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mercoledì 26 agosto 2015

Distruggere la finestra di Overton

Distruggere la finestra di Overton
***
Come promesso in un precedente articolo, vorrei
scrivere qualche riga sulla Overton Window, la
«finestra di Overton». Ritengo la conoscenza di tale
meccanismo una necessità stringente. Se non altro perché mi pare che il
suo utilizzo abbia ora raggiunto vette assolute, sia su un piano nazionale
che mondiale.
La finestra di Overton è niente più che una tecnologia di persuasione
delle masse, che fa ricadere – e fa evolvere – idee in un semplice
«quadro di possibilità politiche» dentro al quale si muove l’opinione
pubblica e il legislatore. L’oggetto di questa tecnica di manipolazione
politica, sia ben chiaro, siamo noi.
Mai come negli ultimi anni appaiono evidenti gli effetti
dell’adulterazione della realtà e della legge naturale. L’ingegneria
sociale, tramite il potere di chi fa le leggi e l’amplificazione di chi
controlla i media, è un fatto compiuto, visibile ad occhio nudo ogni
giorno.

La Russia reagisce
Sotto il dogma dell’evoluzione della società (il cui riflesso teologico è
l’evoluzione sociale del dogma: basta leggere i fondi di Mancuso su
Repubblica per capire che la cosa è spacciata in modo massivo)
l’umanità può accettare qualsiasi pensiero, anche il più anti-umano,
nocivo, folle, suicida. Il lettore di EFFEDIEFFE avrà con buona
probabilità già decine di esempi per la mente. Gli Stati Uniti d’America,
la Superpotenza atomica e finanziaria più grande che il pianeta abbia
mai conosciuto, hanno dichiarato guerra alla realtà: ecco l’ultima
offensiva intrapresa dalla democrazia sanguinaria. I suoi politici, i suoi
giornalisti, artisti, e valanghe di povere masse dipendenti dalla TV o da
Facebook applaudono – e attuano – la perversione e l’aberrazione, e
tutto questo, fino a pochi anni fa, non era nemmeno vagamente
concepibile
. Ne abbiamo parlato di recente, cercando di analizzare le
standing ovation ricevute da Bruce Jenner, il ricco olimpionico
divenuto, a sessant’anni suonati e con un discreto numero di mogli e
figli, un transessuale pubblico. Tuttavia, vi è un’altra nazione (pure
dotata di migliaia di testate atomiche, deo gratias) che pare non voler
giocare a questo gioco distruttivo.
«Possiamo vedere come i Paesi euro-atlantici stanno ripudiando le loro
radici – disse Vladimir Vladimirovič Putin nel leggendario discorso di
Valdaj 2013 – persino le radici cristiane che costituiscono la base della
civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi morali e tutte le identità
tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo sessuali. Stanno
applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partners
dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana. La
“political correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone
che discutono seriamente di registrare partiti politici che promuovono
la pedofilia. In molti Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di
manifestare la sua religione. Le festività sono abolite o chiamate con
altri nomi; la loro essenza (religiosa) viene nascosta, così come il loro
fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta
verso il degrado e il regresso, che sbocca in una profondissima crisi
demografica e morale».

E proprio dalla Russia pare venire oggi l’interesse per la finestra di
Overton.
Ad aprire le danze fu il premiato regista Nikita Sergeevič Mikhalkov,
che dedicò al tema la 71a puntata del suo videoblog Besogon.tv, dando
un titolo piuttosto diretto: «Kak sdelat’ iz čeloveka “nečeloveka”. Okno
Overtona –– amerikanskaja tekhnologija manipuljatsii massovym
soznanijem i priucheniya ljudej k neprijemlemomu», che tradotto
significa: «Come creare uomini “non umani”. La finestra Overton ––
una tecnologia americana per manipolare la coscienza delle masse e per
abituare la gente all’inaccettabile» (1).


