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martedì 12 novembre 2024

Gli esiti del protocollo Coimbra

 

Gli esiti del protocollo Coimbra

Dott.  Paolo Giordo


Con questo protocollo le malattie autoimmuni, secondo l’esperienza del dott. Coimbra e di altri medici che lo applicano – compreso il sottoscritto – possono andare in emissione, cioè fermare la loro progressione, approssimativamente nel 95% dei casi, nei quali la malattia rimane silente, senza nuovi segnali né clinici né radiologici di avanzamento.

Ovviamente i soggetti che hanno già manifestato gravi e inveterati danni causati dalle loro malattie, pur avendo dei benefici o fermando la progressione della patologia ne conserveranno i deleteri risultati.

Invece, in circa il 5% dei casi si può assistere a qualche piccolo miglioramento ma non alla remissione dell’attività della malattia.

Le cause della scarsa responsività alla vitamina D possono essere solo ipotizzate. La più importante di esse è rappresentata da alti livelli di stress. Infatti questa condizione può influire direttamente e negativamente sulla malattia, come anche studi recenti testimoniano.

Altri elementi poco meno importanti dello stress sono il fumo di sigaretta, l’abitudine a un ampio consumo di alcolici, i bagni troppo caldi e le frequenti infezioni, sia urinarie che di altro tipo. Queste condizioni, se presenti, possono continuare ad aggravare l’evoluzione della patologia, indipendentemente dalla vitamina D così come da altre terapie tradizionali.

A chi si rivolge il protocollo


Il protocollo del dott. Coimbra è adatto per curare tutte le malattie autoimmuni, in quanto non è specifico per una di esse ma serve a regolare fisiologicamente il sistema immunitario, interrompendo la spesso devastante reazione autoimmune. Durante l’esecuzione di questo protocollo il sistema immunitario aumenta la quota dei cosiddetti linfociti T regolatori, che bilanciano appunto tutta l’immunità dell’organismo e, allo stesso tempo, inibiscono l’iperreattività dei linfociti Th17, responsabili come abbiamo visto della risposta autoimmune. In seguito a entrambe queste azioni, la malattia va in remissione e il paziente, se non ha ricevuto gravi danni in precedenza, diviene in grado di condurre una vita piena e normale. Infatti dobbiamo considerare che negli individui affetti da patologie invalidanti progressive, come la sclerosi multipla o l’artrite reumatoide

di vecchia data, le suddette malattie possono aver causato danni pressoché irreversibili come la paralisi nel primo caso o le deformità articolari nel secondo.


In questi casi interrompere la progressione della malattia o provocarne la remissione non significa far scomparire i vecchi sintomi ormai strutturati ma la vitamina D è, comunque, in grado di apportare benefici e miglioramenti specie sulla stanchezza e l’infiammazione in tutte le sue forme. Generalmente i sintomi molto più recenti, per lo meno inferiori a un anno, possono essere suscettibili di regressione.


Ovviamente questo protocollo non porta a una guarigione ma a una costante remissione della malattia e dei sintomi per un tempo indefinito sino a che si continua a seguirlo. Ciò non significa necessariamente che esso debba essere protratto per tutta la vita. Possiamo pensare e sperare che il sistema immunitario, con il tempo, “dimentichi” il suo passato autoimmune e proceda nella regolarità, in modo tale che si possa fare a meno delle alte dosi di vitamina D.

Ulteriori studi sono in corso ma, per il momento, possiamo accontentarci dei notevoli risultati ottenuti.


Il protocollo con la vitamina D necessita anche di altri integratori, come abbiamo detto in precedenza, quali il magnesio, minerale da cui gli enzimi che convertono e attivano la vitamina D sono in larga parte dipendenti; e siccome una carenza di magnesio è difficiÌe da diagnosticare, a dispetto dei suoi valori nel sangue, è quanto mai utile fornire una piena e costante supplementazione di questo elemento fondamentale.


Degli altri integratori, quali la vitamina B2 (importante per gli enzimi idrossilasici che scandiscono le tappe di attivazione della vitamina D), gli omega 3, lo zinco, il selenio, la vitamina K2, l’acido folico ecc. abbiamo parlato in precedenza.

Dobbiamo solo ricordare che ogni malattia autoimmune necessita di un adattamento della terapia e dei suoi dosaggi.

Precauzioni indispensabili


Le alte dosi di vitamina D utilizzate in questo protocollo possono essere considerate tossiche per la medicina convenzionale, ma si deve considerare che esse non vengono prescritte per una persona sana, caratterizzata da una normale metabolizzazione o priva di una particolare resistenza alla vitamina D. I soggetti affetti da patologie autoimmuni, invece, necessitano di alti dosaggi e, per evitare qualunque rischio, devono come detto in precedenza sottoporsi a una dieta con restrizione di calcio e, soprattutto, a un’abbondante idratazione (con almeno 2,5 litri di acqua o liquidi al giorno) utilizzando necessariamente un’acqua a basso contenuto di calcio. Oltre a ciò essi devono essere strettamente monitorati da un medico esperto in questo tipo di protocollo ed eseguire periodicamente dei test ematici legati al metabolismo fosfo-calcico. Tutte queste misure devono essere adottate allo scopo di proteggere i reni che, in caso contrario, potrebbero soffrirne. Inoltre è altrettanto necessario che questi pazienti facciano del movimento fisico di tipo aerobico per mantenere una normale mineralizzazione ossea, monitorando lo scheletro con periodiche densitometrie in quanto, nel lungo periodo, l’inattività e l’alto dosaggio della vitamina D somministrata potrebbe condurre a una maggiore demineralizzazione ossea

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