NUOVO GOVERNO, APOLOGIA RATZINGERIANA DEL COMPROMESSO
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C’è un documento “rivoluzionario” che vale la pena rileggere oggi
perché illumina l’attualità politica. Dovrebbero meditarlo tanto i
sostenitori del nascente governo Letta, quanto i suoi rabbiosi
oppositori.
E’ un formidabile elogio filosofico e teologico del compromesso come moralità della politica.
Ed è una bocciatura senza appello di massimalismi, utopismi,
fondamentalismi, ideologie e giacobinismi di tutte le epoche e le
latitudini (che possono essere atei o religiosi, di sinistra come di
destra).
Questo discorso – particolarmente prezioso in giorni nei
quali si confonde, deprecandolo, il compromesso con l’inciucio - porta
la firma dell’allora cardinale Joseph Ratzinger.
Fu pronunciato il
26 novembre 1981, durante una messa per i deputati cattolici del
parlamento tedesco nella chiesa di San Winfried a Bonn.
Il testo è
stato poi inserito nel libro “Chiesa, ecumenismo e politica” (edizioni
paoline) col titolo “Aspetti biblici del tema fede e politica”.
Ratzinger iniziava spiegando che “lo stato non è la totalità
dell’esistenza umana e non abbraccia tutta la speranza umana… questo
alleggerisce il peso all’uomo politico e gli apre la strada a una
politica razionale”.
Una simile affermazione – che è tipicamente
cristiana perché in epoca precristiana il potere tendeva a divinizzarsi,
a porsi come assoluto – è la base della vera laicità. Perché afferma
che non ci si deve aspettare la felicità e il Bene Assoluto dalla
politica.
“La fede cristiana” aggiungeva il cardinale “ha distrutto
il mito dello stato divino, il mito dello stato-paradiso e della
società senza dominio o potere. Al suo posto ha invece collocato il
realismo della ragione”.
Così la politica è chiamata al buon
governo delle cose umane, secondo criteri di realismo, gradualismo e
razionalità, nella direzione della libertà e della dignità umana.
Con la consapevole accettazione dell’imperfezione che caratterizza ogni realizzazione terrena.
Invece il desiderio di felicità o di Bene Assoluto che riempie il cuore
umano è un desiderio infinito che la politica deve servire, ma che non
può appagare.
Si deve cercare altrove.
Ogni volta che la
politica è stata investita da un’attesa messianica di palingenesi, di
purificazione, di redenzione, di liberazione, ha partorito ideologie e
sistemi totalitari che – dopo aver promesso il paradiso in terra - hanno
costruito inferni.
Infatti Ratzinger osservava – in quel discorso –
che “quando la fede cristiana, la fede in una speranza superiore
all’uomo, decade, insorge il mito dello stato divino, perché l’uomo non
può rinunciare alla totalità della speranza”.
Essendo stato il
cristianesimo a portare la laicizzazione dello Stato e della politica,
poi, con la scristianizzazione, sono rispuntate le ideologie e i
totalitarismi.
E tramontate le ideologie sistematiche e totalitarie
del Novecento, un’analoga tentazione – di messianismo politico -
continua a permanere oggi nei fondamentalismi, negli utopismi moralisti e
giacobini, nei fanatismi manichei che vedono in una parte politica il
Bene assoluto e nella parte avversa il Male assoluto.
Ratzinger ha
un giudizio netto: “una simile politica, che fa del Regno di Dio un
prodotto della politica… è per sua natura politica della schiavitù; è
politica mitologica”.
E qui il cardinale sottolinea l’importanza
della presenza dei cristiani per proteggere la laicità dello stato dai
fanatismi, dai messianismi politici.
Dice: “la fede oppone a questa
politica lo sguardo e la misura della ragione cristiana… il rifiuto
della speranza che è nella fede è, al tempo stesso, un rifiuto al senso
di misura della ragione politica. La rinuncia alle speranze mitiche
propria della società non tirannica non è rassegnazione, ma lealtà che
mantiene l’uomo nella speranza”.
A questo punto Ratzinger introduce
un tema che illumina l’attualità. Oggi infatti in Italia sono
sostanzialmente tre politici cattolici, cioè Enrico Letta, Angelino
Alfano e Mario Mauro a condurre in porto questa svolta che – se ha
successo – può farci uscire dalla guerra civile permanente e portare a
una pacificazione storica, a una stagione di ragionevolezza, realismo,
bene comune e prosperità.
E anche a un salutare rinnovamento generazionale.
Sono tre giovani politici dai percorsi diversi, ma accomunati dalla
fede cattolica e politicamente da un’originaria ispirazione degasperiana
.
Anche nel dopoguerra del resto fu la classe politica cattolica,
guidata da De Gasperi, a portarci fuori dall’incubo delle ideologie
totalitarie e dei loro miti che avevano provocato rovine.
Perché tanto ieri che oggi proprio dei politici cattolici hanno questa funzione storica?
Ratzinger spiega: “Il primo servizio che la fede fa alla politica è la
liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei miti politici che sono il
vero rischio del nostro tempo”.
Ed ecco la splendida apologia ratzingeriana della razionalità e del compromesso:
“Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il
cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della
ragione non è mai così forte come il grido irrazionale. Il grido che
reclama le grandi cose ha la vibrazione del moralismo; limitarsi al
possibile sembra invece una rinuncia alla passione morale, sembra il
pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale politica consiste
precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole con
cui ci si fa gioco dell’umanità dell’uomo e delle sue possibilità”.
Ratzinger conclude:
“Non è morale il moralismo dell’avventura, che intende realizzare da sé
le cose di Dio. Lo è invece la lealtà che accetta le misure dell’uomo e
compie, entro queste misure, l’opera dell’uomo. Non l’assenza di ogni
compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività
politica”.
Sono considerazioni autorevoli da prendere come bussola.
Oggi che, ancora una volta nella storia di questo Paese, proprio dei
politici cattolici stanno provando a “smilitarizzare” la politica, a
sminarla dai fondamentalismi, a laicizzarla, a mostrare che il
compromesso (se non viene svilito) ha una profonda moralità.
Come nel dopoguerra, si trovano a fianco i riformisti, i liberali e i socialisti. Tutti deprecati dai massimalisti.
E’ il caso di portare a compimento questa svolta con un certo orgoglio,
non “alla vergognosa”, se conveniamo – con Ratzinger – che è davvero
morale il realismo della razionalità e del compromesso, non l’utopismo,
né il giacobinismo, né il massimalismo, né l’integralismo.
Dietro
alle tentazioni ideologiche che, nelle diverse forme, hanno bisogno del
Nemico e pretendono di mettere sulla scena della politica lo scontro fra
il Bene Assoluto e il Male assoluto, sta sempre una forma di
gnosticismo, come ha spiegato un grande filosofo, Erich Voegelin, autore
del “Mito del mondo nuovo”.
Il cristianesimo ci libera da questo
pericolo sempre incombente. Ma – ovviamente – “ciò non significa”
conclude Ratzinger “che la fede abbia portato un realismo libero da
valori, il realismo della statistica e della pura fisica sociale. Al
vero realismo dell’uomo appartiene l’umanesimo e all’umanesimo
appartiene Dio”.
Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento
potrebbero essere l’orizzonte e l’ambizione di questa pacificazione
nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata.
Se non diventa un compromesso al ribasso. Se i protagonisti saranno capaci di far fronte alla grandezza della responsabilità.
Antonio Socci
Da “Libero”, 27 aprile 2013
www.antoniosocci.com
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