Overton e la manipolazione del sentire politico
Mikhalkov non è uno qualsiasi: l’intera sua famiglia appartiene alla
parte più elitaria dell’establishment culturale russo da più di un secolo.
Il padre è il poeta che scrisse l’inno sovietico per poi riscriverlo per la
“nuova Russia”. Il fratello Andrej Končalovskij (che assunse il nome
della madre per sfuggire al senso di nepotismo della famiglia) è regista
acclamato di film para-hollywodiani e di opere liriche. Il nipote Yegor è
il maestro dei poliziotteschi moscoviti (film come Antikiller sono
blockbuser in patria); tramite la madre Natalja Petrovna
Konchalovskaja Nikita è imparentato con dinastie di pittori. Ha vinto un
leone d’oro a Venezia (con il film Urga - territorio d’amore) e pure, nel
1995, un Oscar per il miglior film straniero (Il Sole ingannatore).
Insomma, Mikhalkov parla da uno scranno che immaginiamo piuttosto
contiguo al potere moscovita.
Credo vi sia un senso – politico e geopolitico, e metafisico – se dalle
eleganti rifiniture del suo studio il cineasta sviscera questo schema di
condizionamento sociale studiato da Joseph P. Overton.
Joseph Overton, già Senior Vice-President del
Mackinac Center for Public Policy, un think
tank del Michigan che si occupa di politiche
liberiste e che è percepito come «conservatore»,
definì la sua teoria a metà degli anni Novanta.
Morì piuttosto giovane (nacque nel 1960) in un
incidente aero: si schiantò con un ultraleggero,
dicono le cronache. La teoria che lo rese
famoso, quindi, uscì postuma. Overton, a cui i
suoi colleghi ancora si riferiscono con un misto
di simpatia e deferenza, voleva semplicemente studiare gli effetti sulla
popolazione dei think tank e delle centrali di influenza del processo
politico.

Secondo lo schema che formulò, ogni idea concepibile in politica (ma
non solo) ricade giocoforza in un intervallo di possibilità che la rende
più o meno recepibile dalla società. L’uomo politico lo sa, e a meno che
non voglia effettuare un suicidio passando per estremista, si attiene alle
idee che la Finestra di Overton ritiene accettabili.
Seguendo lo schema, ogni idea evolve secondo sei diversi stadi:

(«impensabile», cioè inaccettabile, vietato); Radical
(«radicale», cioè ancora vietato ma con delle eccezioni); Acceptable
(«accettabile», cioè non in dissonanza cognitiva totale con il pensiero
del soggetto); Sensible («sensata», cioè razionale, dotata di
spiegazioni); Popular («popolare», «diffusa», cioè accettata da larga
parte della società, rinforzata dai media); Policy («legislazione»,
«legalizzata», cioè l’idea è divenuta parte concreta della politica
statale).
Conoscendo questo diagramma di evoluzione del sentire politico, si
rende facile la comprensione di come qualsiasi tabù possa essere
infranto e «liberato» nella società grazie alla tecnica di graduale
cambiamento (la vecchia tecnica della rana bollita, se alzi la
temperatura di colpo salta fuori dalla pentola, se aumenti di un grado
alla volta resta immobile sino a farsi lessare), utilizzando magari anche
tecniche di shock: all’apparire degli estremisti (coloro che vorrebbero
qualcosa che dapprima ci pare «impensabile»), una soluzione di
compromesso pare sempre più accettabile, sensata, pronta per essere
diffusa e quindi legalizzata.
Si avanza per gradi. Dalla terra incognita di quanto la società può
trovare disgustoso e deplorevole, piano piano verso ciò che è da
ritenersi giusto, anzi più che giusto: da proteggersi con le leggi dello
Stato. Saltano alla mente, ovviamente, gli esempi della sodomia ora

