Messa a Santa Marta-Il diavolo sicuramente
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2014-04-11 L’Osservatore Romano
«Il diavolo c’è anche nel
ventunesimo secolo e noi dobbiamo imparare dal Vangelo come lottare» contro di
lui per non cadere in trappola. Ma per farlo non bisogna essere «ingenui». E
perciò si devono conoscere le sue strategie per le tentazioni che hanno sempre
«tre caratteristiche»: cominciano piano, poi crescono per contagio e alla fine
trovano il modo per giustificarsi.
Papa Francesco ha messo in guardia dal
ritenere che parlare del diavolo oggi sia roba «da antichi» e proprio su questo
ha incentrato la sua meditazione nella messa celebrata venerdì 11 aprile nella
cappella della Casa Santa Marta.
Il
Pontefice ha parlato espressamente di «lotta». Del resto, ha spiegato, anche
«la vita di Gesù è stata una lotta: lui è venuto per vincere il male, per
vincere il principe di questo mondo, per vincere il demonio». Gesù ha lottato
con il demonio che lo ha tentato tante volte e «ha sentito nella sua vita le
tentazioni e anche le persecuzioni». Così «anche noi cristiani che vogliamo
seguire Gesù, e che per mezzo del battesimo siamo proprio nella strada di Gesù,
dobbiamo conoscere bene questa verità: anche noi siamo tentati, anche noi siamo
oggetto dell’attacco del demonio». Questo avviene «perché lo spirito del male
non vuole la nostra santità, non vuole la testimonianza cristiana, non vuole
che noi siamo discepoli di Gesù».
Ma,
si è chiesto il Papa, «come fa lo spirito del male per allontanarci dalla
strada di Gesù con la sua tentazione?». La risposta a questo interrogativo è
decisiva. «La tentazione del demonio — ha spiegato il Pontefice — ha tre
caratteristiche e noi dobbiamo conoscerle per non cadere nelle trappole».
Anzitutto «la tentazione incomincia lievemente ma cresce, sempre cresce». Poi
«contagia un altro»: si «trasmette a un altro, cerca di essere comunitaria». E
«alla fine, per tranquillizzare l’anima, si giustifica». Dunque le
caratteristiche della tentazione si esprimono in tre parole: «cresce, contagia
e si giustifica».
Lo
si evince anche dalla «prima tentazione di Gesù» nel deserto, che «sembra quasi
una seduzione. Il diavolo va lentamente» e dice a Gesù: «Ma perché non fai
questo? Buttati dal tempio e risparmi trent’anni di vita, in un giorno tutti ti
diranno: ecco il Messia!». È la stessa cosa «he ha fatto con Adamo ed Eva». Il diavolo
dice loro: «Assaggiatela questa mela, è buona, darà saggezza!». Il diavolo
segue la tattica della «seduzione»: parla «quasi come se fosse un maestro
spirituale, come se fosse un consigliere».
Ma
se «la tentazione viene respinta», poi «cresce e torna più forte». Gesù, ha
spiegato il Papa, lo dice nel Vangelo di Luca e avverte che «quando il demonio
è respinto, gira e cerca alcuni compagni e con questa banda torna». Ed ecco che
«la tentazione è più forte, cresce. Ma cresce anche coinvolgendo altri». È
proprio quello che è successo con Gesù, come racconta il passo evangelico di
Giovanni (10, 31-42) proposto dalla liturgia. «Il demonio — ha affermato il
Pontefice — coinvolge questi nemici di Gesù che, a questo punto, parlano con
lui con le pietre nelle mani», pronti a ucciderlo. E qui «si vede chiarissima
la forza di questa crescita» per contagio della tentazione. Così «quello che
sembrava un filo d’acqua, un piccolo filo d’acqua tranquillo, diviene una
marea, un fiume forte che ti porta avanti». Perché, appunto, la tentazione
«cresce sempre e contagia».
La
terza caratteristica della tentazione del demonio è che «alla fine si
giustifica». Papa Francesco, in proposito, ha ricordato la reazione del popolo
quando Gesù è tornato «per la prima volta a casa a Nazareth» e è si recato
nella sinagoga. Prima tutti sono rimasti colpiti dalle sue parole, poi ecco
subito la tentazione: «Ma costui non è il figlio di Giuseppe il falegname, e di
Maria? Con quale autorità parla se non è mai andato all’università e non ha mai
studiato?». Dunque hanno cercato di giustificare il loro proposito di
«ucciderlo in quel momento, buttarlo già dal monte».
Anche
nel brano di Giovanni gli interlocutori di Gesù vogliono ucciderlo, tanto che
«hanno le pietre nelle mani e discutono con lui». Così «la tentazione ha
coinvolto tutti contro Gesù»; e tutti «si giustificano» per questo. Per Papa
Francesco «il punto più alto, più forte della giustificazione è quello del
sacerdote» che dice: «Ma finiamola, voi non capite niente! Non sapete che è
meglio che un uomo muoia per il popolo? Deve morire per salvare il popolo!». E
tutti gli altri gli danno ragione: è «la giustificazione totale».
Anche
noi, ha avvertito il Pontefice, «quando siamo tentati, andiamo su questa stessa
strada. Abbiamo una tentazione che cresce e contagia un altro». Basta pensare alle chiacchiere: se abbiamo «un po’ di
invidia per quella persona o per l’altra», non la teniamo dentro ma finiamo per
condividerla, parlandone male in giro. È così che la chiacchiera «cerca di
crescere e contagia un altro e un altro ancora...». Proprio «questo è il
meccanismo delle chiacchiere e tutti noi siamo stati tentati di fare
chiacchiere» ha riconosciuto il Papa, confidando: «Anche io sono stato tentato
di chiacchierare! È una tentazione quotidiana», che «comincia così, soavemente,
come il filo d’acqua».
Ecco
perché, ha affermato ancora il Pontefice, si deve stare «attenti quando nel
nostro cuore sentiamo qualcosa che finirà per distruggere le persone,
distruggere la fama, distruggere la nostra vita, portandoci alla mondanità, al
peccato». Si deve stare «attenti — ha aggiunto — perché se non fermiamo a tempo
quel filo d’acqua, quando cresce e contagia sarà un marea tale che porterà a giustificarci del
male»; proprio «come si sono giustificate queste persone» presentate nel
Vangelo, che sono arrivate a dire di Gesù: «È meglio che muoia un uomo per il
popolo».
«Tutti
siamo tentati — ha affermato il Pontefice — perché la legge della nostra vita
spirituale, della nostra vita cristiana, è una lotta». E lo è in conseguenza
del fatto che «il principe di questo mondo non vuole
la nostra santità, non vuole che noi seguiamo Cristo».
Certo,
ha concluso il Papa, «qualcuno di voi — forse, non so — può dire: ma padre, che
antico è lei, parlare del diavolo nel secolo ventunesimo!» Ma, ha ribadito
«guardate che il diavolo c’è! Il diavolo c’è anche nel secolo ventunesimo. E
non dobbiamo essere ingenui. Dobbiamo imparare dal Vangelo come fare la lotta
contro di lui».
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