"[..] Un ideale, un sentimento, una abitudine, una occupazione — ecco il piccolo mondo, ecco il guscio di questo lumacone o uomo — come lo chiamano. Senza questo é impossibile la vita. Quando tu riesci a non aver più un ideale,
perché osservando la vita sembra un enorme pupazzata,
senza nesso, senza spiegazione mai;
quando tu non hai più un sentimento,
perché sei riuscito a non stimare,
a non curare più gli uomini e le cose,
e ti manca perciò l’abitudine, che non trovi,
e l’occupazione, che sdegni
– quando tu, in una parola, vivrai senza la vita,
penserai senza un pensiero,
sentirai senza cuore –
allora tu non saprai che fare:
sarai un viandante senza casa,
un uccello senza nido.
Io sono così. [...] Io scrivo e studio per dimenticare me stesso , per distogliermi dalla disperazione".
(Luigi Pirandello)
Questo è uno stralcio di una lettera scritta da Luigi Pirandello alla sorella Lina, il 31 ottobre 1886, in cui il premio Nobel siciliano afferma che la vita è priva di senso; che scrivere e studiare è analogamente insensato, ma serve per compensazione la frustrazione derivante da tale scoperta; che gli ideali che aiutano a vivere sono degli autoinganni o delle illusioni mistificanti, ma che sono tuttavia necessari per sopravvivere. Ricordiamo oggi il mio immenso conterraneo, nato il 28 giugno 1867 a Girgenti, oggi Agrigento.
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