resa fatto naturale, e del relativo matrimonio per i sodomiti invocato ora
a gran voce dall’Occidente, ovvero ciò era totalmente fuori dallo spettro
del possibile per la società di solo pochi anni fa. Poi, gradualmente,
ecco che l’omosessualità – che era malattia per l’OMS sino al 1990 e
reato in molti Paesi occidentali – si è fatta largo sino al cuore dello
Stato.
Riflettiamoci: la stessa parola «omosessuale», termine pseudoscientifico,
è stata introdotta nella fase in cui l’idea da impensabile e
radicale doveva divenire accettabile, sensata. La razionalizzazione
Distruggere la finestra di Overton http://www.effedieffe.com/index.php?view=article&catid=83:free&id...
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della sodomia, lo sappiamo, passò attraverso l’occupazione materiale
dei Convegni delle Associazioni Psichiatriche (come l’American
Psichiatric Association) da parte degli attivisti LGBT, con successiva
cancellazione dell’omofilia dalla lista delle malattie sessuali del
Manuale Diagnostico-Statistico dei disordini mentali (1973).
Tuttavia, l’uranismo è oramai penetrato come «possibilità» anche nella
mente del più bigotto conservatore (vuoi essere più cattolico del Papa?
Chi sei tu per giudicare) per cui non si tratta dell’esempio adeguato.
Mikhalkov prova a simulare una finestra di Overton per aberrazione
dalla quale ora, in teoria, la società dovrebbe essere immune. Le cose,
come vedremo, non stanno esattamente cosìAllo stato attuale, il tema del cannibalismo pertiene al regno
dell’impensabile è nella fase «totalmente inaccettabile», non è
discutibile sulla stampa e non si ammette in alcun modo tra gli esseri
umani. Apparizioni mediatiche del fenomeno – come nel caso del
ribelle anti-Assad che divorava il cuore del suo nemico o gli innumeri
episodi di «cannibalismo militare» nei conflitti africani – sono mostrati
con terrore e disgusto, a volte perfino – per opportunità politica – celati
al grande pubblico.
Radical
L’idea passa dunque da totalmente inaccettabile alla fase «vietato, ma
con deroghe». Diviene insomma una realtà pur radicalmente lontana,
tuttavia esistente. Entrano qui in gioco la tendenza, tutta illuminista, a
dichiarare che i tabù vanno discussi, analizzati. È in questo fase che
fanno solitamente la loro comparsa “gli scienziati”: nel nostro caso,
saranno gli antropologi, gli psicologi, perfino i nutrizionisti. Si
organizza un bel convegno sul tema, poi un secondo, poi un terzo. Si
parla delle tribù della Papuasia. In TV a notte fonda e nei Cineclub
cominciano a riprogrammare capisaldi del genere come pellicole trash
tipo Cannibal Holocaust o il più elegante Il Profumo della Signora in

