Il positivismo non pecca solo nel metodo…
esso non
tiene conto della più importante delle nozioni positive, quella
dell'infinito
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"Il positivismo, non offrendomi nessuna idea nuova, mi
lascia diffidente e riservato. La fede di Littrè nel positivismo gli
venne dall'appagamento che vi trovava per quanto riguarda le grandi
questioni metafisiche. La negazione e il dubbio lo ossessionavano. Comte
lo ha tirato fuori dall'una e dall'altro con un dogmatismo che
sopprimeva ogni metafisica. Di fronte a questa dottrina Littrè diceva:
non ti devi preoccupare né dell'origine né della fine delle cose, né di
Dio né dell'anima, né di teologia, né di metafisica…fuggi l'assolto, non
amare che il relativo….Quanto a me, ritenendo sinonimi le parole
progresso ed invenzione, mi chiedo in nome di quale nuova scoperta,
filosofica o scientifica, si possano estirpare dall'animo umano queste
grandi preoccupazioni. Mi sembrano di essenza eterna, perché il mistero
che avvolge l'Universo e di cui esse sono emanazione è esso stesso
eterno per natura. Si narra che l'illustre fisico inglese Farday, nelle
lezioni che faceva all'Istituzione reale di Londra, non pronunciasse mai
il nome di Dio, sebbene fosse profondamente religioso. Un giorno,
eccezionalmente, questo nome gli sfuggì e improvvisamente si manifestò
un movimento di simpatica approvazione. Accorgendosene Farady interruppe
la lezione con queste parole: 'Vi ho sorpreso pronunciando il nome di
Dio. Se ciò non mi è ancora accaduto dipende dal fatto che io sono,
mentre tengo queste lezioni, un rappresentante della scienza
sperimentale. Ma la nozione e il rispetto di Dio arrivano al mio spirito
attraverso vie tanto sicure quanto quelle che conducono alla verità
dell'ordine fisico'".
"Littrè e August Comte, prosegue Pasteur, credevano e fecero
credere agli spiriti superficiali che il loro sistema si basava sugli
stessi principi del metodo scientifico di cui Archimede, Galileo,
Pascal, Newton, Lavoisier (nessuno dei quali ateo, ndr), sono i veri
fondatori. Da ciò è nata l'illusione degli spiriti, favorita anche da
tutto ciò che la scienza e la buona fede di Littrè garantivano".
E ancora: "Il positivismo non pecca solo nel metodo….esso non
tiene conto della più importante delle nozioni positive, quella
dell'infinito. Al di là di questa volta stellata che cosa c'è? Nuovi
cieli stellati. Sia pure! E al di là ancora? Lo spirito umano, spinto da
una forza irresistibile, non smetterà mai di chiedersi: che cosa c'è al
di là? Vuole esso fermarsi, sia nel tempo, sia nello spazio? Poiché il
punto dove esso si ferma è solo una grandezza finita, soltanto più
grande di tutte quelle che l'hanno preceduta, non appena egli comincia
ad esaminarlo ritorna la domanda implacabile senza che egli possa far
tacere il grido della sua curiosità. Non serve nulla rispondere: al di
là ci sono degli spazi, dei tempi o delle grandezze senza limiti.
Nessuno comprende queste parole. Colui che proclama l'esistenza
dell'infinito, e nessuno può sfuggirvi, accumula in questa affermazione
più sovrannaturale di quanto non ce ne sia in tutti i miracoli di tutte
le religioni…Io vedo ovunque l'inevitabile espressione della nozione
dell'infinito nel mondo. Attraverso essa, il soprannaturale è in fondo a
tutti i cuori. L'idea di Dio è una forma dell'idea di infinito… La
metafisica non fa che tradurre dentro di noi la nozione dominatrice
dell'infinito…Dove sono le fonti genuine della dignità umana, della
libertà e della democrazia, se non nella nozione di infinito di fronte
alla quale gli uomini sono tutti uguali?". Pasteur, che aveva negato con
i suoi esperimenti la generazione spontanea, principio fondante di ogni
panteismo e ateismo, dichiara senza ambagi: "ancora più incompatibile
con la ragione umana è il credere alla potenza della ragione sui
problemi dell'origine e della fine delle cose…"; gli "insegnamenti
della sua fede, aggiunge parlando del credente, sono in armonia con gli
slanci del cuore, mentre la credenza del materialista impone alla
natura umana ripugnanze invincibili. Che forse il buon senso, il senso
intimo di ciascuno non reclama la responsabilità individuale? Al
capezzale dell'essere amato colpito dalla morte non sentite in voi
qualche cosa che vi grida che l'anima è immortale? E' un insultare il
cuore dell'uomo dire con il materialismo: la morte è il nulla!" (quest'ultima parte del discorso viene ripetuta quasi uguale da Pasteur in varie occasioni).
Infine, parlando l'8 agosto 1874 in occasione della distribuzione dei premi del collegio di Arbois, Pasteur afferma: "L'educazione
liberale che avete ricevuto senza trarne alcun merito non avrebbe altro
risultato che abbandonarvi ad un folle orgoglio e al capriccio di
questi spiriti frondisti che su tutti gli argomenti hanno affermazioni
superficiali….Si dice che nella nostra città sono esistiti dei geni
incompresi e io so che il moto di 'libero pensatore' è scritto da
qualche parte nella cinta delle nostre mura come una sfida e un
oltraggio. Sapete voi ciò che reclama la maggior parte dei liberi
pensatori? Alcuni reclamano la libertà di non pensare affatto e di
essere asserviti all'ignoranza; altri, la libertà di pensare male; altri
ancora, la libertà di essere dominati dalle suggestioni dell'istinto e
di disprezzare ogni autorità e ogni tradizione. Il libero pensiero nel
senso cartesiano, la libertà nello sforzo, la libertà nella ricerca, il
diritto di concludere sul vero accessibile all'evidenza e conformarvi la
propria condotta, oh! di questa libertà bisogna avere un culto…ma il
libero pensiero che reclama di concludere su ciò che sfugge ad una
conoscenza precisa, la libertà che significa materialismo o ateismo,
questa ripudiamola con energia".
Pasteur concludeva il suo discorso sottolineando l'impossibilità per l'uomo di afferrare il "principio
e la fine di tutte le cose": "Credetemi, di fronte a questi grandi
problemi, eterni soggetti di meditazioni solitarie degli uomini, non vi
sono che due stati dello spirito: quello fornito dalla fede, la credenza
a una soluzione data da una rivelazione divina, e quello del tormento
dell'anima tesa alla ricerca di soluzioni impossibili e che questo
tormento esprime con un silenzio assoluto (non con le false certezze dei
"sistemi nichilisti" del positivismo, ndr) o, ciò che è lo stesso, con
la confessione dell'impotenza di nulla comprendere e di nulla conoscere
di questi misteri". (L. Pasteur, "Opere", Utet).
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