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giovedì 21 luglio 2016

Una pagina della Misericordia di Victor Hugo: h

Una pagina della Misericordia di Victor Hugo: 
***

XII • IL VESCOVO LAVORA 
L'indomani, al sorger del sole, monsignor Bienvenu passeggiava in 
giardino, quando la signora Magloire accorse, tutta sconvolta. «Monsignore, monsignore,» gridò. «Sa vostra grandezza dove sia il cesto dell'argenteria?» «Sì,» disse il vescovo«Gesù sia benedetto!» ella riprese. «Non sapevo più che ne fosse.» Il vescovo aveva raccattato allora allora il cesto in un'aiuola e lo presentò alla signora Magloire. «Eccolo.» «Ma come!» ella fece. «Non c'è dentro nulla! E l'argenteria?» «Ah!» ribatté il vescovo. «Allora è l'argenteria che vi preoccupa. Non ne so nulla.» «Oh, grande e buon Dio! L'hanno rubata! L'ha certo rubata l'uomo di ieri sera!» E in un batter d'occhio, con tutta la vivacità di vecchietta svelta, la signora Magloire corse all'oratorio, entrò nell'alcova e tornò dal vescovo, che s'era chinato e stava osservando, con un sospiro, una pianta di coclearia dei Guillons che il paniere aveva rotta, cadendo attraverso l'aiuola. Si rialzò al grido della signora Magloire. «Monsignore! L'uomo è partito e l'argenteria è sparita!» E, mentre gettava questa esclamazione, i suoi occhi si fissavano sopra un angolo del giardino dove si scorgevan le tracce d'una scalata; la sommità del muro era sgretolata. «Guardate: se n'è andato di là! È saltato nel vicolo Cochefilet! Che vergogna! Ed ha rubato la nostra argenteria!» Il vescovo restò un momento silenzioso, poi alzò gli occhi seri e disse con dolcezza alla signora Magloire:
«Prima di tutto, era nostra quell'argenteria?» La signora Magloire rimase stupefatta. Vi fu una pausa ancora, poi il vescovo continuò: «Signora Magloire, da troppo tempo, ed a torto, io mi tenevo quell'argenteria. Essa era dei poveri. Ora, chi era quell'uomo? Evidentemente un povero.» «Oh mio Gesù!» replicò la signora Magloire. «Non parlo per me e per la signorina. A noi fa lo stesso; ma è per monsignore. Con che cosa mangerà monsignore, adesso?» Il vescovo la guardò con aria stupita. «O bella! Non ci son forse posate di stagno?» La signora Magloire alzò le spalle. «Lo stagno ha un certo odore...» «E allora, posate di ferro.» La signora Magloire fece una smorfia significativa. «E il ferro ha un certo sapore!» «E sia!» disse il vescovo. «Posate di legno.» Poco dopo, egli faceva la colazione mattutina a quella stessa tavola dove Valjean s'era seduto la sera prima. Mentre mangiava, monsignor Bienvenu faceva allegramente notare alla sorella, che non diceva nulla, ed alla signora Magloire, che brontolava fra i denti, che non v'è alcun bisogno di cucchiaio o forchetta, neppur di legno, per intingere un pezzo di pane in una tazza di latte. «Ma si può immaginare una cosa simile?» diceva fra sé la signora Magloire mentre andava e veniva. «Ricevere un uomo come quello! Dargli alloggio vicino a sé! E meno male che non ha fatto che rubare! Oh, mio Dio, c'è da tremare solo a pensarci!» Mentre il fratello e la sorella stavano per alzarsi da tavola, bussarono alla porta. «Entrate,» disse il vescovo. La porta s'aperse con violenza ed un gruppo strano apparve sulla soglia. Tre uomini ne tenevano un quarto per il bavero; tre erano gendarmi, il quarto Jean Valjean. Un brigadiere, che pareva guidasse il gruppo, stava presso alla porta; entrò e s'avanzò verso il vescovo, facendo il saluto militare. «Monsignore...» disse. A quella parola, Valjean, ch'era cupo e pareva abbattuto, rialzò il capo con aria stupita. «Monsignore?» mormorò. «Non è dunque il curato?» «Silenzio!» disse un gendarme. «È monsignor vescovo.» Intanto monsignor Bienvenu s'era avvicinato con tutta la vivacità concessagli dalla sua tarda età. «Oh, eccovi!» esclamò, guardando Valjean. «Sono lieto di vedervi. Ma come? V'avevo regalato anche i candelieri che sono d'argento come il resto e dai quali potrete ben ricavare duecento franchi; perché non li avete portati con voi, insieme alle vostre posate?» Jean Valjean alzò gli occhi e fissò il venerabile vescovo con un'espressione che nessuna lingua umana potrebbe esprimere. «Allora, monsignore,» disse il brigadiere «sarebbe vero quello che ci ha detto quest'uomo? L'abbiamo incontrato mentre se ne andava come uno che ha molta fretta e l'abbiamo fermato per vedere. Aveva questa argenteria...» «E v'avrà detto,» interruppe il vescovo sorridendo «che gliel'aveva regalata un vecchio prete dabbene presso il quale aveva passato la notte. Vedo come stanno le cose. E voi l'avete ricondotto qui? È un equivoco.» «Se la cosa sta così,» riprese il brigadiere «possiamo lasciarlo andare?» «Ma certo,» rispose il vescovo. I gendarmi lasciarono libero Valjean, che indietreggiò. «È proprio vero che mi lasciano andare?» disse con voce quasi inarticolata, come se parlasse nel sonno. «Sì, ti lasciamo in libertà: non hai sentito?» disse un gendarme. «Amico mio,» rispose il vescovo «prima d'andarvene, ecco i vostri candelieri: prendeteli.» Andò verso il camino, prese i due candelieri d'argento e li portò a Valjean. Le due donne lo guardavano fare senza una parola, un gesto, uno sguardo che potesse disturbare il vescovo. Jean Valjean tremava tutto; prese macchinalmente i due candelieri, con aria smarrita. «Ed ora,» disse il vescovo «andatevene in pace. A
proposito: quando tornerete, amico mio, sarà inutile che passiate dal giardino. Potrete sempre entrare ed uscire dalla porta della strada, che è chiusa giorno e notte solo col saliscendi.» Poi, volgendosi verso i gendarmi, disse loro: «Signori gendarmi, potete andare.» Jean Valjean pareva stesse per svenire. Il vescovo gli si avvicinò e gli disse a bassa voce: «Non dimenticate, non dimenticate mai che m'avete promesso di impiegare questo denaro per diventare un uomo onesto.» Valjean, che non si ricordava d'aver promesso, rimase stupefatto; il vescovo aveva accentuato quelle parole in particolar modo, mentre le pronunciava, e riprese poi con una specie di solennità: «Jean Valjean fratello mio, voi non appartenete più al male, ma al bene. Acquisto la vostr'anima, la tolgo ai cupi pensieri ed allo spirito di perdizione e la do a Dio.»

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