nero. In questo momento della finestra, assieme al dibattito
«scientifico», emergono immediatamente gruppi oltranzisti, chiassosi
estremisti le cui posizioni stanno in fondo allo spettro: immaginate una
«Associazione di Liberi Cannibali» che chiede di poter mangiare chi
vuole senza essere giudicata dalla morale e dalla legge. Nonostante
l’idea pare essere ancora lontana dalla società, questa fase permette la
sua penetrazione nella membrana del pensiero collettivo. Non esistono
tabù, e questo fenomeno, per quanto tremendo, esiste – lo dice la
scienza! –, e bisogna farsene una ragione. L’emersione di gruppi di
cannibali dichiarati ci fa capire che – elemento importante, conosciuto
da sempre dal potere che alleva i suoi estremismi domestici – l’idea ha
delle sue sfumature, si può scegliere comodamente un’opzione
“moderata”.
Acceptable
Nella fase successiva, il concetto del cannibalismo passa da «vietato ma
con eccezioni» alla dimensione dell’«accettabile». La scienza continua
a spingere, e al fenomeno viene fatto un rebranding: non si parla più di
cannibalismo, si usa la parola scientifica «antropofagia». Anche questa
parola, tuttavia, nel corso di questo momento della finestra, è
suscettibile di essere cambiata nuovamente: ecco a voi introdotta la
parola «antropofilia» –– pensate al sodomismo, ad un certo punto
studiato come «omofilia» (termine che è però troppo contiguo a
«parafilia», cioè perversione) e divenuto quindi «omosessualità», un
termine scientifico che è di per sé una contradictio in adiecto, in quanto
il sexus è etimologicamente «ciò che fabbrica, che tesse» (Dizionario
Pianigiani) oppure «ciò che separa, ciò che distingue l’uomo dalla
donna» (così la pensavano gli etimologi Benfrey, Corrsen, Pott). Il
sesso, quindi non può essere omos, cioè «lo stesso». Eppure, la parola
oramai è entrata nel vocabolario comune, come fosse sempre esistita
(nel citato dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani, del 1907,
proprio non esiste), e ogni altra parola è ritenuta offensiva: provate a
dire, come si poteva fare neanche trenta anni fa, «invertito»,
«sodomita», «pederasta».
Queste parole scientifiche, inoltre, hanno la possibilità di creare infiniti
derivati: omosessualità diviene «omosessuale», «gli omosessuali»,
«l’omosessualismo», «omosex», fino alla contrazione «omo» (o
all’inglese «homo»). In fondo, il significato «che si accoppia con lo
stesso» non suona male, non vi sono echi di punizioni bibliche, di dark
room o di virus HIV, è un puro concetto.
Così anche gli antropofili non evocano, con questo bel nome, il
sacrificio umano, la carne squarciata, le interiora consumate
avidamente: no, è etimologicamente la «passione per gli umani» a
definirli. L’aberrazione viene qui disincarnata, concettualizzata,
neutralizzata nel suo disgusto organolettico. È in questa fase che
subentra il richiamo al «precedente storico», ad un fatto mitico (reale o
inventato, o tutt’e due pettinati alla meglio) che legittimi sub specie
aeternitatis l’idea un tempo proibita. Ecco che, in ambiente di retaggio
cattolico, vi potranno essere mille riferimenti alla Messa come atto di
antropofagia. Il cannibalismo non può che essere accettato, perché in
fondo viene celebrato ogni settimana dalla popolazione più pia.
L’illegittimità dell’idea, quindi, è indebolita per sempre: pur non
essendo ancora libera di correre per la società, essa viene ritenuta
legittima in un determinato recinto storico-antropologico.
Sensible
Si passa quindi allo step successivo, quello che dall’idea lava per
sempre la patina di inaccettabilità: il concetto viene trasformato in
«sensato», «ponderato», «razionale», legato ad una necessità
«fisiologica», «naturale», «biologica». Ecco nuovi studi che affermano
che il desiderio di mangiare carne umana può essere dovuto ad una
predisposizione genetica dell’individuo: esistono già studi, del resto,
che abbinano la dieta carnivora a determinati gruppi sanguigni. Qui si
introduce il tema d’attualità, quello che spinge l’individuo a fantasticare
delle «insuperabili circostanze» nelle quali il destino potrebbe
piazzarlo. Immaginate la carestia, o una situazione in cui un essere
umano «deve avere il diritto di fare la scelta». Pro-choice: pensate al
famoso disastro aereo delle Ande (1972), quando 16 sopravvissuti,
dispersi nelle altitudini della Cordigliera, decisero, per sopravvivere, di
cibarsi dei morti. Ecco pronta la programmazione TV del film tratto da
questo episodio di cronaca, Alive, con il giovane Ethan Hawke: la
pellicola ti porta inevitabilmente a vedere il cannibalismo come fatto di
pura razionalità, mostrato dal regista anche con una certa pudicizia, al
punto che potrebbe anche non capirsi cosa sta accadendo, e il tutto
comunque si dimentica facilmente grazie al luminoso finale di salvezza.
Il cannibalismo (pardon, «antropofilia») salva le vite umane. Altro che
cosa orrida e inconcepibile.
Popular
Quinta fase: da «sensato» a «diffuso», e cioè pubblicamente accettato.
Qui intervengono, pesantemente, i dibattiti sui media. Gli intellettuali
disquisiscono del cannibalismo come fatto mitico e come tendenza. I
talk show intervistano un ragazza di buona famiglia che dichiara di
essere cannibale, magari anche con una certa moderazione: «mangio
solo cadaveri o persone consenzienti». Nei film e (soprattutto oggi)
nelle serie TV tra i personaggi positivi (se non tra i protagonisti) spunta
un cannibale, con relativa storia di discriminazione alle spalle.
Immagini di cannibalismo compaiono nei video dei cantanti del
momento, sui cui gusti alimentari un po’ si chiacchiera. Viene rivelato
che sono «antropofili» numerosi musicisti, attori, politici, VIP di ogni
sorta. La serie Hannibal viene rifatta con finalmente il protagonista, il
brutale ma raffinato assassino antropofago Hannibal Lecter, reso
protagonista senza più comprimari, un eroe positivo e basta.
Poi si delinea la strategia della “pistola puntata”: quanti ragazzi si
suicidano perché sono cannibali e la famiglia, la società, non possono
capire? È la minaccia che non è mancata nel discorso di Bruce Jenner
(che ora si dovrebbe chiamare Caytlin) alla cerimonia della TV sportiva
ESPN che lo premiò per il suo coraggio. Molti maschi che vorrebbero
andare in giro vestiti da donna, assumere ormoni e mutilarsi gli organi
sessuali, oggi stesso sono costretti ad ammazzarsi ha dichiarato
l’olimpionico mutante. E la colpa è solo nostra, della società, dei
«cosiddetti sani». La storia dei suicidi è tutt’ora probabilmente l’unico –
fallace – argomento messo in campo dalle sigle LGBT per giustificare
l’«emergenza omofobia». La rivoltella della discriminazione è pronta a
tirare sull’innocente incompreso: più tempo attendiamo, più aumenta il
numero dei morti.
Così, un’emergenza per i cannibali suicidi comincia a monopolizzare il
discorso pubblico. A questo punto gruppi antropofagi (un tempo ritenuti
oltranzisti) ora sono entrati appieno nello spettro delle possibilità
politica, sia pure con le loro sfumature. L’idea di base è che una grossa
parte della popolazione sia cannibale, un’altra, ancora più vasta, lo è in
modo latente, sino all’apparizione di una teoria per cui tutti gli uomini
nascono in potenza antropofagi, devono solo decidere se esserlo o meno
(esattamente come la sessualità per la teoria del gender).
Qui si scatenano gli attivisti. Parafrasando un recente slogan della
propaganda di Sodoma, «Il cannibalismo esiste, fattene una ragione». In
fondo, si tratta solo di persone culinariamente creative, spesso più
raffinate della media. Si sparge la voce che chi odia i cannibali sotto
sotto lo è anche lui. E poi ribadiamo ancora una volta la suprema
saggezza relativista: «chi siamo noi per giudicare?»
Si comprende che il cannibalismo, a questo punto, è divenuto una
variante naturale dell’umanità. Discriminarne i portatori diviene cosa
odiosa e ingiusta. Chi disprezza gli «antropofili» è per logica dell’etimo
«antropofobo». Ovvero, chi odia il cannibalismo odia l’uomo. L’amore
per il prossimo passa attraverso la consunzione della sua carne: ecco
che anche la Chiesa «in dialogo con il mondo» recepisce il portato di
giustizia umanitaria di questo fenomeno.
È a questo punto che cominciano a programmarsi leggi a protezione del
fenomeno: una legge dovrà punire l’«antropofobia», un’altra insegnare
il cannibalismo sin dall’asilo, un’altra ancora dovrà sancire il diritto alla
«libertà di alimentazione» degli «antropofili».
È davanti a questa ebollizione della massa desiderante, convinta vi sia
un bisogno civile «non più rinviabile» che entra in scena il corpo

