosa che li aveva addolorati lungo tutta la loro vita. Avevano dovuto sopportare la derisione e il disprezzo, poiché a quel tempo la sterilità era considerata una vergogna. Ma non si lagnarono mai, soltanto pregavano con fervore Dio, confidando umilmente nella Sua volontà.

Un giorno, durante una grande festa, il giusto Gioacchino andò a Gerusalemme per portare doni da offrire a Dio, ma le sue offerte non furono accettate dal sacerdote Ruben, il quale riteneva che un uomo senza figli non fosse degno di offrire un sacrificio a Dio. Tutto questo addolorò molto vecchio, che, considerandosi il più grande peccatore tra il popolo, decise di non tornare a casa, ma di ritirarsi in solitudine in un luogo deserto. La sua giusta sposa Anna, avendo appreso che genere di umiliazione avesse sopportato suo marito, in preghiera e digiuno iniziò tristemente a pregare Dio perché concedesse loro un figlio. Anche il giusto Gioacchino, nella sua desolata solitudine, digiunando pregò Dio per questo. E la preghiera dei santi sposi fu ascoltata: un Angelo annunciò a ciascuno di loro che sarebbe nata da essi una figlia che avrebbe benedetto tutto il genere umano, che sarebbe stata benedetta sopra tutte le altre donne. Disse anche che essa sarebbe rimasta vergine, sarebbe stata dedicata al Signore e, dopo aver vissuto nel Tempio avrebbe dato alla luce il Salvatore. Obbedendo alle parole del messaggero celeste, i santi Gioacchino ed Anna si incontrarono alla Porta D’Oro di Gerusalemme. Poi, come Dio aveva promesso, nacque per loro una figlia che chiamarono Maria.

San Gioacchino morì pochi anni più tardi, dopo l’ingresso nel tempio di sua figlia Maria, a circa 80 anni. Sant’Anna morì all’età di 79 anni, due anni dopo di lui, avendo vissuto nel Tempio accanto a sua figlia.

La Chiesa ricorda sant'Anna come protettrice delle nonne, delle madri e delle partorienti, in quanto madre di Maria e nonna di Gesù (non a caso negli ospedali molti reparti di ostetricia e ginecologia sono dedicati a lei). Già... nonna di Gesù, una espressione che non si usa molto, ma è proprio vera!

Streptococco SALIVARIUS K12


Streptococco SALIVARIUS  K12


"Uno Streptococco buono"

Nel microbiota orale il genere Streptococcus è dominante e, tra questi,lespecie salivarius e pyogenes combattono tra loro per il dominio sui tessuti orali e della nicchia tonsillare. I salivarius non sono patogeni, i pyogenes si.

Lo Streptococcus salivarius più conosciuto al mondo è lo Streptococus salivarius K12, isolato circa 30 anni fa dalla bocca di un bambino neozelandese che, rispetto ai suoi coetanei, non si ammalava quasi mai di faringotonsilliti e otiti. Era il bambino numero 12 della scuola elementare di Kaikorai a Dunedin, in Nuova Zelanda e da qui deriva il nome di questo ceppo.

Studi in laboratorio indagarono le differenze rispetto agli altri streptococchi ed emerse che la presenza di questo ceppo limitava la crescita di altri batteri patogeni.

Lo Streptococcus salivarius K12, ha evidenziato una capacità pressoché unica: la produzione di batteriocine (Salivaricina A2 e Salivaricina B) che danneggiano e poi uccidono i batteri che disturbano la sua nicchia ecologica, come lo Streptococcus pyogenes.

La presenza di altri batteri a livello della bocca, come S. pyogenes, Moraxella catarrhalis, Haemophylus influenzae e S. pneumoniae, è stata associata alle principali patologie del cavo orale, come faringotonsilliti e otiti.

Come funziona

La terapia batterica o bioprotica

L’utilizzo di specie batteriche naturalmente presenti nell’organismo umano come potenziali fattori protettivi aiuta a combattere il nemico con le sue stesse armi, ovvero contrastare i batteri “cattivi” usando la potenza di altri batteri “buoni”.

