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sabato 22 ottobre 2022

DISCEPOLANZA E FIGLIOLANZA

 DISCEPOLANZA E FIGLIOLANZA 


«Quando l’allievo non fa che ripetere non la stessa risonanza, ma un miserabile ricalco del pensiero del maestro; quando l’allievo non è che un allievo, fosse pure il più grande degli allievi, non genererà mai nulla. Un allievo non comincia a creare che quando introduce egli stesso una risonanza nuova (cioè nella misura in cui non è un allievo). Non che non si debba avere un maestro, ma uno deve discendere dall’altro per le vie naturali della filiazione, non per le vie scolastiche della discepolanza».(Ch. Péguy, Cahiers, VIII, XI 3.2.1907)


Nel 1989 Giussani commentava questo passaggio di Péguy con queste parole: 


«Questo è il bisogno della nostra compagnia, perché essa sia sorgente di missione in tutto il mondo: non discepolanza, non ripetitività, ma figliolanza. L’introduzione di un’eco e di una risonanza nuova è propria del figlio che ha la natura del padre. Ha la stessa natura, ma è una realtà nuova. Tant’è vero che il figlio può far meglio del padre e il padre può guardare tutto felice il figlio che è diventato più grande di lui. Ma quello che il figlio fa è più grande proprio e solo in quanto realizza di più quello che il padre ha sentito. Perciò, per l’organicità vivente della nostra compagnia, non esiste niente di più contraddittorio che, da un lato, l’affermazione della propria opinione, della propria misura, del proprio modo di sentire e, dall’altro, la ripetitività. È la figliazione che genera: il sangue dell’uno – del padre – passa nel cuore dell’altro – il figlio – e genera una capacità di realizzazione diversa. Così si moltiplica e si dilata il grande Mistero della Sua presenza, affinché tutti Lo vedano dando gloria a Dio».

(Cit. in: Cristo, vita della vita; Esercizi 2022; Prosperi; Assemblea; pag. 71)

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