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domenica 30 novembre 2025

Streghe e inquisizione

 Inquisizione e caccia alle streghe: l’Italia si salvò grazie alla Chiesa

Ultimissime

11 Nov 2025

inquisizione streghe


Cosa dicono gli studiosi sulla caccia alle streghe e sull’Inquisizione? Quante streghe furono mandate al rogo in Italia? Dati e dichiarazioni che nessuno cita.


 


Inquisizione e streghe, un binomio che da sempre stuzzica anticlericali e storiografi dilettanti.


I quotidiani ci vanno a nozze, è accaduto ieri su “Il Fatto Quotidiano” con lo scrittore Massimo Novelli che, occupandosi di politica esterna è riuscito a parlare del «libro nero e criminale dell’Inquisizione».


Il motivo? La caccia alle streghe, scrive Novelli, che sarebbe avvenuta ai danni dei Valdesi: accuse che, «quasi sempre, portavano al rogo». Dati? Numeri? Statistiche? Ci mancherebbe altro!


Novelli si limita a dire che furono «tante» le donne condannate alla pena capitale per stregoneria. Ma l’unica che riesce a portare come esempio è Margherita di Saluzzo-Cardè che fu arrestata per idee eretiche e poi le fu «concessa la libertà».

Gli articoli che odorano di mitologia anticlericale si sentono da lontano, e non solo per l’assenza di fonti bibliografiche.


La Chiesa nel Medioevo negava la stregoneria

Non c’entra essere credenti o no, piuttosto conta essere preparati sul tema. E’ pieno di storici e studiosi (spesso rigorosamente laici) da consultare per avere un quadro reale su streghe e Inquisizione.

Si può partire da Adriano Prosperi, tra i maggiori esperti italiani, secondo cui «le autorità cattoliche non solo furono sollecite nel negare la realtà del sabba ma furono anche particolarmente miti nel trattare l’universo intero della superstizione e la stregoneria in specie»1.


Anzi, aggiunse l’eminente storico, «gli studi storici hanno mostrato senza ombra di dubbio che» se la caccia alle streghe in Italia e Spagna fu un fenomeno quasi inesistente lo si deve «proprio grazie all’atteggiamento assunto dalle autorità ecclesiastiche»2.


Già dalla fine del I secolo, con il Canon episcopi (906 d.C.), la Chiesa negava l’esistenza delle streghe sostenendo che «chiunque è così stupido e folle da credere a storie tanto fantasiose è da considerarsi un infedele, perché ciò deriva da un’illusione del demonio»3.


 


I vescovi salvavano la vita alle streghe

Marina Montesano, ordinario di Storia medievale all’Università di Messina, ha sottolineato infatti che la «posizione ufficiale della Chiesa» era «di considerare queste credenze come semplici “superstizioni” piuttosto che vere minacce»4.


Seguono varie documentazioni in cui la storica elenca gli interventi papali verso re e principi con la richiesta di salvaguardare la vita alle donne accusate di aver scatenato tempeste o diffuso pestilenze5.


Così anche i vescovi come Giovanni di Salisbury che nel “Policraticus” chiede di «rifiutarsi di ascoltare tali bugie e non pensare mai a follie e sciocchezze del genere»6.


Per tutto il Medioevo, scrive l’antropologo britannico Norman Cohn, «fu l’élite colta che, in nome della dottrina cristiana, rifiutò l’esistenza delle streghe notturne mentre la gente comune continuava a credervi. La Chiesa negò questa credenza e la condannò come superstizione pagana».


 


L’inizio della caccia alle streghe

Il problema delle streghe nacque con l’avvento dell’umanesimo e con i grossi cambiamenti sociali ed economici alla fine del Medioevo. Le tesi dei catari sull’immenso potere di Satana e del suo controllo degli affari mondani, ha spiegato Brian Levack (University of Texas) 7, docente di Storia all’Università del Texas, condizionarono profondamente i popoli ma anche molti ecclesiastici.


Iniziò così a prendere piede il collegamento tra stregoneria e satanismo. Pur, specifica Andrea Del Col (Università degli Studi di Trieste), «senza il diretto avvallo di un documento papale»8.


Per Brian Levack la vera «condizione necessaria» per l’emergere delle caccia alle streghe in Europa fu la nascita dello Stato moderno: «Se lo Stato non avesse acquisito un immenso potere giudiziario, che si manifestò con l’adozione del processo inquisitorio e che fu rivolto sia contro i traditori che contro le streghe con effetti ugualmente devastanti, la caccia non si sarebbe mai verificata»9.


Fu così che iniziarono i primi processi, a seguito di denunce di persone rimaste realmente danneggiate da rituali “magici”: «I malefici erano realmente praticati», ha spiegato Norman Cohn, «alcune donne hanno davvero cercato di ferire o uccidere le persone o animali, distruggere raccolti o proprietà, con mezzi occulti»10.


 


Quante streghe morte per l’Inquisizione in Italia?

Ed eccoci ai casi di esecuzioni di “streghe”, in Europa eseguiti dai tribunali secolari e in Italia da quelli ecclesiastici.


Restando nel Belpaese, dal 1400 a parte del 1500 furono emesse circa 260 condanne di morte, il 38% di tutti i processi istituiti (22% degli uomini ed il 40% delle donne)11.


Lo storico Andrea Del Col precisa che «nonostante gli interventi e le inchieste da parte del nunzio pontificio, di altri vescovi e di commissari del papa, altri processi ebbero luogo fino al 1521»12.


Oggi riteniamo giustamente che anche una sola condanna a morte fosse troppa, ma i numeri indicano circa 2,5 esecuzioni all’anno nel secolo più cruento. Siamo lontanissimi dallo sterminio immaginato dalla cultura popolare.


Questi dati, ormai indubitabili, hanno spinto uno studioso notoriamente laico come Peter Godman (Università di Tubinga) a domandarsi:


«L’Italia fu risparmiata dalla caccia alle streghe che durante la Riforma infuriò nel Sacro Romano Impero e, più tardi, in Svezia, Polonia, Boemia e Ungheria. Ciò accadde forse perché la Chiesa cattolica, nonostante le critiche dei suoi detrattori, si rivelò più umana delle autorità dei Paesi nordici?»13

Molta di questa narrazione distopica deriva anche dal protestantesimo che ha cercato di affibbiare alla chiesa cattolica la responsabilità dell’inquisizione. Poi la società secolarizzata ha pensato bene di cavalcare l’onda ed usarla come argomento per portare avanti la loro “fede” materialista.i 

sabato 29 novembre 2025

PROTOCOLLO PER DEBELLARE LA PROTEINA SPIKE

 PROTOCOLLO PER DEBELLARE LA PROTEINA SPIKE CONTENUTA NEI VACCINI NATURALMENTE QUESTO PROTOCOLLO È COPIATO


PROTOCOLLO DEL DOTT. PETER MC CULLOUGH

CARDIOLOGO DI FAMA MONDIALE.


Il protocollo Base (durata: 3-12 mesi):


Nattochinasi 


(proteolitico, trombolitico, antiaterosclerotico).


 È un enzima contenuto nel Natto, derivato dalla soia. Partecipa alla proteolisi della proteina Spike del SARS-CoV-2, degradando anche il recettore ACE2. Esplica inoltre questa attività senza indurre effetti citotossici nell’ambiente cellulare. Nattochinasi è stato ampiamente utilizzato come integratore cardiovascolare in Giappone per le sue proprietà antiaterosclerotiche e antitrombotiche. Dosaggio: 2000 UF (100 mg) per via orale, due volte al giorno.


Bromelina


 (proteolitico, anti-infiammatorio, anticoagulante).


 È un enzima proteolitico, ossia in grado di agevolare la scomposizione delle proteine in amminoacidi. La bromelina presenta azioni immunomodulatorie uniche: la sottoregolazione della prostaglandina proinfiammatoria PGE-2 attraverso l’inibizione di NF-kB e COX-2; la sovraregolazione dell’antinfiammatorio PGE-1; l’attivazione di mediatori infiammatori (interleuchina 1b, interleuchina-6, tumor necrosis factor-a e interferone-g come risposta acuta a stress cellulare, ma anche inibizione dei mediatori dell’infiammazione negli stati di evidente produzione di citochine; modulazione della risposta delle cellule T in vitro e in vivo; e potenziamento delle cellule T dipendenti dalle risposte anticorpali delle cellule B antigene-specifiche. Dosaggio: 500 milligrammi per via orale, una volta al giorno.


