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giovedì 20 settembre 2018

ULTIME ORE DI VITA DI ARTHUR RIMBAUD: L'APPRODO DI UN "CUORE SPEZZATO"

ULTIME ORE DI VITA DI ARTHUR RIMBAUD: L'APPRODO DI UN "CUORE SPEZZATO"
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«Pietà! Signore, ho paura. Ho sete, tanta sete!... Maria!  Vergine Santa!»: è il grido lancinante che Arthur Rimbaud depone nel cuore del suo capolavoro, Una stagione all'inferno (1873)
Quella sete - una struggente domanda di assoluto, ma incarnato nella materialità della vita - mai gli darà pace lungo la sua errabonda esistenza.

Nato nel 1854, a dieci anni già compone poesie in latino. A sedici fugge di casa. A Parigi incontra Verlaine. Il rapporto ambiguo che s'instaura tra i due rotola verso un drammatico epilogo.  Verlaine spara al giovane amico e viene poi condannato a due anni di carcere (lungo i quali si convertirà al cattolicesimo).
A vent'anni Rimbaud ha già composto tutti i suoi capolavori.  Il «viaggio» che era stato il vero tema della sua poesia, diventa ora la forma della sua vita: Europa, Asia e soprattutto Africa. 
Nel maggio 1891, un cancro al ginocchio lo costringe al rientro in Francia.  Per alcuni mesi si consuma in un letto dell'ospedale di Marsiglia, amorevolmente assistito dalla sorella Isabelle.
Lì la sua sete si placa.  Il 25 ottobre Rimbaud si converte al cristianesimo.  Muore due settimane dopo, il 10 novembre.
Tanti anni prima, nel 1873, così aveva scritto nell'ultimo capitolo di Una stagione all'inferno: «Io! io che mi sono detto mago o angelo, dispensato da ogni morale, eccomi qui steso al suolo, con un dovere da cercare, e la rugosa realtà da stringere... Chiederò comunque perdono per essermi nutrito di menzogna.  E andiamo… E’la vigilia.  E all'aurora, armati di un'ardente pazienza, entreremo nelle splendide città. E mi sarà permesso di possedere la verità in un'anima e in un corpo». Parole profetiche, che riecheggiano Dante e l'uscita dall'inferno verso l'alba splendente della città di Dio. 

Gli ULTIMI GIORNI DI VITA del poeta sono raccontati in una lettera -datata Marsiglia, mercoledì 28 Ottobre 1891 - scritta dalla sorella Isabelle alla loro madre:
 Cara mamma,
Iddio sia mille volte benedetto! Ho avuto domenica la più grande gioia che io possa conoscere su questa terra. Accanto a me non ho più un povero infelice reprobo, prossimo alla morte: è un giusto, un santo, un martire, un eletto!
Nel corso dell’ultima settimana i sacerdoti erano venuti due volte; li aveva ricevuti bene, ma con una tale spossatezza, con un tale abbattimento, che non avevano osato parlargli della morte. Domenica mattina, dopo la messa solenne, pareva più calmo e pienamente in sé: uno dei sacerdoti è tornato e gli ha proposto di confessarsi; ed ha accettato! Uscendo, il prete mi ha detto, guardandomi con aria turbata, con aria strana: “Vostro fratello ha la fede, figliola, che mai ci avevate detto? Ha la fede, ed anzi, non ho mai visto una fede di qualità simile!”. Io, baciavo la terra piangendo e ridendo. Oh, Dio! Quale allegrezza, anche nella morte, anche attraverso la morte! Che importanza hanno per me la morte, la vita, e tutto l’universo e tutta la felicità di questo mondo, adesso che la sua anima è salva!
[…]Quando gli sono tornata vicino, era molto commosso, però non piangeva; era serenamente triste, come non lo avevo mai visto. Mi guardava negli occhi come non mi aveva mai guardata. Ha voluto che mi avvicinassi molto, e ha detto: "Tu sei del mio stesso sangue: dimmi, tu credi, credi?". Ho risposto: "Io credo; altri, ben più sapienti di me, han creduto, credono, e poi ne sono sicura ormai, ne ho la prova, questo esiste!"
Mi ha anche detto, con amarezza: "Sì, dicono di credere, fingono d’essere convertiti, ma è per far leggere i loro scritti, è una speculazione!".  Ho esitato, poi ho detto: "Oh! No, guadagnerebbero di più se bestemmiassero!". Continuava a guardarmi col cielo negli occhi, e anch’io. Ha voluto abbracciarmi, e poi: "Possiamo avere la stessa anima, perché siamo dello stesso sangue. Allora, tu credi?". E ho ripetuto: "Sì, credo, bisogna credere". Allora mi ha detto: "Bisogna preparare tutto nella camera, bisogna mettere in ordine, sta per tornare con i sacramenti. Vedrai, porteranno i ceri e i pizzi, bisogna mettere biancheria bianca dappertutto. Dunque sono proprio molto ammalato!". Era ansioso, ma non disperato come gli altri giorni, e vedevo bene che desiderava con ardore i sacramenti, soprattutto la comunione. Da quel momento non ha più bestemmiato; invoca il Cristo in croce e prega, sì, prega, lui!

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