È questa l’idea alla base della cosiddetta terapia batterica, o bioprotica.

La prospettiva è interessante, dato che potrebbe portare ad una riduzione dell’uso di farmaci (soprattutto antibiotici) per il trattamento di patologie frequenti, ed essere un potenziale vantaggio per contrastare l’antibiotico-resistenza, problema di grandissima attualità in tutto il mondo.

venerdì 25 luglio 2025

 La tragedia della maggior parte delle persone buone è non avere mai la risposta pronta quando vengono attaccate.

Gli altri, invece, sfruttano proprio questa fragilità e vincono battaglie ingiuste — rapide, decisive, dolorose.


Chi ha uno spirito pacifico e una coscienza limpida trova la risposta giusta solo dopo, quando ormai il momento è passato, quando il duello è già perso.

Non è mancanza d’intelligenza, no —

È una forma di purezza d’animo… forse troppo pura per questo mondo.


— Fëdor Dostoevskij



il mondo ha bisogno di vero dialogo

  "Non tenterò in niente di modificare quello che penso né quello che pensate.... per ottenere una conciliazione piacevole per tutti. Al contrario, quel che desidero dirvi oggi è che il mondo ha bisogno di vero dialogo, che il contrario del dialogo è la menzogna come il silenzio, e che non c'è dialogo possibile che tra gente che resta quella che è e che parla sinceramente."

 Camus 1946 Civenna, 26 Luglio 2009

l’ateismo

l’ateismo

Molto spesso si considera l’ateismo una posizione di puro rigore logico, di severa coerenza razionale. È una convinzione diffusa: pensare che la scelta di non credere sia la conseguenza inevitabile di un’analisi fredda e oggettiva dei fatti. 


Eppure, ciò che molti ignorano è che la logica applicata al solo piano immanente, a ciò che è misurabile e tangibile, possiede un limite intrinseco.


L’ateo, quando pretende di negare l’esistenza di Dio richiamandosi esclusivamente a questo tipo di ragionamento, cade in ciò che definisco l’Antinomia dell’Ateismo: la contraddizione di voler dimostrare l’inesistenza di un Principio trascendente con strumenti che, per loro stessa natura, non possono varcare i confini del mondo materiale.


Non significa che l’ateismo sia un errore assoluto: significa che la questione della fede non si esaurisce nel rigore logico. È un tema che chiede un pensiero più ampio, capace di riconoscere le limitazioni della ragione umana di fronte al mistero dell’esistenza.


Nelle stories vi invito a riflettere insieme su questa contraddizione e sul perché la scienza autentica non teme il confronto con la dimensione del Trascendente.

#antoninozichichi 

giovedì 24 luglio 2025

CARDINALE BIFFI CI CONSIGLIA. I “SOLUZIONOLOGI"

 IL CARDINALE BIFFI CI CONSIGLIA DI DIFFIDARE DEI “PROBLEMOLOGI”, E DI CERCARE I “SOLUZIONOLOGI"

"Non si cambia il mondo rimproverando al mondo i suoi mali ma si cambia il mondo indicando al mondo persone, fatti, circostanze in cui il proprio ideale comincia ad essere attuato.

Il mondo non cambia perché qualcuno gli dice il male che fa.

Il mondo cambia perché qualcuno gli indica il bene. Perchè l'unico vero rimprovero è il perdono. Ed il perdono è sempre una indicazione positiva. Non è mai la sottolineatura di un male."

