Pur essendo innegabile che il mio essere è un essere fugace e prorogato di attimo in attimo, esposto all’eventualità del non essere, questo fatto corrisponde ad un altro, altrettanto innegabile: malgrado la mia fugacità, io sono e sono mantenuta in vita di attimo in attimo, e nel mio essere fugace contengo un essere duraturo. So di essere sostenuta e qui sta il mio riposo e la mia sicurezza – non la sicurezza dell’uomo maturo che sta su un terreno che è solido in virtù delle proprie forze, ma la beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio forte –, che in pratica è una sicurezza non meno ragionevole. Sarebbe forse 'ragionevole' quel bambino che vivesse costantemente nell’angoscia che la mamma lo lasci cadere?16. No. Quindi: Se per bocca del profeta Dio mi dice che mi è più fedele del padre e della madre, anzi che Egli è lo stesso Amore, allora devo ammettere che la mia fiducia nel braccio che mi sostiene è ragionevole e, al contrario, è stolta la mia paura di cadere nel nulla, a meno che non sia io stessa a staccarmi dal braccio che mi protegge Edith Stein
CO-REDENTORI CON CRISTO - Dagli scritti di Santa Teresa Benedetta della Croce (Stein), Carmelitana Scalza, Martire.
"Chi appartiene a Cristo deve vivere fino in fondo tutta la vita di Cristo. Deve crescere sino alla maturità di Cristo, deve intraprendere la Via Crucis, deve passare per il Getsemani e per il Golgota. E tutte le sofferenze che possono venirgli dall’esterno sono nulla a paragone della notte oscura dell’anima, quando la luce divina non brilla più e la voce del Signore non si ode più. Dio è sempre là, ma sta nascosto.
Cristo è Dio e Uomo, e chi ha parte con Lui, deve aver parte a una vita divina e umana. La natura umana, che egli assunse, gli diede la possibilità di soffrire e di morire. La natura divina, ch’egli possedeva ab eterno, conferì alla sofferenza e alla morte un valore infinito e un potere espiatorio, redentivo. Le sofferenze e la morte del Cristo proseguono nel suo Corpo mistico, e in ognuna delle membra di esso. Soffrire e morire è il destino di ogni uomo. Ma se egli è un membro vivo del Corpo mistico di Cristo, il suo soffrire e il suo morire assumono per tramite della divinità del capo un valore espiatorio, co-redentivo. Non si tratta di una bramosia perversa di soffrire. Agli occhi della razionalità naturale appare una perversione. Alla luce del mistero della Redenzione si rivela super-razionale, somma ragionevolezza. Così, colui che è legato a Cristo persevererà anche nella notte oscura della soggettiva lontananza da Dio e assenza di Dio; forse l’economia divina della salvezza impiega i suoi tormenti per liberare qualcuno che è oggettivamente incatenato dal peccato. Perciò: Fiat voluntas tua! (sia fatta la tua volontà) Anche, e anzi proprio in seno alla notte più tenebrosa..."
Edith Stein, "La vita come totalità", tr. di Teresa Franzosi, Città Nuova Editrice, Roma pp. 204.2056
L'attenzione è la forma più rara e più pura della generosità.
La capacità di prestare attenzione è cosa rarissima, difficilissima; è quasi un miracolo, è un miracolo.
Quasi tutti coloro che credono di avere questa capacità, non l'hanno. Il calore, lo slancio del sentimento, la pietà non bastano.
Nella prima leggenda del Graal è detto che il Graal apparterrà a chi per primo dirà al custode della pietra : "Qual è il tuo tormento?".
La pienezza dell’amore del prossimo è semplicemente l’essere capaci di domandargli: “Qual è il tuo tormento?”.
Per questo è sufficiente, ma anche indispensabile, saper posare su di lui un certo sguardo.
Simone Weil
Nessun commento:
Posta un commento