Francesco Lana de Terzi
***
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Francesco Lana)
Francesco Lana de Terzi (Brescia, 13 dicembre 1631 – Brescia, 22 febbraio 1687) è stato un gesuita, matematico e naturalista italiano, considerato il fondatore della scienza aeronautica.Biografia
Nato dalla nobile famiglia Terzi, originaria della vicina Franciacorta, dopo aver frequentato il Collegio dei Nobili di Sant'Antonio, l'11 novembre 1647 entra nella Compagnia di Gesù.Benché sordomuto e afflitto da varie malattie[1] dimostra di avere grande ingegno, unendo lo studio e la ricerca in svariati campi dello scibile umano a viaggi, che lo portano a visitare molte città d'Italia. A Terni insegna grammatica e retorica, scrivendo nel frattempo una piccola opera dedicata al protettore della città. Insegna poi matematica e fisica a Ferrara, finché la sua salute cagionevole lo costringe a ritornare a Brescia, dove diviene insegnante di filosofia nel convento di Santa Maria delle Grazie. Intraprende lunghi viaggi verso i territori vicini, i laghi di Garda, Iseo e Idro, e le valli, Camonica, Sabbia e Trompia, traendo dalle sue esplorazioni il trattato Storia naturale Bresciana, che rimarrà in forma di manoscritto.
Francesco Lana de Terzi propone il primo serio tentativo di
realizzare un velivolo volante più leggero dell'aria. Nel 1670 pubblica
infatti il libro Prodromo, che contiene un capitolo intitolato Saggio di alcune invenzioni nuove premesso all'arte maestra nel quale è riportata la descrizione di una nave volante, un vascello più leggero dell'aria da lui immaginato nel 1663 sviluppando un'idea suggerita dagli esperimenti di Otto von Guericke con gli emisferi di Magdeburgo.
Secondo il progetto, che intendeva "fabricare una nave, che camini
sostenata sopra l'aria a remi, & a veli", il velivolo doveva essere
sollevato per mezzo di quattro sfere di rame, dalle quali doveva essere
estratta tutta l'aria. La chiglia sarebbe stata appesa alle sfere di
rame (di circa 7,5 metri di diametro), con un albero a cui era attaccata
una vela; secondo i suoi calcoli, quando nelle sfere veniva fatto il
vuoto, esse divenivano più leggere dell'aria e offrivano una spinta
ascensionale sufficiente a sollevare la barca e sei passeggeri.
Oggi sappiamo che la realizzazione del progetto non è fisicamente
possibile, perché la pressione dell'aria farebbe implodere le sfere e
perché sfere sufficientemente resistenti avrebbero un peso superiore
alla spinta fornita. Ma il grande merito dello scienziato è di aver per
primo applicato alla navigazione aerea il principio di Archimede, lo stesso che consente alle navi di galleggiare sull'acqua e che nel 1783 porterà all'aerostato dei fratelli Montgolfier.
Lana non giunse infine a realizzare la sua "nave volante", non per i problemi che il progetto presentava (di cui comunque era ignaro), ma per il timore che la sua invenzione potesse essere usata per scopi militari, come egli stesso ebbe a scrivere nel Prodromo.[2]
Lana non giunse infine a realizzare la sua "nave volante", non per i problemi che il progetto presentava (di cui comunque era ignaro), ma per il timore che la sua invenzione potesse essere usata per scopi militari, come egli stesso ebbe a scrivere nel Prodromo.[2]
Notevole anche il progetto del Magisterium naturæ et artis, opera enciclopedica in nove volumi, di cui però solo i primi due furono completati.
L'alfabeto per ciechi
Sempre nel Prodromo viene presentato un alfabeto per non
vedenti di concezione interamente nuova. A differenza dei metodi di
lettura e scrittura per ciechi inventati in precedenza, l'alfabeto
creato da Lana si basava sull'intuizione fondamentale che esso non
dovesse imitare i caratteri "classici" (come avevano proposto ad esempio
Girolamo Cardano ed Erasmo da Rotterdam),
ma dovesse utilizzare un sistema di segni fatto da una serie di linee
percepibili al tatto. Vi fu un solo dettaglio che impedì all'invenzione
di Lana di avere successo: il gesuita non comprese che i punti, invece
delle linee, sarebbero stati più facilmente riconoscibili con la
sensibilità delle dita. Ciò fu invece compreso da Louis Braille, il quale apportò la miglioria definitiva all'alfabeto per ciechi che da lui ha preso il nome. [1]
Bibliografia
- Questo testo proviene in parte, o integralmente, dalla relativa voce del progetto Mille anni di scienza in Italia, opera dell'Istituto Museo di Storia della Scienza di Firenze (home page), rilasciata sotto licenza Creative Commons CC-BY-3.0
- illustrazione del velivolo di Francesco Lana de Terzi
Note
- ^ a b Francesco Lana, visionario tra velivoli e l'alfabeto dei ciechi, di E. Raggi, Giornale di Brescia, 30 dicembre 2011.
- ^ Francesco Lana - Gesuiti.it
Francesco Lana (1631 - 1687)
Motivo: Precursore della navigazione aerea
Francesco Lana nasce a Brescia il 13 Dicembre 1631, da una nobile e conosciuta famiglia, proveniente dalla vicina Franciacorta, zona collinare assai bella e famosa per i suoi pregiati vini rossi. Ancora giovanissimo, Francesco, dopo aver frequentato con grande passione il Collegio dei Nobili di Sant'Antonio, aperto a Brescia dai Gesuiti, decide a 16 anni di entrare nella Compagnia di Gesù. Da questo momento in poi, Francesco Lana, inizia un'intensa attività di studi e di ricerca in molteplici rami dello scibile umano, visitando e soggiornando in tante città italiane.