Il cardinale Giacomo Biffi, nella congregazione generale che si tenne il 15 aprile 2005, prima dell’inizio della clausura a Santa Marta e delle votazioni nella Cappella Sistina che portarono all’elezione di Benedetto XVI, scrisse: “Vorrei esprimere al futuro Papa (che mi sta ascoltando), tutta la mia solidarietà, la mia simpatia, la mia comprensione, e anche un po’ della mia fraterna compassione. Ma vorrei suggerirgli anche di non preoccuparsi troppo di quello che qui ha sentito e non si spaventi troppo. Il Signore Gesù non gli chiederà di risolvere tutti i problemi del mondo. Gli chiederà di volergli bene con un amore straordinario... In una striscia e fumetto che ci veniva dall’Argentina, quella di Mafalda ho trovato diversi anni fa una frase che in questi giorni mi è venuta spesso alla mente: “Ho capito — diceva quella terribile e acuta ragazzina — il mondo è pieno di “problemologi”, ma scarseggiano i “soluzionologi”.

Resurrezione di Cristo? Elsa Morante

 “Ma voi credete nella Resurrezione di Cristo?...

Ma non capite? 

Cristo deve essere risorto 

per forza. 

Basta pensare 

alla sua vita terrena, 

così come ci è stata raccontata. 

Un uomo che ha avuto 

una vita così straordinaria, 

non può che essere risorto”


Elsa Morante e la vita, e la Risurrezione, di Gesù 

Da "piccolenote"

Tat’jana Kasatkina Dostoevskij

 Tat’jana Kasatkina l’ha scoperto a undici anni, leggendo “L’idiota”, e racconta così il suo incontro con Dostoevskij: “Ho trovato ‘L’idiota’ su uno scaffale di casa. L’ho letto tutto d’un fiato per due giorni e quello che ho sentito di più, durante e dopo la lettura, è che non ero più sola”. La Russia dell’epoca, cioè il suo mondo, il mondo come le veniva presentato, le appariva come “un mondo senza sbocchi, mi sembrava che lo spazio fosse come una grande scatola completamente chiusa da un coperchio azzurro, e quando ho letto ‘L’idiota’ il coperchio è saltato: ho capito che il cielo era aperto perché né il mondo né l’uomo finiscono qui, né il mondo né l’uomo possono essere ridotti a quello che si può toccare”. L’alternativa al positivismo era tutta nella domanda “Ma questo è un tetto o è il cielo?”.

Poi Kasatkina fa un accostamento strano, strano almeno per chi non conosca Dostoevskij: “Io sono nata e cresciuta in un paese in cui si poteva leggere Dostoevskij, ma non si poteva leggere assolutamente il Vangelo, semplicemente perché non c’era. E questo è stato un grave errore del nostro governo. All’inizio – subito dopo la rivoluzione del 1917 – sono stati intelligenti e hanno vietato di leggere anche Dostoevskij, ma poi, dal 1945 circa, ci hanno ridato il permesso di leggerlo. Non ha senso vietare il Vangelo a un popolo che ha Dostoevskij, sarebbe come vietare il Vangelo a un popolo che ha Dante”.

Per capire questo nesso, più vincolante di un’ispirazione, tra Dostoevskij e il Vangelo bisogna ricordare che lo scrittore russo è stato per quattro anni ai lavori forzati, e li ricorda come la grande occasione della sua vita. Scrive così a Vsevolod Solov’èv che stava attraversando una forte depressione: “Sì, io la capisco, ho sperimentato anch’io quello che sta passando. Ma io sono stato fortunato, mi hanno mandato ai lavori forzati”. Nei campi di prigionia in Siberia, paradossi degli assolutismi russi, non erano ammessi altri libri che il Vangelo. Dostoevskij per quattro anni non lesse altro e lo imparò letteralmente a memoria. Non solo i suoi testi ne sono intrisi, ma hanno anche la stessa struttura dei testi evangelici.

Questa forma di scrittura esalta la contemporaneità: quella dei Vangeli alla narrazione di Dostoevskij, e quella di Dostoevskij a noi. “Non è mai corretto – avverte Kasatkina – accostarsi alla letteratura come a qualcosa che non c’entra: con la vita, ma che è interessante in sé, astrattamente. L’arte, inclusa la letteratura, è l’unica manifestazione umana, l’unico tipo di conoscenza in grado di comunicarci un’esperienza in assenza di tale esperienza”, per questo è insostituibile e funziona “esattamente come l’esperienza”, infatti, mentre “il sapere dell’uomo è qualcosa che si acquisisce e si può dimenticare; l’esperienza è quello che non si dimentica” (ad andare in bicicletta impari una volta per tutte)…

Ubaldo Casotto su “Il Foglio” 21 luglio 2012

mercoledì 23 luglio 2025

LE STATINE INIBISCONO LA VITAMINA K2...