politico, che tenta di cavalcare come deve la novità, fedele a
quell’imperativo di «imprenditoria dell’opinione» che forma lo Stato
democratico. Nelle fasi precedenti i protagonisti erano gli attivisti e
think tank, fondazioni transnazionali, ONG, media: gli evocatori delle
«potenze dell’aria» di cui si parla nel Vangelo. Con i politici l’idea
comincia ad incarnarsi, ad assumere un sostrato materiale. Vi erano,
forse, nei previ momenti del processo, delle figure politiche, ma si tratta
di early adopters, precursori, una minoranza rispetto alla massa umana
che costituisce il legislatore, la quale, come tutte le masse è pigra, poco
fantasiosa, passiva, specialistica quanto vuota, altisonante quanto
volubile ed inetta. Il politico medio che vuol stare a galla capisce che in
qualche modo con il cannibalismo ci deve avere a che fare. E quindi,
ecco realizzate le leggi che trasformeranno il tabù in fenomeno
mainstream protetto dalla giurisprudenza e dalle forze dell’ordine.
Policy
Nell’ultima fase assistiamo alla trasformazione definitiva dell’idea, da
diffusa a legalizzata. La propagazione sui media è virale, così come i
dibattiti in sede parlamentare: l’idea riceve piena importanza politica. I
cannibali sono oramai totalmente umanizzati, quindi fatti oggetto di
diritti inalienabili.
Qui entrano in campo direttamente le lobby; le ricerche scientifiche
storico-antropologiche lasciano il passo a statistiche sociologiche
riguardanti il presente più stretto. I sondaggi tastano l’umore del popolo
democratico: legalizzare il cannibalismo, sì o no?
Con il giusto clima socio-politico, magari pure con una bella spintarella
dall’ONU o da Bruxelles, arriva la prima legge. Vietato discriminare i
cannibali, mai più l’«antropofobia» che fa suicidare tanti poveri
«antropofili». Poi le scuole, con libri per bambini ricchi di disegni di
grande chiarezza illustrativa. Infine la libertà di mangiare carne umana
quandunque il cittadino lo desideri, certo con alcuni «paletti» tipici
della civiltà del compromesso (come la Democrazia Cristiana): il
consumato deve essere morto, o aver redatto una richiesta di eutanasia

