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mercoledì 1 gennaio 2025

Ayn Rand

 * Una previsione inquietante*

     Il 2 febbraio 1905 nasceva a San Pietroburgo una donna destinata a scuotere le coscienze: 

     Alissa Zinovievna, meglio conosciuta come Ayn Rand, filosofa e scrittrice di origine russa, che avrebbe lasciato un segno indelebile nel mondo della letteratura e del pensiero.

     La sua opera più conosciuta, "La Rivolta di Atlante", non è solo un romanzo, ma un manifesto filosofico. 

      In una delle sue riflessioni più celebri, Ayn Rand delineò un quadro inquietante di una società in declino, un monito che sembra risuonare ancora oggi:

     "Quando ti renderai conto che, per produrre, devi ottenere l’autorizzazione da coloro che non producono nulla

      quando vedrai che il denaro scorre verso chi non commercia beni, ma favori

      quando ti accorgerai che molti si arricchiscono tramite la corruzione e le influenze, piuttosto che con il proprio lavoro,

       e che le leggi non ti proteggono da loro, ma anzi, sono loro ad essere protetti contro di te; 

      quando scoprirai che la corruzione è premiata e l’onestà diventa un sacrificio personale, allora potrai affermare, senza timore di sbagliarti, 

        che la tua società è condannata."

Questa profezia è un riflesso potente del mondo che viviamo, un invito a guardare con occhi aperti le dinamiche che ci circondano.

       Ayn Rand, scomparsa nel marzo del 1982, ci ha lasciato un’eredità intellettuale inestimabile, una sfida a non accettare passivamente il degrado morale e politico, ma a combattere per i nostri valori.

   Da Eresia

La fede dei semplici

 JOSEPH RATZINGER: LA COSA PIÙ PREZIOSA CHE HA LA CHIESA

"Secondo me è fondamentale non perdere di vista che il passaggio dal vecchio al nuovo testamento è avvenuto nella fede dei semplici: erano i poveri ('Anawim') a non partecipare né al liberalismo dei saducei né all'ortodossia alla lettera dei farisei. Con una fede semplice e in un'intuizione fondamentale, vivevano del nucleo della promessa e della dottrina; per questo divennero il luogo in cui poteva avvenire il passaggio dal vecchio al nuovo testamento; erano Zaccaria, Elisabetta, Maria, Gesù stesso. La 'fede dei poveri' rimane la cosa più preziosa di cui dispone la Chiesa".

[J. Ratzinger, Parola nella Chiesa, Seguimi, Salamanca 1976, p. 31. ]. 

Com’è nato il “Te Deum”

 Com’è nato il “Te Deum”. Risponde Jacopo da Varagine nella “Legenda Aurea”: «Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio gridò: “Te Deum laudamus”. S. Agostino seguitò: “Te Dominum confitemur”.

E in tal modo rispondendosi composero quest'inno». 


Anche se la redazione finale del “Te Deum” fu del vescovo Niceta, è bello ricordarne questa genesi comunionale: l’antichissimo inno fiorì come dialogo sulle labbra di Ambrogio e Agostino, i due Padri della Chiesa.

È nella relazione, è nel rapporto io-tu che sorge il grande inno di lode a Te o Dio che mi fai (creazione) e mi “ri-fai”, letteralmente “ri-comprandomi” (Red-entore significa esattamente questo: ricomprare uno schiavo per farne un “liberto).

Viene un gran senso di gratitudine agli amici più cari: le spine nella carne permangono, ma in loro compagnia non vince il lamento bensì l’inno di lode.

 Non è di moda, al giorno d’oggi, dilungarsi a decantare i vantaggi della piccola comunità. Ci si dice che dobbiamo puntare alle grandi società, alle grandi idee. C’è tuttavia un vantaggio nel piccolo stato, nella città, nel villaggio, che solo chiudendo gli occhi non si può vedere. L’uomo che vive in una piccola comunità vive in un mondo assai più vasto. Egli, molto più degli altri, conosce le radicali divergenze, i contrasti che dividono gli uomini. La ragione è ovvia: in una grande comunità possiamo scegliere i nostri compagni; ma in una piccola comunità i nostri compagni sono scelti per noi. Così in ogni estesa ed altamente civilizzata società, le comunità che sorgono al suo interno sono fondate sopra quel che si chiama «simpatia», la quale pregiudica la conoscenza autentica della realtà molto più gravemente dei cancelli di un monastero. Non vi è nulla di veramente limitato in un clan; ciò che è davvero limitato sono i circoli. Gli uomini di un clan vivono insieme perché tutti portano lo stesso costume o discendono tutti dalla stessa mucca sacra; ma nella loro anima, per la divina provvidenza della natura, vi saranno sempre più colori che in qualsiasi costume. Ma gli uomini di un circolo vivono insieme perché essi hanno lo stesso genere d’anima, e la loro ristrettezza è quella di un eguale legame spirituale, di esigenze uguali, come quella che esiste all’inferno. Una grande società esiste per formare dei club. Una grande società lavora per promuovere la ristrettezza di idee: è un trucco per impedire all’individuo solitario e sensato di venire a contatto con il mondo, i suoi amari compromessi e le sue esperienze vivificanti. Nel senso più letterale della parola, altro non è che una lega per il soffocamento del senso cristiano della vita. 

Chesterton, Eretici, XIV.