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domenica 27 marzo 2016

Fu così che in un freddo mattino, il 30 marzo 1955 (…) entrai nel Museo Puskin, salii al primo piano e mi avvicinai alla Madonna Sistina. (…) Il ricordo di Treblinka aveva invaso la mia anima, e in principio non riuscii a capire… Era lei [la Madonna] che camminava scalza con passo leggero sul suolo pulsante di Treblinka, dal punto di scarico dei convogli alla camera a gas. La riconobbi dall’espressione del viso e degli occhi. Vidi suo figlio, e lo riconobbi dall’espressione straordinaria, non infantile. Così erano le madri e i bambini a Treblinka (…).

Nella primavera del 1945 la Madonna vide il cielo del Nord. Non venne da noi come un’ospite, come una straniera di passaggio, ma con i soldati e gli autisti calcò le strade dissestate dalla guerra: lei è parte della nostra vita, è una nostra contemporanea. Conosce tutto: la nostra neve, il fango gelato dell’autunno, la gavetta ammaccata dei soldati piena di sbobba scura (…). È contemporanea della collettivizzazione totale. Eccola che va, scalza, col suo piccolo bambino, viene caricata sul treno. Che lunga strada l’attende, da Obojan’, vicino a Kursk (…) fino alla tajga, alle paludi boscose oltre gli Urali (…). Sì, è proprio lei.

La vidi nel 1930 alla stazione di Konotop: si avvicinò al vagone del treno rapido, scura dalla sofferenza, sollevò i suoi occhi straordinari e disse senza voce, con le sole labbra: pane…

La incontrammo nel 1937: stava in piedi nella sua camera, teneva in braccio il figlio per l’ultima volta, gli diceva addio, lo guardava attentamente in volto, poi scendeva le scale deserte di un palazzone muto… Sulla porta della camera era stato posto un sigillo di ceralacca, giù l’aspettava un’automobile di Stato. (…)

Noi esseri umani certo l’abbiamo riconosciuta, e abbiamo riconosciuto il suo bambino; lei è uguale a noi, il loro destino è anche il nostro, madre e figlio rappresentano l’umanità dell’uomo. (…)

Guardando la Madonna Sistina noi conserviamo la fede che la vita e la libertà sono una cosa sola e non c’è niente di più alto dell’umano dell’uomo.

(Vasilij Grossman, La Madonna Sistina, 1955)

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