almeno una settimana prima; il consumato può essere anche sano e
vivente purché si compili un contratto con il consumatore che autorizzi
a quest’ultimo di cibarsi delle carni del contraente, come pare succedere
spesso in Germania, patria del cannibalismo consenziente: il primo caso
fu quello di Armin Meiwes; di recente abbiamo visto anche la storia di
Detlev Guentzel, poliziotto antropofago che si mangiò, non senza il
permesso dell’interessato, Wojciech Stempniewicz, un consigliere
comunale della CDU (appunto, la DC tedesca…).
Finestra sull’ecosistema del Male
Ora, il lettore capirà a quante realtà lo schema di Overton sia stato già
applicato. Per il sodomismo mondialista, e le relative nozze, siamo già
vicini a chiudere la finestra. Abbiamo assistito, nel giro di pochi anni, a
tutta la trafila. Da idea reietta è divenuta oggetto di studio (lo studio
psichiatrico dell’omosessualità, prima incoraggiato poi militarizzato dai
militanti LGBT), poi fenomeno chiacchierato («sai che anche quello…»
«Come Giulio Cesare!»), poi ancora fatto razionale («se uno nasce
così...»), quindi tema popolare (gli omosessuali al Cinema e in TV, da
In&Out a Un Posto al sole; gli stilisti invertiti innalzati ad esempio
perfino per i cattolici, come nel caso di CL e Dolce&Gabbana), infine
legge di Stato: ddl Scalfarotto, ddl Fedeli (ora riassorbito e già votato
nel decreto «Buona Scuola»), ddl Cirinnà.
Per l’aborto fu lo stesso: un omicidio che va contro lo spirito di una
Nazione Cattolica viene fatto oggetto di conferenze e studi sociali;
compaiono i gruppi estremisti (i radicali di Pannella e Bonino e gruppi
pragmatici come la squadra di mammane capitanata da Eugenia
Roccella, ora deputato dei vescovi in Parlamento), quindi viene
discusso («si dice che Grace Kelly...»), poi razionalizzato (si deve
procedere in certi frangenti: ecco che esplode il caso Seveso, con
Susanna Agnelli che a Montecitorio chiede una deroga per far abortire
le donne della cittadina che si supponeva intossicata), quindi idea
popolare («l’utero è mio e me lo gestisco io», è un ritornello che dalle
studentesse si sposta verso qualsiasi donna si senta infine «liberata»),
fuori dal discorso pubblico: la DC crea la 194, pensando che sia un
buon compromesso tra il divieto di aborto – ritenuto, dopo tante fasi
della finestra, «impossibile da mantenere» – e i cannibali oltranzisti
Pannella e Bonino, che vorrebbero l’aborto senza freni. I democristiani,
fieri degli stupidi «paletti» posti, non si rendono conto che accettando
l’aborto nel discorso pubblico hanno permesso al pensiero radicale di
dilagare sino ad affogare ogni resistenza. Così, l’aborto totale chiesto da
Pannella – che ora, infatti, difende alla grande la 194 – si ottiene tramite
la resistenza simbolica dei cattolici: i colloqui in consultorio sono fittizi,
il periodo prima dell’esecuzione del feticidio diviene un dettaglio
trascurabile.
In più, con lo sdoganamento di questo vero e proprio cannibalismo
infanticida a spese del contribuente, il potere radicale ha caricato i colpi
successivi, che ne sono la diligente conseguenza. La produzione di
umani in vitro, presupposta dal libero aborto, presuppone a sua volta i
matrimoni tra invertiti, che hanno così possibilità di prodursi i figli
biotecnologicamente, fecondazione eterologa in vitro e impianto in
utero surrogato, quindi eliminazione del bambino difettato, se
necessario.
È sempre così: Il buco nella diga, grande come il dito di un bimbo
olandese, la fa crollare tutta.
Ad essere normalizzato fino alla legalizzazione non è più il singolo
fatto – come l’aborto – ma un ecosistema del Male in sé. Un clima, un
ambiente complesso.
Così, la legalizzazione dei matrimoni omofili, è solo il cavallo di Troia
per far entrare nel discorso pubblico – legittimamente e con la
protezione armata di Polizia, Carabinieri, Esercito – la congerie di
perversioni associate all’omosessualismo: la rinuncia definitiva a
pensare all’amore fisico come atto procreativo (love is love, e niente
questo ha più a che fare con la fertilità), la voracità sessuale senza limiti
(tipica delle dark room e dei pisciatoi pubblici), le pulsioni esibizioniste
tradotte in pura pornografia (come ai gay Pride), la necessità della