Curcumina 


(antivirale, anti-infiammatorio, anti-fibrotico).


 La curcumina è un polifenolo e modula l’infiammazione nelle infezioni virali attraverso l’inibizione delle citochine attraverso molteplici fattori di trascrizione. Inoltre, la curcumina inibisce l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), modulando la sintesi dell’angiotensina II e promuovendo la fibrinolisi e il processo anticoagulante. Studi precedenti hanno dimostrato che la curcumina impedisce l’ingresso del SARS-CoV-2 nelle cellule bloccando i siti di legame proteico e i ligandi cellulari (recettori ACE-2 e TMPRSS-2) e con tale meccanismo riduce la replica del virus. Dosaggio: 500 milligrammi di nano-curcumina per via orale, due volte al giorno.

Ovviamente non è consigliato il fai da te, dato che il protocollo potrebbe non essere adatto a chiunque quindi si suggerisce di farsi seguire da un medico competente in materia.


Infatti, I sanitari dovrebbero riconoscere che questa combinazione ha significativi effetti anticoagulanti che saranno potenzialmente controbilanciati dagli effetti pro-coagulanti della proteina ​​Spike.


Gli utilizzatori dovrebbero essere monitorati per possibili complicazioni emorragiche, incluse facilità alla formazione di lividi, sanguinamento della mucosa nasale e gastrointestinale.


 


Fonte: Peter I Parry, et al. ‘Spikeopathy’: COVID-19 Spike Protein Is Pathogenic, from Both Virus and Vaccine mRNA. Biomedicines. 2023 Aug 17;11(8):2287.


McCullough, Peter A; et al. Clinical Rationale for SARS-CoV-2 Base Spike Protein Detoxification in Post COVID-19 and Vaccine Injury Syndromes. Journal of American Physicians and Surgeons: 28 pp. 90-94 (3). August 25, 2023

Scintillexnon faville

 "Nella vita non dobbiamo fare faville, non dobbiamo fare scintille, dobbiamo fare luce. E la luce è bella non sul palcoscenico del mondo tra le mille luci che offuscano la nostra, ma nel silenzio e nel buio, per far si che la nostra luce risplenda e sia visibile".

don Tonino Bello

venerdì 28 novembre 2025

Federico Faggin

 Federico Faggin 

Quando lasciò Padova per gli Stati Uniti nel 1968, nessuno immaginava che quel giovane ingegnere italiano avrebbe cambiato per sempre il modo in cui l’umanità pensa, comunica, vive.

Federico Faggin non era un visionario sognatore: era un progettista meticoloso, capace di vedere dentro i circuiti ciò che gli altri riuscivano solo a immaginare.

Alla Silicon Valley arrivò come immigrato qualunque, con un inglese zoppicante e una valigia piena di appunti.

Ma in pochi anni sarebbe diventato l’uomo che costruì il cuore pulsante della rivoluzione digitale.

Nel 1970, alla Intel, gli affidarono un progetto considerato impossibile:

realizzare un intero processore... dentro un singolo chip.

Una cosa mai tentata.

Troppi componenti, troppa complessità, troppi limiti tecnici.

Per molti era un esercizio teorico destinato al fallimento.


Faggin non la pensava così.


Cominciò a lavorare giorno e notte su un’idea radicale: miniaturizzare tutto, ridurre ogni funzione, far convivere memoria, logica e calcolo in uno spazio più piccolo di un’unghia.

Inventò nuove tecniche, ridisegnò l’architettura, integrò componenti come se stesse componendo una sinfonia invisibile.


Nel 1971 il risultato era pronto:

Intel 4004, il primo microprocessore al mondo.

Un chip minuscolo, grande quanto un’unghia, che conteneva il potere di una stanza intera di computer.


Quel giorno, senza saperlo, l’umanità entrò nel futuro.


Senza Faggin non avremmo:

computer personali,

smartphone,

videogiochi,

intelligenza artificiale,

niente laptop, niente cloud, niente mondo digitale.

Tutto parte da quel chip, da quell’idea, da quella testardaggine italiana che non accetta un “impossibile” come risposta.


Per anni il grande pubblico non seppe nemmeno il suo nome.

I riflettori andarono ad altri.

Faggin rimase l’ingegnere silenzioso dietro la rivoluzione.


Oggi, però, la storia gli ha restituito ciò che meritava.

Premi internazionali, riconoscimenti accademici, onorificenze.

Ma lui continua a ripetere che ciò che conta non è ciò che ha costruito, ma ciò che gli esseri umani faranno con quella potenza.


Un uomo partito da Padova con una valigia e un sogno tecnico.

Un immigrato che cambiò il mondo.

Un inventore che non cercava gloria, ma soluzioni.

Federico Faggin ha dimostrato che l’innovazione non nasce dal clamore,

ma dall’ostinazione silenziosa di chi vede,

prima degli altri,

la forma del futuro.


𝐏𝐢𝐜𝐜𝐨𝐥𝐞 𝐒𝐭𝐨𝐫𝐢𝐞



giovedì 27 novembre 2025

Tutto è diventato business,

 « Tutto è diventato business, ogni cosa deve funzionare ed essere utilizzabile. Non esiste un sentimento di identità, esiste un vuoto interiore. Non si hanno convinzioni, né scopi autentici. Il carattere mercantile è l'essere umano completamente alienato, privo di qualunque altro interesse che non sia quello di manipolare e funzionare. È proprio questo il tipo di umano conforme ai bisogni sociali. Si può dire che la maggior parte degli uomini diventano come la società desidera che essi siano per avere successo. La società fabbrica tipi umani così come fabbrica tipi di scarpe o di vestiti o di automobili: merci di cui esiste una domanda. E già da bambino l'uomo impara quale sia il tipo più richiesto. »


Erich Fromm, “L'arte di vivere”


Il totalitarismo e responsabilità nell'individuo"

 "Il totalitarismo cresce in ragione diretta del declino della responsabilità nell'individuo"


L'educazione moderna, dal darwinismo al freudismo, è legata alla negazione di questa realtà: che l'uomo ha dei peccati da confessare. 

Ogni irresponsabilità implica il desiderio di essere posseduti: dalla musica afrodisiaca, dall'alcool o dalla droga, dai sonniferi o dal frastuono, insomma, da tutto ciò che contribuisce all'evasione dalle responsabilità della coscienza. 

Una volta che gli uomini ammettono di essere determinati dall'esterno da influenze estranee alla legge morale che è scritta nei loro cuori, diventano materia prima per una propaganda di ripetizione che li sommerge nel potere divinizzato dell'anonimo. 

Come la responsabilità implica religione, così l'irresponsabilità implica anti-religione, poiché il nuovo collettivismo dà agli uomini spersonalizzati un oggetto di adorazione al posto di Dio. Il totalitarismo cresce in ragione diretta del declino della responsabilità nell'individuo. 

Questa perdita di moralità personale viene compensata da un'intensa dedizione alla moralità sociale. La coscienza sociale sostituisce la coscienza individuale. Ecco perché i seguaci del nuovo misticismo demoniaco pensano che incolpando gli altri si scaricano del fardello della colpa: liquidando certe persone colpevoli di ingiustizia, si dispensano dalla colpa delle proprie ingiustizie personali. Ecco Il totalitarismo cresce in ragione diretta del declino della responsabilità nell'individuo" in qualsiasi forma di totalitarismo una grande passione per la riforma sociale si accoppia sempre con un completo disinteresse per l'urgenza della riforma individuale. 

Togliendo la pagliuzza dagli occhi del loro vicino, i seguaci del totalitarismo non avvertono la necessità di preoccuparsi della trave nei propri occhi. La politica diventa allora la nuova teologia. L'accettazione di un'ideologia diventa la misura della "buona vita", piuttosto che l'amorosa comunione con la Vita, con la Verità, con l'Amore, cioè con Dio

La negazione della moralità allarga necessariamente l'area del male, e ogni aumento del male impone un potere repressivo da parte del dittatore. 