 LE STATINE INIBISCONO LA VITAMINA K2...


👉Che le statine fossero implicate in diverse cose, tra le quali l'inibizione del selenio e della glutatione perossidasi che serve a sopprimere lo stress perossidativo, era da tempo noto. Ricordo, che una compromissione della biosintesi delle selenoproteine ​​può essere un fattore di insufficienza cardiaca congestizia, che ricorda le cardiomiopatie dilatative osservate con la carenza di selenio. 


👉Inoltre, le statine inibiscono la sintesi di coenzima Q10, vitamina D, aumentano il rischio di diabete del 45%, (ci sono diversi studi che lo sostengono (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10546337/#:~:text=These%20two%20diseases%20have%20common,risk%20of%20type%202%20diabetes ), come pure pare possano contribuire ad aumentare il rischio di formazione di placche ateromasiche 

https://www.ahajournals.org/doi/10.1161/ATVBAHA.119.313832


Tutto questo rappresentava gia' un motivo per rifletterci molto sul suo uso prolungato nel tempo, senza contare quanto fosse piu' importante il colesterolo ossidato e tantissimi altri fattori quali rapporto omega 3 e acido arachidonico, omocisteina, emoglobina glicata, PCR, piuttosto che un colesterolo totale alto, ecc. 


Tra l'altro, ci sono individui, che nonostante abbiano un colesterolo nella "norma" siano piu' a rischio di altri che hanno un colesterolo alto, basterebbe valutare altri marcatori piu' importanti di rischio, quali Lpa, ecc. 


❗Un discorso piu' lungo e complesso, che non si puo' esaurire in due righe. 


‼️Adesso, la conferma ufficiale. Le STATINE inibiscono anche la sintesi di Vit K2, cofattore per l'attivazione della proteina Gla della matrice, che a sua volta protegge le arterie dalla calcificazione...quindi, piu' calcificazioni intravascolari? Pare di si


https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33634559/


https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25655639/


✅INTOLLERANZA ALLE STATINE (AIFA AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO) 


L'intolleranza alle statine, secondo l'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), si manifesta con sintomi muscolari come dolori, debolezza o rigidità, e può portare a lesioni muscolari. Esistono diverse soluzioni farmacologiche per i pazienti intolleranti, tra cui l'uso di Ezetimibe, che è rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale, e l'aggiustamento del dosaggio delle statine. 


Sintomi:


Dolori muscolari (mialgia)

Debolezza muscolare

Rigidità muscolare

Lesioni muscolari (raramente)

Crampi muscolari, specialmente notturni

Dolore ai tendini 


‼️Intolleranza alle statine: una definizione proposta da un international lipid expert panel

Arrigo F.G. Cicero - Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Alma Mater Studiorum Università di Bologna


La così detta statino-intolleranza è un problema clinico, etico ed amministrativo molto importante.


Da un punto di vista clinico è rilevante perchè uno dei maggiori determinanti dell'interruzione precoce del trattamento ipocolesterolemizzante con statine ed uno degli ostacoli all'impiego di dosi piene di farmaco che potrebbero consentire di raggiungere più facilmente i target LDL per categoria di rischio. Da un punto di vista etico è essenziale riconoscere prontamente gli effetti collaterali associati all'impiego di statine per impedire che effetti collaterali misconosciuti, talora anche per periodi lunghi, possano alterare la qualità di vita del paziente o portare a danno d'organo maggiore. Infine, da un punto di vista amministrativo, già attualmente la nota 13 AIFA prevede la rimborsabilità in classe A (totale) dell'ezetimibe per i pazienti intolleranti a trattamento statinico. In un prossimo futuro tale rimborsabilità potrebbe anche interessare i soggetti ad alto rischio cardiovascolare intolleranti a statina che potrebbero essere candidati a trattamento con farmaci innovativi, come ad esempio i nuovi inibitori della PCSK9 (alirocumab, evolocumab).


