Eulero: un gigante della matematica e della scienza parla di Dio, angeli e demoni
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Ho già avuto modo di
raccontare un dato di fatto incontrovertibile, per quanto poco
conosciuto: i migliori matematici, così come i migliori scienziati,
sono, nella stragrande parte dei casi, uomini religiosi. Più religiosi, se
si potesse fare una statistica, dei letterati o dei poeti. Perché,
adattando Alexis Carrel, tanta osservazione e un po’ di ragionamento,
portano a Dio, mentre molto ragionamento e poca vita, poca esperienza,
poca realtà conducono, spesso, all’ideologia e allo scetticismo. Ebbene,
tra questi giganti di cui si legge che fosse un uomo di fede vi è lo
svizzero Leonardo Eulero, il cui nome è sempre affiancato a quello dei più grandi matematici di sempre: Archimede, Newton e Gauss. Gli esperti dicono che è stato “il più prolifico matematico della storia”, mentre Ronald Calinger riassume così i suoi meriti: “Nel
cuore della sua ricerca si trovano l’Analisi infinitesimale, o Calcolo
differenziale, e la Meccanica razionale. Insieme alla meccanica celeste,
le fece diventare la scienza par excellence del XVIII secolo. Fu il
principale creatore dal Calcolo delle variazioni e delle equazioni
differenziali, ed un precursore della Geometria differenziale delle
superfici. In Meccanica, Euler, non Newton, formulò la maggior parte
delle equazioni differenziali…permise di trasformare la meccanica e
l’astronomia in moderne scienze esatte, basate sul calcolo
infinitesimale” Inoltre “fondò la meccanica dei continui, promosse la
balistica, la cartografia, la diottrica, la teoria dell’elasticità,
l’idraulica, l’idrodinamica, la teoria della musica, la teoria dei
numeri, l’ottica e la teoria delle navi…”.
Per quanto riguarda gli interessi di questa rubrica, Eulero era anche un conoscitore degli studi classici, greci e latini, e un assiduo lettore delle Sacre Scritture.
La sua epoca è il Settecento, il secolo dei lumi, in cui la potenza
della ragione umana viene sovente esaltata non come dono di Dio, ma come
motivo di orgoglio e sfida dell’uomo al cieloEbbene Eulero, sia alla corte di Caterina di Russia sia presso Federico II, a Berlino, non si esime dallo schierarsi contro lo spirito del suo tempo. A costo di scontrarsi con Voltaire, Diderot, D’Alambert e altri enciclopedisti che si autoproclamano portatori e interpreti del verbo della scienza.Ebbene Eulero, sia alla corte di Caterina di Russia sia presso Federico II, a Berlino, non si esime dallo schierarsi contro lo spirito del suo tempo. A costo di scontrarsi con Voltaire, Diderot, D’Alambert e altri enciclopedisti che si autoproclamano portatori e interpreti del verbo della scienza. E’ il
traduttore inglese delle Lettere ad una principessa tedesca
di Eulero, Henry Hunter, a notare, nella prefazione, che le opere di
Rousseau e di Voltaire sono nelle mani di tutti, mentre i pensieri
filosofici e religiosi di una vera autorità scientifica come Eulero sono
ai più sconosciuti.
Come sconosciuto ed ancora oggi introvabile, se non in archivio, è il suo trattato tradotto e stampato in Italia, a Pavia, nel 1777, intitolato: Saggio di una difesa della divina Rivelazione.
Ebbene, in questo saggio, breve ma denso, Eulero sostiene che “la
perfezione dell’intelletto consiste nella cognizione della Verità, donde
la concezione del Bene immediatamente deriva”: “i principali oggetti di
tal cognizione sono Dio e le sue Opere, giacché tutte le altre verità a
cui l’uomo mercé la sua riflessione può giungere si riducono per ultimo
a Dio e alle Opere della sua Onnipotenza. Dio è la Verità, e il mondo è
l’Opera delle sue infinita Onnipotenza e Sapienza”.
Poi Eulero accenna alla “Legge
Naturale, per cui col lume della Natura i doveri delle nostre azioni si
definiscono” e che “con tutta ragione viene nominata Legge Divina,
perché Dio medesimo l’ha impressa, per così dire, nel cuore degli Uomini”. E’ la trasgressione di questa legge che porta all’infelicità: “Niente
è dunque veramente capace di rendere veramente felice un uomo, fuorché
primieramente una sufficiente cognizione di Dio, delle sue Opere, ma
secondariamente una perfetta soggezione della propria Volontà alla
Divina Volontà”; soggezione non facile, vista la corruzione insita nell’uomo a causa del peccato originale.
Nel trattato Eulero sostiene l’esistenza di spiriti intelligenti e razionali, gli Angeli e i Demoni; difende le Sacre Scritture come testi della cui “origine divina non possiamo dubitare”;
argomenta a favore della possibilità dei miracoli, e in particolare
della Resurrezione di Cristo. Quanto alla ragione umana essa è
considerata limitata, e per questo bisognosa della Rivelazione: “Conviene
inoltre riflettere che nelle Sacre Scritture quelle cose soltanto sono
rivelate, le quali o non mai o molto difficilmente si sarebbero potute
colla nuda ragione di scoprire…”. La conclusione di Eulero è dura: si scaglia contro la “fazione de’ libertini e dileggiatori della Rivelazione”, che con le loro argomentazioni fallaci cercano di sedurre il prossimo.
Questo saggio costò a
Eulero critiche e una certa impopolarità presso alcuni potenti
dell’epoca; ma i biografi concordano nel definirlo un uomo alieno dalla
cortigianeria e dall’ambizione e segnato da una “totale mancanza di meschino orgoglio”. E’
in questa umiltà, invero, che si trova la radice della sua fede in Dio.
Umiltà che mancava, negli stessi anni, a tante intelligenze scettiche,
certamente inferiori alla sua; umiltà che distingue il sapiente,
dall’intellettuale.
Il Foglio, 29 maggio 2014
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