Lo ricordiamo come insegnante di grammatica e retorica a Terni, dove scrive una piccola opera in onore del protettore della città, e quindi docente di filosofia nel convento di S. Maria delle Grazie a Brescia. Nel contempo la sua attività non si limita al campo letterario, anzi, come meglio si addiceva alle sue attitudini e inclinazioni, si dedica intensamente all'osservazione e approfondimento delle scienze e della matematica.
Decide di intraprendere, dimostrando in tal modo un grande attaccamento alla terra dove è nato, una serie di lunghi viaggi che lo portano a conoscere e studiare le diverse realtà naturalistiche della sua provincia. In particolare, visita i laghi di Garda, Iseo e Idro, e le tre valli, Camonica, Sabbia e Trompia. Da queste esplorazioni nascerà, nel 1685, la "Storia naturale Bresciana", un grande trattato - che purtroppo è rimasto in forma di manoscritto - dove in una successione ordinata analizza e considera vari argomenti di carattere scientifico. Il lavoro di catalogazione, lo compie meditando attentamente sull'origine ultima delle cose che osserva, non nascondendo ai lettori, in questo senso, la sua grande fede e soprattutto il suo intimo desiderio di scorgere nel creato intero il disegno provvidenziale di Dio.
È tuttavia con "Prodromo", un saggio di alcune invenzioni nuove, pubblicato a Brescia nel 1670, che il gesuita bresciano affronta lo studio delle scienze nella loro complessità, soffermandosi alla fine su un'intuizione geniale: Lana afferma, con grande sicurezza, che sarebbe possibile sollevarsi staticamente nell'atmosfera mediante grandi sfere di rame, dalle quali si fosse, con una pompa, estratta l'aria. L'idea così come scaturita dalla mente di Francesco Lana, in effetti, non è realizzabile perché quelle sfere hanno un peso superiore alla spinta da loro fornite. Tuttavia, e qui sta il grande merito dello scienziato gesuita bresciano, ha correttamente applicato alla navigazione aerea il "principio di Archimede", grazie al quale i nuotatori, come le navi, galleggiano nell'acqua. La chiama "nave volante", questa sua invenzione, dando così per primo l'idea del sollevarsi nell'aria per la differenza di peso specifico. Infatti, Francesco Lana capisce che un corpo si solleverebbe in volo, qualora fosse più leggero del volume d'aria che sposta.
Questo stesso principio fu, molti anni più tardi, felicemente applicato all'aerostato. Esattamente il 5 Giugno 1783 con i fratelli Montgolfier l'uomo riesce per la prima volta a levarsi in volo, dopo numerosi tentativi falliti nel corso dei secoli, a partire dalle "macchine volanti" del grande italiano Leonardo da Vinci. Siamo di fronte ad un avvenimento di eccezionale importanza: il primo volo umano e questo grazie anche all'intuizione geniale del nostro padre Francesco Lana.
La mongolfiera, o meglio l'aerostato, è perfezionato dai fratelli Montgolfier nel 1783, rese possibile al pallone di sollevarsi perché fu utilizzato uni un involucro più leggero e resistente.
C'è chi sostiene, per esempio lo storico Giacinto Amati, che il bresciano non costruì in grande la sua "nave volante" per il pericolo insito in un'eventuale ascensione, mentre è certo che abbia materialmente realizzato una prima esperienza aerostatica con un piccolo modellino nel cortile dei Gesuiti a Firenze. Altrettanto degno di nota è il fatto che Francesco Lana probabilmente era poco propenso a costruire realmente questo veicolo, poiché temeva fortemente, come del resto afferma lui stesso in un capitolo del Prodromo, di vedere utilizzata la sua invenzione per scopi militari.
Da subito nel mondo scientifico si diffonde la notizia di questa macchina, ne dà testimonianza, fin dal 1785, un'altro scienziato italiano, il napoletano Tiberio Cavallo, che in una lettera rende merito al Lana di essere l'unico scienziato nel mondo ad aver gettato, con la sua invenzione, solide basi sul volo umano. Fra gli stranieri invece il fisico inglese Cumberland, lo ritiene il padre indiscusso dell'aeronautica e l'inventore dei palloni aerostatici. Altrettanto chiaro è il parere del grande storico francese Lecornu, che nella sua magnifica opera "La Navigation Aerienne" scrive, tra le altre cose e con grande lealtà, che il matematico e gesuita italiano Francesco Lana: "[...] ha posto innegabilmente le basi della aeronautica...".
Infine, gli anni della maturità ispirano a Francesco Lana un'altra opera letteraria "la Beltà Svelata", capolavoro di ascesi spirituale della letteratura secentesca, dove l'autore unisce la sua sincera ammirazione per il cosmo, con la sua profonda fede in Dio creatore.
Il nostro padre Gesuita, forse per l'eccessiva mole di lavoro, alla quale si sottoponeva quotidianamente, muore a Brescia, a soli 56 anni nel 1687.
Di lui, in occasione del terzo centenario dalla sua nascita scrivevano: "[...] Furon solo 56 anni di una nobile esistenza, non turbata da gravi avvenimenti, allietata e oppressa a un tempo dalle gioie e fatiche dell'indagine scientifica e della sua divulgazione...".
Nessun commento:
Posta un commento