Se da un lato il problema ha una rilevanza enorme per i motivi di cui sopra, la letteratura scientifica disponibile non definisce chiaramente la statino-intolleranza. Nei trials registrativi la non tolleranza di solito è codificata per eventi estremi (es.: rabdomiolisi o innalzamento dei livelli di CPK plasmatici 10 volte il limite superiore di norma). La percezione di statino-intolleranza fra medici di medicina generale e specialisti territoriali, e nella popolazione generale è molto più vaga ed ampia e l'interruzione precoce del trattamento con statine sul territorio sembra essere più aderente ad una definizione più ampia che non ad una restrittiva.


In questo contesto di particolare interesse il tentativo del Prof. Banach di coordinare un gruppo di studio finalizzato alla redazione di una proposta di definizione univoca della statino-intolleranza, commentando criticamente le posizioni espresse in merito da EAS ed FDA.


Il documento di consensus rassicura in prima battuta pazienti e colleghi circa il valore assoluto del CPK che, in assenza di sintomatologia mialgica, di per sé non dovrebbe costituire motivo valido per la sospensione di terapia con statina, specie in soggetti a rischio moderato-severo, se non per valori superiori a 10 volte il limite superiore di norma. La mialgia tipica è simmetrica e prevalentemente localizzata alla masse muscolari maggiori.


Il rischio di miopatia sembra proporzionale al tempo di esposizione, alla dose, all'età, al consumo di alcool, al numero di comorbidità e coterapie. Il rischio appare minore con statine idrosolubili.


La coassunzione di succo di pompelmo è un fattore di rischio solo per assunzioni maggiori di 1 litro al giorno!


L'attenzione del medico agli effetti collaterali muscolari delle statine non deve tuttavia fargli dimenticare altri possibili effetti collaterali. La letteratura infatti riporta (anche se meno frequenti) effetti collaterali a carico del fegato (aumento delle transaminasi, che usualmente regredisce con la prosecuzione del trattamento), insonnia (attenuabile spostando la somministrazione del farmaco alla mattina) ed alterazioni del tono dell'umore, infezioni delle vie aeree superiori, diabete di tipo 2 (dose-dipendente, in soggetti già predisposti a sviluppare diabete), alopecia e reazioni orticarioidi, cataratta ed altri disturbi visivi, disfunzione erettile e calo della libido, tendinopatie ed artralgie.


Pazienti che svolgono attività fisica moderata-intensa dovrebbero evitare (se possibile) di usare dosaggi alti di statine potenti per un aumentato rischio di lesioni muscolo-tendinee e, in previsione di sforzi massimali, considerare la possibilità di sospendere la statina due giorni prima dell'evento.


Se i pazienti sono affetti da ipotiroidismo clinico (TSH>10 mU/L) o subclinico (TSH= 4-10 mU/L) questa condizione deve essere compensata farmacologicamente per almeno 3 mesi e fino a normalizzazione del quadro prima di iniziare terapia statinica, sia per limitare i rischi di miopatia che per partire da una valutazione obiettiva dell'ipercolesterolemia "primitiva" (ovvero non legata all'ipotiroidismo sottostante) al fine di non utilizzare dosi elevate e/o farmaci più potenti di quanto necessario alla gestione della condizione.


I pazienti con epatopatia cronica attiva richiedono un monitoraggio più intenso per i primi 3 mesi di trattamento (dosaggio delle transaminasi una volta al mese), ma la sospensione del trattamento dovrebbe essere considerata solo per innalzamenti delle transaminasi superiori a due volte il limite superiore di norma.


Anche per i pazienti con insufficienza renale cronica, non vi è indicazione alla sospensione del trattamento se non per peggioramento importante del quadro renale sottostante o rabdomiolisi.