produzione in vitro delle creature umane (con eugenetica borghese
come sopramercato), l’inevitabilità del mercato dei gameti (con casi di
incesto genetico in arrivo), lo schiavismo terzomondiale degli uteri in
affitto (che prima o poi, come preconizzato dall’avanguardia gay, sarà
sostituito da xeno-gestazioni – ossia bambini incubati dentro a scrofe –
o uteri artificiali veri e propri).
Come nelle storie, il vampiro ti entra in casa solo se invitato. E tu credi
di invitarlo a cena, e poi ti ritrovi con tutta la famiglia azzannata. Per
quanto incredibile, i democristiani non lo hanno ancora capito.
Non si pensi che la pedofilia non stia già avviandosi a fase avanzate
della “finestra”. Abbiamo scritto su questo sito di un Convegno presso
l’Università di Cambridge (luglio 2014), dove si sostenne che «la
pedofilia sia cosa normale tra maschi adulti», poiché «una certa
porzione di maschi adulti normali vuole fare sesso con i bambini» e «i
maschi normali sono eccitati dai bambini». Poi lo scorso settembre,
ecco che spunta d’un bleu un articolo del New York Times: lo si spiega
sin dal titolo, «Pedophilia, a disorder, not a crime» («pedofilia, un
disordine, non un crimine»). Ecco poi il manuale psichiatrico più
seguito al mondo, il DSM, uscito incredibilmente nella sua quinta
edizione con il declassamento della pedofilia a «orientamento sessuale»
(dopo le proteste, i compilatori dell’American Psychiatric Association
provano a ricucire sostenendo che si tratta di un typo, un refuso...).
Abbiamo visto come i radicali –veri pionieri assoluti, la cui prescienza
ha un che di preternaturale – già nel 1998 organizzavano convegni per
normalizzare politicamente l’inclinazione pedofila: ad organizzare,
Pannella e l’ora berlusconiano Daniele Capezzone, con il
coinvolgimento di una ressa di deputati e senatori che vanno da
Taradash a Vittorio Sgarbi a serque di carneadi del PD (allora DS) o
della Lista Pannella o di Forza Italia, più psicanalisti di grido, filosofi,
sociologi, imprenditori, giornalisti, uomini di apparato ministeriale, etc.
Alla lista, oggi, si aggiungerebbe anche qualche vescovo... (2)
Non so: forse Pannella, che è vecchio e malato, vuole davvero provare a

