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giovedì 4 ottobre 2018

4 OTTOBRE 1582. LA NOTTE PIÙ LUNGA.

Se si legge la biografia di santa Teresa d'Avila, la religiosa spagnola fondatrice dell’ ordine dei Carmelitani scalzi, si scopre che morì nella notte tra il 4 e il 15 ottobre 1582. Si potrebbe pensare ad un errore ( o ad un’agonia lunghissima) ma non fu nulla di tutto questo. Semplicemente Teresa d’Avila morì proprio la notte nella quale fu praticato il riallineamento di date tra il vecchio calendario giuliano e quello gregoriano, con sottrazione di 10 giorni.

Il provvedimento fu sancito dalla bolla papale "Inter gravissimas", promulgata dal pontefice Boncompagni, meglio conosciuto col nome di Gregorio XIII, da cui il nome di “Riforma del calendario gregoriano”.  Questo nuovo calendario subentrava, migliorandolo, a quello “giuliano”, emanato da Giulio Cesare, ed in vigore dal lontano 46 a.C.. Quel sistema di calcolo aveva prodotto in circa 1600 anni di utilizzo un continuo slittamento della data degli equinozi, tanto che ormai non coincidevano più con le date loro assegnate del 21 marzo e 21 settembre. Il problema era molto importante per la Chiesa perchè la data della Pasqua veniva calcolata a partire da quella dell'equinozio primaverile.

Per questa ragione, nel 1579 fu istituita una commissione di esperti matematici, di cui Cristoforo Clavio, gesuita di origine tedesca definito “l’Euclide del XVI secolo”, costituiva il membro più autorevole. Scopo della commissione era quello di elaborare un nuovo sistema di calcolo delle date che correggesse l’errore di quello tradizionale. Il matematico tedesco capì che la durata di un anno “giuliano” (365 giorni e 6 ore) non era esatta, perché l’anno solare medio è più corto di circa undici minuti.

Ogni 128 anni, quindi, il ritardo accumulato era di un giorno. Nel 1582 la differenza arrivò a toccare i 10 giorni. Erano notevoli le discrepanze e le singolarità: l’equinozio di primavera, ad esempio, cadeva undici giorni prima del 21 marzo, scombussolando festività e abitudini. Cristoforo Clavio optò dunque per un balzo cronologico che permettesse di recuperare questo vecchio ritardo: la commissione suggerì che il 4 ottobre 1582 venisse seguito dal 15 ottobre.

Inoltre, stabilì che dovessero essere considerati anni bisestili soltanto quelli esattamente divisibili per quattro, con la condizione che le date terminanti con un doppio zero sarebbero state bisestili solo se divisibili per quattrocento (in base a tale criterio, ad esempio, l’anno 2000 è stato un anno bisestile, mentre l’anno 2100 non lo sarà). Queste regole, introdotte a partire dal 1582 durante il pontificato di papa Gregorio XIII sono precise al punto da non dover richiedere mutazioni per ancora qualche centinaio d'anni, e sono tuttora in uso.

L’Italia, la penisola iberica con il Portogallo, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo, la Polonia e la Lituania: in questi Paesi, cattolici, la riforma prese piede immediatamente. La Francia attese un paio di mesi, e passò all’improvviso dal 9 al 20 dicembre di quel 1582. L’Austria e la Svizzera, nazioni cattoliche, si allinearono poco dopo, rispettivamente nel 1583 e nel 1584.

Per il resto dell’Europa e del mondo la riforma gregoriana del calendario arrivò dopo secoli, o non arrivò affatto. Una riforma così ampia, che abbracciasse e interessasse in qualche modo il mondo intero, era anche volta a ribadire il peso del papa e della sua Chiesa. Luterani, calvinisti e anglicani fecero propria la riforma del nuovo calendario solo decenni più tardi, il Regno di Svezia dal 1699, il Giappone nel 1873, la Cina nel 1911, Yugoslavia e Romania nel 1919, la Turchia nel 1927, la Grecia un anno dopo. Gli ortodossi (russi, serbi, e ovviamente a Gerusalemme) continuano tutt’oggi a utilizzare il calendario giuliano, e da ciò scaturisce l’attuale differenza di 13 giorni tra le festività religiose “fisse” ortodosse e cristiane.

Antonio A.
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