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giovedì 15 maggio 2025

Senso Religioso

 Può l’uomo raggiungere, a partire dalla propria ragione naturale, la certezza dell’esistenza di Dio? Ogni prova dell’esistenza di Dio gode della medesima certezza o esistono delle differenze? A partire dalle classiche cinque vie di San Tommaso d’Aquino, attraverso l’integrazione con le riflessioni filosofiche successive, padre Réginald Garrigou-Lagrange O.P. (Auch, 1877 – Roma, 1964; filosofo, teologo e mistico domenicano, tra le più brillanti menti speculative del XX secolo), con mirabile capacità di sintesi, entra nel cuore della problematica riassumibile nel principio “il più non viene dal meno”. La rinuncia - pur sempre possibile – a questa riflessione, e al suo essere alla portata di tutti, condurrebbe inevitabilmente all’ammissione di una realtà assurda, dove si perdono sia Dio, sia l’uomo.


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Capitolo IV - Enunciazione della prova generale che racchiuda tutte le altre 


Questa prova ha per principio questa verità per tutti evidente, ossia che il più non viene dal meno, o meglio, il più perfetto non può essere prodotto dal meno perfetto, come la causa pienamente sufficiente che ne dà ragione; in altri termini. Per esempio, la statua non si spiega soltanto con l’argilla, il legno o il marmo che ne sono la materia o la causa materiale. La statua suppone uno scultore, che ha conosciuto il soggetto da rappresentare, che è in grado di realizzare ciò che concepisce e che di fatto lo realizza. Il più non viene dal meno. 


Ugualmente, nell'ordine della natura, l'essere generato, pianta o animale, non si spiega solo con la materia bruta; bisogna che abbia avuto un seme proveniente da un generante perfetto almeno quanto il generato; oltre al fatto che solo l'adulto, arrivato alla perfezione della sua specie, può generare. Il più non viene dal meno e non può essere reso intelligibile da quest’ultimo. 


Così ancora solo un maestro che conosce una scienza o un'arte può insegnare, e soltanto colui che ama fortemente la virtù può ispirare effettivamente l'amore, un amore duraturo e fecondo. 


Il più perfetto non può essere prodotto dal meno perfetto come da sua causa pienamente sufficiente, poiché questa maggior perfezione sarebbe senza alcuna causa, giungerebbe all'esistenza senza che nulla possa spiegarla, contrariamente al principio di causalità: ex nihilo nihil fit: dal nulla senza alcuna causa non può venire niente. Più la terra è povera e più bisogna coltivarla, e affidarle una buona semenza per farle produrre qualcosa. Se la terra fosse stata ridotta al nulla, sarebbe necessaria una potenza attiva infinita per produrre dal niente (ex nihilo), il più piccolo granello di polvere e a maggior ragione il più piccolo chicco di grano. Ma senza nessuna causa efficiente tendente a questo piuttosto che a quest’altro, nulla può esser prodotto. Parimenti, l’inferiore non può produrre il superiore, poiché la perfezione di quest’ultimo sarebbe senza causa alcuna, senza ragion d'essere. Questo vorrebbe dire porre l'assurdità al posto del mistero della creazione. 


Il superiore non può essere spiegato dall’inferiore ma, viceversa, il superiore può spiegare quest’ultimo. Lo scultore che ha un pensiero vivo della statua ciò che costituisce il suo valore artistico. L'adulto che genera motiva la vita del generato. 


Dunque è una verità certa che il più perfetto non può essere prodotto dal meno perfetto. Questo principio illumina a sua volta i fatti più sicuri. 


I fatti. Nel mondo, questo è fuor di dubbio, c’è un movimento e persino del movimento incessante; inoltre, ci sono degli esseri che giungono all'esistenza. Tra questi, molti sono perfettamente organizzati e dotati di vita vegetativa (le piante); altri di vita sensitiva (gli animali); altri di vita intellettiva, che a volte si spinge fino alla genialità, e di vita morale e spirituale che, talvolta, si manifesta sotto forma di eroicità e di un’incontestabile santità, come avviene nel Cristo e nei grandi Santi del Cristianesimo, le cui opere feconde perdurano per secoli dopo la loro morte. 


Si tratta di un fatto generale, tra i più complessi, ma molto certo, che abbraccia tutte le forme dell'attività, che si constata nell'universo dal punto più basso a quello più alto.


In virtù del principio “il più non viene dal meno” o “il più perfetto non può esser prodotto dal meno perfetto”, si deve dunque concludere: se nel mondo c’è movimento e perfino movimento incessante e universale, bisogna che ci sia un motore capace di produrlo. Se ci sono nel mondo degli esseri che giungono all'esistenza e che in seguito scompaiono, bisogna che ci sia, da tutta l'eternità, un Essere che esiste per sé, che non deve l'esistenza che a se stesso e che possa donarla agli esseri contingenti e corruttibili. Se nel mondo ci sono degli esseri viventi, bisogna che l'Essere che da tutta l'eternità esiste da sé abbia la vita, e che abbia la vita da sé, per poterla dare agli altri. Se nel mondo c’è intelligenza, una sapienza a volte geniale, se c’è moralità, bisogna che l'Essere che da tutta l'eternità esiste da sé sia intelligente, sapiente e veramente santo; oltretutto: bisogna che abbia da sé la sapienza e la santità per poterla comunicare agli altri. Solo il superiore può spiegare l’inferiore. 


“Chi disse che una cieca fatalità ha prodotto tutti gli effetti che vediamo nel mondo, disse una grande assurdità” (C.-L. Montesquieu, Lo spirito delle leggi).


Il più perfetto non può venire dal meno perfetto. 

Al principio di tutto, dunque, bisogna che ci sia da tutta l'eternità un Essere che non solamente abbia l'esistenza, la vita, l'intelletto, la santità, ma che sia l'Essere stesso, la Vita stessa, la Sapienza stessa, la Santità stessa; altrimenti parteciperebbe soltanto all'esistenza, alla vita, all'intelletto, alla santità, non ne possiederebbe che una parte. Pertanto, non potrebbe spiegare se stesso e richiederebbe una causa a Lui superiore. 


Al vertice degli esseri e dei valori è necessario che ci sia Colui che è l’Essere stesso, il Valore stesso. Se egli non fosse la Verità stessa tenderebbe soltanto verso di essa, come verso una perfezione a Lui superiore, per un impulso superiore a Lui che, in ultima analisi, non potrebbe che provenire da Colui che è la Verità stessa e dunque l'Essere stesso, la pienezza dell'essere e di conseguenza il Bene stesso. 


È per questo motivo che Gesù afferma espressamente la sua divinità e che è il vero Dio, quando dice non solamente: “Io HO la verità e la vita”, ma: “Io SONO la verità e la vita” (Gv 14,6). 


Questa prova globale che sviluppa tutte le altre possiede una grande forza; in essa si realizza quanto diceva Scheeben: “la prova necessaria ad ogni uomo per acquisire una piena certezza è così facile e chiara, che si percepisce appena il procedimento logico che implica […] essa fonda, a questo titolo, una convinzione più forte e più solida di qualsiasi convinzione ottenuta artificialmente, e non può essere smossa da nessuna obiezione scientifica”.

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