La mia terapia anti-depressione? Occhi aperti alla realtà e quadernino in tasca. Lavorare e scrivere
***
Grafoterapia. Non so se questa parola esiste nel dizionario italiano. In
quello spagnolo non c’è. Mi è venuta in mente leggendo le tante lettere
delle persone che soffrono di depressione, una malattia che provoca
tanta afflizione. La grafoterapia è uno dei mezzi che mi hanno aiutato a
uscire dalla depressione, e la sento ancora molto utile. Venticinque
anni fa ho imparato questo metodo per lottare contro il tormento del
«male del vivere», come lo definiva Cesare Pavese. Molti mi chiedono
come sono riuscito a tenere duro e a convivere con questa bestia.
Prima di tutto, l’importante è riconoscere questa malattia e vederla
come possibilità per passare dall’infantilismo alla maturità. Questo
significa passare da lamento e autocommiserazione al riconoscere che
quello che succede nella vita non è frutto del caso ma è il progetto di
Dio, che si serve delle circostanze per mostrarci il suo amore infinito o
per prepararci ad assumere un compito particolare. Non dimentichiamoci
che nella ascesi cristiana questo terribile dolore si chiamava “notte
dell’anima”. Pensiamo a santa Teresa D’Avila, beata Teresa di Calcutta,
la fondatrice delle Ancelle della Carità di Brescia o santa Maria
Crocifissa Di Rosa. Purtroppo in una società senz’anima tutto si
pretende misurare o ridurre a un problema psichico. Quando don Giussani
parla di “ascesi per una liberazione” (III capitolo del Senso religioso)
credo che faccia riferimento a questa fatica, a questa oscurità.
Ricordo l’importanza che ha avuto nella mia vita l’educazione a
scrivere. Di fatto i vari libri sulle Riduzioni Gesuitiche sono nati
nell’epoca più drammatica della mia malattia.
Tutti sappiamo che normalmente la depressione si manifesta nel dominio
della fantasia, dell’ossessione, e quando uno soffre di questa malattia
vuole ritirarsi, fuggendo dalla realtà, non vuole uscire, vuole restare
nella propria stanza fino al punto in cui la realtà si confonde con la
fantasia. È stato nel pieno della crisi che Dio e la santa Vergine mi
hanno fornito un metodo molto duro ma molto bello per uscire lentamente
dalla depressione. Un metodo che più avanti si è trasformato nella
regola fondamentale del Collegio: calli nelle mani, cioè lavorare e
scrivere.
Ho vissuto un’esperienza dura però bella. Osservare la realtà
lasciandomi provocare da essa. Questa provocazione mi ha fatto imparare
una cosa molto semplice. Afferrare una penna e un foglio e scrivere
quello che mi affascinava della realtà in ogni momento. Quando uno
scrive, infatti, è obbligato a prendere sul serio quello che lo colpisce
della realtà. Per questo ho imparato a raccontare quello che
quotidianamente mi succede. Andavo sempre in giro con un quadernino in
tasca in modo tale che davanti a un fatto che mi colpiva potevo mettere
per iscritto quello che vedevo, descrivendo tutti i dettagli della
realtà che si palesavano davanti ai miei occhi.
L’importanza di osservare
Con questo metodo, lentamente, ho incatenato la fantasia poiché tutto di me era preso a guardare la realtà per poi mettere tutto per iscritto. Oggi stesso continuo a usare questo metodo. Per me narrare un fatto o descrivere qualcosa che mi colpisce rappresenta uno dei punti fondamentali della terapia: uscire da se stessi e osservare la realtà. Quando scrivo per Tempi o per il bollettino della Clinica, mi coinvolgo totalmente, al punto che neanche mi rendo conto del tempo che passa.
Con questo metodo, lentamente, ho incatenato la fantasia poiché tutto di me era preso a guardare la realtà per poi mettere tutto per iscritto. Oggi stesso continuo a usare questo metodo. Per me narrare un fatto o descrivere qualcosa che mi colpisce rappresenta uno dei punti fondamentali della terapia: uscire da se stessi e osservare la realtà. Quando scrivo per Tempi o per il bollettino della Clinica, mi coinvolgo totalmente, al punto che neanche mi rendo conto del tempo che passa.
È stato solo per non lasciare nella solitudine tutti coloro che mi
chiedevano aiuto che ho ripreso a scrivere. In questi ultimi mesi non
volevo cadere vittima della depressione che è una bestia sempre pronta
ad entrare nella vita di qualcuno. Raccontare è immedesimarsi con la
realtà e mostrarla in tutta la sua bellezza. È un lungo cammino che
necessita tanta pazienza perché uno normalmente si lascia trasportare
dalla fantasia o dalle ossessioni contro le quali non è facile
combattere. Guardando alla mia esperienza, ho sentito il bisogno di non
lasciarmi intrappolare dalla fantasia. L’unico cammino è quello di stare
davanti alla realtà accettando le sfide che ti pone. La grafoterapia è
un metodo molto semplice come quello della labor-terapia. Esige solo che
la persona che vive questa circostanza permetta alla realtà di entrare
non solo negli occhi ma anche nel cuore.
paldo.trento@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento