Diceva Kafka:
«Anche se la salvezza [il senso della vita] non viene [era ateo], voglio però esserne degno a ogni momento». Che grandezza, che magnanimità, che stoicità! È grande, lo diceva seriamente. Per lui fu così. «Anche se la salvezza non viene, voglio però esserne degno a ogni istante»; perché se uno non cerca di essere degno della salvezza, anche se non viene, a ogni istante, non è più uomo. Perché l’uomo è un cuore che desidera e respira, ed è fatto per la felicità, per la verità, per la giustizia e per l’amore. Allora uno, ogni momento, cerca di essere degno di questa aspirazione, anche se non viene la risposta. Ma Kafka fa uno sbaglio. Se fossimo in classe direi: «Chi sa rispondere a questa domanda: ragazzi, in che cosa sbaglia Kafka?». In questo: che vive ogni momento in modo tale da essere degno della salvezza, ma non chiede la salvezza, non domanda, non mendica. Questa è l’ultima parola che vi lascio: «Mendicanza».
Siamo peccatori fin quanto si vuole, ma mendicanti. … Mendicanti della capacità di progredire, di resistere, di essere fedele, di continuare… Perché da noi non viene nulla, tutto ci viene da lui, da quest’uomo che è nato dalla Madonna duemila anni fa e che è presente ora: «Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» - tutti i giorni fino alla fine del mondo! -. Ed è presente e si lascia intravedere attraverso l’eccezionalità che realizza in chi crede in Lui. Per quanto piccoli siamo, se noi crediamo in Lui, se diciamo: «Ti amo, Signore», c’è qualcosa che in noi avviene, per cui un altro, vedendolo, ci dice: «Come fai a essere così, come mai sei così? Come fai a essere così?». Ma la trasformazione più grande, l’eccezionalità più grande è l’uomo che mendica dal Mistero di conoscerlo, di amarlo e di servirlo: mendica. È la preghiera. La preghiera è solo mendicanza, mendicare da Dio la capacità di poter riesprimere la frase di Pietro: «Signore, tu lo sai che io ti amo». (Luigi Giussani)
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