La Pietà (1928) | ||||||
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e poesie scritte da Giuseppe Ungaretti in tempi immediatamente successivi alla conversione religiosa, risentano di uno spirito ancora incerto, ma decisamente orientato ai temi della chiesa cattolica e del vangelo di Cristo. Tra queste si distingue per bellezza e per pregnanza La Pietà. LA PIETÀ 1 Sono un uomo ferito. E me ne vorrei andare Non ho che superbia e bontà. E mi sento esiliato in mezzo agli uomini. Ma per essi sto in pena. Ho popolato di nomi il silenzio. Ho fatto a pezzi cuore e mente Regno sopra fantasmi. O foglie secche, No, odio il vento e la sua voce Dio, coloro che t’implorano M’hai discacciato dalla vita. Mi discaccerai dalla morte? Forse l’uomo è anche indegno di sperare. Anche la fonte del rimorso è secca? Il peccato che importa, La carne si ricorda appena È folle e usata, l’anima. Dio guarda la nostra debolezza. Vorremmo una certezza. Di noi nemmeno più ridi? E compiangici dunque, crudeltà. Non ne posso più di stare murato Una traccia mostraci di giustizia. La tua legge qual è? Fulmina le mie povere emozioni, Sono stanco di urlare senza voce. 2 Malinconiosa carne È nei vivi la strada dei defunti, siamo noi la fiumana d’ombre, sono esse il grano che ci scoppia in sogno, loro è la lontananza che ci resta, e loro è l’ombra che dà peso ai nomi, la speranza d’un mucchio d’ombra E tu non saresti che un sogno, Dio? Almeno un sogno, temerari, È parto della demenza più chiara. Non trema in nuvole di rami In noi sta e langue, piaga misteriosa. 3 La luce che ci punge Più non abbagli tu, se non uccidi? Dammi questa gioia suprema. 4 L’uomo, monotono universo, Attaccato sul vuoto Ripara il logorio alzando tombe, |
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