vedere se in vita riuscirà a vedere overtonizzata anche questa immonda
aberrazione, e per questo ci parla dei suoi ninfetti.
Distruggete la finestra di Overton
Terminata questa discesa negli inferi dello Stato moderno, allo scrivente
risulta chiara quindi una cosa: per nessuna ragione dev’essere
consentito l’uso di questo sistema disumanizzante, in grado di
trasformare i carnefici in vittime, i mostri in santi, i cannibali in
minoranze discriminate. Si tratta, purtroppo, di un tratto ineliminabile di
una struttura politica basata sul consenso, dove chi governa subisce le
pressioni di chi è governato, anche quando quest’ultimo è con evidenza
turlupinato, sopraffatto da forze altre.
La democrazia e il Male, purtroppo, sembrano essere termini legati da
una forza magnetica. La democrazia, che si vuole sposa del
«progresso», non può che soggiacere a questa spirale perversa che porta
il legislatore, e il popolo tutto, verso l’abisso più suicida.
La democrazia è permeabile ad una tale follia perché essa è ormai la
sola irradiazione statuale, peraltro sempre più trascurabile, dell’umanità
schiava del relativismo. Un mondo senza più punti fermi, un mondo
senza Verità, può solo produrre uno Stato che tenta di adattarsi al gorgo,
invece che nuotare lontano. Anzi, lo Stato relativista non percepisce
nemmeno il gorgo, perché gli è stato insegnato che panta rei, tutto
scorre.
La Fede Cattolica presuppone l’esatto opposto: esiste una Verità, e il
mondo – e lo Stato – vi si devono adeguare. Questa verità è fissa,
immutabile, è una sola, perché materialmente creatrice del mondo,
materialmente rivelata all’umanità in forma umana, materialmente
vivificante; ogni aspetto dell’Essere è rivolto ad essa.
Vi è una sola legge naturale, scritta una volta per tutte, scritta sin dentro
il nostro cuore, i nostri geni, la nostra esistenza. Lo Stato Cristiano
protegge la legge naturale e solo quella; non cambia i suoi codici per




venire incontro ai popoli drogati dalla demagogia. Lo Stato Cristiano è
esecutore di una dimensione divina che è eterna, non negoziabile,
irreversibile, non discutibile.
Per questo ritengo che ogni forza voglia richiamarsi ad una politica
cristiana debba con ogni energia rifiutare la trappola della tirannia del
consenso.
Il compito di ogni cristiano è di procedere, con la preghiera o con la
propria energia politica, alla distruzione della finestra di Overton. E di
creare le basi per l’instaurazione di un unico processo politico:
restaurare omnia in Christo.
Roberto Dal Bosco
(articolo pubblicato il 16 agosto)



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