Più raffinata e sensibile è la coscienza, meno necessario è il potere coercitivo. Solo quelli che riconoscono la moralità personale sono liberi. L'antiquata e disprezzata insistenza sulla santità individuale come condizione dell'apostolato sociale, produsse un ordine sociale di gran lunga migliore di quello attuale che è basato sulle ideologie idealistiche e sui fattori anti-morali nelle ideologie. 


(Fulton J. Sheen, da "Comunismo e Coscienza dell'Occidente" 1948)

Caritativa che rompe gli schemi

Caritativa che rompe gli schemi_                                                                                                Don Giussani                                                         

 Guardate, per favore, ho detto l’accusa fin quando deve essere tenuta, perché la nostra comunità è piena di queste rotture di strutture, di questa novità di strutture, di questa novità di rapporti.

Siete voi che non le vedete, perché i vostri occhi sono ciechi, hanno sopra le fette di salame,

perché voi non siete così impegnati. Lo pensavo alcuni giorni fa, quando qualcuno mi citava una

ragazza tra noi che tutte le domeniche va da una certa persona, che vive sola. Perché non lo facciamo tutti? Perché è una rottura di “strutture”, per non dire un’altra parola, e lo è realmente,

perché a uno la domenica piace andare dove vuole. «Be’, adesso sono giudicato perché io, che vado a fare il week-end, non faccio così alla domenica?» Non c'entra, è chiaro che non c’entra,

perché io, se potessi, farei il week-end. Questa ragazza certamente non fa il mille per mille, farà dieci su mille, ma ha rotto qualche cosa, rompe qualche cosa. Quando un nostro amico è venuto

a dirci che ad Arese ci sono dei ragazzi disadattati e che l’unico modo perché si riscattino, come vita, è un ambito affettivo che è loro mancato —normalmente questo è il motivo della loro delinquenza —e perciò lanciava un invito che, per esempio, una famiglia, una persona che volesse, che lo potesse, che lo giudicasse possibile, si prendesse uno di loro, non a casa sempre,ma come amico permanente, perché altrimenti non si costruisce, ecco, questa è la novità del mondo.

Quando uno facesse veramente così, gli nasce una sensibilità anche ai fatti sociali e politici delmondo diversa e all’occasione sa di più come agire e come intervenire. Nessuno di noi l’ha fatto. 

Non giudico, ma può essere un sintomo. È questo che manca, è la struttura da rompere, è la vita come missione. Certo, lo capisco molto bene, perché questa è una vita laboriosa, è una concezione laboriosa, sì, di lavoro, è la vita come lavoro. Il resto è sfogo, affermazione di sé, sfogo, ira e violenza, questo invece è lavoro.

Luigi Giussani, *Una rivoluzione di sé*

La vita come comunione

(1968- 1970)

pp. 188-189

martedì 25 novembre 2025

Nel buio di un dolore

 Nel buio di un dolore

ho sentito la luce 

della bellezza 

e il suo amore.

Le dita ferme sul pianoforte 

hanno fermato le note,

un male tremendo 

mi percuote e scuote.

Ma nulla è perso 

tra le albe ed i tramonti,

i loro colori 

sono felicità negli sfondi.

Camici bianchi 

a curare le mie paure 

concedono luce 

alle ore più scure.

Le mani dei pazienti 

e le loro sofferenze,

la verità 

tra mille apparenze.

Gli sguardi dei bambini 

guerrieri della vita,

mi rendono certo

che non è finita.

Mi alzo e torno 

davanti al pianoforte,

ora le note 

mi rendono forte.

Suono l'anima 

davanti al Mondo 

avendo dentro di me 

un amore profondo. 

Del dolore e le sofferenze 

andatene fieri 

è il posto più vicino a Dio,

per sempre vostro 


 - Giovanni Allevi -

lunedì 24 novembre 2025

La gelosia

 "Parlo della gelosia che svuota le vene all'idea che l'essere amato penetri un corpo altrui, la gelosia che piega le gambe, toglie il sonno, distrugge il fegato, arrovella i pensieri, la gelosia che avvelena l'intelligenza con interrogativi, sospetti, paure, e mortifica la dignità con indagini, lamenti, tranelli facendoti sentire derubato, ridicolo, trasformandoti in poliziotto inquisitore carceriere dell'essere amato."


Oriana Fallaci da: "Un Uomo"

sabato 22 novembre 2025

essere donna

 Essere donna è un’infinita fatica, ma anche un privilegio.

Fatica, perché ti viene chiesto tutto, da sempre. Di essere forte ma non troppo, sensibile ma non fragile, intelligente ma non intimidatoria, indipendente ma non al punto da spaventare. Ti insegnano a camminare in equilibrio su una corda tesa: se cadi di qua sei “debole”, se cadi di là sei “aggressiva”. E tu, nel mezzo, a tenere insieme pezzi che agli altri sembrano ovvi, naturali, dovuti.


Essere donna è fatica nel corpo. Il corpo che tutti giudicano, toccano, commentano, pretendono di spiegare e di governare. Troppo magra, troppo grassa, troppo scoperta, troppo coperta. Madre o non madre, desiderabile o invisibile, giovane da esibire o vecchia da nascondere. Ogni scelta che riguarda il tuo corpo diventa affare pubblico, terreno di discussione, bersaglio di sentenze non richieste.


È fatica nelle relazioni. Perché ti hanno cresciuta dicendoti che devi capire tutti, perdonare tutti, aggiustare tutto. Che se una relazione va a rotoli è colpa tua, non hai amato abbastanza, non hai avuto abbastanza pazienza, abbastanza dolcezza, abbastanza silenzio. Sei quella che “tiene insieme” la famiglia, il lavoro, la casa, gli umori degli altri. E se crolli, il problema diventi tu, non il peso che ti hanno messo addosso.


È fatica nel lavoro. Devi dimostrare il doppio per avere la metà. Se hai successo, è perché “ti sei saputa muovere”; se non ce la fai, confermi il sospetto che “in fondo le donne non reggono”. Se alzi la voce sei isterica, se non la alzi sei insignificante. E nel frattempo devi far finta che vada tutto bene, che non ti tocchi, che non ti ferisca. Per non essere accusata anche di vittimismo.


Eppure, in questa fatica c’è un privilegio che molti non sopportano nemmeno di sentir nominare. Il privilegio di conoscere il dolore e trasformarlo. Di portare dentro una memoria antica di tutto quello che le donne prima di te hanno sopportato, perso, conquistato. Il privilegio di guardare il mondo da un angolo storto, non dal centro del palcoscenico: perché da lì vedi le bugie meglio, vedi le ingiustizie più nitide, non sei ipnotizzata dal riflettore.


Essere donna è un privilegio perché ti obbliga a diventare più lucida. Non puoi permetterti la superficialità di chi non ha mai dovuto difendersi. Devi imparare a leggere gli sguardi, le mezze frasi, i non detti. A capire chi hai di fronte, quanto spazio puoi prendere, dove devi arretrare e dove invece è il momento di piantarti e dire: “Adesso basta”. Questa lucidità è un dono feroce, ma è un dono.


È un privilegio perché hai una capacità quasi ostinata di creare. Non solo figli, quando li vuoi. Idee, relazioni, progetti, linguaggi, mondi interi. Di costruire a partire da pochissimo: un niente, una ferita, una mancanza. Di prendere quello che ti hanno gettato addosso come limite e trasformarlo in forma, in lavoro, in testimonianza. La storia è piena di donne a cui hanno detto “no” e che da quel “no” hanno fatto nascere un terremoto.


Essere donna è un privilegio perché ti costringe a scegliere chi vuoi essere, nonostante tutto quello che ti hanno detto che dovevi essere. E quando quella scelta la fai, quando smetti di chiedere il permesso, quando ti assumi il diritto di occupare spazio, parlare, rifiutare, pretendere, allora tutta quella fatica si trasforma in qualcosa di diverso: in forza che non hai bisogno di sbandierare, in dignità che non chiede approvazione.


