Caritativa che rompe gli schemi_ Don Giussani
Guardate, per favore, ho detto l’accusa fin quando deve essere tenuta, perché la nostra comunità è piena di queste rotture di strutture, di questa novità di strutture, di questa novità di rapporti.
Siete voi che non le vedete, perché i vostri occhi sono ciechi, hanno sopra le fette di salame,
perché voi non siete così impegnati. Lo pensavo alcuni giorni fa, quando qualcuno mi citava una
ragazza tra noi che tutte le domeniche va da una certa persona, che vive sola. Perché non lo facciamo tutti? Perché è una rottura di “strutture”, per non dire un’altra parola, e lo è realmente,
perché a uno la domenica piace andare dove vuole. «Be’, adesso sono giudicato perché io, che vado a fare il week-end, non faccio così alla domenica?» Non c'entra, è chiaro che non c’entra,
perché io, se potessi, farei il week-end. Questa ragazza certamente non fa il mille per mille, farà dieci su mille, ma ha rotto qualche cosa, rompe qualche cosa. Quando un nostro amico è venuto
a dirci che ad Arese ci sono dei ragazzi disadattati e che l’unico modo perché si riscattino, come vita, è un ambito affettivo che è loro mancato —normalmente questo è il motivo della loro delinquenza —e perciò lanciava un invito che, per esempio, una famiglia, una persona che volesse, che lo potesse, che lo giudicasse possibile, si prendesse uno di loro, non a casa sempre,ma come amico permanente, perché altrimenti non si costruisce, ecco, questa è la novità del mondo.
Quando uno facesse veramente così, gli nasce una sensibilità anche ai fatti sociali e politici delmondo diversa e all’occasione sa di più come agire e come intervenire. Nessuno di noi l’ha fatto.
Non giudico, ma può essere un sintomo. È questo che manca, è la struttura da rompere, è la vita come missione. Certo, lo capisco molto bene, perché questa è una vita laboriosa, è una concezione laboriosa, sì, di lavoro, è la vita come lavoro. Il resto è sfogo, affermazione di sé, sfogo, ira e violenza, questo invece è lavoro.
Luigi Giussani, *Una rivoluzione di sé*
La vita come comunione
(1968- 1970)
pp. 188-189
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