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venerdì 14 settembre 2018

BAUDELAIRE: UN CUORE SPEZZATO, che grida ("COME, SE NON PER IL VARCO DI UN CUORE SPEZZATO, CRISTO SIGNORE IN LUI POTREBBE ENTRARE?" ***

BAUDELAIRE: UN CUORE SPEZZATO, che grida
("COME, SE NON PER IL VARCO DI UN CUORE SPEZZATO, CRISTO SIGNORE IN LUI POTREBBE ENTRARE?"
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Un cuore spezzato e un'autocoscienza diabolica, cioè divisa. «Divisa fra il desiderio di elevarsi fino alla contemplazione del Cielo e il bisogno di assaporare i forti liquori del peccato»: questo, come scrive M. Raymond, fu il dramma di Charles Baudelaire.
Nato nel 1821, ebbe una educazione cattolica, ma presto si allontanò dalla fede. Mentre il suo spirito, colmo di spleen (la noia più cupa) si protendeva verso l'idéal e anelava verso la grande Bellezza, la sua carne si lasciava andare a eccessi e sregolatezze. Ne I paradisi artificiali egli esaltò l'alcool, l'oppio, il sesso nel suoi aspetti perversi e degradanti, e tutto ciò che può provocare sensazioni forti e inebrianti. Ma erano solo deludenti surrogati per lui che si sentiva esiliato dal Paradiso e disperava di trovare la via per farvi ritorno.
Il 1857, anno in cui pubblicò I fiori del male, è universalmente reputato l’inizio del ‘900 letterario. E’ questo un testo che - confessò Baudelaire - non sopporta un «lettore quieto e bucolico, sobrio / uomo ingenuo e dabbene», il lettore borghese che vuole dalla poesia essere accarezzato e dolcemente distratto.  I fiori del male sono un pugno nello stomaco. Ti costringono a riflettere «sul peccato, sulla nostalgia di un Eden perduto, sulla malinconia, sulla disperante ossessione di una bellezza irraggiungibile»(L.  De Nardis).
Sempre nel 1857 Baudelaire scriveva: «E’ questo mirabile e immortale istinto del Bello che ci fa considerare la terra e i suoi spettacoli come una visione, come una corrispondenza del cielo.  La sete insaziabile di tutto ciò che è al di là e che rivela la vita, è la prova più evidente della nostra immortalità.  E nel contempo con la poesia e attraverso la poesia, con e attraverso la musica che l'anima intravede gli splendori posti al di là della tomba».
Il brano in primo luogo bene documenta il concetto religioso della "analogia": l'umana esigenza della bellezza implica l'esistenza di una Bellezza ultima che sta al di là delle modalità sperimentabili; lo spettacolo naturale è segno, analogia e prova che l'anima è destinata all'immortalità. Ma in secondo luogo il brano attesta come Baudelaire, almeno nel 1857, creda che sia l'arte - poesia o musica - la via che conduce allo splendore dell'aldilà. Una strada davvero scoscesa, che non conduce alla meta.  Alla domanda di felicità che ogni uomo ha nel cuore, tutti - in maniera cosciente o inconscia - rispondiamo affermando che c'è qualcosa per cui vale la pena vivere. Baudelaire non si piega al mistero di Dio, ma tutto piega «al culto geloso ed esclusivo di ciò che egli veramente ama e persegue con tutte le sue forze: la creazione assoluta del poeta, l'arte assoluta, se stesso come colui che crea artisticamente. È l'idolatria dell'arte». Così scrive Auerbach. 
Il poeta muore nel 1867, dieci anni dopo l'uscita del suo capolavoro.
LE DOMANDE VERE COL TEMPO SI ERANO FATTE SEMPRE PIÙ PRESSANTI.  LEGGIAMO NEI DIARI INTIMI: «QUASI TUTTA LA NOSTRA VITA È SPESA IN CURIOSITÀ SCIOCCHE.  IN CAMBIO CI SON COSE CHE DOVREBBERO ECCITARE AL PIÙ ALTO GRADO LA CURIOSITÀ DEGLI UOMINI E CHE, A GIUDICARE DAL CORSO ORDINARIO DELLA LORO VITA, NON GLIENE ISPIRANO ALCUNA.  DOVE SONO I NOSTRI AMICI MORTI?  PERCHÉ SIAMO QUI?  VENIAMO DA QUALCHE PARTE?  CHE COS'È LA LIBERTÀ? PUÒ ACCORDARSI LA LIBERTÀ CON LA LEGGE PROVVIDENZIALE?»; E ANCORA: «NULLA ESISTE SENZA SCOPO: DUNQUE QUESTA ESISTENZA HA UNO SCOPO.  QUALE SCOPO?  LO IGNORO.  DUNQUE NON L'HO STABILITO IO.  MA QUALCUNO PIÙ SAPIENTE DI ME.  BISOGNA DUNQUE PREGARE QUESTO QUALCUNO D'ILLUMINARCI.  E' IL PARTITO PIÙ SAGGIO»; «LA VERA CIVILTÀ NON È NEL GAS O NEL VAPORE, MA NEL LAVORO D'OGNI GIORNO PER DIMINUIRE LE CONSEGUENZE DEL PECCATO ORIGINALE»; «AVENDO IMMAGINATO DI SOPPRIMERE IL PECCATO, I LIBERI PENSATORI HANNO CREDUTO INGEGNOSO SOPPRIMERE IL GIUDICE E ABOLIRE IL CASTIGO, E PROPRIO QUESTO CHIAMANO PROGRESSO.  PER LORO, COMBATTERE L'IGNORANZA È RIDURRE DIO».
Baudelaire invece tornava ad aprirsi alla fede dell'infanzia: SUL LETTO DI MORTE IL POETA MALEDETTO, che dieci anni prima aveva invocato Satana, CHIESE E RICEVETTE I SACRAMENTI, come si legge anche su "Civiltà cattolica":
https://books.google.it/books?id=PgcTAQAAMAAJ&pg=PA463&lpg=PA463&dq=Louis+Veuillot+e+Baudelaire&source=bl&ots=12cYUEadfD&sig=vHJ_beXRdjEIB-TwMbUFxIQIeNo&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiE0t7C9K_dAhXL_aQKHcMNBAkQ6AEwB3oECAUQAQ#v=onepage&q=Louis%20Veuillot%20e%20Baudelaire&f=false

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