Sì, essere donna è un’infinita fatica. Ma è anche l’occasione continua di sfidare un copione scritto da altri e riscriverlo da capo, ogni giorno, con la tua voce, con il tuo corpo, con la tua vita. E questo, che piaccia o no, è un privilegio che fa paura.


 "𝐎𝐫𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐅𝐚𝐥𝐥𝐚𝐜𝐢 ღ 𝐀𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐠𝐚" di Antonio Nobili. 

venerdì 21 novembre 2025

il dolore dell'anima

 Incredibile come il dolore dell'anima non venga capito.

Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine.

Se hai il cuore pezzi e sei così disperato che non ti riesce aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche.

Eppure il dolore dell'anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia.

Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare.


Oriana Fallaci

L’abitudine

 L’abitudine è la più infame delle malattie, perchè ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Per abitudine si vive accanto a persone odiose, si impara a portare le catene a subire ingiustizie, a soffrire, ci si rassegna al dolore, alla solitudine, a tutto. L’abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente e cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo d’averla addosso ogni gesto s’è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.


#OrianaFallaci - Un Uomo

La verità

 La verità è scomoda. È scomoda perché non si lascia addomesticare. Non chiede il permesso, non guarda in faccia nessuno, non si piega al bisogno che abbiamo di sentirci migliori di quello che siamo. La verità non è gentile, non è educata, non è diplomatica. Entra dove fa più male: nelle nostre illusioni, nei nostri alibi, nelle storie che ci raccontiamo per poter dormire tranquilli.

Preferiamo quasi sempre la bugia che consola alla verità che disturba. Una bugia ti accarezza: “Non è colpa tua”, “Non potevi fare altrimenti”, “Sono tutti così”. La verità invece ti fa la domanda che non vuoi sentire: “Dov’eri tu, mentre tutto questo succedeva?"


𝐎𝐫𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐅𝐚𝐥𝐥𝐚𝐜𝐢 ღ 𝐀𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐠𝐚 



lunedì 17 novembre 2025

Lo stress cronico

Lo stress cronico

 Molto importante è lo stress cronico, il quale, determinando variazioni ormonali, può essere molto negativo.


A livello cardiaco si possono determinare i seguenti problemi: tachicardia, irregolarità del battito cardiaco (extrasistole), dolore al centro del petto, ipertensione (anche se è probabilmente determinata da ereditarietà, dieta, abitudini di vita ecc.), infarto.


A livello polmonare: asma bronchiale (crisi asmatica innescata e mantenuta dall'ansia), iperventilazione (respiro rapido e superficiale).


A livello gastrointestinale: colon irritabile (diarrea, stipsi, dolori), dispepsia (senso di pienezza dopo il pasto, acidità, eruttazioni, dolori), ulcera gastro-duodenale (aumento della secrezione acida), morbo di Crohn.


A livello endocrino: lo stress influenza l'attività delle ghiandole endocrine periferiche, quindi ghiandole surrenali, pancreas, reni, tiroide... Ci sono alcuni studi che ipotizzano l'insorgenza del diabete.


A livello urogenitale: eiaculazione precoce (nell'ansia cronica), diminuzione del desiderio (nella depressione).


A livello della pelle: iperidrosi (eccessiva sudorazione, di solito al palmo del-la mano o alla pianta del piede), prurito, tricotillomania (la persona si strappa i capelli, spesso le ciglia).


Il lavoro può essere all'origine di svariate situazioni stressanti. Ancora più grave è lo stress causato dalla mancanza di lavoro (disoccupazione).

Orthomolecular Biohoong


I sintomi dello stress


Frequente sensazione di stanchezza generale, accelerazione del battito cardiaco, difficoltà di concentrazione, attacchi di panico, crisi di pian to, depressione, attacchi di ansia, disturbi del sonno, dolori muscolari, mento della tiroide, pressione sanguigna alta, facilità ad avere malattie ulcera dello stomaco, diarrea, crampi allo stomaco, colite, malfunziona-difficoltà a esprimersi e a trovare un vocabolo conosciutissimo, sensazione di noia nei confronti di ogni situazione, frequente bisogno di urinare, cambio della voce, iperattività, confusione mentale, irritabilità.



domenica 16 novembre 2025

SCIENZA PREGARE LA FEDE


SCIENZA PREGARE LA FEDE

La scienza, ci viene ripetutamente detto, è la forma più affidabile di conoscenza del mondo perché si basa su ipotesi verificabili. La religione, al contrario, si basa sulla fede. Il termine "dubbio Thomas" illustra bene la differenza. Nella scienza, un sano scetticismo è una necessità professionale, mentre nella religione, avere un credo senza prove è considerato una virtù.

Il problema di questa netta separazione in "magisteria non sovrapposta", come Stephen Jay Gould ha descritto la scienza e la religione, è che la scienza ha un proprio sistema di credenze basato sulla fede. Tutta la scienza procede partendo dal presupposto che la natura è ordinata in modo razionale e intelligibile. Non potresti essere uno scienziato se pensassi che l'universo sia un guazzabuglio senza senso di probabilità e fini a casaccio giustapposti. Quando i fisici sondano a un livello più profondo di struttura subatomica, o gli astronomi estendono la portata dei loro strumenti, si aspettano di incontrare un ulteriore ordine matematico elegante. E finora questa fede è stata giustificata.

L'espressione più raffinata dell'intelligibilità razionale del cosmo si trova nelle leggi della fisica, le regole fondamentali su cui si basa la natura. Le leggi della gravitazione e dell'elettromagnetismo, le leggi che regolano il mondo all'interno dell'atomo, le leggi del moto - sono tutte espresse come ordinate relazioni matematiche. Ma da dove vengono queste leggi? E perché hanno la forma che hanno?

Quando ero studente, le leggi della fisica erano considerate completamente off limits. Il compito dello scienziato, ci è stato detto, è quello di scoprire le leggi e applicarle, non indagare sulla loro provenienza. Le leggi sono state trattate come "date" - impresso nell'universo come un marchio di un creatore al momento della nascita cosmica - e fissato per sempre. Quindi, per essere uno scienziato, bisognava credere che l'universo è governato da leggi matematiche affidabili, immutabili, assolute, universali, di origine non specificata. Dovete credere che queste leggi non falliranno, che non ci sveglieremo domani per trovare il calore che scorre dal freddo al caldo, o la velocità della luce che cambia di ora in ora.

Nel corso degli anni ho spesso chiesto ai miei colleghi fisici perché le leggi della fisica sono ciò che sono. Le risposte variano da "Non è una domanda scientifica" a "nessuno lo sa". La risposta preferita è: "Non c'è ragione per cui siano quello che sono - lo sono e basta". L'idea che le leggi esistano senza ragione è profondamente antirazionale. Dopo tutto, l'essenza stessa di una spiegazione scientifica di qualche fenomeno è che il mondo è ordinato logicamente e che ci sono ragioni per cui le cose sono così come sono. Se si tracciano queste ragioni fino al fondamento della realtà - le leggi della fisica - solo per trovare quella ragione allora ci abbandona, si fa beffe della scienza.

Il potente edificio di ordine fisico che percepiamo nel mondo che ci circonda può essere radicato nell'assurdità senza ragione? Se è così, allora la natura è un trucco diabolicamente intelligente: insensatezza e assurdità in qualche modo mascherate da ordine ingegnoso e razionalità.

Anche se gli scienziati hanno avuto a lungo l'inclinazione a scrollare di dosso tali questioni riguardanti la fonte delle leggi della fisica, l'umore ora si è spostato considerevolmente. Parte della ragione è la crescente accettazione che l'emergere della vita nell'universo, e quindi l'esistenza di osservatori come noi, dipende piuttosto sensibilmente dalla forma delle leggi. Se le leggi della fisica fossero un qualsiasi vecchio ragbag di regole, la vita quasi certamente non esisterebbe.

Una seconda ragione per cui le leggi della fisica sono state portate nell'ambito dell'indagine scientifica è la consapevolezza che ciò che a lungo consideravamo come leggi assolute e universali potrebbe non essere affatto fondamentale, ma più simile allo statuto locale. Potrebbero variare da un luogo all'altro su scala mega-cosmica. Una visione dell'occhio di Dio potrebbe rivelare una vasta trapunta patchwork di universi, ognuno con il proprio particolare insieme di statuti. In questo "multiverso", La vita sorgerà solo in quei cerotti con uno statuto bio-friendly, quindi non sorprende che ci troviamo in un universo di Riccioli d'Oro - uno che è giusto per la vita. L'abbiamo scelto in base alla nostra stessa esistenza.