Infine, in considerazione di tutti i punti sopra riportati, e partendo dalla constatazione che circa il 50% dei pazienti apparentemente statino-intolleranti risponde positivamente al semplice cambio delle molecola assunta, il panel propone la seguente definizione di statino-intolleranza:


- Incapacità di tollerare almeno due diverse statine, delle quali una alla dose iniziale (la più bassa disponibile) e l'altra a qualunque dose.

- Intolleranza associata a manifestazioni cliniche e/o laboratoristiche tipiche.

- Risoluzione di sintomi o segni (compresi gli esami di laboratorio) o miglioramento significativo degli stessi dopo riduzione della dose o sospensione della statina mal tollerata.

- Sintomi o alterazioni di laboratorio non attribuibili a fattori predisponenti noti, incluse possibili interazioni farmacologiche.


Questa è una definizione clinicamente operativa e molto estensiva, anche se non prende in considerazione il rechallenge, ovvero la risomministrazione del farmaco per rivalutare la reale intolleranza al farmaco dopo riesposizione, pratica poco gradita ai pazienti ma sicuramente efficace per l'identificazione definitiva dei pazienti realmente intolleranti. Questo tipo di approccio è peraltro quello richiesto dalla FDA per valutare la sicurezza di impiego dei nuovi inibitori sintetici delle PCSK9 che rivendicano un'indicazione proprio per la gestione di questa tipologia di pazienti.


 


 


Statin intolerance - an attempt at a unified definition. Position paper from an International Lipid Expert Panel.

Banach M, Rizzo M, Toth PP, Farnier M, Davidson MH, Al-Rasadi K, Aronow WS, Athyros V, Djuric DM, Ezhov MV, Greenfield RS, Hovingh GK, Kostner K, Serban C, Lighezan D, Fras Z, Moriarty PM, Muntner P, Goudev A, Ceska R, Nicholls SJ, Broncel M, Nikolic D, Pella D, Puri R, Rysz J, Wong ND, Bajnok L, Jones SR, Ray KK, Mikhailidis DP

Arch Med Sci. 2015;11:1-232


Letture attinenti


Stroes ES, Thompson PD, Corsini A, et al.; European Atherosclerosis Society Consensus Panel. Statin-as- sociated muscle symptoms: impact on statin therapy-European Atherosclerosis Society Consensus Panel Statement on Assessment, Aetiology and Management. Eur Heart J 2015 Feb 18. pii: ehv043 [Epub ahead of print].


Mancini GB, Tashakkor AY, Baker S, et al. Diagnosis, prevention, and management of statin adverse effects and intolerance: Canadian Working Group Consensus update. Can J Cardiol 2013; 29:1553-68


http://www.sisa.it/index.php?class=Comp&className=Content&op=Show&param=cid,753,preview,0


Dott Umberto Villanti Naturopata 


(*) Statins stimulate atherosclerosis and heart failure: pharmacological mechanisms

Harumi Okuyama et al. Expert Rev Clin Pharmacol. 2015

domenica 20 luglio 2025

Pascal

 Lo choc causato da uno scampato pericolo indusse  Blaise Pascal, nato a Clermont Ferrand il 19 giugno del 1623, a chiudere il suo periodo "mondano" per aprire invece quello "spirituale" e così ritrovare il senso di Dio.

La sera del 23 novembre 1654 i cavalli imbizzarriti del suo traino, travolto il parapetto del ponte di Neuilly a Parigi, precipitarono nella Senna, mentre la carrozza dove viaggiava rimase in bilico sull'orlo del precipizio, consentendogli così di avere per un soffio salva la vita al costo però di un enorme spavento.


A 31 anni d’età colui che fino ad allora era stato un validissimo scienziato e matematico, che per primo aveva studiato e dimostrato l'esistenza del vuoto, inventato una rudimentale calcolatrice (la cosiddetta "Pascalina") e scritto il "Saggio sulle coniche", capì che la sola razionalità scientifica, che procede deduttivamente da assiomi ed opera con una visione analitica, non bastava per spiegare il mistero dell'uomo.

