Le folle non cercano la verità.
Non l’hanno mai fatto. E forse, non lo faranno mai.
Perché la verità è ruvida, scomoda, spesso dolorosa. Non accarezza l’ego, non lusinga i desideri.
La verità richiede coraggio per guardarla in faccia,
umiltà per ammettere di aver vissuto nell’errore,
discernimento per distinguerla dal rumore delle opinioni.
Richiede responsabilità, perché una volta vista non puoi più far finta di niente.
Richiede silenzio interiore, per ascoltarla nel caos di un mondo che urla.
Richiede solitudine, perché spesso chi la segue lo fa controvento, lontano dai cori.
Richiede fedeltà, perché la verità non si piega per piacere a chi l’ascolta.
E soprattutto richiede amore:
non un amore cieco, ma un amore lucido, disposto a perdere tutto pur di non perdersi dentro.
Ma le folle vogliono sollievo, non risveglio. Vogliono certezze pronte, non domande aperte.
Quando la realtà mostra un volto che non piace,
non la si guarda negli occhi:
la si maschera, la si distorce, la si insulta.
Meglio adorare una bugia ben confezionata che accogliere una verità spoglia e nuda.
Così nasce il culto dell’errore:
lo si innalza, lo si celebra, lo si chiama “giustizia”, “libertà”, “progresso”...purché conforti.
E chi osa svelare l’inganno, chi tenta di spezzare l’incantesimo,diventa una minaccia da zittire, un corpo estraneo da espellere.
Chi regala illusioni conquista il trono.
Chi annuncia la verità, spesso, finisce sulla croce.
Dal web su Essere Indaco
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