La teoria del multiverso è sempre più popolare, ma non spiega tanto le leggi della fisica quanto l'intero problema. Ci deve essere un meccanismo fisico per creare tutti quegli universi e conferire loro le leggi. Questo processo richiederà le proprie leggi, o meta-leggi. Da dove vengono? Il problema è stato semplicemente spostato di un livello dalle leggi dell'universo alle meta-leggi del multiverso.

Chiaramente, quindi, sia la religione che la scienza sono fondate sulla fede - vale a dire, sulla fede nell'esistenza di qualcosa al di fuori dell'universo, come un Dio inspiegabile o un insieme inspiegabile di leggi fisiche, forse anche un enorme insieme di universi invisibili. Per questo motivo, sia la religione monoteistica che la scienza ortodossa non riescono a fornire un resoconto completo dell'esistenza fisica.

Questo fallimento condiviso non è una sorpresa, perché la nozione stessa di legge fisica è in primo luogo teologica, un fatto che fa dimenarsi molti scienziati. Isaac Newton per primo ebbe l'idea di leggi assolute, universali, perfette, immutabili dalla dottrina cristiana che Dio creò il mondo e lo ordinò in modo razionale. I cristiani immaginano che Dio sostenga l'ordine naturale da oltre l'universo, mentre i fisici pensano che le loro leggi siano abitate da un regno trascendente astratto di relazioni matematiche perfette.

E proprio come i cristiani sostengono che il mondo dipende completamente da Dio per la sua esistenza, mentre il contrario non è il caso, così i fisici dichiarano una simile asimmetria: l'universo è governato da leggi eterne (o meta-leggi), ma le leggi sono completamente impermeabili a ciò che accade nell'universo.

Mi sembra che non ci sia speranza di spiegare perché l'universo fisico è così com'è finché siamo fissati su leggi immutabili o meta-leggi che esistono senza ragione o sono imposte dalla provvidenza divina. L'alternativa è considerare le leggi della fisica e l'universo che governano come parte integrante di un sistema unitario, e essere incorporate insieme all'interno di uno schema esplicativo comune.

In altre parole, le leggi dovrebbero avere una spiegazione dall'interno dell'universo e non implicare l'appello a un'agenzia esterna. Le specifiche di tale spiegazione sono una questione per la ricerca futura. Ma fino a quando la scienza non escogita una teoria verificabile delle leggi dell'universo, la sua pretesa di essere libera dalla fede è manifestamente falsa.

[Pubblicato per la prima volta come articolo di OPEd dal The Newz York Times, 24 novembre 2007]

La tesi centrale che ho esplorato in questo libro dice che attraverso la scienza noi esseri umani siamo in grado di comprendere almeno una parte dei segreti della natura. Abbiamo decifrato una parte del codice cosmico. Perché sia accaduto, perché l'Homo sapiens abbia in sé una scintil-la di razionalità che gli dà la chiave dell'universo, resta un profondo enigma. Noi, figli dell'universo - polvere di stelle animata - ciononostante possiamo riflettere sulla natura dell'universo stesso e perfino intravedere le regole che lo fanno funzionare. Come sia nato il nostro legame con questa dimensione cosmica è un mistero, ma il lega-me stesso non può essere negato.

Che significa tutto questo? Che cos'è l'Uomo, per parte-cipare di un simile privilegio? Non posso credere che la nostra presenza in questo universo sia solo un gioco del fato, un accidente della storia, una battuta casuale del grande dramma cosmico. Il nostro coinvolgimento è trop-po intimo: la specie fisica Homo può anche non contare nulla, ma l'esistenza della mente in un organismo di un pianeta dell'universo è sicuramente un fatto d'importan-za fondamentale. L'universo ha generato, attraverso degli esseri coscienti, la consapevolezza di sé: non può essere un dettaglio banale, un sottoprodotto secondario di forze cieche e senza scopo. La nostra esistenza è stata voluta.

P. Davies

venerdì 14 novembre 2025

AGEs

 

AGES è un acronimo che sta per Advanced Glycation End-products.
Si tratta di un argomento di grande importanza, soprattutto in relazione al diabete, all'invecchiamento e alle malattie croniche.
Ecco una spiegazione dettagliata:
Cosa sono esattamente gli AGEs?
Gli AGEs (Prodotti Finali della Glicazione Avanzata) sono composti dannosi che si formano quando zuccheri (come il glucosio o il fruttosio) si legano in modo irreversibile a proteine o lipidi, senza l'intervento di un enzima (per questo si parla di "glicazione" non enzimatica, a differenza della "glicosilazione" enzimatica).
Questo processo avviene spontaneamente nell'organismo, ma è accelerato da alti livelli di zucchero nel sangue.
Perché gli AGEs sono un problema in medicina?
Una volta formati, gli AGEs danneggiano l'organismo attraverso due meccanismi principali:
• Alterazione Strutturale delle Proteine:
• Gli AGEs creano dei "ponti" rigidi tra le molecole proteiche, che normalmente sono flessibili.
• Questo irrigidisce i tessuti. Immagina di cuocere una bistecca: la carne morbida diventa dura perché le proteine si denaturano e si legano tra loro. Un processo simile avviene nel nostro corpo nel lungo termine.
• Attivazione di Recettori Specifici (RAGE):
• Il corpo ha dei recettori di membrana chiamati RAGE (Receptor for Advanced Glycation End-products).
• Quando gli AGEs si legano a questi recettori, innescano una cascata infiammatoria e di stress ossidativo, che porta a danni cellulari e tissutali.
Conseguenze Cliniche degli AGEs
L'accumulo di AGEs nel corpo è associato a numerose patologie, in particolare le complicanze croniche del diabete:
• Complicanze Vascolari: L'irrigidimento del collagene nelle pareti delle arterie favorisce l'aterosclerosi e l'ipertensione.
• Nefropatia: Danni ai piccoli vasi sanguigni dei reni.
• Retinopatia: Danni ai vasi sanguigni della retina, che possono portare alla cecità.
• Neuropatia: Danni ai nervi periferici, causando formicolio, dolore o perdita di sensibilità.
• Insufficienza Renale Cronica: I pazienti con insufficienza renale non riescono a eliminare gli AGEs, creando un circolo vizioso.
• Invecchiamento della Pelle: Il collagene e l'elastina della pelle vengono danneggiati, contribuendo alla formazione delle rughe.
• Malattia di Alzheimer: Gli AGEs sono stati trovati nelle placche amiloidi nel cervello dei pazienti affetti da Alzheimer e si ritiene contribuiscano al processo neurodegenerativo.
Fonti degli AGEs
Gli AGEs non sono prodotti solo dal nostro corpo. Possiamo assumerli anche dall'esterno, in particolare attraverso la dieta:
• Fonti Endogene (interne): Si formano naturalmente nel nostro organismo, soprattutto quando la glicemia è alta per lunghi periodi.
• Fonti Esterne (dieta): Si formano in alimenti ricchi di proteine e grassi quando vengono cotti ad alte temperature (soprattutto alla griglia, fritti, arrostiti). Gli alimenti con un alto contenuto di AGEs includono:
• Carni rosse alla griglia o ben cotte
• Pancetta fritta
• Formaggi stagionati e grassi
• Burro e margarina
• Prodotti da forno industriali (biscotti, cracker)

Cosa si può fare per ridurre gli AGEs?
• Controllo Glicemico: Per un diabetico, mantenere la glicemia sotto controllo è il modo più efficace per ridurre la formazione endogena di AGEs.
• Scelte Alimentari Sane:
• Preferire metodi di cottura come la bollitura, la cottura al vapore, lo stufato a fuoco lento.
• Limitare i cibi fritti, grigliati e altamente processati.
• Aumentare il consumo di alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, legumi), che sono naturalmente poveri di AGEs.