Lungi dal denigrare la scienza ed anzi riconoscendo alla geometria in particolare il massimo della perfezione cui gli uomini possano pervenire, poiché questa disciplina si basa su princìpi "così chiari che non se ne trovano di più chiari per servir loro da prova", Pascal tuttavia si chiese in cosa potessero essere utili  le scienze per comprendere la condizione umana, cioè il problema più importante di tutti. Se l'uomo infatti è pervaso da continua irrequietezza, non è a quello che egli definì "l'ésprit géometrique" che bisogna rivolgersi per trovare la soluzione.


Accostatosi al cattolicesimo d’ispirazione giansenista, basato sull'interiorità della conoscenza, un estremo rigore morale e il rifiuto di ogni concessione a forme di religiosità esteriore, Pascal teorizzò che soltanto con "l'ésprit de finesse" (espressione malamente tradotta come "spirito di finezza", ma da intendersi piuttosto come "intuito") che risiede nel cuore di ognuno di noi e "ha ragioni che la ragione è incapace d'intendere", si è in grado di arrivare alla verità. L’uomo così gli appare sospeso fra due abissi: l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, con l'universo da un lato e gli infiniti micro-cosmi costituiti dalle realtà più piccole dall'altro.


Questa presa di coscienza del proprio stato genera in lui smarrimento, al quale l’uomo cerca di reagire con la scienza e la sua vana pretesa di scoprire i princìpi ultimi della natura che invece soltanto Dio, che ne è l'autore, conosce fino in fondo. L'uomo infatti ha aspettative ambiziose, che però non riesce a soddisfare a causa dei propri limiti e conseguentemente, laddove non arriva coi sensi e con l'intelletto, cerca di giungere con l'immaginazione, che lo porta a costruirsi ideali falsi e caduchi, venerando a seconda dei casi persone, oggetti o leggi, oppure perdendosi in futili passatempi  e finendo in tal modo per ingannarsi ancora di più.

Tutto ciò infatti non è che un "divertissement", cioè una “distrazione” che col trucco dell'oblio di sé stessi cerca di crearsi una realtà di comodo. In altre parole, "gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria e l'ignoranza, hanno deciso di non pensarci per rendersi felici", ma invano, perché prima o poi torna ad assalirli il senso dei loro limiti ed il vuoto tipico della loro condizione esistenziale.

Come se ne esce, allora? Se per Cartesio il "Cogito" era il fondamento della verità, per Pascal esso diventa il centro dell'individuo, perché "l'uomo sa di essere miserevole, ma è anche grande poiché ne è consapevole".

Per lui l'unica scelta possibile è l'accettazione della propria condizione, riscattabile però alla luce del Cristianesimo, con la riscoperta del divino, non però del "Dio dei filosofi", che è poi quello cartesiano, ma del "Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, che è amore e consolazione, e riempie l'anima ed il cuore".

Da qui dunque la famosa "scommessa" di Pascal: Dio non può essere dimostrato dalla ragione, ma va sentito nel cuore. Secondo Pascal, noi uomini siamo chiamati a decidere se vivere come se Dio non ci fosse, concentrandoci sui piccoli beni fugaci di questo mondo, oppure come se Dio ci fosse, puntando invece sulla beatitudine infinita in Lui.

Per lui vale la pena di scommettere su Dio, perché "dovunque ci sia l'infinito e non ci sia un'infinità probabilità di perdere contro quella di vincere, non bisogna esitare, ma dare tutto. E' il cuore che sente Dio, non la ragione. E' grazie ad esso che conosciamo i princìpi primi ed inutilmente il ragionamento, che non vi ha parte, s'industria per combatterli".

A distanza di circa 350 anni dalla loro prima edizione, realizzata postuma, i "Pensieri" di Pascal mantengono un'incredibile freschezza e attualità , tanto che la loro (ri)lettura  risulta fondamentale per quanti cerchino risposte sulla vita e la condizione umana.

(Testo di Anselmo Pagani)