In sintesi, in medicina AGES non è un'indicazione anagrafica, ma un indicatore di stress metabolico e di danno tissutale che gioca un ruolo cruciale nello sviluppo di molte malattie croniche legate all'età e al diabete.


 l'acronimo AGEs sta per Advanced Glycation End-products, che in italiano si traduce come Prodotti Finali della Glicazione Avanzata.
Ecco i punti chiave:
🔬 Cosa sono gli AGEs
• Sono un gruppo eterogeneo di molecole dannose che si formano nel corpo attraverso la glicazione, una reazione chimica non enzimatica (cioè che non richiede enzimi) tra gli zuccheri riducenti (principalmente glucosio, ma anche fruttosio) e i gruppi amminici liberi di proteine, lipidi (grassi) o acidi nucleici (DNA/RNA).
• In pratica, lo zucchero in eccesso si "attacca" a queste macromolecole, alterandone la struttura e la funzione.
⬆️ Come si formano e dove si trovano
Gli AGEs possono formarsi in due modi:
• AGEs Endogeni (dentro il corpo):

• Si formano fisiologicamente (naturalmente) nel corpo come conseguenza del metabolismo e dell'invecchiamento.
• La loro formazione è accelerata in condizioni di iperglicemia (alto livello di zuccheri nel sangue), come nel diabete (un esempio noto è l'emoglobina glicata, o HbA1c, che è un AGE utilizzato per monitorare il controllo glicemico).

• AGEs Esogeni (fonte esterna):
• Vengono introdotti con la dieta, specialmente attraverso cibi cotti ad alta temperatura (fritti, grigliati, arrostiti, infornati) che subiscono la reazione di Maillard (quella che dà il colore dorato o marrone e il sapore caratteristico). Esempi: carni arrostite/fritte, cibi da forno, snack, formaggi lavorati.
 Il loro impatto sulla salute (Patogenesi)
Una volta formati, gli AGEs si accumulano nei tessuti e contribuiscono significativamente ai processi di invecchiamento cellulare e allo sviluppo di diverse patologie croniche, principalmente perché:
• Promuovono Infiammazione e Stress Ossidativo: Interagiscono con specifici recettori (il più noto è il RAGE, Receptor for AGEs), attivando vie infiammatorie.
• Alterano le Proteine Strutturali: Si legano in modo irreversibile a proteine a lunga durata come il collagene e l'elastina, rendendole rigide, fragili e meno funzionali.
• Questo porta a rigidità delle arterie (rischio cardiovascolare), invecchiamento cutaneo (rughe, perdita di elasticità) e fragilità ossea.
• Complicanze del Diabete: Sono considerati un fattore chiave nello sviluppo delle complicanze a lungo termine del diabete (danni a reni, retina, nervi

Alimenti ad alto contenuto di AGEs
• Carne rossa e grassa: Soprattutto se cotta alla griglia, fritta o arrostita (es. bistecche, pollo con la pelle).
• Carni trasformate e lavorate: Come salumi, insaccati e carni in scatola.
• Formaggi: In particolare i formaggi stagionati e i latticini ad alto contenuto di grassi (es. parmigiano, crema di formaggio, burro).
• Prodotti da forno e pasticceria: Come pane tostato scuro, biscotti, torte, pizze e cracker, specialmente quelli con superfici dorate o bruciacchiate.
• Cibi fritti e grigliati: In generale, qualsiasi cibo cotto con questi metodi, soprattutto se presenta parti scure o bruciate.
• Oli, margarina, maionese: Le fonti di grassi che vengono riscaldate.
• Cibi industriali altamente trasformati: Piatti pronti, snack e cereali per la colazione estrusi ad alta temperatura, a cui spesso vengono aggiunti AGEs artificiali per migliorarne il sapore

Gli AGES sono prodotti finali della glicazione avanzata delle proteine o lipidi che si legano indissolubilmente caramellandosi (reazione di Mailard) agli zuccheri durante i processi di cottura e si vanno ad annidare nei tessuti molli creando danni ingenti a carico degli endoteli e a carico di vasi, cartilagini e sinovie articolari.

Gli AGES sono prevalenti nel sistema vascolare diabetico e contribuiscono allo sviluppo dell'arteriosclerosi ma sono comunque il rischio di un'alimentazione che utilizza cotture a elevate e prolungate temperature, meglio prediligere la cottura a bassa temperatura.

In un giorno in ogni cellula del nostro corpo si accumulano, per errore, da 1.000 a 1 milione di lesioni molecolari. Per fortuna nell'organismo esistono proteine che "pattugliano" il DNA alla ricerca di errori, e li ripa-rano. Una di queste si chiama SUMO (Small Ubiquitin-like Modifier) ed è in grado di impedire che le cellule con un DNA danneggiato continui-
duplicarsi dando origine a tumori e metastasi con un meccanismo chiamato sumoilazione


sabato 8 novembre 2025

Gesù è la stella polare che non delude

 

In un tempo segnato da tante croci Gesù è la stella polare che non delude

In un tempo segnato da tante croci Gesù è la stella polare che non delude  QUO-254
05 novembre 2025

«Il nostro tempo, segnato da tante croci, invoca l’alba della speranza pasquale», perché il Risorto è «la stella polare verso cui indirizzare la nostra vita di apparente caos». Lo ha detto Leone XIV all’udienza generale di stamane, mercoledì 5 novembre, in piazza San Pietro. Proseguendo il ciclo di riflessioni inaugurato dal predecessore Francesco sul tema giubilare «Cristo nostra speranza», il Papa si è soffermato ancora sulla Risurrezione, e in particolare su come la Pasqua dia speranza alla vita quotidiana. Ecco la catechesi del Pontefice.

Cari fratelli e sorelle,
buongiorno!
E benvenuti tutti.

La Pasqua di Gesù è un evento che non appartiene a un lontano passato, ormai sedimentato nella tradizione come tanti altri episodi della storia umana. La Chiesa ci insegna a fare memoria attualizzante della Risurrezione ogni anno nella domenica di Pasqua e ogni giorno nella celebrazione eucaristica, durante la quale si realizza nel modo più pieno la promessa del Signore risorto: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).

Per questo il mistero pasquale costituisce il cardine della vita del cristiano, attorno a cui ruotano tutti gli altri eventi. Possiamo dire allora, senza alcun irenismo o sentimentalismo, che ogni giorno è Pasqua. In che modo?

Sperimentiamo ora per ora tante esperienze diverse: dolore, sofferenza, tristezza, intrecciate con gioia, stupore, serenità. Ma attraverso ogni situazione il cuore umano brama la pienezza, una felicità profonda. Una grande filosofa del Novecento, Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, che ha tanto scavato nel mistero della persona umana, ci ricorda questo dinamismo di costante ricerca del compimento. «L’essere umano — ella scrive — anela sempre ad avere di nuovo in dono l’essere, per poter attingere ciò che l’attimo gli dà e al tempo stesso gli toglie» (Essere finito ed Essere eterno. Per una elevazione al senso dell’essere, Roma 1998, 387). Siamo immersi nel limite, ma siamo anche protesi a superarlo.

L’annuncio pasquale è la notizia più bella, gioiosa e sconvolgente che sia mai risuonata nel corso della storia. Essa è il “Vangelo” per eccellenza, che attesta la vittoria dell’amore sul peccato e della vita sulla morte, e per questo è l’unica in grado di saziare la domanda di senso che inquieta la nostra mente e il nostro cuore. L’essere umano è animato da un movimento interiore, proteso verso un oltre che costantemente lo attrae. Nessuna realtà contingente lo soddisfa. Tendiamo all’infinito e all’eterno. Ciò contrasta con l’esperienza della morte, anticipata dalle sofferenze, dalle perdite, dai fallimenti. Dalla morte «nullu homo vivente po skampare», canta San Francesco (cfr. Cantico di frate sole).

Tutto cambia grazie a quel mattino in cui le donne, recatesi al sepolcro per ungere il corpo del Signore, lo trovarono vuoto. La domanda rivolta dai Magi giunti dall’oriente a Gerusalemme: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?» (Mt 2, 1-2), trova la sua risposta definitiva nelle parole del misterioso giovane vestito di bianco che parla alle donne nell’alba pasquale: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. Non è qui. È risuscitato» (Mc 16, 6).

Da quel mattino fino a oggi, ogni giorno, Gesù avrà anche questo titolo: il Vivente, come Lui stesso si presenta nell’Apocalisse: «Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre» (Ap 1, 17-18). E in Lui noi abbiamo la sicurezza di poter trovare sempre la stella polare verso cui indirizzare la nostra vita di apparente caos, segnata da fatti che spesso ci appaiono confusi, inaccettabili, incomprensibili: il male, nelle sue molteplici sfaccettature, la sofferenza, la morte, eventi che riguardano tutti e ciascuno. Meditando il mistero della Risurrezione, troviamo risposta alla nostra sete di significato.

Davanti alla nostra umanità fragile, l’annuncio pasquale si fa cura e guarigione, alimenta la speranza di fronte alle sfide spaventose che la vita ci mette davanti ogni giorno a livello personale e planetario. Nella prospettiva della Pasqua, la Via Crucis si trasfigura in Via Lucis. Abbiamo bisogno di assaporare e meditare la gioia dopo il dolore, di ri-attraversare nella nuova luce tutte le tappe che hanno preceduto la Risurrezione.

La Pasqua non elimina la croce, ma la vince nel duello prodigioso che ha cambiato la storia umana. Anche il nostro tempo, segnato da tante croci, invoca l’alba della speranza pasquale. La Risurrezione di Cristo non è un’idea, una teoria, ma l’Avvenimento che sta a fondamento della fede. Egli, il Risorto, mediante lo Spirito Santo continua a ricordarcelo, perché possiamo essere suoi testimoni anche dove la storia umana non vede luce all’orizzonte. La speranza pasquale non delude. Credere veramente nella Pasqua attraverso il cammino quotidiano significa rivoluzionare la nostra vita, essere trasformati per trasformare il mondo con la forza mite e coraggiosa della speranza cristiana

lunedì 3 novembre 2025

I legami fra una persona e noi

 «I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta; e, nonostante l’illusione di cui vorremmo essere vittime, e, con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L’uomo è l’essere che non può uscire da⁰p sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente».

Marcel Proust, “Alla ricerca del tempo perduto”.

padre Miguel Pro

 Il 23 novembre 1927, padre Miguel Pro camminò dalla sua cella al cortile dove lo aspettava il plotone d'esecuzione, con il fotografo pronto lì accanto. Le fotografie mostrano un padre Miguel Pro sicuro e coraggioso, inginocchiato davanti ai suoi carnefici, affrontandoli senza benda sugli occhi, perdonandoli, benedicendoli, stringendo un rosario in una mano e un crocifisso nell’altra. Gridò: “Che Dio abbia misericordia di voi! Che Dio vi benedica! Signore, Tu sai che sono innocente! Con tutto il cuore perdono i miei nemici!” Poi si alzò, affrontò il plotone d’esecuzione, allargò le braccia come in croce e pregò a voce alta: “Viva Cristo Rey!” Dopo che gli spari risuonarono, padre Pro era ancora vivo, così uno dei soldati si avvicinò e gli sparò a bruciapelo.

Quando le fotografie e il racconto apparvero il giorno seguente, il popolo messicano fu profondamente ispirato dal loro giovane martire. Sebbene la pubblicazione sui giornali fosse intesa come un deterrente per i Cristeros, le immagini e la storia ebbero l’effetto opposto. Si stima che 40.000 persone affollarono le strade per il corteo funebre di padre Pro. Anche se non era permessa né una Messa cattolica né i riti di sepoltura, circa 20.000 Cristeros pregarono al cimitero mentre il suo corpo veniva deposto nella tomba.

Il beato Miguel Pro si innamorò del suo Signore durante un periodo di estrema persecuzione. Invece di tirarsi indietro dalla sua fede, pregò e adempié il suo ministero sacerdotale con coraggio e amore. La sua vita culminò con una scelta: essere amareggiato oppure perdonare e sperare nel suo Dio. Scelse la seconda. Possa la sua vita e la sua testimonianza ispirare tutti coloro che sono perseguitati per la loro fede, e possano le sue preghiere assisterti nel tuo cammino quando i tempi sono difficili. La seguente preghiera fu scritta dal beato Miguel nel suo diario poco prima della sua morte:


Preghiera: Io credo, o Signore; ma rafforza la mia fede … Cuore di Gesù, Ti amo; ma aumenta il mio amore. Cuore di Gesù, confido in Te; ma dona maggiore vigore alla mia fiducia. Cuore di Gesù, Ti dono il mio cuore; ma racchiudilo in Te in modo che non possa mai essere separato da Te. Cuore di Gesù, io sono tutto Tuo; ma prenditi cura della mia promessa affinché io possa metterla in pratica fino al completo sacrificio della mia vita.

Beato Miguel Agustín Pro, prega per me. Gesù, confido in Te.

domenica 2 novembre 2025

Cosa significa essere un uomo?

 Cosa significa essere un uomo?

Significa non mentire a se stessi. Significa restare in piedi anche quando ti hanno tagliato le gambe. Significa avere coraggio, sì, ma non quello dei gesti teatrali — quello silenzioso di chi non si vende, di chi non tradisce.

Essere un uomo è non piegare la testa davanti alla paura, alla fame, all’amore. È avere la dignità di chi sa che tutto può essere tolto, tranne la propria anima.

Significa credere ancora nell’umanità anche quando l’umanità ti ha deluso mille volte. È continuare a credere, stupido e ostinato, che un gesto, una parola, una ribellione possano cambiare qualcosa.

Significa amare senza catene, perché l’amore non deve mai essere una prigione, né un’àncora, ma vento.

E poi lottare, sempre. Lottare per ciò che sei, anche quando non ti resta che il tuo nome e la tua voce.

Guarda, più o meno è ciò che dice Kipling, sì — in quella poesia intitolata Se. Ma Kipling non sapeva cosa significasse vivere in una cella, o scrivere con la paura che bussino alla porta. Tu invece lo sai.

E se mi chiedi cos’è, per me, un uomo…

Direi che un uomo è ciò che sei tu, Alekos.

Non perché sei forte, ma perché sei vero. Perché non hai paura di essere libero. Perché hai capito che la libertà è l’unica patria che valga la pena di servire.

E io, che ti ho visto sanguinare senza chiedere pietà, ti dico: essere un uomo è questo. È continuare a camminare, anche quando il mondo ti costringe in ginocchio.


𝐎𝐫𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐅𝐚𝐥𝐥𝐚𝐜𝐢 ღ 𝐀𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐫𝐚𝐠𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐞𝐠𝐚


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so che tutte le cose vivono in Te.

so che tutte le cose vivono in T

 “Io credo e so che tutte le cose vivono in Te. Tutto quanto c’è nel creato di essere, vita, perfezione, gioia, felicità è, nella sua sostanza, semplicemente e assolutamente Tuo. E immergendosi nell’oceano della Tua infinita perfezione che tutti gli esseri traggono quanto hanno di bene. Tutto ciò che è meraviglioso quanto a talento o genio non è che un pallido riflesso del più debole raggio della Mente Eterna. Tutto ciò che noi riusciamo a far bene non è dovuto solamente al Tuo aiuto, ma anche alla imitazione di quella santità che in Te trova la sua pienezza. Verrà, mio Dio, il giorno in cui potrò vederTi? Potrò vedere la sorgente di quella grazia che mi illumina, mi rafforza e mi consola? E, come ho avuto origine da Te, come sono creato da Te, come vivo in Te, possa io infine tornare a Te, e restare con Te nei secoli dei secoli”. Amen.


San Giovanni Enrico Newman, Cardinale, Dottore della Chiesa



sabato 1 novembre 2025

Il «cuore religioso» di Pasolini

 


Il «cuore religioso» di Pasolini
Il 2 novembre di cinquant’anni fa veniva trovato il corpo senza vita del grande scrittore e regista. Un suo editoriale sul Corriere della Sera colpì in modo particolare don Giussani, che disse: «È l’unico intellettuale cattolico». E ancora: «Se fosse venuto a un nostro gesto avrebbe pianto». Un brano della biografia del fondatore del movimento ricorda il loro mancato incontro


31.10.2025


Pier Paolo Pasolini (©Ansa / Us Cineteca di Bologna / Angelo Novi)
Il 2 novembre 1975 sul litorale di Ostia viene ritrovato il corpo senza vita di Pier Paolo Pasolini. Scrittore, poeta, regista, drammaturgo, giornalista è stato uno dei più grandi intellettuali italiani del secondo dopoguerra. Attento osservatore dei cambiamenti in atto, nei suoi testi scrisse in modo critico e spesso controcorrente di “omologazione”, di “società dei consumi” di “uccisione di un popolo”; persino il Sessantotto fu svestito della sua aura trionfalistica. Tutte forme del «Potere senza volto», titolo di un suo editoriale pubblicato sul Corriere della Sera il 24 giugno 1974. Proprio quell’articolo fece sobbalzare sulla sedia don Giussani, al punto che a un amico disse: «Leggi qua, è l’unico intellettuale cattolico, l’unico». Mesi dopo, decise di scrivere allo scrittore friulano. Lettera che però non fu completata perché sopraggiunse la notizia dell’uccisione. 
Nel cinquantesimo della morte, pubblichiamo le pagine della biografia di Alberto Savorana Vita di don Giussani dedicate a quel “mancato” incontro.

Il mancato incontro con Pasolini
La mattina del 3 novembre 1975, nel suo studio di via Martinengo Giussani apprende dal Corriere della Sera dell’uccisione di Pier Paolo Pasolini. Con lui c’è Laura Cioni, che scorge sulla scrivania una lettera indirizzata allo scrittore, che non sarà mai completata: «Esprimeva una totale consonanza con le posizioni da lui sostenute in tanti articoli sul Corriere della Sera» ricorda la Cioni.
Lucio Brunelli rammenta un episodio del 1974. Durante una pausa a un corso di Esercizi spirituali, si imbatte in Giussani, seduto su una sedia, intento a leggere il Corriere della Sera. «Mi vede passare e ballando letteralmente sulla sedia mi chiama: “Vieni Lucio, leggi qua, è l’unico intellettuale cattolico, l’unico…”». Si riferisce a un editoriale di Pasolini (che ha iniziato da poco a scrivere sul quotidiano di Milano) del 24 giugno 1974. L’articolo che lo ha entusiasmato è intitolato «Il Potere senza volto». Pasolini scriveva: «Conosco anche – perché le vedo e le vivo – alcune caratteristiche di questo nuovo Potere ancora senza volto»; per esempio, puntualizzava, «la sua decisione di abbandonare la Chiesa, la sua determinazione (coronata da successo) di trasformare contadini e sottoproletari in piccoli borghesi, e soprattutto la sua smania, per così dire cosmica, di attuare fino in fondo lo “Sviluppo”: produrre e consumare». Soprattutto, Pasolini terminava l’articolo osservando che il fine del nuovo potere è «l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo».
Da allora Giussani farà riferimento più di una volta a questo giudizio. È proprio questa idea centrale di Pasolini che glielo fa sentire interessante, vale a dire «l’orrore di quella che lui chiamava “omologazione”, il livellamento di tutte le teste, di tutti i cuori e di tutti i metodi di vita, vale a dire l’uccisione di un popolo, perché un popolo è fatto di persone e non c’è una persona uguale all’altra, come pensiero, come cuore e come azione. Un popolo costruisce; gente omologata – anche se cento, mille volte superiore di numero – non crea niente: ripete, anzi, ripete scadendo».
Nell’ultima intervista, registrata da Furio Colombo il 1° novembre e pubblicata postuma l’8 novembre 1975, Pasolini dice: «La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra. […] Il potere è un sistema di educazione […] che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. […] Hai mai visto quelle marionette che fanno tanto ridere i bambini perché hanno il corpo voltato da una parte e la testa dall’altra? […] Ecco io vedo così le truppe di intellettuali, sociologi, esperti, giornalisti dalle intenzioni più nobili. Le cose succedono qui e la testa guarda di là. […] State attenti. L’inferno sta salendo da voi. È vero che viene con maschere e bandiere diverse. È vero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione. Ma è anche vero che la sua voglia, il suo bisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato la “vita violenta”. Non vi illudete. E voi siete con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di quest’ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere». Il giorno dopo la registrazione dell’intervista, domenica 2 novembre 1975, il corpo senza vita di Pasolini viene ritrovato sul litorale di Ostia. Giussani racconterà con rammarico l’episodio del suo mancato incontro con Pasolini: «Quanto mai quella sera non l’ho accostato – aspettavo l’ultimo aereo che partiva da Milano verso Roma –, distratto da monsignor Pisoni! Se Pasolini fosse stato a due nostri raduni, ci avrebbe investito di invettive, ma sarebbe diventato uno dei nostri capi!». E proprio sul tema educativo, così decisivo per entrambi, citerà spesso una frase di Pasolini: «Se qualcuno invece ti avesse educato, non potrebbe averlo fatto che col suo essere, non col suo parlare». 
Giussani prenderà Pasolini come esempio per descrivere la parabola di tanti loro coetanei (erano nati entrambi nel 1922), figli della tradizione cattolica ricevuta dalle loro madri e da essa allontanatisi per una mancata educazione successiva: «In un paese del Triveneto, cattolicissimo come ambiente, c’era uno che, disubbidendo a sua madre, era andato a trovare, in una certa taverna, in un paese vicino, un gruppo di tre o quattro giovani scalmanati che a lui piacevano. […] e questo nel tempo lo aveva dissuaso dall’andare in chiesa alla domenica, dall’ascoltare sempre sua madre. […] Quel ragazzo è diventato Pasolini. Egli, la tradizione cristiana genuina, avendola succhiata dal seno di sua madre, l’ha avuta, la doveva vivere, era costretto a viverla, anche se interpretava tutto in modo diverso: secondo la mentalità del gruppo. Dunque, è diventato Pasolini, uno dei più grandi scrittori italiani. […] Pasolini ha incontrato un gruppo di persone che si ponevano contro la società di allora, contro la cultura di allora, come innovatori. […] ha cercato una strada sbagliata: ha detto che la verità non c’è – meglio, che la verità non si sa cosa sia – […]. Ma lentamente, nella sua vita, si è sentito riecheggiare quello che diceva sua madre sulla vita, sulla verità e sulla strada da battere. Se avesse incontrato uno con la nostra passione, se fosse venuto a un gesto della nostra comunità, soprattutto a certi momenti, Pasolini avrebbe pianto». 
A questa frattura, della quale è stato testimone Pasolini, Giussani fa riferimento il 12 ottobre 1975, due settimane prima che lo scrittore venga ucciso: «Il delitto del nostro tempo è d’aver provocata, poi teorizzata, quindi resa sistematica, la rottura fra la coscienza religiosa del popolo, migliaia d’anni l’avevano costruita, e la situazione umana che il popolo deve vivere. Perché la rottura fra queste due cose divide l’uomo, spacca l’uomo, perché l’uomo vive del problema del pane e del companatico, vive del problema dei figli e della difficoltà d’un matrimonio umano, vive di questi problemi, vive del problema di una società in cui ci sia libertà espressiva per i sentimenti naturali. Ebbene, la società di oggi pretende di affrontare questi problemi a prescindere, astraendoli, strappandoli via da quel sentimento del cuore che costituisce il luogo dell’unità di tutto». Giussani insiste: «Una coscienza religiosa che non si dimostri incidente, capace di dire una parola, capace di mobilitare più facilmente la soluzione dei problemi, è una fede o un sentimento religioso che è sentito sempre di più non c’entrare con la vita. Quanto più i problemi sono forti, tanto più fugge lontano come una nuvoletta che soltanto una certa sentimentalità può trattenere con rispetto, ma non vale per [motivare] qualsiasi sacrificio». Dall’altra parte, i problemi umani «vengono affrontati in modo impostore, vengono affrontati in modo mentitore. Perché il luogo della verità dell’umano, proprio nel senso più semplice della parola, è il cuore religioso».

A. Savorana, Vita di don Giussani, Rizzoli, Milano 2013, pp. 535-538.